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Majjhima Nikāya 129 Discorsi medi 129
Bālapaṇḍitasutta Il discorso sullo stolto e l’astuto
Evaṁ me sutaṁ—Così ho sentito.
ekaṁ samayaṁ bhagavā sāvatthiyaṁ viharati jetavane anāthapiṇḍikassa ārāme. Una volta il Buddha dimorava vicino a Sāvatthī, nel bosco di Jeta, il monastero di Anāthapiṇḍika.
Tatra kho bhagavā bhikkhū āmantesi: Lì il Buddha si rivolse ai monaci:
“bhikkhavo”ti. “Monaci!”
“Bhadante”ti te bhikkhū bhagavato paccassosuṁ. “Venerabile Signore”, risposero i monaci.
Bhagavā etadavoca: Il Buddha disse:
“Tīṇimāni, bhikkhave, bālassa bālalakkhaṇāni bālanimittāni bālāpadānāni. “Queste sono le tre caratteristiche, aspetti, e manifestazioni di uno stolto
Katamāni tīṇi? Quali tre?
Idha, bhikkhave, bālo duccintitacintī ca hoti dubbhāsitabhāsī ca dukkaṭakammakārī ca. Uno stolto pensa male, parla male, e agisce male.
No cetaṁ, bhikkhave, bālo duccintitacintī ca abhavissa dubbhāsitabhāsī ca dukkaṭakammakārī ca kena naṁ paṇḍitā jāneyyuṁ: Se uno stolto non pensasse male, parlasse male, e agisse male, allora come potrebbe un astuto sapere di lui:
‘bālo ayaṁ bhavaṁ asappuriso’ti? ‘Questo è uno stolto, una persona non retta’?
Yasmā ca kho, bhikkhave, bālo duccintitacintī ca hoti dubbhāsitabhāsī ca dukkaṭakammakārī ca tasmā naṁ paṇḍitā jānanti: Ma dato che uno stolto pensa male, parla male, e agisce male, allora un astuto sa di lui:
‘bālo ayaṁ bhavaṁ asappuriso’ti. ‘Questo è uno stolto, una persona non retta’.
Sa kho so, bhikkhave, bālo tividhaṁ diṭṭheva dhamme dukkhaṁ domanassaṁ paṭisaṁvedeti. Uno stolto prova tre tipi di sofferenza e tristezza nella vita presente.
Sace, bhikkhave, bālo sabhāyaṁ vā nisinno hoti, rathikāya vā nisinno hoti, siṅghāṭake vā nisinno hoti; Immaginate uno stolto che siede in una sala, una strada, o un incrocio,
tatra ce jano tajjaṁ tassāruppaṁ kathaṁ manteti. dove la gente parla di ciò che è appropriato e valido.
Sace, bhikkhave, bālo pāṇātipātī hoti, adinnādāyī hoti, kāmesumicchācārī hoti, musāvādī hoti, surāmerayamajjapamādaṭṭhāyī hoti. E immaginate che quello stolto uccida, rubi, abbia condotta sessuale sbagliata, menta, e usi bevande alcoliche.
Tatra, bhikkhave, bālassa evaṁ hoti: Penserebbe:
‘yaṁ kho jano tajjaṁ tassāruppaṁ kathaṁ manteti, ‘Queste persone stanno parlando di ciò che è appropriato e valido.
saṁvijjanteva te dhammā mayi, ahañca tesu dhammesu sandissāmī’ti. Ma quelle cose cattive si trovano in me, e io le esibisco!’
Idaṁ, bhikkhave, bālo paṭhamaṁ diṭṭheva dhamme dukkhaṁ domanassaṁ paṭisaṁvedeti. Questo è il primo tipo di sofferenza e tristezza che uno stolto prova nella vita presente.
Puna caparaṁ, bhikkhave, bālo passati rājāno coraṁ āgucāriṁ gahetvā vividhā kammakāraṇā kārente—Inoltre, uno stolto vede che i re arrestano un bandito, un criminale, e lo sottopongono a varie punizioni:
kasāhipi tāḷente vettehipi tāḷente addhadaṇḍakehipi tāḷente hatthampi chindante pādampi chindante hatthapādampi chindante kaṇṇampi chindante nāsampi chindante kaṇṇanāsampi chindante bilaṅgathālikampi karonte saṅkhamuṇḍikampi karonte rāhumukhampi karonte jotimālikampi karonte hatthapajjotikampi karonte erakavattikampi karonte cīrakavāsikampi karonte eṇeyyakampi karonte baḷisamaṁsikampi karonte kahāpaṇikampi karonte khārāpatacchikampi karonte palighaparivattikampi karonte palālapīṭhakampi karonte tattenapi telena osiñcante sunakhehipi khādāpente jīvantampi sūle uttāsente asināpi sīsaṁ chindante. frustate, bastonate, e mazzate; taglio delle mani o dei piedi, o entrambi; taglio delle orecchie o del naso, o entrambi; la ‘pentola del porridge’, la ‘rasatura a conchiglia’, la ‘bocca del demone’, la ‘collana di fuoco’, la ‘mano che brucia’, la ‘torsione del giunco’, il ‘vestito di corteccia’, l’‘antilope’, l’‘uncino da carne’, le ‘monete’, il ‘cetriolo caustico’, la ‘barra che si torce’, la ‘stuoia di paglia’; gli viene versato addosso olio bollente, viene dato in pasto ai cani, viene impalato vivo, e viene decapitato.
Tatra, bhikkhave, bālassa evaṁ hoti: Lo stolto pensa:
‘yathārūpānaṁ kho pāpakānaṁ kammānaṁ hetu rājāno coraṁ āgucāriṁ gahetvā vividhā kammakāraṇā kārenti—‘Il tipo di azioni malvagie per le quali i re infliggono tali punizioni
kasāhipi tāḷenti …pe… asināpi sīsaṁ chindanti;
saṁvijjanteva te dhammā mayi, ahañca tesu dhammesu sandissāmi. si trovano in me, e io le esibisco!
Mañcepi rājāno jāneyyuṁ, mampi rājāno gahetvā vividhā kammakāraṇā kāreyyuṁ—Se i re mi scoprissero, mi infliggerebbero gli stessi tipi di punizioni!’
kasāhipi tāḷeyyuṁ …pe… jīvantampi sūle uttāseyyuṁ, asināpi sīsaṁ chindeyyun’ti.
Idampi, bhikkhave, bālo dutiyaṁ diṭṭheva dhamme dukkhaṁ domanassaṁ paṭisaṁvedeti. Questo è il secondo tipo di sofferenza e tristezza che uno stolto prova nella vita presente.
Puna caparaṁ, bhikkhave, bālaṁ pīṭhasamārūḷhaṁ vā mañcasamārūḷhaṁ vā chamāyaṁ vā semānaṁ, yānissa pubbe pāpakāni kammāni katāni kāyena duccaritāni vācāya duccaritāni manasā duccaritāni tānissa tamhi samaye olambanti ajjholambanti abhippalambanti. Inoltre, quando uno stolto si riposa su una sedia, o su un letto, o per terra, le sue azioni malvagie passate, la sua condotta malvagia attraverso corpo, parola, e mente, affiorano in lui, vengono a galla, e si posano su di lui.
Seyyathāpi, bhikkhave, mahataṁ pabbatakūṭānaṁ chāyā sāyanhasamayaṁ pathaviyā olambanti ajjholambanti abhippalambanti; È come l’ombra di un grande picco montuoso la sera che si posa sulla terra.
evameva kho, bhikkhave, bālaṁ pīṭhasamārūḷhaṁ vā mañcasamārūḷhaṁ vā chamāyaṁ vā semānaṁ, yānissa pubbe pāpakāni kammāni katāni kāyena duccaritāni vācāya duccaritāni manasā duccaritāni tānissa tamhi samaye olambanti ajjholambanti abhippalambanti. Allo stesso modo, quando uno stolto si riposa su una sedia, o su un letto, o per terra, le sue azioni malvagie passate, la sua condotta immorale attraverso corpo, parola, e mente, affiorano in lui, vengono a galla, e si posano su di lui.
Tatra, bhikkhave, bālassa evaṁ hoti: Lo stolto pensa:
‘akataṁ vata me kalyāṇaṁ, akataṁ kusalaṁ, akataṁ bhīruttāṇaṁ; ‘Ahimè! Non ho compiuto cose buone e sane che mi tengono al sicuro.
kataṁ pāpaṁ, kataṁ luddaṁ, kataṁ kibbisaṁ. E ho compiuto cose malvagie, violente, e depravate.
Yāvatā, bho, akatakalyāṇānaṁ akatakusalānaṁ akatabhīruttāṇānaṁ katapāpānaṁ kataluddānaṁ katakibbisānaṁ gati taṁ gatiṁ pecca gacchāmī’ti. Quando morirò, andrò nel posto dove va la gente che fa queste cose’.
