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Majjhima Nikāya 122 Discorsi medi 122

Mahāsuññatasutta Il discorso più lungo sul vuoto

Evaṁ me sutaṁ—Così ho sentito.

ekaṁ samayaṁ bhagavā sakkesu viharati kapilavatthusmiṁ nigrodhārāme. Una volta il Buddha dimorava nella terra dei Sakya vicino a Kapilavatthu nel monastero dell’Albero di Banyan.

Atha kho bhagavā pubbaṇhasamayaṁ nivāsetvā pattacīvaramādāya kapilavatthuṁ piṇḍāya pāvisi. Al mattino il Buddha si vestì e, prendendo la propria ciotola e abito, entrò a Kapilavatthu per l’elemosina.

Kapilavatthusmiṁ piṇḍāya caritvā pacchābhattaṁ piṇḍapātapaṭikkanto yena kāḷakhemakassa sakkassa vihāro tenupasaṅkami divāvihārāya. Vagò per Kapilavatthu per l’elemosina. Dopo il pasto, al ritorno dalla questua, andò alla dimora del Sakya Khemaka l’Oscuro per la dimora quotidiana.

Tena kho pana samayena kāḷakhemakassa sakkassa vihāre sambahulāni senāsanāni paññattāni honti. In quell’occasione nella residenza di Khemaka l’Oscuro erano stati preparati molti posti letto.

Addasā kho bhagavā kāḷakhemakassa sakkassa vihāre sambahulāni senāsanāni paññattāni. Il Buddha vide ciò,

Disvāna bhagavato etadahosi: e si domandò:

“sambahulāni kho kāḷakhemakassa sakkassa vihāre senāsanāni paññattāni. “Sono stati preparati molti posti letto;

Sambahulā nu kho idha bhikkhū viharantī”ti. ci sono molti monaci che vivono qui?”

Tena kho pana samayena āyasmā ānando sambahulehi bhikkhūhi saddhiṁ ghaṭāya sakkassa vihāre cīvarakammaṁ karoti. In quell’occasione il Venerabile Ānanda, insieme a molti altri monaci, stava cucendo degli abiti nella residenza del Sakya Ghaṭā.

Atha kho bhagavā sāyanhasamayaṁ paṭisallānā vuṭṭhito yena ghaṭāya sakkassa vihāro tenupasaṅkami; upasaṅkamitvā paññatte āsane nisīdi. Poi nel tardo pomeriggio, il Buddha uscì da ritiro e andò alla residenza del Sakya Ghaṭā, dove si sedette sul posto preparato,

Nisajja kho bhagavā āyasmantaṁ ānandaṁ āmantesi: e disse al Venerabile Ānanda:

“sambahulāni kho, ānanda, kāḷakhemakassa sakkassa vihāre senāsanāni paññattāni. “Ānanda, sono stati preparati molti posti letto nella residenza di Khemaka l’Oscuro;

Sambahulā nu kho ettha bhikkhū viharantī”ti? ci sono molti monaci che vivono lì?”

“Sambahulāni, bhante, kāḷakhemakassa sakkassa vihāre senāsanāni paññattāni.

Sambahulā bhikkhū ettha viharanti. “Sì, ce ne sono molti, Signore.

Cīvarakārasamayo no, bhante, vattatī”ti. È il periodo della cucitura degli abiti”

“Na kho, ānanda, bhikkhu sobhati saṅgaṇikārāmo saṅgaṇikarato saṅgaṇikārāmataṁ anuyutto gaṇārāmo gaṇarato gaṇasammudito. “Ānanda, un monaco che apprezza la compagnia e i gruppi di persone, che li ama e ne trae piacere, non splende.

So vatānanda, bhikkhu saṅgaṇikārāmo saṅgaṇikarato saṅgaṇikārāmataṁ anuyutto gaṇārāmo gaṇarato gaṇasammudito yaṁ taṁ nekkhammasukhaṁ pavivekasukhaṁ upasamasukhaṁ sambodhisukhaṁ tassa sukhassa nikāmalābhī bhavissati akicchalābhī akasiralābhīti—netaṁ ṭhānaṁ vijjati. È impossibile che un monaco così raggiunga la felicità della rinuncia, la felicità dell’isolamento, la felicità della pace, la felicità del risveglio quando vuole, senza problemi o difficoltà.

Yo ca kho so, ānanda, bhikkhu eko gaṇasmā vūpakaṭṭho viharati tassetaṁ bhikkhuno pāṭikaṅkhaṁ yaṁ taṁ nekkhammasukhaṁ pavivekasukhaṁ upasamasukhaṁ sambodhisukhaṁ tassa sukhassa nikāmalābhī bhavissati akicchalābhī akasiralābhīti—ṭhānametaṁ vijjati. Ma ci si può aspettare che un monaco che dimora solo, ritirato dal gruppo, raggiunga la felicità della rinuncia, la felicità dell’isolamento, la felicità della pace, la felicità del risveglio quando vuole, senza problemi o difficoltà. Questo è possibile.

