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Saṅgāravasutta Il discorso con Saṅgārava
Evaṁ me sutaṁ—Così ho sentito.
ekaṁ samayaṁ bhagavā kosalesu cārikaṁ carati mahatā bhikkhusaṅghena saddhiṁ. Una volta il Buddha stava vagando nella terra dei Kosala assieme a una grande comunità di monaci.
Tena kho pana samayena dhanañjānī nāma brāhmaṇī cañcalikappe paṭivasati abhippasannā buddhe ca dhamme ca saṅghe ca. In quel periodo una bramina di nome Dhanañjāni risiedeva a Caṇḍalakappa. Era devota al Buddha, all’insegnamento, e alla comunità.
Atha kho dhanañjānī brāhmaṇī upakkhalitvā tikkhattuṁ udānaṁ udānesi: Una volta accadde che inciampò ed espresse questo aforisma tre volte:
“Namo tassa bhagavato arahato sammāsambuddhassa. “Lode al Beato, al perfetto, al Buddha completamente risvegliato!
Namo tassa bhagavato arahato sammāsambuddhassa. Lode al Beato, al perfetto, al Buddha completamente risvegliato!
Namo tassa bhagavato arahato sammāsambuddhassā”ti. Lode al Beato, al perfetto, al Buddha completamente risvegliato!”
Tena kho pana samayena saṅgāravo nāma māṇavo cañcalikappe paṭivasati tiṇṇaṁ vedānaṁ pāragū sanighaṇḍukeṭubhānaṁ sākkharappabhedānaṁ itihāsapañcamānaṁ, padako, veyyākaraṇo, lokāyatamahāpurisalakkhaṇesu anavayo. In quel periodo anche lo studente bramino Saṅgārava risiedeva a Sāvatthi. Era giovane, tonsurato, e aveva sedici anni. Aveva raggiunto maestria delle tre Veda, con i loro vocabolari e rituali, fonologia e classificazione delle parole, e testamento come quinto. Le sapeva parola per parola, con la loro grammatica. Era esperto in cosmologia e nei segni di un grande uomo.
Assosi kho saṅgāravo māṇavo dhanañjāniyā brāhmaṇiyā evaṁ vācaṁ bhāsamānāya. Sentendo l’esclamazione di Dhanañjānī
Sutvā dhanañjāniṁ brāhmaṇiṁ etadavoca: le disse:
“avabhūtāva ayaṁ dhanañjānī brāhmaṇī, parabhūtāva ayaṁ dhanañjānī brāhmaṇī, vijjamānānaṁ tevijjānaṁ brāhmaṇānaṁ, atha ca pana tassa muṇḍakassa samaṇakassa vaṇṇaṁ bhāsissatī”ti. “La bramina è una disgrazia! Seppur ci siano bramini esperti delle tre Veda, lei loda quel pelato, quel finto asceta”
“Na hi pana tvaṁ, tāta bhadramukha, tassa bhagavato sīlapaññāṇaṁ jānāsi. “Ma, caro ragazzo, tu non capisci l’etica e la saggezza del Buddha.
Sace tvaṁ, tāta bhadramukha, tassa bhagavato sīlapaññāṇaṁ jāneyyāsi, na tvaṁ, tāta bhadramukha, taṁ bhagavantaṁ akkositabbaṁ paribhāsitabbaṁ maññeyyāsī”ti. Altrimenti non penseresti mai di offenderlo o di insultarlo”
“Tena hi, bhoti, yadā samaṇo gotamo cañcalikappaṁ anuppatto hoti atha me āroceyyāsī”ti. “Beh, allora, signora, fammi sapere quando il Buddha arriva a Caṇḍalakappa”
“Evaṁ, bhadramukhā”ti kho dhanañjānī brāhmaṇī saṅgāravassa māṇavassa paccassosi. “Lo farò, caro”, lei rispose.
Atha kho bhagavā kosalesu anupubbena cārikaṁ caramāno yena cañcalikappaṁ tadavasari. Poi il Buddha, passo dopo passo nella terra dei Kosala, giunse a Caṇḍalakappa,
Tatra sudaṁ bhagavā cañcalikappe viharati todeyyānaṁ brāhmaṇānaṁ ambavane. dove si fermò nel bosco di mango dei bramini Todeyya.
Assosi kho dhanañjānī brāhmaṇī: “bhagavā kira cañcalikappaṁ anuppatto, cañcalikappe viharati todeyyānaṁ brāhmaṇānaṁ ambavane”ti. Dhanañjānī sentì che il Buddha era arrivato.