So socati kilamati paridevati urattāḷiṁ kandati sammohaṁ āpajjati. Si intristisce, geme e si lamenta, battendosi il petto e cadendo in confusione.
Idampi, bhikkhave, bālo tatiyaṁ diṭṭheva dhamme dukkhaṁ domanassaṁ paṭisaṁvedeti. Questo è il terzo tipo di sofferenza e tristezza che uno stolto prova nella vita presente.
Sa kho so, bhikkhave, bālo kāyena duccaritaṁ caritvā vācāya duccaritaṁ caritvā manasā duccaritaṁ caritvā kāyassa bhedā paraṁ maraṇā apāyaṁ duggatiṁ vinipātaṁ nirayaṁ upapajjati. Avendo compiuto cose immorali attraverso corpo, parola, e mente, alla dissoluzione del corpo, dopo la morte, rinasce in un posto di perdizione, un brutto posto, in un regno inferiore, all’inferno.
Yaṁ kho taṁ, bhikkhave, sammā vadamāno vadeyya: E se c’è qualcosa riguardo a cui si può dire giustamente che
‘ekantaṁ aniṭṭhaṁ ekantaṁ akantaṁ ekantaṁ amanāpan’ti, nirayameva taṁ sammā vadamāno vadeyya: è del tutto spiacevole, indesiderabile, e sgradevole, è dell’inferno che si dovrebbe dire.
‘ekantaṁ aniṭṭhaṁ ekantaṁ akantaṁ ekantaṁ amanāpan’ti.
Yāvañcidaṁ, bhikkhave, upamāpi na sukarā yāva dukkhā nirayā”ti. Così tanto che non è facile trovare una similitudine per quanto doloroso sia l’inferno”.
Evaṁ vutte, aññataro bhikkhu bhagavantaṁ etadavoca: Detto ciò, uno dei monaci chiese al Buddha:
“sakkā pana, bhante, upamaṁ kātun”ti? “Ma, Signore, è possibile usare una similitudine?”
“Sakkā, bhikkhū”ti bhagavā avoca. “È possibile”, disse il Buddha.
“Seyyathāpi, bhikkhu, coraṁ āgucāriṁ gahetvā rañño dasseyyuṁ: “Immagina che arrestino un bandito, un criminale, e lo presentino al re, dicendo:
‘ayaṁ kho, deva, coro āgucārī, imassa yaṁ icchasi taṁ daṇḍaṁ paṇehī’ti. ‘Sua Maestà, questo è un bandito, un criminale. Lo punisca come vuole’.
Tamenaṁ rājā evaṁ vadeyya: Il re dice:
‘gacchatha, bho, imaṁ purisaṁ pubbaṇhasamayaṁ sattisatena hanathā’ti. “Andate, miei uomini, e di mattina colpite quest’uomo con cento lance!’
Tamenaṁ pubbaṇhasamayaṁ sattisatena haneyyuṁ. Gli uomini del re fanno come lui ha ordinato.
Atha rājā majjhanhikasamayaṁ evaṁ vadeyya: Poi a mezzogiorno il re dice:
‘ambho, kathaṁ so puriso’ti? ‘Miei uomini, come sta quell’uomo?’
‘Tatheva, deva, jīvatī’ti. ‘È ancora vivo, Sua Maestà’.
Tamenaṁ rājā evaṁ vadeyya: Il re dice:
‘gacchatha, bho, taṁ purisaṁ majjhanhikasamayaṁ sattisatena hanathā’ti. “Andate, miei uomini, a mezzogiorno colpite quest’uomo con cento lance!’
Tamenaṁ majjhanhikasamayaṁ sattisatena haneyyuṁ. Gli uomini del re fanno come lui ha ordinato.
Atha rājā sāyanhasamayaṁ evaṁ vadeyya: Poi la sera il re dice:
‘ambho, kathaṁ so puriso’ti? ‘Miei uomini, come sta quell’uomo?’
‘Tatheva, deva, jīvatī’ti. ‘È ancora vivo, Sua Maestà’.
Tamenaṁ rājā evaṁ vadeyya: Il re dice:
‘gacchatha, bho, taṁ purisaṁ sāyanhasamayaṁ sattisatena hanathā’ti. “Andate, miei uomini, la sera colpite quest’uomo con cento lance!’
Tamenaṁ sāyanhasamayaṁ sattisatena haneyyuṁ. Gli uomini del re fanno come lui ha ordinato.
Taṁ kiṁ maññatha, bhikkhave, Cosa ne pensate, monaci?
api nu so puriso tīhi sattisatehi haññamāno tatonidānaṁ dukkhaṁ domanassaṁ paṭisaṁvediyethā”ti? Quell’uomo non proverebbe dolore e angoscia nel venire colpito da trecento lance?”
“Ekissāpi, bhante, sattiyā haññamāno so puriso tatonidānaṁ dukkhaṁ domanassaṁ paṭisaṁvediyetha, ko pana vādo tīhi sattisatehī”ti? “Signore, quell’uomo proverebbe dolore e angoscia nel venire colpito da una lancia, figuriamoci trecento!”
Atha kho bhagavā parittaṁ pāṇimattaṁ pāsāṇaṁ gahetvā bhikkhū āmantesi: Allora il Buddha, raccogliendo una pietra delle dimensioni del proprio palmo, si rivolse ai monaci:
“Taṁ kiṁ maññatha, bhikkhave, “Cosa ne pensate, monaci?
katamo nu kho mahantataro—yo cāyaṁ mayā paritto pāṇimatto pāsāṇo gahito, yo ca himavā pabbatarājā”ti? Cos’è più grande: la pietra delle dimensioni del mio palmo che ho raccolto, o l’Himalaya, il re delle montagne?”
“Appamattako ayaṁ, bhante, bhagavatā paritto pāṇimatto pāsāṇo gahito, himavantaṁ pabbatarājānaṁ upanidhāya saṅkhampi na upeti, kalabhāgampi na upeti, upanidhampi na upe”ti. ‘Signore, la pietra che ha raccolto è piccola. Rispetto all’Himalaya non conta niente, nemmeno una frazione, non c’è confronto”
“Evameva kho, bhikkhave, yaṁ so puriso tīhi sattisatehi haññamāno tatonidānaṁ dukkhaṁ domanassaṁ paṭisaṁvedeti taṁ nirayakassa dukkhassa upanidhāya saṅkhampi na upeti, kalabhāgampi na upeti, upanidhampi na upeti. “Allo stesso modo, rispetto alla sofferenza dell’inferno, il dolore e angoscia provati da quell’uomo nel venire colpito da trecento lance non conta niente, nemmeno una frazione, non c’è confronto.
Tamenaṁ, bhikkhave, nirayapālā pañcavidhabandhanaṁ nāma kammakāraṇaṁ karonti—I guardiani dell’inferno puniscono la gente con la quintuplice crocifissione.
tattaṁ ayokhilaṁ hatthe gamenti, tattaṁ ayokhilaṁ dutiye hatthe gamenti, tattaṁ ayokhilaṁ pāde gamenti, tattaṁ ayokhilaṁ dutiye pāde gamenti, tattaṁ ayokhilaṁ majjhe urasmiṁ gamenti. Martellano loro chiodi incandescenti nelle mani e nei piedi, e un altro nel centro del petto.
So tattha dukkhā tibbā kharā kaṭukā vedanā vedeti, na ca tāva kālaṁ karoti yāva na taṁ pāpakammaṁ byantīhoti. E lì provano sensazioni dolorose, pungenti, intense, e acute, ma non muoiono finché quelle azioni malvagie non vengono eliminate.
Tamenaṁ, bhikkhave, nirayapālā saṁvesetvā kuṭhārīhi tacchanti. I guardiani dell’inferno li gettano a terra e li tagliano con delle asce. …
So tattha dukkhā tibbā …pe… byantīhoti.
Tamenaṁ, bhikkhave, nirayapālā uddhampādaṁ adhosiraṁ gahetvā vāsīhi tacchanti. Li appendono a testa in giù e li tagliano con delle accette. …
So tattha dukkhā tibbā …pe… byantīhoti.
Tamenaṁ, bhikkhave, nirayapālā rathe yojetvā ādittāya pathaviyā sampajjalitāya sajotibhūtāya sārentipi paccāsārentipi. Li legano a una carrozza e vanno avanti e indietro sul terreno ardente, rovente, e incandescente. …
So tattha dukkhā tibbā …pe… byantīhoti.
Tamenaṁ, bhikkhave, nirayapālā mahantaṁ aṅgārapabbataṁ ādittaṁ sampajjalitaṁ sajotibhūtaṁ āropentipi oropentipi. Li fanno arrampicare su e giù da un’enorme montagna di braci ardenti, roventi, e incandescenti. …
So tattha dukkhā tibbā kharā kaṭukā vedanā vedeti, na ca tāva kālaṁ karoti yāva na taṁ pāpakammaṁ byantīhoti.