So vatānanda, bhikkhu saṅgaṇikārāmo saṅgaṇikarato saṅgaṇikārāmataṁ anuyutto gaṇārāmo gaṇarato gaṇasammudito sāmāyikaṁ vā kantaṁ cetovimuttiṁ upasampajja viharissati asāmāyikaṁ vā akuppanti—netaṁ ṭhānaṁ vijjati. Sicuramente, Ānanda, è impossibile che un monaco che apprezza la compagnia raggiunga e dimori nella libertà mentale, che sia temporanea e piacevole, o irreversibile e irremovibile.

Yo ca kho so, ānanda, bhikkhu eko gaṇasmā vūpakaṭṭho viharati tassetaṁ bhikkhuno pāṭikaṅkhaṁ sāmāyikaṁ vā kantaṁ cetovimuttiṁ upasampajja viharissati asāmāyikaṁ vā akuppanti—ṭhānametaṁ vijjati. Ma è possibile che un monaco che dimora solo, ritirato dal gruppo, raggiunga e dimori nella libertà mentale, che sia temporanea e piacevole, o irreversibile e irremovibile.

Nāhaṁ, ānanda, ekaṁ rūpampi samanupassāmi yattha rattassa yathābhiratassa rūpassa vipariṇāmaññathābhāvā na uppajjeyyuṁ sokaparidevadukkhadomanassūpāyāsā. Ānanda, non vedo nulla che, con la sua decadenza e scomparsa, non darebbe origine a tristezza, lamento, dolore, malinconia, e angoscia in chi ha desiderio e voglia di esso.

Ayaṁ kho panānanda, vihāro tathāgatena abhisambuddho yadidaṁ—Ma questa dimora è stata compresa dal Realizzato, vale a dire,

sabbanimittānaṁ amanasikārā ajjhattaṁ suññataṁ upasampajja viharituṁ. raggiungere e dimorare nel vuoto internamente non dando attenzione ad alcun aspetto.

Tatra ce, ānanda, tathāgataṁ iminā vihārena viharantaṁ bhavanti upasaṅkamitāro bhikkhū bhikkhuniyo upāsakā upāsikāyo rājāno rājamahāmattā titthiyā titthiyasāvakā. Ora, immagina che mentre il Realizzato dimora in questa dimora, monaci, monache, laici, laiche, sovrani e i loro ministri, praticanti di altre religioni e i loro discepoli vadano a trovarlo.

Tatrānanda, tathāgato vivekaninneneva cittena vivekapoṇena vivekapabbhārena vūpakaṭṭhena nekkhammābhiratena byantībhūtena sabbaso āsavaṭṭhānīyehi dhammehi aññadatthu uyyojanikapaṭisaṁyuttaṁyeva kathaṁ kattā hoti. In quel caso, con una mente che è angolata, pende, e inclina verso l’isolamento, ritirata, e che ama la rinuncia, avendo eliminato totalmente le influenze contaminanti, inevitabilmente parla a ognuno di loro sull’argomento del ritiro.

Tasmātihānanda, bhikkhu cepi ākaṅkheyya: Quindi, se un monaco desidera:

‘ajjhattaṁ suññataṁ upasampajja vihareyyan’ti, tenānanda, bhikkhunā ajjhattameva cittaṁ saṇṭhapetabbaṁ sannisādetabbaṁ ekodi kātabbaṁ samādahātabbaṁ. ‘Che io raggiunga e dimori nel vuoto internamente!’, allora deve calmare, stabilizzare, raccogliere, e concentrare la mente internamente.

Kathañcānanda, bhikkhu ajjhattameva cittaṁ saṇṭhapeti sannisādeti ekodiṁ karoti samādahati? E com’è che un monaco calma, stabilizza, raccoglie, e concentra la mente internamente?

Idhānanda, bhikkhu vivicceva kāmehi vivicca akusalehi dhammehi …pe… paṭhamaṁ jhānaṁ upasampajja viharati …pe… È quando un monaco, sufficientemente isolato dai piaceri dei sensi, isolato da cattive qualità, … raggiunge e dimora nella prima estasi. …

dutiyaṁ jhānaṁ … nella seconda estasi …

tatiyaṁ jhānaṁ … nella terza estasi …

catutthaṁ jhānaṁ upasampajja viharati. e nella quarta estasi.

Evaṁ kho, ānanda, bhikkhu ajjhattameva cittaṁ saṇṭhapeti sannisādeti ekodiṁ karoti samādahati. È così che un monaco calma, stabilizza, raccoglie, e concentra la mente internamente.

So ajjhattaṁ suññataṁ manasi karoti. Si concentra sul vuoto internamente,

Tassa ajjhattaṁ suññataṁ manasikaroto suññatāya cittaṁ na pakkhandati nappasīdati na santiṭṭhati na vimuccati. ma la sua mente non fa un salto di qualità, non ottiene fiducia, non si stabilizza, e non diventa decisa.