Atha kho dhanañjānī brāhmaṇī yena saṅgāravo māṇavo tenupasaṅkami; upasaṅkamitvā saṅgāravaṁ māṇavaṁ etadavoca: Allora andò da Saṅgārava e lo avvisò, aggiungendo:
“ayaṁ, tāta bhadramukha, so bhagavā cañcalikappaṁ anuppatto, cañcalikappe viharati todeyyānaṁ brāhmaṇānaṁ ambavane.
Yassadāni, tāta bhadramukha, kālaṁ maññasī”ti. “Prego, caro ragazzo, vai pure quando vuoi”
“Evaṁ, bho”ti kho saṅgāravo māṇavo dhanañjāniyā brāhmaṇiyā paṭissutvā yena bhagavā tenupasaṅkami; upasaṅkamitvā bhagavatā saddhiṁ sammodi. “Sì, signora”, rispose Saṅgārava. Andò dal Buddha e ci scambiò saluti.
Sammodanīyaṁ kathaṁ sāraṇīyaṁ vītisāretvā ekamantaṁ nisīdi. Ekamantaṁ nisinno kho saṅgāravo māṇavo bhagavantaṁ etadavoca: Una volta che i saluti e le cordialità terminarono, si sedette a lato e disse al Buddha:
“Santi kho, bho gotama, eke samaṇabrāhmaṇā diṭṭhadhammābhiññāvosānapāramippattā, ādibrahmacariyaṁ paṭijānanti. “Signor Gotama, ci sono asceti e bramini che dicono di aver raggiunto maestria dei fondamenti del percorso spirituale, di aver raggiunto la perfezione e l’illuminazione totale nella vita presente.
Tatra, bho gotama, ye te samaṇabrāhmaṇā diṭṭhadhammābhiññāvosānapāramippattā, ādibrahmacariyaṁ paṭijānanti, tesaṁ bhavaṁ gotamo katamo”ti? Lei cosa ne pensa?”
“Diṭṭhadhammābhiññāvosānapāramippattānaṁ, ādibrahmacariyaṁ paṭijānantānampi kho ahaṁ, bhāradvāja, vemattaṁ vadāmi. “Bhāradvāja, io dico ci sia diversità tra coloro che dicono di aver raggiunto maestria dei fondamenti del percorso spirituale, di aver raggiunto la perfezione e l’illuminazione totale nella vita presente.
Santi, bhāradvāja, eke samaṇabrāhmaṇā anussavikā. Ci sono asceti e bramini che sono trasmettitori orali.
Te anussavena diṭṭhadhammābhiññāvosānapāramippattā, ādibrahmacariyaṁ paṭijānanti; Dicono di aver raggiunto maestria dei fondamenti del percorso spirituale attraverso la trasmissione orale.
seyyathāpi brāhmaṇā tevijjā. Ad esempio, i bramini esperti delle tre Veda.
Santi pana, bhāradvāja, eke samaṇabrāhmaṇā kevalaṁ saddhāmattakena diṭṭhadhammābhiññāvosānapāramippattā, ādibrahmacariyaṁ paṭijānanti; Ci sono asceti e bramini che dicono di aver raggiunto maestria dei fondamenti del percorso spirituale semplicemente attraverso la fede.
seyyathāpi takkī vīmaṁsī. Ad esempio, coloro che fanno affidamento sul ragionamento e sull’indagine razionale.
Santi, bhāradvāja, eke samaṇabrāhmaṇā pubbe ananussutesu dhammesu sāmaṁyeva dhammaṁ abhiññāya diṭṭhadhammābhiññāvosānapāramippattā, ādibrahmacariyaṁ paṭijānanti. Ci sono asceti e bramini che dicono di aver raggiunto maestria dei fondamenti del percorso spirituale perché hanno raggiunto conoscenza diretta del principio alla base di insegnamenti mai sentiti prima personalmente.
Tatra, bhāradvāja, ye te samaṇabrāhmaṇā pubbe ananussutesu dhammesu sāmaṁyeva dhammaṁ abhiññāya diṭṭhadhammābhiññāvosānapāramippattā, ādibrahmacariyaṁ paṭijānanti, tesāhamasmi. Io sono uno di questi.