Tamenaṁ, bhikkhave, nirayapālā uddhampādaṁ adhosiraṁ gahetvā tattāya lohakumbhiyā pakkhipanti ādittāya sampajjalitāya sajotibhūtāya. Li girano a testa in giù e li gettano in un pentolone incandescente, infuocato, rovente.
So tattha pheṇuddehakaṁ paccati.
So tattha pheṇuddehakaṁ paccamāno sakimpi uddhaṁ gacchati, sakimpi adho gacchati, sakimpi tiriyaṁ gacchati. Lì vengono bruciati dall’olio bollente, e vengono trascinati su e giù, a destra e a sinistra.
So tattha dukkhā tibbā kharā kaṭukā vedanā vedeti, na ca tāva kālaṁ karoti yāva na taṁ pāpakammaṁ byantīhoti. E lì provano sensazioni dolorose, pungenti, intense, e acute, ma non muoiono finché quelle azioni malvagie non vengono eliminate.
Tamenaṁ, bhikkhave, nirayapālā mahāniraye pakkhipanti. I guardiani dell’inferno li gettano nel Grande Inferno.
So kho pana, bhikkhave, mahānirayo—Ora, riguardo al Grande Inferno:
Catukkaṇṇo catudvāro, ‘Quattro sono i suoi angoli, quattro le sue porte,
vibhatto bhāgaso mito; divisi ordinatamente in parti eguali.
Ayopākārapariyanto, Circondato da un muro di ferro,
ayasā paṭikujjito. col tetto di ferro.
Tassa ayomayā bhūmi, Il pavimento è di ferro,
jalitā tejasā yutā; e brucia di un fuoco feroce.
Samantā yojanasataṁ, Il calore si diffonde sempre
pharitvā tiṭṭhati sabbadā. per cento leghe.
Anekapariyāyenapi kho ahaṁ, bhikkhave, nirayakathaṁ katheyyaṁ; Potrei dirvi molte cose sull’inferno.
yāvañcidaṁ, bhikkhave, na sukarā akkhānena pāpuṇituṁ yāva dukkhā nirayā. Così tanto che non è facile descrivere la sofferenza dell’inferno.
Santi, bhikkhave, tiracchānagatā pāṇā tiṇabhakkhā. Ci sono, monaci, animali che si nutrono di erba.
Te allānipi tiṇāni sukkhānipi tiṇāni dantullehakaṁ khādanti. Mangiano spezzando erba fresca o secca con i denti.
Katame ca, bhikkhave, tiracchānagatā pāṇā tiṇabhakkhā? E quali animali si nutrono di erba?
Hatthī assā goṇā gadrabhā ajā migā, ye vā panaññepi keci tiracchānagatā pāṇā tiṇabhakkhā. Elefanti, cavalli, bestiame, asini, capre, cervi, e molti altri.
Sa kho so, bhikkhave, bālo idha pubbe rasādo idha pāpāni kammāni karitvā kāyassa bhedā paraṁ maraṇā tesaṁ sattānaṁ sahabyataṁ upapajjati ye te sattā tiṇabhakkhā. Uno stolto ghiotto che compie azioni malvagie qui, alla dissoluzione del corpo, dopo la morte, rinasce in compagnia di quegli esseri viventi che si nutrono di erba.
Santi, bhikkhave, tiracchānagatā pāṇā gūthabhakkhā. Ci sono animali che si nutrono di sterco.
Te dūratova gūthagandhaṁ ghāyitvā dhāvanti: Quando fiutano dello sterco corrono lì, pensando:
‘ettha bhuñjissāma, ettha bhuñjissāmā’ti. ‘Lì mangeremo! Lì mangeremo!’
Seyyathāpi nāma brāhmaṇā āhutigandhena dhāvanti: È come quando i bramini fiutano un’offerta che brucia, corrono lì, pensando:
‘ettha bhuñjissāma, ettha bhuñjissāmā’ti; ‘Lì mangeremo! Lì mangeremo!’
evameva kho, bhikkhave, santi tiracchānagatā pāṇā gūthabhakkhā, Allo stesso modo, ci sono animali che si nutrono di sterco.
te dūratova gūthagandhaṁ ghāyitvā dhāvanti: Quando fiutano dello sterco corrono lì, pensando:
‘ettha bhuñjissāma, ettha bhuñjissāmā’ti. ‘Lì mangeremo! Lì mangeremo!’
Katame ca, bhikkhave, tiracchānagatā pāṇā gūthabhakkhā? E quali animali si nutrono di sterco?
Kukkuṭā sūkarā soṇā siṅgālā, ye vā panaññepi keci tiracchānagatā pāṇā gūthabhakkhā. Polli, maiali, cani, sciacalli, e molti altri.
Sa kho so, bhikkhave, bālo idha pubbe rasādo idha pāpāni kammāni karitvā kāyassa bhedā paraṁ maraṇā tesaṁ sattānaṁ sahabyataṁ upapajjati ye te sattā gūthabhakkhā. Uno stolto ghiotto che compie azioni malvagie qui, alla dissoluzione del corpo, dopo la morte, rinasce in compagnia di quegli esseri viventi che si nutrono di sterco.
Santi, bhikkhave, tiracchānagatā pāṇā andhakāre jāyanti andhakāre jīyanti andhakāre mīyanti. Ci sono animali che nascono, vivono, e muoiono al buio.
Katame ca, bhikkhave, tiracchānagatā pāṇā andhakāre jāyanti andhakāre jīyanti andhakāre mīyanti? E quali animali nascono, vivono, e muoiono al buio?
Kīṭā puḷavā gaṇḍuppādā, ye vā panaññepi keci tiracchānagatā pāṇā andhakāre jāyanti andhakāre jīyanti andhakāre mīyanti. Falene, vermi, lombrichi, e molti altri.
Sa kho so, bhikkhave, bālo idha pubbe rasādo, idha pāpāni kammāni karitvā kāyassa bhedā paraṁ maraṇā tesaṁ sattānaṁ sahabyataṁ upapajjati ye te sattā andhakāre jāyanti andhakāre jīyanti andhakāre mīyanti. Uno stolto ghiotto che compie azioni malvagie qui, alla dissoluzione del corpo, dopo la morte, rinasce in compagnia di quegli esseri viventi che nascono, vivono, e muoiono al buio.
Santi, bhikkhave, tiracchānagatā pāṇā udakasmiṁ jāyanti udakasmiṁ jīyanti udakasmiṁ mīyanti. Ci sono animali che nascono, vivono, e muoiono nell’acqua.
Katame ca, bhikkhave, tiracchānagatā pāṇā udakasmiṁ jāyanti udakasmiṁ jīyanti udakasmiṁ mīyanti? E quali animali nascono, vivono, e muoiono nell’acqua?
Macchā kacchapā susumārā, ye vā panaññepi keci tiracchānagatā pāṇā udakasmiṁ jāyanti udakasmiṁ jīyanti udakasmiṁ mīyanti. Pesci, tartarughe, coccodrilli, e molti altri.
Sa kho so, bhikkhave, bālo idha pubbe rasādo idha pāpāni kammāni karitvā kāyassa bhedā paraṁ maraṇā tesaṁ sattānaṁ sahabyataṁ upapajjati ye te sattā udakasmiṁ jāyanti udakasmiṁ jīyanti udakasmiṁ mīyanti. Uno stolto ghiotto che compie azioni malvagie qui, alla dissoluzione del corpo, dopo la morte, rinasce in compagnia di quegli esseri viventi che nascono, vivono, e muoiono nell’acqua.
Santi, bhikkhave, tiracchānagatā pāṇā asucismiṁ jāyanti asucismiṁ jīyanti asucismiṁ mīyanti. Ci sono animali che nascono, vivono, e muoiono nello sporco.
Katame ca, bhikkhave, tiracchānagatā pāṇā asucismiṁ jāyanti asucismiṁ jīyanti asucismiṁ mīyanti? E quali animali nascono, vivono, e muoiono nello sporco?
Ye te, bhikkhave, sattā pūtimacche vā jāyanti pūtimacche vā jīyanti pūtimacche vā mīyanti pūtikuṇape vā …pe… Quegli animali che nascono, vivono, e muoiono nel pesce marcio, in carcasse marce,
pūtikummāse vā … nel porridge andato a male,
candanikāya vā … o nelle fogne.
oligalle vā jāyanti, ye vā panaññepi keci tiracchānagatā pāṇā asucismiṁ jāyanti asucismiṁ jīyanti asucismiṁ mīyanti.
Sa kho so, bhikkhave, bālo idha pubbe rasādo idha pāpāni kammāni karitvā kāyassa bhedā paraṁ maraṇā tesaṁ sattānaṁ sahabyataṁ upapajjati ye te sattā asucismiṁ jāyanti asucismiṁ jīyanti asucismiṁ mīyanti. Uno stolto ghiotto che compie azioni malvagie qui, alla dissoluzione del corpo, dopo la morte, rinasce in compagnia di quegli esseri viventi che nascono, vivono, e muoiono nello sporco.