Evaṁ santametaṁ, ānanda, bhikkhu evaṁ pajānāti: In questo caso, comprende:

‘ajjhattaṁ suññataṁ kho me manasikaroto ajjhattaṁ suññatāya cittaṁ na pakkhandati nappasīdati na santiṭṭhati na vimuccatī’ti. ‘Mi sto concentrando sul vuoto internamente, ma la mia mente non fa un salto di qualità, non ottiene fiducia, non si stabilizza, e non diventa decisa’.

Itiha tattha sampajāno hoti. Così è consapevole della situazione.

So bahiddhā suññataṁ manasi karoti …pe… Si concentra sul vuoto esternamente …

so ajjhattabahiddhā suññataṁ manasi karoti …pe… Si concentra sul vuoto internamente ed esternamente …

so āneñjaṁ manasi karoti. Si concentra sull’imperturbabile …

Tassa āneñjaṁ manasikaroto āneñjāya cittaṁ na pakkhandati nappasīdati na santiṭṭhati na vimuccati. ma la usa mente non fa un salto di qualità, non ottiene fiducia, non si stabilizza, e non diventa decisa.

Evaṁ santametaṁ, ānanda, bhikkhu evaṁ pajānāti: In questo caso, comprende:

‘āneñjaṁ kho me manasikaroto āneñjāya cittaṁ na pakkhandati nappasīdati na santiṭṭhati na vimuccatī’ti. ‘Mi sto concentrando sull’imperturbabile, ma la mia mente non fa un salto di qualità, non ottiene fiducia, non si stabilizza, e non diventa decisa’.

Itiha tattha sampajāno hoti. Così è consapevole della situazione.

Tenānanda, bhikkhunā tasmiṁyeva purimasmiṁ samādhinimitte ajjhattameva cittaṁ saṇṭhapetabbaṁ sannisādetabbaṁ ekodi kātabbaṁ samādahātabbaṁ. Quel monaco deve calmare, stabilizzare, raccogliere, e concentrare la mente internamente usando la stessa base per la concentrazione che usava prima.

So ajjhattaṁ suññataṁ manasi karoti. Si concentra sul vuoto internamente,

Tassa ajjhattaṁ suññataṁ manasikaroto ajjhattaṁ suññatāya cittaṁ pakkhandati pasīdati santiṭṭhati vimuccati. e la sua mente fa un salto di qualità, ottiene fiducia, si stabilizza, e diventa decisa.

Evaṁ santametaṁ, ānanda, bhikkhu evaṁ pajānāti: In questo caso, comprende:

‘ajjhattaṁ suññataṁ kho me manasikaroto ajjhattaṁ suññatāya cittaṁ pakkhandati pasīdati santiṭṭhati vimuccatī’ti. ‘Mi sto concentrando sul vuoto internamente, e la mia mente fa un salto di qualità, ottiene fiducia, si stabilizza, e diventa decisa’.

Itiha tattha sampajāno hoti. Così è consapevole della situazione.

So bahiddhā suññataṁ manasi karoti …pe… Si concentra sul vuoto esternamente …

so ajjhattabahiddhā suññataṁ manasi karoti …pe… Si concentra sul vuoto internamente ed esternamente …

so āneñjaṁ manasi karoti. Si concentra sull’imperturbabile …

Tassa āneñjaṁ manasikaroto āneñjāya cittaṁ pakkhandati pasīdati santiṭṭhati vimuccati. e la sua mente fa un salto di qualità, ottiene fiducia, si stabilizza, e diventa decisa.

Evaṁ santametaṁ, ānanda, bhikkhu evaṁ pajānāti: In questo caso, comprende:

‘āneñjaṁ kho me manasikaroto āneñjāya cittaṁ pakkhandati pasīdati santiṭṭhati vimuccatī’ti. ‘Mi sto concentrando sull’imperturbabile, e la mia mente fa un salto di qualità, ottiene fiducia, si stabilizza, e diventa decisa’.

Itiha tattha sampajāno hoti. Così è consapevole della situazione.

Tassa ce, ānanda, bhikkhuno iminā vihārena viharato caṅkamāya cittaṁ namati, so caṅkamati: Mentre un monaco sta dimorando in questa dimora, se la sua mente è incline a camminare, cammina pensando:

‘evaṁ maṁ caṅkamantaṁ nābhijjhādomanassā pāpakā akusalā dhammā anvāssavissantī’ti. ‘Mentre cammino, qualità malvagie e cattive di attrazione o fastidio non prenderanno il sopravvento’.

Itiha tattha sampajāno hoti. Così è consapevole della situazione.

Tassa ce, ānanda, bhikkhuno iminā vihārena viharato ṭhānāya cittaṁ namati, so tiṭṭhati: Mentre un monaco sta dimorando in questa dimora, se la sua mente è incline a stare in piedi, sta in piedi pensando:

‘evaṁ maṁ ṭhitaṁ nābhijjhādomanassā pāpakā akusalā dhammā anvāssavissantī’ti. ‘Mentre sto in piedi, qualità malvagie e cattive di attrazione o fastidio non prenderanno il sopravvento’.