Tadamināpetaṁ, bhāradvāja, pariyāyena veditabbaṁ, yathā ye te samaṇabrāhmaṇā pubbe ananussutesu dhammesu sāmaṁyeva dhammaṁ abhiññāya diṭṭhadhammābhiññāvosānapāramippattā, ādibrahmacariyaṁ paṭijānanti, tesāhamasmi. E c’è un modo per capire come io sia uno di questi.
Idha me, bhāradvāja, pubbeva sambodhā anabhisambuddhassa bodhisattasseva sato etadahosi: Prima del mio risveglio, quando non ero ancora risvegliato, ma ero alla ricerca del risveglio, pensavo:
‘sambādho gharāvāso rajāpatho, abbhokāso pabbajjā. ‘La vita laica è inconveniente e impura, mentre la vita di chi lascia casa è aperta.
Nayidaṁ sukaraṁ agāraṁ ajjhāvasatā ekantaparipuṇṇaṁ ekantaparisuddhaṁ saṅkhalikhitaṁ brahmacariyaṁ carituṁ. Non è facile per chi vive a casa seguire il percorso spirituale in modo totalmente completo e puro, come un guscio lucidato.
Yannūnāhaṁ kesamassuṁ ohāretvā kāsāyāni vatthāni acchādetvā agārasmā anagāriyaṁ pabbajeyyan’ti. Perché non mi taglio capelli e barba, indosso l’abito marrone, e lascio la vita di casa per quella mendicante?’
So kho ahaṁ, bhāradvāja, aparena samayena daharova samāno susukāḷakeso bhadrena yobbanena samannāgato paṭhamena vayasā akāmakānaṁ mātāpitūnaṁ assumukhānaṁ rudantānaṁ kesamassuṁ ohāretvā kāsāyāni vatthāni acchādetvā agārasmā anagāriyaṁ pabbajiṁ. Qualche tempo dopo, quando avevo ancora i capelli nero puro, benedetto dalla giovinezza, nel fiore degli anni, sebbene mia madre e mio padre non volessero, piangendo con facce piene di lacrime, mi tagliai capelli e barba, indossai l’abito marrone, e lasciai la vita di casa per quella mendicante.
So evaṁ pabbajito samāno kiṅkusalagavesī anuttaraṁ santivarapadaṁ pariyesamāno yena āḷāro kālāmo tenupasaṅkamiṁ; upasaṅkamitvā āḷāraṁ kālāmaṁ etadavocaṁ: Una volta lasciata casa partii alla scoperta del bene, alla ricerca dello stato supremo di pace sublime. Andai da Āḷāra Kālāma e gli dissi:
‘icchāmahaṁ, āvuso kālāma, imasmiṁ dhammavinaye brahmacariyaṁ caritun’ti. ‘Fratello Kālāma, desidero seguire il percorso spirituale secondo questo insegnamento e addestramento’.
Evaṁ vutte, bhāradvāja, āḷāro kālāmo maṁ etadavoca: Āḷāra Kālāma rispose:
‘viharatāyasmā. ‘Rimani, venerabile.
Tādiso ayaṁ dhammo yattha viññū puriso nacirasseva sakaṁ ācariyakaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja vihareyyā’ti. Questo insegnamento è tale che le persone giudiziose possano presto realizzare la tradizione con la propria conoscenza diretta e dimorare avendo raggiunto ciò’.
So kho ahaṁ, bhāradvāja, nacirasseva khippameva taṁ dhammaṁ pariyāpuṇiṁ. Presto memorizzai quell’insegnamento.
So kho ahaṁ, bhāradvāja, tāvatakeneva oṭṭhapahatamattena lapitalāpanamattena ‘ñāṇavādañca vadāmi, theravādañca jānāmi, passāmī’ti ca paṭijānāmi, ahañceva aññe ca. Per quanto riguarda la memorizzazione e recita orale, parlavo della dottrina della conoscenza, della dottrina degli anziani. Dicevo di conoscere e vedere, e così facevano gli altri.
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, etadahosi: Poi pensai:
‘na kho āḷāro kālāmo imaṁ dhammaṁ kevalaṁ saddhāmattakena sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharāmīti pavedeti; ‘Non è solo per fede che Āḷāra Kālāma dichiara: “Ho realizzato questo insegnamento con la mia conoscenza diretta, e dimoro avendo raggiunto ciò”.
addhā āḷāro kālāmo imaṁ dhammaṁ jānaṁ passaṁ viharatī’ti. Sicuramente dimora conoscendo e vedendo questo insegnamento’.