Anekapariyāyenapi kho ahaṁ, bhikkhave, tiracchānayonikathaṁ katheyyaṁ; Potrei dirvi molte cose sul regno animale.
yāvañcidaṁ, bhikkhave, na sukaraṁ akkhānena pāpuṇituṁ yāva dukkhā tiracchānayoni. Così tanto che non è facile descrivere la sofferenza del regno animale.
Seyyathāpi, bhikkhave, puriso ekacchiggalaṁ yugaṁ mahāsamudde pakkhipeyya. Monaci, immaginate una persona che lancia un giogo con un solo buco nell’oceano.
Tamenaṁ puratthimo vāto pacchimena saṁhareyya, pacchimo vāto puratthimena saṁhareyya, uttaro vāto dakkhiṇena saṁhareyya, dakkhiṇo vāto uttarena saṁhareyya. Il vento dell’est lo sposta a ovest; il vento dell’ovest lo sposta a est; il vento del nord lo sposta a sud; e il vento del sud lo sposta a nord.
Tatrāssa kāṇo kacchapo, so vassasatassa vassasatassa accayena sakiṁ ummujjeyya. E c’è una tartaruga con un occhio solo che emerge in superficie ogni cento anni.
Taṁ kiṁ maññatha, bhikkhave, Cosa ne pensate, monaci?
api nu so kāṇo kacchapo amusmiṁ ekacchiggale yuge gīvaṁ paveseyyā”ti? Quella tartaruga con un occhio solo infilerebbe il collo nel buco di quel giogo?”
“No hetaṁ, bhante”. “No, Signore.
“Yadi pana, bhante, kadāci karahaci dīghassa addhuno accayenā”ti. Solo dopo molto tempo, Signore, se mai accadesse”
“Khippataraṁ kho so, bhikkhave, kāṇo kacchapo amusmiṁ ekacchiggale yuge gīvaṁ paveseyya, ato dullabhatarāhaṁ, bhikkhave, manussattaṁ vadāmi sakiṁ vinipātagatena bālena. “Quella tartaruga con un occhio solo infilerebbe il collo nel buco di quel giogo prima che uno stolto che è caduto in un regno inferiore rinasca come essere umano, dico io.
Taṁ kissa hetu? Perché questo?
Na hettha, bhikkhave, atthi dhammacariyā samacariyā kusalakiriyā puññakiriyā. Perché in quel posto non esiste condotta morale con principi, e non esistono azioni buone e sane.
Aññamaññakhādikā ettha, bhikkhave, vattati dubbalakhādikā. Si cacciano solo a vicenda, predando sui deboli.
Sa kho so, bhikkhave, bālo sace kadāci karahaci dīghassa addhuno accayena manussattaṁ āgacchati, yāni tāni nīcakulāni—E immaginate che quello stolto, dopo molto tempo, torni nel regno umano.
caṇḍālakulaṁ vā nesādakulaṁ vā venakulaṁ vā rathakārakulaṁ vā pukkusakulaṁ vā. Rinascerebbe in una famiglia di bassa classe sociale, di becchini, di cacciatori, di coltivatori di bambù, di carrai, o di spazzini.
Tathārūpe kule paccājāyati dalidde appannapānabhojane kasiravuttike, yattha kasirena ghāsacchādo labbhati. Le famiglie così sono povere, con poco da mangiare o da bere, dove la vita è dura, e il cibo e un riparo sono difficili da trovare.
So ca hoti dubbaṇṇo duddasiko okoṭimako bavhābādho kāṇo vā kuṇī vā khujjo vā pakkhahato vā na lābhī annassa pānassa vatthassa yānassa mālāgandhavilepanassa seyyāvasathapadīpeyyassa. E sarebbe brutto, brutto da vedere, deforme, malaticcio, con un occhio solo, storpio, zoppo, o mezzo paralizzato. Non otterrebbe cibo, bevande, vestiti, e veicoli; collane, profumi, e trucchi; o letto, casa, e luce.
So kāyena duccaritaṁ carati vācāya duccaritaṁ carati manasā duccaritaṁ carati. E fa cose immorali attraverso corpo, parola, e mente.
So kāyena duccaritaṁ caritvā vācāya duccaritaṁ caritvā manasā duccaritaṁ caritvā kāyassa bhedā paraṁ maraṇā apāyaṁ duggatiṁ vinipātaṁ nirayaṁ upapajjati. Alla dissoluzione del corpo, dopo la morte, rinascerebbe in un posto di perdizione, un brutto posto, in un regno inferiore, all’inferno.
Seyyathāpi, bhikkhave, akkhadhutto paṭhameneva kaliggahena puttampi jīyetha, dārampi jīyetha, sabbaṁ sāpateyyampi jīyetha, uttaripi adhibandhaṁ nigaccheyya. Immaginate un giocatore d’azzardo che perde moglie e figlio, ogni proprietà, e viene gettato in prigione alla prima mano perdente.
Appamattako so, bhikkhave, kaliggaho yaṁ so akkhadhutto paṭhameneva kaliggahena puttampi jīyetha, dārampi jīyetha, sabbaṁ sāpateyyampi jīyetha, uttaripi adhibandhaṁ nigaccheyya. Una mano perdente così è banale in confronto alla
Atha kho ayameva tato mahantataro kaliggaho yaṁ so bālo kāyena duccaritaṁ caritvā vācāya duccaritaṁ caritvā manasā duccaritaṁ caritvā kāyassa bhedā paraṁ maraṇā apāyaṁ duggatiṁ vinipātaṁ nirayaṁ upapajjati. mano perdente per la quale uno stolto, avendo fatto cose immorali attraverso corpo, parola, e mente, alla dissoluzione del corpo, dopo la morte, rinasce in un posto di perdizione, un brutto posto, in un regno inferiore, all’inferno.
Ayaṁ, bhikkhave, kevalā paripūrā bālabhūmīti. Questo è il livello più alto che uno stolto può raggiungere.
Tīṇimāni, bhikkhave, paṇḍitassa paṇḍitalakkhaṇāni paṇḍitanimittāni paṇḍitāpadānāni. Ci sono tre caratteristiche, aspetti, e manifestazioni di un astuto.
Katamāni tīṇi? Quali tre?
Idha, bhikkhave, paṇḍito sucintitacintī ca hoti subhāsitabhāsī ca sukatakammakārī ca. Un astuto pensa bene, parla bene, e agisce bene.
No cetaṁ, bhikkhave, paṇḍito sucintitacintī ca abhavissa subhāsitabhāsī ca sukatakammakārī ca, kena naṁ paṇḍitā jāneyyuṁ: Se un astuto non pensasse bene, parlasse bene, e agisse bene, allora come potrebbe un astuto sapere di lui:
‘paṇḍito ayaṁ bhavaṁ sappuriso’ti? ‘Questo è un astuto, una persona retta’?
Yasmā ca kho, bhikkhave, paṇḍito sucintitacintī ca hoti subhāsitabhāsī ca sukatakammakārī ca tasmā naṁ paṇḍitā jānanti: Ma dato che un astuto pensa bene, parla bene, e agisce bene, allora un astuto sa di lui:
‘paṇḍito ayaṁ bhavaṁ sappuriso’ti. ‘Questo è un astuto, una persona retta’.
Sa kho so, bhikkhave, paṇḍito tividhaṁ diṭṭheva dhamme sukhaṁ somanassaṁ paṭisaṁvedeti. Un astuto prova tre tipi di felicità e allegria nella vita presente.
Sace, bhikkhave, paṇḍito sabhāyaṁ vā nisinno hoti, rathikāya vā nisinno hoti, siṅghāṭake vā nisinno hoti; Immaginate un astuto che siede in una sala, una strada, o un incrocio,
tatra ce jano tajjaṁ tassāruppaṁ kathaṁ manteti. dove la gente parla di ciò che è appropriato e valido.
Sace, bhikkhave, paṇḍito pāṇātipātā paṭivirato hoti, adinnādānā paṭivirato hoti, kāmesumicchācārā paṭivirato hoti, musāvādā paṭivirato hoti, surāmerayamajjappamādaṭṭhānā paṭivirato hoti; E immaginate che quell’astuto sia qualcuno che non uccide, non ruba, non ha condotta sessuale sbagliata, non mente, e non beve bevande alcoliche.
tatra, bhikkhave, paṇḍitassa evaṁ hoti: L’astuto pensa:
‘yaṁ kho jano tajjaṁ tassāruppaṁ kathaṁ manteti; ‘Queste persone stanno parlando di ciò che è appropriato e valido.
saṁvijjanteva te dhammā mayi, ahañca tesu dhammesu sandissāmī’ti. E quelle cose buone si trovano in me, e io le esibisco!’
Idaṁ, bhikkhave, paṇḍito paṭhamaṁ diṭṭheva dhamme sukhaṁ somanassaṁ paṭisaṁvedeti. Questo è il primo tipo di felicità e allegria che un astuto prova nella vita presente.