Itiha tattha sampajāno hoti. Così è consapevole della situazione.

Tassa ce, ānanda, bhikkhuno iminā vihārena viharato nisajjāya cittaṁ namati, so nisīdati: Mentre un monaco sta dimorando in questa dimora, se la sua mente è incline a sedersi, si siede pensando:

‘evaṁ maṁ nisinnaṁ nābhijjhādomanassā pāpakā akusalā dhammā anvāssavissantī’ti. ‘Mentre siedo, qualità malvagie e cattive di attrazione o fastidio non prenderanno il sopravvento’.

Itiha tattha sampajāno hoti. Così è consapevole della situazione.

Tassa ce, ānanda, bhikkhuno iminā vihārena viharato sayanāya cittaṁ namati, so sayati: Mentre un monaco sta dimorando in questa dimora, se la sua mente è incline a sdraiarsi, si sdraia pensando:

‘evaṁ maṁ sayantaṁ nābhijjhādomanassā pāpakā akusalā dhammā anvāssavissantī’ti. ‘Mentre sono sdraiato, qualità malvagie e cattive di attrazione o fastidio non prenderanno il sopravvento’.

Itiha tattha sampajāno hoti. Così è consapevole della situazione.

Tassa ce, ānanda, bhikkhuno iminā vihārena viharato kathāya cittaṁ namati, so: Mentre un monaco dimora in questa dimora, se la sua mente è incline a parlare, pensa:

‘yāyaṁ kathā hīnā gammā pothujjanikā anariyā anatthasaṁhitā na nibbidāya na virāgāya na nirodhāya na upasamāya na abhiññāya na sambodhāya na nibbānāya saṁvattati, seyyathidaṁ—rājakathā corakathā mahāmattakathā senākathā bhayakathā yuddhakathā annakathā pānakathā vatthakathā sayanakathā mālākathā gandhakathā ñātikathā yānakathā gāmakathā nigamakathā nagarakathā janapadakathā itthikathā surākathā visikhākathā kumbhaṭṭhānakathā pubbapetakathā nānattakathā lokakkhāyikā samuddakkhāyikā itibhavābhavakathā iti vā iti—evarūpiṁ kathaṁ na kathessāmī’ti. ‘Non userò il tipo di linguaggio vile, crudo, ordinario, ignobile, e senza motivo. Quel linguaggio non porta alla disillusione, allo svanire dell’avidità, alla cessazione, alla pace, alla conoscenza diretta, al risveglio, e all’estinzione. Vale a dire: conversazioni su re, banditi, e ministri; conversazioni su eserciti, minacce, e guerre; conversazioni su cibo, bevande, vestiti, e letti; conversazioni su collane e profumi; conversazioni su famiglia, veicoli, villaggi, cittadine, città, e Paesi; conversazioni su donne ed eroi, conversazioni da strada e pettegolezzi; conversazioni sui defunti, chiacchiere; storie di terra e mare; e conversazioni sull’esistenza in questo o quello stato’.

Itiha tattha sampajāno hoti. Così è consapevole della situazione.

Yā ca kho ayaṁ, ānanda, kathā abhisallekhikā cetovinīvaraṇasappāyā ekantanibbidāya virāgāya nirodhāya upasamāya abhiññāya sambodhāya nibbānāya saṁvattati, seyyathidaṁ—appicchakathā santuṭṭhikathā pavivekakathā asaṁsaggakathā vīriyārambhakathā sīlakathā samādhikathā paññākathā vimuttikathā vimuttiñāṇadassanakathā iti: ‘evarūpiṁ kathaṁ kathessāmī’ti. ‘Ma prenderò parte a conversazioni riguardo all’austerità che aiutano ad aprire il cuore, e che portano esclusivamente alla disillusione, allo svanire dell’avidità, alla cessazione, alla pace, alla conoscenza diretta, al risveglio, e all’estinzione. Vale a dire, conversazioni riguardo all’avere pochi desideri, alla soddisfazione con poco, all’isolamento, al ritiro, all’attivare energia, all’etica, alla concentrazione, alla saggezza, alla libertà, e alla conoscenza e visione della libertà’.

Itiha tattha sampajāno hoti. Così è consapevole della situazione.

Tassa ce, ānanda, bhikkhuno iminā vihārena viharato vitakkāya cittaṁ namati, so: Mentre un monaco dimora in questa dimora, se la sua mente è incline a pensare, pensa:

‘ye te vitakkā hīnā gammā pothujjanikā anariyā anatthasaṁhitā na nibbidāya na virāgāya na nirodhāya na upasamāya na abhiññāya na sambodhāya na nibbānāya saṁvattanti, seyyathidaṁ—kāmavitakko byāpādavitakko vihiṁsāvitakko iti evarūpe vitakke na vitakkessāmī’ti. ‘Non penserò il tipo di pensiero vile, crudo, ordinario, ignobile, e senza motivo. Quei pensieri non portano alla disillusione, allo svanire dell’avidità, alla cessazione, alla pace, alla conoscenza diretta, al risveglio, e all’estinzione. Vale a dire: pensieri sensuali, pensieri malevoli, e pensieri crudeli’.