Atha khvāhaṁ, bhāradvāja, yena āḷāro kālāmo tenupasaṅkamiṁ; upasaṅkamitvā āḷāraṁ kālāmaṁ etadavocaṁ: Quindi andai da Āḷāra Kālāma e gli dissi:
‘kittāvatā no, āvuso kālāma, imaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharāmīti pavedesī’ti? ‘Fratello Kālāma, fino a che punto dici di aver realizzato questo insegnamento con la tua conoscenza diretta?’
Evaṁ vutte, bhāradvāja, āḷāro kālāmo ākiñcaññāyatanaṁ pavedesi. In risposta lui dichiarò la dimensione del nulla.
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, etadahosi: Poi pensai:
‘na kho āḷārasseva kālāmassa atthi saddhā, mayhampatthi saddhā; ‘Non è solo Āḷāra Kālāma che ha fede,
na kho āḷārasseva kālāmassa atthi vīriyaṁ …pe… energia,
sati … consapevolezza,
samādhi … concentrazione,
paññā, mayhampatthi paññā. e saggezza; anche io ho queste cose.
Yannūnāhaṁ yaṁ dhammaṁ āḷāro kālāmo sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharāmīti pavedeti tassa dhammassa sacchikiriyāya padaheyyan’ti. Perché non mi sforzo a realizzare lo stesso insegnamento che Āḷāra Kālāma dice di aver realizzato con la propria conoscenza diretta?’
So kho ahaṁ, bhāradvāja, nacirasseva khippameva taṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja vihāsiṁ. Presto realizzai quell’insegnamento con la mia conoscenza diretta, e dimorai avendo raggiunto ciò.
Atha khvāhaṁ, bhāradvāja, yena āḷāro kālāmo tenupasaṅkamiṁ; upasaṅkamitvā āḷāraṁ kālāmaṁ etadavocaṁ: Quindi andai da Āḷāra Kālāma e gli dissi:
‘ettāvatā no, āvuso kālāma, imaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja pavedesī’ti? ‘Fratello Kālāma, tu hai realizzato questo insegnamento con la tua conoscenza diretta fino a questo punto, e dichiari di aver raggiunto ciò?’
‘Ettāvatā kho ahaṁ, āvuso, imaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja pavedemī’ti. ‘Sì, fratello’
‘Ahampi kho, āvuso, ettāvatā imaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharāmī’ti. ‘Anche io, fratello, ho realizzato questo insegnamento fino a questo punto, e dimoro avendo raggiunto ciò’.
‘Lābhā no, āvuso, suladdhaṁ no, āvuso, ‘Siamo fortunati, fratello, molto fortunati
ye mayaṁ āyasmantaṁ tādisaṁ sabrahmacāriṁ passāma. ad avere un venerabile come te come compagno spirituale!
Iti yāhaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja pavedemi taṁ tvaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharasi; Quindi l’insegnamento che io ho realizzato con la mia conoscenza diretta, e che dichiaro di aver raggiunto, anche tu hai realizzato con la tua conoscenza diretta, e dimori avendo raggiunto ciò.
yaṁ tvaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharasi tamahaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja pavedemi. L’insegnamento che tu hai realizzato con la tua conoscenza diretta, e dimori avendo raggiunto, anche io ho realizzato con la mia conoscenza diretta, e dichiaro di aver raggiunto ciò.
Iti yāhaṁ dhammaṁ jānāmi taṁ tvaṁ dhammaṁ jānāsi, yaṁ tvaṁ dhammaṁ jānāsi tamahaṁ dhammaṁ jānāmi. Quindi l’insegnamento che io conosco, lo conosci anche tu, e l’insegnamento che tu conosci, lo conosco anche io.
Iti yādiso ahaṁ tādiso tuvaṁ, yādiso tuvaṁ tādiso ahaṁ. Io sono come te e tu sei come me.
Ehi dāni, āvuso, ubhova santā imaṁ gaṇaṁ pariharāmā’ti. Vieni, fratello! Guidiamo questa comunità insieme’.
Iti kho, bhāradvāja, āḷāro kālāmo ācariyo me samāno attano antevāsiṁ maṁ samānaṁ attanā samasamaṁ ṭhapesi, uḷārāya ca maṁ pūjāya pūjesi. E così il mio maestro Āḷāra Kālāma mise me, il suo studente, al suo stesso posto, e mi onorava con lodi elevate.