Puna caparaṁ, bhikkhave, paṇḍito passati rājāno coraṁ āgucāriṁ gahetvā vividhā kammakāraṇā kārente—Inoltre, un astuto vede che i re arrestano un bandito, un criminale, e lo sottopongono a varie punizioni:
kasāhipi tāḷente vettehipi tāḷente addhadaṇḍakehipi tāḷente hatthampi chindante pādampi chindante hatthapādampi chindante kaṇṇampi chindante nāsampi chindante kaṇṇanāsampi chindante bilaṅgathālikampi karonte saṅkhamuṇḍikampi karonte rāhumukhampi karonte jotimālikampi karonte hatthapajjotikampi karonte erakavattikampi karonte cīrakavāsikampi karonte eṇeyyakampi karonte balisamaṁsikampi karonte kahāpaṇikampi karonte khārāpatacchikampi karonte palighaparivattikampi karonte palālapīṭhakampi karonte tattenapi telena osiñcante sunakhehipi khādāpente jīvantampi sūle uttāsente asināpi sīsaṁ chindante. frustate, bastonate, e mazzate; taglio delle mani o dei piedi, o entrambi; taglio delle orecchie o del naso, o entrambi; la ‘pentola del porridge’, la ‘rasatura a conchiglia’, la ‘bocca del demone’, la ‘collana di fuoco’, la ‘mano che brucia’, la ‘torsione del giunco’, il ‘vestito di corteccia’, l’‘antilope’, l’‘uncino da carne’, le ‘monete’, il ‘cetriolo caustico’, la ‘barra che si torce’, la ‘stuoia di paglia’; gli viene versato addosso olio bollente, viene dato in pasto ai cani, viene impalato vivo, e viene decapitato.
Tatra, bhikkhave, paṇḍitassa evaṁ hoti: L’astuto pensa:
‘yathārūpānaṁ kho pāpakānaṁ kammānaṁ hetu rājāno coraṁ āgucāriṁ gahetvā vividhā kammakāraṇā kārenti kasāhipi tāḷenti, vettehipi tāḷenti, addhadaṇḍakehipi tāḷenti, hatthampi chindanti, pādampi chindanti, hatthapādampi chindanti, kaṇṇampi chindanti, nāsampi chindanti, kaṇṇanāsampi chindanti, bilaṅgathālikampi karonti, saṅkhamuṇḍikampi karonti, rāhumukhampi karonti, jotimālikampi karonti, hatthapajjotikampi karonti, erakavattikampi karonti, cīrakavāsikampi karonti, eṇeyyakampi karonti, balisamaṁsikampi karonti, kahāpaṇikampi karonti, khārāpatacchikampi karonti, palighaparivattikampi karonti, palālapīṭhakampi karonti, tattenapi telena osiñcanti, sunakhehipi khādāpenti, jīvantampi sūle uttāsenti, asināpi sīsaṁ chindanti, na te dhammā mayi saṁvijjanti, ahañca na tesu dhammesu sandissāmī’ti. ‘Il tipo di azioni per le quali i re infliggono tali punizioni non si trovano in me e io non le esibisco!’
Idampi, bhikkhave, paṇḍito dutiyaṁ diṭṭheva dhamme sukhaṁ somanassaṁ paṭisaṁvedeti. Questo è il secondo tipo di felicità e allegria che un astuto prova nella vita presente.
Puna caparaṁ, bhikkhave, paṇḍitaṁ pīṭhasamārūḷhaṁ vā mañcasamārūḷhaṁ vā chamāyaṁ vā semānaṁ, yānissa pubbe kalyāṇāni kammāni katāni kāyena sucaritāni vācāya sucaritāni manasā sucaritāni tānissa tamhi samaye olambanti …pe… Inoltre, quando un astuto si riposa su una sedia, o su un letto, o per terra, le sue buone azioni passate, la sua condotta morale attraverso corpo, parola, e mente, affiorano in lui, vengono a galla, e si posano su di lui.
seyyathāpi, bhikkhave, mahataṁ pabbatakūṭānaṁ chāyā sāyanhasamayaṁ pathaviyā olambanti ajjholambanti abhippalambanti; È come l’ombra di un grande picco montuoso la sera che si posa sulla terra.
evameva kho, bhikkhave, paṇḍitaṁ pīṭhasamārūḷhaṁ vā mañcasamārūḷhaṁ vā chamāyaṁ vā semānaṁ yānissa pubbe kalyāṇāni kammāni katāni kāyena sucaritāni vācāya sucaritāni manasā sucaritāni tānissa tamhi samaye olambanti ajjholambanti abhippalambanti. Allo stesso modo, quando un astuto si riposa su una sedia, o su un letto, o per terra, le sue buone azioni passate, la sua condotta morale attraverso corpo, parola, e mente, affiorano in lui, vengono a galla, e si posano su di lui.
Tatra, bhikkhave, paṇḍitassa evaṁ hoti: L’astuto pensa:
‘akataṁ vata me pāpaṁ, akataṁ luddaṁ, akataṁ kibbisaṁ; ‘Bene, non ho compiuto cose malvagie, violente, e depravate.
kataṁ kalyāṇaṁ, kataṁ kusalaṁ, kataṁ bhīruttāṇaṁ. E ho compiuto cose buone e sane che mi tengono al sicuro.
Yāvatā, bho, akatapāpānaṁ akataluddānaṁ akatakibbisānaṁ katakalyāṇānaṁ katakusalānaṁ katabhīruttāṇānaṁ gati taṁ gatiṁ pecca gacchāmī’ti. Quando morirò, andrò nel posto dove va la gente che fa queste cose’.
So na socati, na kilamati, na paridevati, na urattāḷiṁ kandati, na sammohaṁ āpajjati. Non si intristisce, o geme, o si lamenta battendosi il petto e cadendo in confusione.
Idampi, bhikkhave, paṇḍito tatiyaṁ diṭṭheva dhamme sukhaṁ somanassaṁ paṭisaṁvedeti. Questo è il terzo tipo di felicità e allegria che un astuto prova nella vita presente.
Sa kho so, bhikkhave, paṇḍito kāyena sucaritaṁ caritvā vācāya sucaritaṁ caritvā manasā sucaritaṁ caritvā kāyassa bhedā paraṁ maraṇā sugatiṁ saggaṁ lokaṁ upapajjati. Avendo praticato condotta morale di corpo, parola, e mente, alla dissoluzione del corpo, dopo la morte, rinasce in un buon posto, in paradiso.
Yaṁ kho taṁ, bhikkhave, sammā vadamāno vadeyya: E se c’è qualcosa riguardo a cui si può dire giustamente che
‘ekantaṁ iṭṭhaṁ ekantaṁ kantaṁ ekantaṁ manāpan’ti, saggameva taṁ sammā vadamāno vadeyya: è del tutto piacevole, desiderabile, e gradevole, è del paradiso che si dovrebbe dire.
‘ekantaṁ iṭṭhaṁ ekantaṁ kantaṁ ekantaṁ manāpan’ti.
Yāvañcidaṁ, bhikkhave, upamāpi na sukarā yāva sukhā saggā”ti. Così tanto che non è facile trovare una similitudine per quanto felice sia il paradiso”.
Evaṁ vutte, aññataro bhikkhu bhagavantaṁ etadavoca: Detto ciò, uno dei monaci gli disse:
“sakkā pana, bhante, upamaṁ kātun”ti? “Ma, Signore, è possibile usare una similitudine?”
“Sakkā, bhikkhū”ti bhagavā avoca. “È possibile”, disse il Buddha.
“Seyyathāpi, bhikkhave, rājā cakkavattī sattahi ratanehi samannāgato catūhi ca iddhīhi tatonidānaṁ sukhaṁ somanassaṁ paṭisaṁvedeti. “Immaginate un re, un monarca che mette in moto la ruota che possiede i sette tesori e le quattro benedizioni, e che prova felicità e allegria grazie a questi.
Katamehi sattahi? Quali sette?
Idha, bhikkhave, rañño khattiyassa muddhāvasittassa tadahuposathe pannarase sīsaṁnhātassa uposathikassa uparipāsādavaragatassa dibbaṁ cakkaratanaṁ pātubhavati sahassāraṁ sanemikaṁ sanābhikaṁ sabbākāraparipūraṁ. È quando, nel quindicesimo giorno di festa, un re aristocratico consacrato si lava la testa e va al piano di sopra del palazzo reale per rispettare il giorno di festa. E il tesoro celeste della ruota gli appare, con mille raggi, con cerchione e centro, completo in ogni dettaglio.
Taṁ disvāna rañño khattiyassa muddhāvasittassa evaṁ hoti: Vedendo ciò, il re pensa:
‘sutaṁ kho pana metaṁ yassa rañño khattiyassa muddhāvasittassa tadahuposathe pannarase sīsaṁnhātassa uposathikassa uparipāsādavaragatassa dibbaṁ cakkaratanaṁ pātubhavati sahassāraṁ sanemikaṁ sanābhikaṁ sabbākāraparipūraṁ, so hoti rājā cakkavattīti. ‘Ho sentito che quando il tesoro celeste della ruota appare a un re in questo modo, lui diventa un monarca che mette in moto la ruota.