Itiha tattha sampajāno hoti. Così è consapevole della situazione.

Ye ca kho ime, ānanda, vitakkā ariyā niyyānikā niyyanti takkarassa sammādukkhakkhayāya, seyyathidaṁ—nekkhammavitakko abyāpādavitakko avihiṁsāvitakko iti: ‘evarūpe vitakke vitakkessāmī’ti. ‘Ma penserò il tipo di pensiero nobile ed emancipante, che porta chi lo pratica alla completa eliminazione della sofferenza. Vale a dire, pensieri di rinuncia, pensieri benevoli, e pensieri innocenti’.

Itiha tattha sampajāno hoti. Così è consapevole della situazione.

Pañca kho ime, ānanda, kāmaguṇā. Ci sono questi cinque tipi di stimolazione dei sensi.

Katame pañca? Quali cinque?

Cakkhuviññeyyā rūpā iṭṭhā kantā manāpā piyarūpā kāmūpasaṁhitā rajanīyā, Forme percepite dall’occhio che sono piacevoli, desiderabili, amabili, gradevoli, sensuali, ed eccitanti.

sotaviññeyyā saddā … Suoni percepiti dall’orecchio …

ghānaviññeyyā gandhā … Odori percepiti dal naso …

jivhāviññeyyā rasā … Sapori percepiti dalla lingua …

kāyaviññeyyā phoṭṭhabbā iṭṭhā kantā manāpā piyarūpā kāmūpasaṁhitā rajanīyā—Tocchi percepiti dal corpo che sono piacevoli, desiderabili, amabili, gradevoli, sensuali, ed eccitanti.

ime kho, ānanda, pañca kāmaguṇā. Questi sono i cinque tipi di stimolazione dei sensi.

Yattha bhikkhunā abhikkhaṇaṁ sakaṁ cittaṁ paccavekkhitabbaṁ: Un monaco deve verificare la propria mente frequentemente così:

‘atthi nu kho me imesu pañcasu kāmaguṇesu aññatarasmiṁ vā aññatarasmiṁ vā āyatane uppajjati cetaso samudācāro’ti? ‘La mia mente è interessata ad alcuni di questi cinque tipi di stimolazione dei sensi?’

Sace, ānanda, bhikkhu paccavekkhamāno evaṁ pajānāti: Immaginate che, analizzando, un monaco capisca:

‘atthi kho me imesu pañcasu kāmaguṇesu aññatarasmiṁ vā aññatarasmiṁ vā āyatane uppajjati cetaso samudācāro’ti, ‘La mia mente è interessata ad alcuni di questi cinque tipi di stimolazione dei sensi’.

evaṁ santametaṁ, ānanda, bhikkhu evaṁ pajānāti: In questo caso, comprende:

‘yo kho imesu pañcasu kāmaguṇesu chandarāgo so me nappahīno’ti. ‘Non ho abbandonato il desiderio e l’avidità per i cinque tipi di stimolazione dei sensi’.

Itiha tattha sampajāno hoti. Così è consapevole della situazione.

Sace panānanda, bhikkhu paccavekkhamāno evaṁ pajānāti: Ma immaginate che, analizzando, un monaco capisca:

‘natthi kho me imesu pañcasu kāmaguṇesu aññatarasmiṁ vā aññatarasmiṁ vā āyatane uppajjati cetaso samudācāro’ti, ‘La mia mente non è interessata ad alcuno di questi cinque tipi di stimolazione dei sensi’.

evaṁ santametaṁ, ānanda, bhikkhu evaṁ pajānāti: In questo caso, comprende:

‘yo kho imesu pañcasu kāmaguṇesu chandarāgo so me pahīno’ti. ‘Ho abbandonato il desiderio e l’avidità per i cinque tipi di stimolazione dei sensi’.

Itiha tattha sampajāno hoti. Così è consapevole della situazione.

Pañca kho ime, ānanda, upādānakkhandhā yattha bhikkhunā udayabbayānupassinā vihātabbaṁ: Un monaco deve dimorare osservando l’ascesa e la caduta di questi cinque aggregati di attaccamento:

‘iti rūpaṁ iti rūpassa samudayo iti rūpassa atthaṅgamo, ‘Questa è la forma, questa è l’origine della forma, questa è la fine della forma.

iti vedanā … Questa è la sensazione …

iti saññā … Questa è la percezione …

iti saṅkhārā … Queste sono le attività …

iti viññāṇaṁ iti viññāṇassa samudayo iti viññāṇassa atthaṅgamo’ti. Questa è la coscienza, questa è l’origine della coscienza, questa è la fine della coscienza’.

Tassa imesu pañcasu upādānakkhandhesu udayabbayānupassino viharato yo pañcasu upādānakkhandhesu asmimāno so pahīyati. Mentre fa così, abbandona la presunzione ‘io sono’ riguardo ai cinque aggregati di attaccamento.