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, etadahosi: Poi pensai:
‘nāyaṁ dhammo nibbidāya na virāgāya na nirodhāya na upasamāya na abhiññāya na sambodhāya na nibbānāya saṁvattati, yāvadeva ākiñcaññāyatanūpapattiyā’ti. ‘Questo insegnamento non porta alla disillusione, allo svanire dell’avidità, alla cessazione, alla pace, alla conoscenza diretta, al risveglio, e all’estinzione. Porta solamente alla rinascita nella dimensione del nulla’.
So kho ahaṁ, bhāradvāja, taṁ dhammaṁ analaṅkaritvā tasmā dhammā nibbijja apakkamiṁ. Realizzando che quell’insegnamento era inadeguato, me ne andai deluso.
So kho ahaṁ, bhāradvāja, kiṅkusalagavesī anuttaraṁ santivarapadaṁ pariyesamāno yena udako rāmaputto tenupasaṅkamiṁ; upasaṅkamitvā udakaṁ rāmaputtaṁ etadavocaṁ: Partii alla scoperta del bene, alla ricerca dello stato supremo di pace sublime. Andai da Uddaka, il figlio di Rāma, e gli dissi:
‘icchāmahaṁ, āvuso, imasmiṁ dhammavinaye brahmacariyaṁ caritun’ti. ‘Fratello, desidero seguire il percorso spirituale secondo questo insegnamento e addestramento’.
Evaṁ vutte, bhāradvāja, udako rāmaputto maṁ etadavoca: Uddaka rispose:
‘viharatāyasmā. ‘Rimani, venerabile.
Tādiso ayaṁ dhammo yattha viññū puriso nacirasseva sakaṁ ācariyakaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja vihareyyā’ti. Questo insegnamento è tale che le persone giudiziose possano presto realizzare la tradizione con la propria conoscenza diretta e dimorare avendo raggiunto ciò’.
So kho ahaṁ, bhāradvāja, nacirasseva khippameva taṁ dhammaṁ pariyāpuṇiṁ. Presto memorizzai quell’insegnamento.
So kho ahaṁ, bhāradvāja, tāvatakeneva oṭṭhapahatamattena lapitalāpanamattena ‘ñāṇavādañca vadāmi, theravādañca jānāmi, passāmī’ti ca paṭijānāmi, ahañceva aññe ca. Per quanto riguarda la memorizzazione e recita orale, parlavo della dottrina della conoscenza, della dottrina degli anziani. Dicevo di conoscere e vedere, e così facevano gli altri.
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, etadahosi: Poi pensai:
‘na kho rāmo imaṁ dhammaṁ kevalaṁ saddhāmattakena sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharāmīti pavedesi; ‘Non è solo per fede che Rāma dichiarava: “Ho realizzato questo insegnamento con la mia conoscenza diretta, e dimoro avendo raggiunto ciò”.
addhā rāmo imaṁ dhammaṁ jānaṁ passaṁ vihāsī’ti. Sicuramente dimorava conoscendo e vedendo questo insegnamento’.
Atha khvāhaṁ, bhāradvāja, yena udako rāmaputto tenupasaṅkamiṁ; upasaṅkamitvā udakaṁ rāmaputtaṁ etadavocaṁ: Quindi andai da Uddaka, figlio di Rāma, e gli dissi:
‘kittāvatā no, āvuso, rāmo imaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharāmīti pavedesī’ti? ‘Fratello, fino a che punto Rāma diceva di aver realizzato questo insegnamento con la propria conoscenza diretta?’
Evaṁ vutte, bhāradvāja, udako rāmaputto nevasaññānāsaññāyatanaṁ pavedesi. In risposta lui dichiarò la dimensione della né percezione né non-percezione.
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, etadahosi: Poi pensai:
‘na kho rāmasseva ahosi saddhā, mayhampatthi saddhā; ‘Non è solo Rāma che aveva fede,
na kho rāmasseva ahosi vīriyaṁ …pe… energia,
sati … consapevolezza,
samādhi … concentrazione,
paññā, mayhampatthi paññā. e saggezza; anche io ho queste cose.
Yannūnāhaṁ yaṁ dhammaṁ rāmo sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharāmīti pavedesi tassa dhammassa sacchikiriyāya padaheyyan’ti. Perché non mi sforzo a realizzare lo stesso insegnamento che Rāma diceva di aver realizzato con la propria conoscenza diretta?’
So kho ahaṁ, bhāradvāja, nacirasseva khippameva taṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja vihāsiṁ. Presto realizzai quell’insegnamento con la mia conoscenza diretta, e dimorai avendo raggiunto ciò.