Assaṁ nu kho ahaṁ rājā cakkavattī’ti? Sono quindi un monarca che mette in moto la ruota?’
Atha kho, bhikkhave, rājā khattiyo muddhāvasitto vāmena hatthena bhiṅkāraṁ gahetvā dakkhiṇena hatthena cakkaratanaṁ abbhukkirati: Allora il re aristocratico consacrato, prendendo un vaso cerimoniale nella mano sinistra, cosparge il tesoro della ruota con la mano destra, dicendo:
‘pavattatu bhavaṁ cakkaratanaṁ, abhivijinātu bhavaṁ cakkaratanan’ti. ‘Rotola, oh tesoro della ruota! Trionfa, oh tesoro della ruota!’
Atha kho taṁ, bhikkhave, cakkaratanaṁ puratthimaṁ disaṁ pavattati. Anvadeva rājā cakkavattī saddhiṁ caturaṅginiyā senāya. Yasmiṁ kho pana, bhikkhave, padese cakkaratanaṁ patiṭṭhāti tattha rājā cakkavattī vāsaṁ upeti saddhiṁ caturaṅginiyā senāya. Allora il tesoro della ruota rotola verso est. E il re lo segue insieme al proprio esercito da quattro divisioni. In qualsiasi posto il tesoro della ruota si ferma, lì il re si ferma con il suo esercito.
Ye kho pana, bhikkhave, puratthimāya disāya paṭirājāno te rājānaṁ cakkavattiṁ upasaṅkamitvā evamāhaṁsu: E qualsiasi sovrano nemico dell’est viene dal monarca che mette in moto la ruota e dice:
‘ehi kho, mahārāja. Svāgataṁ te, mahārāja. Sakaṁ te, mahārāja. Anusāsa, mahārājā’ti. ‘Vieni, grande re! Benvenuto, grande re! Siamo tuoi, grande re, istruiscici’.
Rājā cakkavattī evamāha: Allora il monarca che mette in moto la ruota dice:
‘pāṇo na hantabbo, adinnaṁ nādātabbaṁ, kāmesumicchā na caritabbā, musā na bhāsitabbā, majjaṁ na pātabbaṁ, yathābhuttañca bhuñjathā’ti. ‘Non uccidete. Non rubate. Non abbiate condotta sessuale sbagliata. Non mentite. Non bevete alcol. Mantenete il livello di tassazione attuale’.
Ye kho pana, bhikkhave, puratthimāya disāya paṭirājāno te rañño cakkavattissa anuyantā bhavanti. E quindi i sovrani nemici dell’est diventano suoi vassalli.
Atha kho taṁ, bhikkhave, cakkaratanaṁ puratthimaṁ samuddaṁ ajjhogāhetvā paccuttaritvā dakkhiṇaṁ disaṁ pavattati …pe… Poi il tesoro della ruota, tuffandosi nell’oceano dell’est e riemergendo, rotola verso sud. …
dakkhiṇaṁ samuddaṁ ajjhogāhetvā paccuttaritvā pacchimaṁ disaṁ pavattati …pe… Tuffandosi nell’oceano del sud e riemergendo, rotola verso ovest. …
pacchimaṁ samuddaṁ ajjhogāhetvā paccuttaritvā uttaraṁ disaṁ pavattati anvadeva rājā cakkavattī saddhiṁ caturaṅginiyā senāya. Yasmiṁ kho pana, bhikkhave, padese cakkaratanaṁ patiṭṭhāti tattha rājā cakkavattī vāsaṁ upeti saddhiṁ caturaṅginiyā senāya. Tuffandosi nell’oceano dell’ovest e riemergendo, rotola verso nord, e il re lo segue insieme al proprio esercito da quattro divisioni. In qualsiasi posto il tesoro della ruota si ferma, lì il re si ferma con il suo esercito.
Ye kho pana, bhikkhave, uttarāya disāya paṭirājāno te rājānaṁ cakkavattiṁ upasaṅkamitvā evamāhaṁsu: E qualsiasi sovrano nemico del nord viene dal monarca che mette in moto la ruota e dice:
‘ehi kho, mahārāja. Svāgataṁ te, mahārāja. Sakaṁ te, mahārāja. Anusāsa, mahārājā’ti. ‘Vieni, grande re! Benvenuto, grande re! Siamo tuoi, grande re, istruiscici’.
Rājā cakkavattī evamāha: Allora il monarca che mette in moto la ruota dice:
‘pāṇo na hantabbo, adinnaṁ nādātabbaṁ, kāmesumicchā na caritabbā, musā na bhāsitabbā, majjaṁ na pātabbaṁ; yathābhuttañca bhuñjathā’ti. ‘Non uccidete. Non rubate. Non abbiate condotta sessuale sbagliata. Non mentite. Non bevete alcol. Mantenete il livello di tassazione attuale’.
Ye kho pana, bhikkhave, uttarāya disāya paṭirājāno te rañño cakkavattissa anuyantā bhavanti. E quindi i sovrani nemici del nord diventano suoi vassalli.
Atha kho taṁ, bhikkhave, cakkaratanaṁ samuddapariyantaṁ pathaviṁ abhivijinitvā tameva rājadhāniṁ paccāgantvā rañño cakkavattissa antepuradvāre akkhāhataṁ maññe tiṭṭhati rañño cakkavattissa antepuradvāraṁ upasobhayamānaṁ. Allora il tesoro della ruota, avendo trionfato sulla terra circondata dall’oceano, torna alla capitale reale. Lì si ferma al cancello del complesso reale, come se fosse fissato a un’asse, illuminando il complesso reale.
Rañño, bhikkhave, cakkavattissa evarūpaṁ cakkaratanaṁ pātubhavati. È così il tesoro della ruota che appare al monarca che mette in moto la ruota.
Puna caparaṁ, bhikkhave, rañño cakkavattissa hatthiratanaṁ pātubhavati—Poi, il tesoro dell’elefante appare al monarca che mette in moto la ruota.
sabbaseto sattappatiṭṭho iddhimā vehāsaṅgamo uposatho nāma nāgarājā. È un elefante tutto bianco, che cammina nel cielo con poteri psichici, toccando terra in sette posti, un elefante reale di nome Giorno di Festa.
Taṁ disvāna rañño cakkavattissa cittaṁ pasīdati: Vedendolo, il re ne è impressionato:
‘bhaddakaṁ vata bho hatthiyānaṁ, sace damathaṁ upeyyā’ti. ‘Questo sarebbe davvero un bell’elefante da usare come trasporto, se si lasciasse domare’.
Atha kho taṁ, bhikkhave, hatthiratanaṁ seyyathāpi nāma bhaddo hatthājānīyo dīgharattaṁ suparidanto evameva damathaṁ upeti. Allora il tesoro dell’elefante si lascia domare, come se fosse un bell’elefante purosangue domato da molto tempo.
Bhūtapubbaṁ, bhikkhave, rājā cakkavattī tameva hatthiratanaṁ vīmaṁsamāno pubbaṇhasamayaṁ abhiruhitvā samuddapariyantaṁ pathaviṁ anusaṁyāyitvā tameva rājadhāniṁ paccāgantvā pātarāsamakāsi. Una volta accadde che il monarca che mette in moto la ruota, testando quello stesso tesoro dell’elefante, lo montò al mattino e attraversò la terra circondata dall’oceano prima di tornare alla capitale reale in tempo per la colazione.
Rañño, bhikkhave, cakkavattissa evarūpaṁ hatthiratanaṁ pātubhavati. È così il tesoro dell’elefante che appare al monarca che mette in moto la ruota.
Puna caparaṁ, bhikkhave, rañño cakkavattissa assaratanaṁ pātubhavati—Poi, il tesoro del cavallo appare al monarca che mette in moto la ruota.
sabbaseto kāḷasīso muñjakeso iddhimā vehāsaṅgamo valāhako nāma assarājā. È un cavallo tutto bianco, che cammina nel cielo con poteri psichici, con la testa nera e la criniera come canne intrecciate, un destriero reale di nome Nube da Temporale.
Taṁ disvāna rañño cakkavattissa cittaṁ pasīdati: Vedendolo, il re ne è impressionato:
‘bhaddakaṁ vata bho assayānaṁ, sace damathaṁ upeyyā’ti. ‘Questo sarebbe davvero un bel cavallo da usare come trasporto, se si lasciasse domare’.
Atha kho taṁ, bhikkhave, assaratanaṁ seyyathāpi nāma bhaddo assājānīyo dīgharattaṁ suparidanto evameva damathaṁ upeti. Allora il tesoro del cavallo si lascia domare, come se fosse un bel cavallo purosangue domato da molto tempo.