Evaṁ santametaṁ, ānanda, bhikkhu evaṁ pajānāti: In questo caso, comprende:

‘yo kho imesu pañcasu upādānakkhandhesu asmimāno so me pahīno’ti. ‘Ho abbandonato la presunzione ‘io sono’ riguardo ai cinque aggregati di attaccamento’.

Itiha tattha sampajāno hoti. Così è consapevole della situazione.

Ime kho te, ānanda, dhammā ekantakusalā kusalāyātikā ariyā lokuttarā anavakkantā pāpimatā. Questi principi sono completamente buoni, con risultati buoni; sono nobili, trascendenti, e inaccessibili al Malvagio.

Taṁ kiṁ maññasi, ānanda, Cosa ne pensi, Ānanda?

kaṁ atthavasaṁ sampassamāno arahati sāvako satthāraṁ anubandhituṁ api paṇujjamāno”ti? Per quale ragione un discepolo riterrebbe opportuno seguire il Maestro persino se mandato via?”

“Bhagavaṁmūlakā no, bhante, dhammā bhagavaṁnettikā bhagavaṁpaṭisaraṇā. Sādhu vata, bhante, bhagavantaṁyeva paṭibhātu etassa bhāsitassa attho. Bhagavato sutvā bhikkhū dhāressantī”ti. “I nostri insegnamenti sono radicati nel Buddha. Egli è la nostra guida e il nostro rifugio. Signore, che il Buddha stesso per favore chiarisca il significato di ciò. I monaci ascolteranno e lo ricorderanno”

“Na kho, ānanda, arahati sāvako satthāraṁ anubandhituṁ, yadidaṁ suttaṁ geyyaṁ veyyākaraṇaṁ tassa hetu. “Un discepolo non riterrebbe opportuno seguire il Maestro per questo, vale a dire, affermazioni, versetti, o discussioni.

Taṁ kissa hetu? Perché questo?

Dīgharattassa hi te, ānanda, dhammā sutā dhātā vacasā paricitā manasānupekkhitā diṭṭhiyā suppaṭividdhā. Perché per molto tempo avete imparato gli insegnamenti, ricordandoli, recitandoli, scrutandoli con la mente, e comprendendoli in teoria.

Yā ca kho ayaṁ, ānanda, kathā abhisallekhikā cetovinīvaraṇasappāyā ekantanibbidāya virāgāya nirodhāya upasamāya abhiññāya sambodhāya nibbānāya saṁvattati, seyyathidaṁ—appicchakathā santuṭṭhikathā pavivekakathā asaṁsaggakathā vīriyārambhakathā sīlakathā samādhikathā paññākathā vimuttikathā vimuttiñāṇadassanakathā—evarūpiyā kho, ānanda, kathāya hetu arahati sāvako satthāraṁ anubandhituṁ api paṇujjamāno. Ma un discepolo riterrebbe opportuno seguire il Maestro persino se mandato via per conversazioni riguardo all’austerità che aiutano ad aprire il cuore, e che portano esclusivamente alla disillusione, allo svanire dell’avidità, alla cessazione, alla pace, alla conoscenza diretta, al risveglio, e all’estinzione. Vale a dire, conversazioni riguardo all’avere pochi desideri, alla soddisfazione con poco, all’isolamento, al ritiro, all’attivare energia, all’etica, alla concentrazione, alla saggezza, alla libertà, e alla conoscenza e visione della libertà.

Evaṁ sante kho, ānanda, ācariyūpaddavo hoti, evaṁ sante antevāsūpaddavo hoti, evaṁ sante brahmacārūpaddavo hoti. Essendo così, Ānanda, c’è un pericolo per l’insegnante, un pericolo per lo studente, e un pericolo per il praticante spirituale.

Kathañcānanda, ācariyūpaddavo hoti? E qual è il pericolo per l’insegnante?

Idhānanda, ekacco satthā vivittaṁ senāsanaṁ bhajati araññaṁ rukkhamūlaṁ pabbataṁ kandaraṁ giriguhaṁ susānaṁ vanapatthaṁ abbhokāsaṁ palālapuñjaṁ. È quando qualche maestro frequenta un riparo isolato, la natura, la radice di un albero, una collina, una gola, una grotta di montagna, un cimitero, una foresta, l’aria aperta, un mucchio di paglia.

Tassa tathāvūpakaṭṭhassa viharato anvāvattanti brāhmaṇagahapatikā negamā ceva jānapadā ca. Mentre dimora ritirato, viene visitato da un flusso di bramini e laici, e da gente dalle città e da tutto il Paese.

So anvāvattantesu brāhmaṇagahapatikesu negamesu ceva jānapadesu ca mucchaṁ nikāmayati, gedhaṁ āpajjati, āvattati bāhullāya. Quando questo accade, lui si lascia infatuare, cade nell’avidità, e torna all’indulgenza.