Atha khvāhaṁ, bhāradvāja, yena udako rāmaputto tenupasaṅkamiṁ; upasaṅkamitvā udakaṁ rāmaputtaṁ etadavocaṁ: Quindi andai da Uddaka, figlio di Rāma, e gli dissi:
‘ettāvatā no, āvuso, rāmo imaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja pavedesī’ti? ‘Fratello, Rāma aveva realizzato questo insegnamento con la propria conoscenza diretta fino a questo punto, e dichiarò di aver raggiunto ciò?’
‘Ettāvatā kho, āvuso, rāmo imaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja pavedesī’ti. ‘Sì, fratello’
‘Ahampi kho, āvuso, ettāvatā imaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharāmī’ti. ‘Anche io, fratello, ho realizzato questo insegnamento fino a questo punto, e dimoro avendo raggiunto ciò’.
‘Lābhā no, āvuso, suladdhaṁ no, āvuso, ‘Siamo fortunati, fratello, molto fortunati
ye mayaṁ āyasmantaṁ tādisaṁ sabrahmacāriṁ passāma. ad avere un venerabile come te come compagno spirituale!
Iti yaṁ dhammaṁ rāmo sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja pavedesi taṁ tvaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharasi; Quindi l’insegnamento che Rāma aveva realizzato con la propria conoscenza diretta, e che dichiarò di aver raggiunto, anche tu hai realizzato con la tua conoscenza diretta, e dimori avendo raggiunto ciò.
yaṁ tvaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharasi taṁ dhammaṁ rāmo sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja pavedesi. L’insegnamento che tu hai realizzato con la tua conoscenza diretta, e dimori avendo raggiunto ciò, anche Rāma aveva realizzato con la propria conoscenza diretta, e dichiarò di aver raggiunto ciò.
Iti yaṁ dhammaṁ rāmo abhiññāsi taṁ tvaṁ dhammaṁ jānāsi, yaṁ tvaṁ dhammaṁ jānāsi taṁ dhammaṁ rāmo abhiññāsi. Quindi l’insegnamento di cui Rāma aveva conoscenza diretta, lo conosci anche tu, e l’insegnamento che tu conosci, anche Rāma ne aveva conoscenza diretta.
Iti yādiso rāmo ahosi tādiso tuvaṁ, yādiso tuvaṁ tādiso rāmo ahosi. Rāma era come te e tu sei come Rāma.
Ehi dāni, āvuso, tuvaṁ imaṁ gaṇaṁ pariharā’ti. Vieni, fratello! Guida questa comunità’.
Iti kho, bhāradvāja, udako rāmaputto sabrahmacārī me samāno ācariyaṭṭhāne maṁ ṭhapesi, uḷārāya ca maṁ pūjāya pūjesi. E così il il mio compagno spirituale Uddaka, figlio di Rāma, mise me nella posizione di maestro, e mi onorava con lodi elevate.
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, etadahosi: Poi pensai:
‘nāyaṁ dhammo nibbidāya na virāgāya na nirodhāya na upasamāya na abhiññāya na sambodhāya na nibbānāya saṁvattati, yāvadeva nevasaññānāsaññāyatanūpapattiyā’ti. ‘Questo insegnamento non porta alla disillusione, allo svanire dell’avidità, alla cessazione, alla pace, alla conoscenza diretta, al risveglio, e all’estinzione. Porta solamente alla rinascita nella dimensione della né percezione né non-percezione’.
So kho ahaṁ, bhāradvāja, taṁ dhammaṁ analaṅkaritvā tasmā dhammā nibbijja apakkamiṁ. Realizzando che quell’insegnamento era inadeguato, me ne andai deluso.
So kho ahaṁ, bhāradvāja, kiṅkusalagavesī anuttaraṁ santivarapadaṁ pariyesamāno magadhesu anupubbena cārikaṁ caramāno yena uruvelā senānigamo tadavasariṁ. Partii alla scoperta del bene, alla ricerca dello stato supremo di pace sublime. Viaggiando passo dopo passo nelle terre di Maghada, arrivai presso Senānigama, a Uruvelā.
Tatthaddasaṁ ramaṇīyaṁ bhūmibhāgaṁ, pāsādikañca vanasaṇḍaṁ, nadiñca sandantiṁ setakaṁ supatitthaṁ ramaṇīyaṁ, samantā ca gocaragāmaṁ. Lì vidi un bel parco, un boschetto gradevole, con un fiume pulito e invitante che scorreva, con sponde morbide. E vicino c’era un villaggio per l’elemosina.