Bhūtapubbaṁ, bhikkhave, rājā cakkavattī tameva assaratanaṁ vīmaṁsamāno pubbaṇhasamayaṁ abhiruhitvā samuddapariyantaṁ pathaviṁ anusaṁyāyitvā tameva rājadhāniṁ paccāgantvā pātarāsamakāsi. Una volta accadde che il monarca che mette in moto la ruota, testando quello stesso tesoro del cavallo, lo montò al mattino e attraversò la terra circondata dall’oceano prima di tornare alla capitale reale in tempo per la colazione.
Rañño, bhikkhave, cakkavattissa evarūpaṁ assaratanaṁ pātubhavati. È così il tesoro del cavallo che appare al monarca che mette in moto la ruota.
Puna caparaṁ, bhikkhave, rañño cakkavattissa maṇiratanaṁ pātubhavati. Poi, il tesoro del gioiello appare al monarca che mette in moto la ruota.
So hoti maṇi veḷuriyo subho jātimā aṭṭhaṁso suparikammakato. È un berillo di bellezza naturale, con otto facce, ben lavorato.
Tassa kho pana, bhikkhave, maṇiratanassa ābhā samantā yojanaṁ phuṭā hoti. E lo splendore di quel gioiello si irradia tutt’intorno per una lega.
Bhūtapubbaṁ, bhikkhave, rājā cakkavattī tameva maṇiratanaṁ vīmaṁsamāno caturaṅginiṁ senaṁ sannayhitvā maṇiṁ dhajaggaṁ āropetvā rattandhakāratimisāya pāyāsi. Una volta accadde che il monarca che mette in moto la ruota, testando quello stesso tesoro del gioiello, mobilizzò il proprio esercito di quattro divisioni e, con il gioiello issato sul proprio stendardo, si avviò nel buio della notte.
Ye kho pana, bhikkhave, samantā gāmā ahesuṁ te tenobhāsena kammante payojesuṁ ‘divā’ti maññamānā. Gli abitanti del villaggio attorno a loro si alzarono per andare a lavorare, pensando che fosse giorno.
Rañño, bhikkhave, cakkavattissa evarūpaṁ maṇiratanaṁ pātubhavati. È così il tesoro del gioiello che appare al monarca che mette in moto la ruota.
Puna caparaṁ, bhikkhave, rañño cakkavattissa itthiratanaṁ pātubhavati. Poi, il tesoro della donna appare al monarca che mette in moto la ruota.
Sā abhirūpā dassanīyā pāsādikā paramāya vaṇṇapokkharatāya samannāgatā nātidīghā nātirassā nātikisā nātithūlā nātikāḷikā nāccodātā, atikkantā mānusaṁ vaṇṇaṁ, appattā dibbaṁ vaṇṇaṁ. È attraente, bella, affascinante, di bellezza senza pari. Non è né troppo alta né troppo bassa, né troppo magra né troppo grassa, né troppo scura né troppo chiara. Supera la bellezza umana senza raggiungere quella divina.
Tassa kho pana, bhikkhave, itthiratanassa evarūpo kāyasamphasso hoti, seyyathāpi nāma tūlapicuno vā kappāsapicuno vā. E il suo tocco è come un ciuffo di cotone o di capoc.
Tassa kho pana, bhikkhave, itthiratanassa sīte uṇhāni gattāni honti, uṇhe sītāni gattāni honti. Quando fa freddo le sue membra sono calde, e quando fa caldo le sue membra sono fresche.
Tassa kho pana, bhikkhave, itthiratanassa kāyato candanagandho vāyati, mukhato uppalagandho vāyati. Il suo corpo emana fragranza di sandalo, e la sua bocca emana fragranza di loto.
Taṁ kho pana, bhikkhave, itthiratanaṁ rañño cakkavattissa pubbuṭṭhāyinī hoti pacchānipātinī kiṅkārapaṭissāvinī manāpacārinī piyavādinī. Si alza prima del re e va a dormire dopo di lui, ed è premurosa, si comporta bene e parla gentilmente.
Taṁ kho pana, bhikkhave, itthiratanaṁ rājānaṁ cakkavattiṁ manasāpi no aticarati, kuto pana kāyena? Il tesoro della donna non tradisce il monarca che mette in moto la ruota nemmeno in pensiero, figuriamoci in azione.
Rañño, bhikkhave, cakkavattissa evarūpaṁ itthiratanaṁ pātubhavati. È così il tesoro della donna che appare al monarca che mette in moto la ruota.
Puna caparaṁ, bhikkhave, rañño cakkavattissa gahapatiratanaṁ pātubhavati. Poi, il tesoro del laico appare al monarca che mette in moto la ruota.
Tassa kammavipākajaṁ dibbacakkhu pātubhavati, yena nidhiṁ passati sassāmikampi assāmikampi. Il potere della chiaroveggenza si manifesta in lui come risultato di azioni passate, attraverso il quale vede tesori nascosti, sia con proprietario che senza.
So rājānaṁ cakkavattiṁ upasaṅkamitvā evamāha: Va dal monarca che mette in moto la ruota e gli dice:
‘appossukko tvaṁ, deva, hohi. Ahaṁ te dhanena dhanakaraṇīyaṁ karissāmī’ti. ‘Non preoccuparti, sire. Mi prenderò cura del tesoro’.
Bhūtapubbaṁ, bhikkhave, rājā cakkavattī tameva gahapatiratanaṁ vīmaṁsamāno nāvaṁ abhiruhitvā majjhe gaṅgāya nadiyā sotaṁ ogāhitvā gahapatiratanaṁ etadavoca: Una volta accadde che il monarca che mette in moto la ruota, testando quello stesso tesoro del laico, salì su una barca e navigò nel mezzo del fiume Gange. Poi disse al tesoro del laico:
‘attho me, gahapati, hiraññasuvaṇṇenā’ti. ‘Laico, necessito di monete e lingotti d’oro’
‘Tena hi, mahārāja, ekaṁ tīraṁ nāvā upetū’ti. ‘Beh, allora, grande re, porta la barca a riva’
‘Idheva me, gahapati, attho hiraññasuvaṇṇenā’ti. ‘È proprio qui, laico, che necessito di monete e lingotti d’oro’.
Atha kho taṁ, bhikkhave, gahapatiratanaṁ ubhohi hatthehi udake omasitvā pūraṁ hiraññasuvaṇṇassa kumbhiṁ uddharitvā rājānaṁ cakkavattiṁ etadavoca: Allora il tesoro del laico, immergendo entrambe le mani nell’acqua, tirò fuori un recipiente pieno di monete e lingotti d’oro e disse al re:
‘alamettāvatā, mahārāja. Katamettāvatā, mahārāja. Pūjitamettāvatā, mahārājā’ti. ‘È sufficiente questo, grande re? È stato fatto abbastanza, grande re, offerto abbastanza?’
Rājā cakkavattī evamāha: Allora il monarca che mette in moto la ruota disse:
‘alamettāvatā, gahapati. Katamettāvatā, gahapati. Pūjitamettāvatā, gahapatī’ti. ‘È sufficiente, laico. È stato fatto abbastanza, offerto abbastanza’.
Rañño, bhikkhave, cakkavattissa evarūpaṁ gahapatiratanaṁ pātubhavati. È così il tesoro del laico che appare al monarca che mette in moto la ruota.
Puna caparaṁ, bhikkhave, rañño cakkavattissa pariṇāyakaratanaṁ pātubhavati—Poi, il tesoro del consigliere appare al monarca che mette in moto la ruota.
paṇḍito byatto medhāvī paṭibalo rājānaṁ cakkavattiṁ upayāpetabbaṁ upayāpetuṁ apayāpetabbaṁ apayāpetuṁ ṭhapetabbaṁ ṭhapetuṁ. È astuto, competente, intelligente, e capace di far nominare al re chi deve essere nominato, congedare chi deve essere congedato, e tenere chi deve essere tenuto.
So rājānaṁ cakkavattiṁ upasaṅkamitvā evamāha: Va dal monarca che mette in moto la ruota e gli dice:
‘appossukko tvaṁ, deva, hohi. Ahamanusāsissāmī’ti. ‘Non preoccuparti, sire. Darò io istruzioni’.
Rañño, bhikkhave, cakkavattissa evarūpaṁ pariṇāyakaratanaṁ pātubhavati. È così il tesoro del consigliere che appare al monarca che mette in moto la ruota.
Rājā, bhikkhave, cakkavattī imehi sattahi ratanehi samannāgato hoti. Questi sono i sette tesori che un monarca che mette in moto la ruota possiede.
Katamāhi catūhi iddhīhi? E quali sono le quattro benedizioni?
Idha, bhikkhave, rājā cakkavattī abhirūpo hoti dassanīyo pāsādiko paramāya vaṇṇapokkharatāya samannāgato ativiya aññehi manussehi. Un monarca che mette in moto la ruota è attraente, bello, affascinante, di bellezza senza pari, più del resto della gente.