Ayaṁ vuccatānanda, upaddavo ācariyo. Questo si chiama il pericolo per l’insegnante.

Ācariyūpaddavena avadhiṁsu naṁ pāpakā akusalā dhammā saṅkilesikā ponobbhavikā sadarā dukkhavipākā āyatiṁ jātijarāmaraṇiyā. Viene rovinato da qualità malvagie e cattive che corrompono, che portano a vita futura, che sono dannose, e che risultano in sofferenza e in nascita, vecchiaia, e morte future.

Evaṁ kho, ānanda, ācariyūpaddavo hoti. Questo è il pericolo per l’insegnante.

Kathañcānanda, antevāsūpaddavo hoti? E qual è il pericolo per lo studente?

Tasseva kho panānanda, satthu sāvako tassa satthu vivekamanubrūhayamāno È quando lo studente di un maestro, emulando la pratica di isolamento del maestro,

vivittaṁ senāsanaṁ bhajati araññaṁ rukkhamūlaṁ pabbataṁ kandaraṁ giriguhaṁ susānaṁ vanapatthaṁ abbhokāsaṁ palālapuñjaṁ. frequenta un riparo isolato, la natura, la radice di un albero, una collina, una gola, una grotta di montagna, un cimitero, una foresta, l’aria aperta, un mucchio di paglia.

Tassa tathāvūpakaṭṭhassa viharato anvāvattanti brāhmaṇagahapatikā negamā ceva jānapadā ca. Mentre dimora ritirato, viene visitato da un flusso di bramini e laici, e da gente dalle città e da tutto il Paese.

So anvāvattantesu brāhmaṇagahapatikesu negamesu ceva jānapadesu ca mucchaṁ nikāmayati, gedhaṁ āpajjati, āvattati bāhullāya. Quando questo accade, lui si lascia infatuare, cade nell’avidità, e torna all’indulgenza.

Ayaṁ vuccatānanda, upaddavo antevāsī. Si dice che questo studente sia preda del pericolo per lo studente.

Antevāsūpaddavena avadhiṁsu naṁ pāpakā akusalā dhammā saṅkilesikā ponobbhavikā sadarā dukkhavipākā āyatiṁ jātijarāmaraṇiyā. Viene rovinato da qualità malvagie e cattive che corrompono, che portano a vita futura, che sono dannose, e che risultano in sofferenza e in nascita, vecchiaia, e morte future.

Evaṁ kho, ānanda, antevāsūpaddavo hoti. Questo è il pericolo per lo studente.

Kathañcānanda, brahmacārūpaddavo hoti? E qual è il pericolo per il praticante spirituale?

Idhānanda, tathāgato loke uppajjati arahaṁ sammāsambuddho vijjācaraṇasampanno sugato lokavidū anuttaro purisadammasārathi satthā devamanussānaṁ buddho bhagavā. È quando un Realizzato appare nel mondo, perfetto, un Buddha completamente risvegliato, esperto di conoscenza e condotta, santo, conoscitore del mondo, guida suprema per coloro che desiderano addestrarsi, insegnante di esseri celesti e umani, risvegliato, beato.

So vivittaṁ senāsanaṁ bhajati araññaṁ rukkhamūlaṁ pabbataṁ kandaraṁ giriguhaṁ susānaṁ vanapatthaṁ abbhokāsaṁ palālapuñjaṁ. Frequenta un riparo isolato, la natura, la radice di un albero, una collina, una gola, una grotta di montagna, un cimitero, una foresta, l’aria aperta, un mucchio di paglia.

Tassa tathāvūpakaṭṭhassa viharato anvāvattanti brāhmaṇagahapatikā negamā ceva jānapadā ca. Mentre dimora ritirato, viene visitato da un flusso di bramini e laici, e da gente dalle città e da tutto il Paese.

So anvāvattantesu brāhmaṇagahapatikesu negamesu ceva jānapadesu ca na mucchaṁ nikāmayati, na gedhaṁ āpajjati, na āvattati bāhullāya. Quando questo accade, lui non si lascia infatuare, non cade nell’avidità, e non torna all’indulgenza.

Tasseva kho panānanda, satthu sāvako tassa satthu vivekamanubrūhayamāno Ma un discepolo di questo maestro, emulando la pratica di isolamento del maestro,

vivittaṁ senāsanaṁ bhajati araññaṁ rukkhamūlaṁ pabbataṁ kandaraṁ giriguhaṁ susānaṁ vanapatthaṁ abbhokāsaṁ palālapuñjaṁ. frequenta un riparo isolato, la natura, la radice di un albero, una collina, una gola, una grotta di montagna, un cimitero, una foresta, l’aria aperta, un mucchio di paglia.

Tassa tathāvūpakaṭṭhassa viharato anvāvattanti brāhmaṇagahapatikā negamā ceva jānapadā ca. Mentre dimora ritirato, viene visitato da un flusso di bramini e laici, e da gente dalle città e da tutto il Paese.