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, etadahosi: Poi pensai:
‘ramaṇīyo vata bho bhūmibhāgo, pāsādiko ca vanasaṇḍo, nadī ca sandati setakā supatitthā ramaṇīyā, samantā ca gocaragāmo. Questo parco è davvero bello, un boschetto gradevole, con un fiume pulito e invitante che scorre, con sponde morbide. E vicino c’è un villaggio per l’elemosina.
Alaṁ vatidaṁ kulaputtassa padhānatthikassa padhānāyā’ti. Questo può bastare per un giovane che vuole lavorare su se stesso’.
So kho ahaṁ, bhāradvāja, tattheva nisīdiṁ: Quindi mi sedetti lì, pensando:
‘alamidaṁ padhānāyā’ti. ‘Questo può bastare per lavorare’.
Apissu maṁ, bhāradvāja, tisso upamā paṭibhaṁsu anacchariyā pubbe assutapubbā. Poi questi tre esempi, che non furono né ispirati in maniera sovrannaturale, né imparati in passato, mi vennero in mente:
Seyyathāpi, bhāradvāja, allaṁ kaṭṭhaṁ sasnehaṁ udake nikkhittaṁ. Immagina ci sia un tronco verde, ricco di linfa che giace nell’acqua.
Atha puriso āgaccheyya uttarāraṇiṁ ādāya: Poi arriva una persona con un bastoncino, pensando
‘aggiṁ abhinibbattessāmi, tejo pātukarissāmī’ti. di accendere un fuoco e produrre calore.
Taṁ kiṁ maññasi, bhāradvāja, Cosa ne pensi, Bhāradvāja?
api nu so puriso amuṁ allaṁ kaṭṭhaṁ sasnehaṁ udake nikkhittaṁ uttarāraṇiṁ ādāya abhimanthento aggiṁ abhinibbatteyya, tejo pātukareyyā”ti? Strofinando il bastoncino contro quel tronco verde e ricco di linfa che giace nell’acqua potrebbe accendere un fuoco e produrre calore?”
“No hidaṁ, bho gotama. “No, Signor Gotama.
Taṁ kissa hetu? Perché questo?
Aduñhi, bho gotama, allaṁ kaṭṭhaṁ sasnehaṁ, tañca pana udake nikkhittaṁ; Perché è un tronco verde, ricco di linfa che giace nell’acqua.
yāvadeva ca pana so puriso kilamathassa vighātassa bhāgī assā”ti. Quella persona alla fine si stancherebbe e frustrerebbe”
“Evameva kho, bhāradvāja, ye hi keci samaṇā vā brāhmaṇā vā kāyena ceva cittena ca kāmehi avūpakaṭṭhā viharanti, yo ca nesaṁ kāmesu kāmacchando kāmasneho kāmamucchā kāmapipāsā kāmapariḷāho so ca ajjhattaṁ na suppahīno hoti na suppaṭippassaddho, opakkamikā cepi te bhonto samaṇabrāhmaṇā dukkhā tibbā kharā kaṭukā vedanā vedayanti, abhabbāva te ñāṇāya dassanāya anuttarāya sambodhāya. No cepi te bhonto samaṇabrāhmaṇā opakkamikā dukkhā tibbā kharā kaṭukā vedanā vedayanti abhabbāva te ñāṇāya dassanāya anuttarāya sambodhāya. “Allo stesso modo, Bhāradvāja, ci sono asceti e bramini che non vivono ritirati in corpo e mente dai piaceri dei sensi. Non hanno abbandonato o placato dentro di loro il desiderio, l’affezione, l’infatuazione, la sete, e la febbre per i piaceri dei sensi. Che provino o no sensazioni dolorose, pungenti, intense, e acute a causa del sovraffaticamento, sono incapaci di conoscenza e visione, del risveglio supremo.
Ayaṁ kho maṁ, bhāradvāja, paṭhamā upamā paṭibhāsi anacchariyā pubbe assutapubbā. Questo fu il primo esempio che mi venne in mente.
Aparāpi kho maṁ, bhāradvāja, dutiyā upamā paṭibhāsi anacchariyā pubbe assutapubbā. Poi un secondo esempio mi venne in mente:
Seyyathāpi, bhāradvāja, allaṁ kaṭṭhaṁ sasnehaṁ ārakā udakā thale nikkhittaṁ. Immagina ci sia un tronco verde, ricco di linfa che giace sulla terra secca lontano dall’acqua.