Rājā, bhikkhave, cakkavattī imāya paṭhamāya iddhiyā samannāgato hoti. Questa è la prima benedizione.
Puna caparaṁ, bhikkhave, rājā cakkavattī dīghāyuko hoti ciraṭṭhitiko ativiya aññehi manussehi. Inoltre, vive a lungo, più del resto della gente.
Rājā, bhikkhave, cakkavattī imāya dutiyāya iddhiyā samannāgato hoti. Questa è la seconda benedizione.
Puna caparaṁ, bhikkhave, rājā cakkavattī appābādho hoti appātaṅko samavepākiniyā gahaṇiyā samannāgato nātisītāya nāccuṇhāya ativiya aññehi manussehi. Inoltre, è raramente ammalato, o indisposto. Il suo stomaco digerisce bene, non essendo né troppo caldo né troppo freddo, più del resto della gente.
Rājā, bhikkhave, cakkavattī imāya tatiyāya iddhiyā samannāgato hoti. Questa è la terza benedizione.
Puna caparaṁ, bhikkhave, rājā cakkavattī brāhmaṇagahapatikānaṁ piyo hoti manāpo. Inoltre, un monarca che mette in moto la ruota è caro e amato dai bramini e dai laici
Seyyathāpi, bhikkhave, pitā puttānaṁ piyo hoti manāpo; come un padre dai propri figli.
evameva kho, bhikkhave, rājā cakkavattī brāhmaṇagahapatikānaṁ piyo hoti manāpo.
Raññopi, bhikkhave, cakkavattissa brāhmaṇagahapatikā piyā honti manāpā. E i bramini e i laici sono cari al monarca che mette in moto la ruota
Seyyathāpi, bhikkhave, pitu puttā piyā honti manāpā; come i figli al proprio padre.
evameva kho, bhikkhave, raññopi cakkavattissa brāhmaṇagahapatikā piyā honti manāpā.
Bhūtapubbaṁ, bhikkhave, rājā cakkavattī caturaṅginiyā senāya uyyānabhūmiṁ niyyāsi. Una volta accadde che il monarca che mette in moto la ruota andò a visitare un parco insieme al proprio esercito da quattro divisioni.
Atha kho, bhikkhave, brāhmaṇagahapatikā rājānaṁ cakkavattiṁ upasaṅkamitvā evamāhaṁsu: I bramini e i laici andarono da lui e dissero:
‘ataramāno, deva, yāhi yathā taṁ mayaṁ cirataraṁ passeyyāmā’ti. ‘Rallenti, Sua Maestà, così che possiamo vederla più a lungo!’
Rājāpi, bhikkhave, cakkavattī sārathiṁ āmantesi: E il re si rivolse al proprio cocchiere:
‘ataramāno, sārathi, pesehi yathā maṁ brāhmaṇagahapatikā cirataraṁ passeyyun’ti. ‘Guida piano, cocchiere, così che io passa vedere i bramini e i laici più a lungo!’
Rājā, bhikkhave, cakkavattī imāya catutthāya iddhiyā samannāgato hoti. Questa è la quarta benedizione.
Rājā, bhikkhave, cakkavattī imāhi catūhi iddhīhi samannāgato hoti. Queste sono le quattro benedizioni che un monarca che mette in moto la ruota possiede.
Taṁ kiṁ maññatha, bhikkhave, Cosa ne pensate, monaci?
api nu kho rājā cakkavattī imehi sattahi ratanehi samannāgato imāhi catūhi ca iddhīhi tatonidānaṁ sukhaṁ somanassaṁ paṭisaṁvediyethā”ti? Un monarca che mette in moto la ruota che possiede questi sette tesori e queste quattro benedizioni proverebbe felicità e allegria grazie a questi?”
“Ekamekenapi, bhante, ratanena samannāgato rājā cakkavattī tatonidānaṁ sukhaṁ somanassaṁ paṭisaṁvediyetha, ko pana vādo sattahi ratanehi catūhi ca iddhīhī”ti? “Signore, un monarca che mette in moto la ruota che possiede anche solo uno di questi tesori proverebbe felicità e allegria grazie a questo, figuriamoci tutti e sette i tesori e le quattro benedizioni!”
Atha kho bhagavā parittaṁ pāṇimattaṁ pāsāṇaṁ gahetvā bhikkhū āmantesi: Allora il Buddha, raccogliendo una pietra delle dimensioni del proprio palmo, si rivolse ai monaci:
“Taṁ kiṁ maññatha, bhikkhave, “Cosa ne pensate, monaci?
katamo nu kho mahantataro—yo cāyaṁ mayā paritto pāṇimatto pāsāṇo gahito yo ca himavā pabbatarājā”ti? Cos’è più grande: la pietra delle dimensioni del mio palmo che ho raccolto, o l’Himalaya, il re delle montagne?”
“Appamattako ayaṁ, bhante, bhagavatā paritto pāṇimatto pāsāṇo gahito; himavantaṁ pabbatarājānaṁ upanidhāya saṅkhampi na upeti; kalabhāgampi na upeti; upanidhampi na upetī”ti. ‘Signore, la pietra che ha raccolto è piccola. Rispetto all’Himalaya non conta niente, nemmeno una frazione, non c’è confronto”
“Evameva kho, bhikkhave, yaṁ rājā cakkavattī sattahi ratanehi samannāgato catūhi ca iddhīhi tatonidānaṁ sukhaṁ somanassaṁ paṭisaṁvedeti taṁ dibbassa sukhassa upanidhāya saṅkhampi na upeti; kalabhāgampi na upeti; upanidhampi na upeti. “Allo stesso modo, rispetto alla felicità del paradiso, la felicità e l’allegria provati da un monarca che mette in moto la ruota grazie a quei sette tesori e quattro benedizioni non conta niente, nemmeno una frazione, non c’è confronto.
Sa kho so, bhikkhave, paṇḍito sace kadāci karahaci dīghassa addhuno accayena manussattaṁ āgacchati, yāni tāni uccākulāni—E immaginate che quell’astuto, dopo molto tempo, torni nel regno umano.
khattiyamahāsālakulaṁ vā brāhmaṇamahāsālakulaṁ vā gahapatimahāsālakulaṁ vā tathārūpe kule paccājāyati aḍḍhe mahaddhane mahābhoge pahūtajātarūparajate pahūtavittūpakaraṇe pahūtadhanadhaññe. Rinascerebbe in una famiglia abbiente di aristocratici, bramini, o laici, ricco, benestante, e facoltoso, con molto oro e argento, molte proprietà e risorse, e molti soldi e grano.
So ca hoti abhirūpo dassanīyo pāsādiko paramāya vaṇṇapokkharatāya samannāgato, lābhī annassa pānassa vatthassa yānassa mālāgandhavilepanassa seyyāvasathapadīpeyyassa. E sarebbe attraente, bello, affascinante, dalla bellezza senza pari. Avrebbe cibo, bevande, vestiti, e veicoli; collane, profumi, e trucchi; letto, casa, e luce.
So kāyena sucaritaṁ carati, vācāya sucaritaṁ carati, manasā sucaritaṁ carati. E farebbe cose morali attraverso corpo, parola, e mente.
So kāyena sucaritaṁ caritvā, vācāya sucaritaṁ caritvā, manasā sucaritaṁ caritvā, kāyassa bhedā paraṁ maraṇā sugatiṁ saggaṁ lokaṁ upapajjati. Avendo praticato condotta morale di corpo, parola, e mente, alla dissoluzione del corpo, dopo la morte, rinascerebbe in un buon posto, in paradiso.
Seyyathāpi, bhikkhave, akkhadhutto paṭhameneva kaṭaggahena mahantaṁ bhogakkhandhaṁ adhigaccheyya; Immaginate un giocatore d’azzardo che vince una grossa pila di soldi alla prima mano vincente.
appamattako so, bhikkhave, kaṭaggaho yaṁ so akkhadhutto paṭhameneva kaṭaggahena mahantaṁ bhogakkhandhaṁ adhigaccheyya. Una mano vincente così è banale in confronto alla
Atha kho ayameva tato mahantataro kaṭaggaho yaṁ so paṇḍito kāyena sucaritaṁ caritvā, vācāya sucaritaṁ caritvā, manasā sucaritaṁ caritvā kāyassa bhedā paraṁ maraṇā sugatiṁ saggaṁ lokaṁ upapajjati. mano vincente per la quale una persona astuta, alla dissoluzione del corpo, dopo la morte, rinasce in un bel posto, in paradiso.
Ayaṁ, bhikkhave, kevalā paripūrā paṇḍitabhūmī”ti. Questo è il livello più alto che un astuto può raggiungere”.
Idamavoca bhagavā. Questo è ciò che il Buddha disse.
Attamanā te bhikkhū bhagavato bhāsitaṁ abhinandunti. Contenti, i monaci trassero piacere da ciò che il Buddha disse.
Bālapaṇḍitasuttaṁ niṭṭhitaṁ navamaṁ.