So anvāvattantesu brāhmaṇagahapatikesu negamesu ceva jānapadesu ca mucchaṁ nikāmayati, gedhaṁ āpajjati, āvattati bāhullāya. Quando questo accade, lui si lascia infatuare, cade nell’avidità, e torna all’indulgenza.

Ayaṁ vuccatānanda, upaddavo brahmacārī. Si dice che questo praticante spirituale sia preda del pericolo per il praticante spirituale.

Brahmacārūpaddavena avadhiṁsu naṁ pāpakā akusalā dhammā saṅkilesikā ponobbhavikā sadarā dukkhavipākā āyatiṁ jātijarāmaraṇiyā. Viene rovinato da qualità malvagie e cattive che corrompono, che portano a vita futura, che sono dannose, e che risultano in sofferenza e in nascita, vecchiaia, e morte future.

Evaṁ kho, ānanda, brahmacārūpaddavo hoti. Questo è il pericolo per il praticante spirituale.

Tatrānanda, yo cevāyaṁ ācariyūpaddavo, yo ca antevāsūpaddavo ayaṁ tehi brahmacārūpaddavo dukkhavipākataro ceva kaṭukavipākataro ca, api ca vinipātāya saṁvattati. E in questo contesto, Ānanda, rispetto al pericolo per l’insegnante e al pericolo per lo studente, il pericolo per il praticante spirituale ha risultati più dolorosi e aspri, e porta persino all’inferno.

Tasmātiha maṁ, ānanda, mittavatāya samudācaratha, mā sapattavatāya. Quindi, Ānanda, trattami come un amico, non come un nemico.

Taṁ vo bhavissati dīgharattaṁ hitāya sukhāya. Questo sarà a tuo beneficio e felicità per molto tempo.

Kathañcānanda, satthāraṁ sāvakā sapattavatāya samudācaranti, no mittavatāya? E com’è che un discepolo tratta il maestro come un nemico, non come un amico?

Idhānanda, satthā sāvakānaṁ dhammaṁ deseti anukampako hitesī anukampaṁ upādāya: È quando il maestro spiega l’insegnamento ai suoi discepoli per gentilezza e premura:

‘idaṁ vo hitāya, idaṁ vo sukhāyā’ti. ‘Questo è a vostro beneficio. Questo è per la vostra felicità’.

Tassa sāvakā na sussūsanti, na sotaṁ odahanti, na aññā cittaṁ upaṭṭhapenti, vokkamma ca satthusāsanā vattanti. Ma i suoi discepoli non vogliono ascoltare. Non ascoltano attivamente né provano a comprendere. Procedono voltando le spalle alle istruzioni del maestro.

Evaṁ kho, ānanda, satthāraṁ sāvakā sapattavatāya samudācaranti, no mittavatāya. Così è come un discepolo tratta il maestro come un nemico, non come un amico.

Kathañcānanda, satthāraṁ sāvakā mittavatāya samudācaranti, no sapattavatāya? E com’è che un discepolo tratta il maestro come un amico, non come un nemico?

Idhānanda, satthā sāvakānaṁ dhammaṁ deseti anukampako hitesī anukampaṁ upādāya: È quando il maestro spiega l’insegnamento ai suoi discepoli per gentilezza e premura:

‘idaṁ vo hitāya, idaṁ vo sukhāyā’ti. ‘Questo è a vostro beneficio. Questo è per la vostra felicità’.

Tassa sāvakā sussūsanti, sotaṁ odahanti, aññā cittaṁ upaṭṭhapenti, na ca vokkamma satthusāsanā vattanti. E i suoi discepoli vogliono ascoltare. Ascoltano attivamente e provano a comprendere. Non procedono voltando le spalle alle istruzioni del maestro.

Evaṁ kho, ānanda, satthāraṁ sāvakā mittavatāya samudācaranti, no sapattavatāya. Così è come un discepolo tratta il maestro come un amico, non come un nemico.

Tasmātiha maṁ, ānanda, mittavatāya samudācaratha, mā sapattavatāya. Quindi, Ānanda, trattami come un amico, non come un nemico.

Taṁ vo bhavissati dīgharattaṁ hitāya sukhāya. Questo sarà a tuo beneficio e felicità per molto tempo.

Na vo ahaṁ, ānanda, tathā parakkamissāmi yathā kumbhakāro āmake āmakamatte. Non ti coccolerò come fa un vasaio con i suoi vasi umidi non ancora cotti.

Niggayha niggayhāhaṁ, ānanda, vakkhāmi; Ma parlerò correggendoti ancora e ancora,

pavayha pavayha, ānanda, vakkhāmi. pressandoti ancora e ancora.

Yo sāro so ṭhassatī”ti. La vera essenza resisterà alla prova”.

Idamavoca bhagavā. Questo è ciò che il Buddha disse.

Attamano āyasmā ānando bhagavato bhāsitaṁ abhinandīti. Contento, il Venerabile Ānanda trasse piacere da ciò che il Buddha disse.

Mahāsuññatasuttaṁ niṭṭhitaṁ dutiyaṁ.
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