Atha puriso āgaccheyya uttarāraṇiṁ ādāya: Poi arriva una persona con un bastoncino, pensando
‘aggiṁ abhinibbattessāmi, tejo pātukarissāmī’ti. di accendere un fuoco e produrre calore.
Taṁ kiṁ maññasi, bhāradvāja, Cosa ne pensi, Bhāradvāja?
api nu so puriso amuṁ allaṁ kaṭṭhaṁ sasnehaṁ ārakā udakā thale nikkhittaṁ uttarāraṇiṁ ādāya abhimanthento aggiṁ abhinibbatteyya tejo pātukareyyā”ti? Strofinando il bastoncino contro quel tronco verde e ricco di linfa che giace sulla terra secca lontano dall’acqua potrebbe accendere un fuoco e produrre calore?”
“No hidaṁ, bho gotama. “No, Signor Gotama.
Taṁ kissa hetu? Perché questo?
Aduñhi, bho gotama, allaṁ kaṭṭhaṁ sasnehaṁ, kiñcāpi ārakā udakā thale nikkhittaṁ; Perché è comunque un tronco verde, ricco di linfa, nonostante giaccia sulla terra secca lontano dall’acqua.
yāvadeva ca pana so puriso kilamathassa vighātassa bhāgī assā”ti. “Evameva kho, bhāradvāja, ye hi keci samaṇā vā brāhmaṇā vā kāyena ceva cittena ca kāmehi vūpakaṭṭhā viharanti, yo ca nesaṁ kāmesu kāmacchando kāmasneho kāmamucchā kāmapipāsā kāmapariḷāho so ca ajjhattaṁ na suppahīno hoti na suppaṭippassaddho, opakkamikā cepi te bhonto samaṇabrāhmaṇā dukkhā tibbā kharā kaṭukā vedanā vedayanti, abhabbāva te ñāṇāya dassanāya anuttarāya sambodhāya. No cepi te bhonto samaṇabrāhmaṇā opakkamikā dukkhā tibbā kharā kaṭukā vedanā vedayanti, abhabbāva te ñāṇāya dassanāya anuttarāya sambodhāya. Quella persona alla fine si stancherebbe e frustrerebbe”. “Allo stesso modo, Bhāradvāja, ci sono asceti e bramini che vivono ritirati in corpo e mente dai piaceri dei sensi. Ma dentro di loro non hanno abbandonato o placato il desiderio, l’affezione, l’infatuazione, la sete, e la febbre per i piaceri dei sensi. Che provino o no sensazioni dolorose, pungenti, intense, e acute a causa del sovraffaticamento, sono incapaci di conoscenza e visione, del risveglio supremo.
Ayaṁ kho maṁ, bhāradvāja, dutiyā upamā paṭibhāsi anacchariyā pubbe assutapubbā. Questo fu il secondo esempio che mi venne in mente.
Aparāpi kho maṁ, bhāradvāja, tatiyā upamā paṭibhāsi anacchariyā pubbe assutapubbā. Poi un terzo esempio mi venne in mente:
Seyyathāpi, bhāradvāja, sukkhaṁ kaṭṭhaṁ koḷāpaṁ ārakā udakā thale nikkhittaṁ. Immagina ci sia un tronco secco e appassito che giace sulla terra secca lontano dall’acqua.
Atha puriso āgaccheyya uttarāraṇiṁ ādāya: Poi arriva una persona con un bastoncino, pensando
‘aggiṁ abhinibbattessāmi, tejo pātukarissāmī’ti. di accendere un fuoco e produrre calore.
Taṁ kiṁ maññasi, bhāradvāja, Cosa ne pensi, Bhāradvāja?
api nu so puriso amuṁ sukkhaṁ kaṭṭhaṁ koḷāpaṁ ārakā udakā thale nikkhittaṁ uttarāraṇiṁ ādāya abhimanthento aggiṁ abhinibbatteyya, tejo pātukareyyā”ti? Strofinando il bastoncino contro quel tronco secco e appassito che giace sulla terra secca lontano dall’acqua potrebbe accendere un fuoco e produrre calore?”
“Evaṁ, bho gotama. “Si, Maestro Gotama.
Taṁ kissa hetu? Perché questo?
Aduñhi, bho gotama, sukkhaṁ kaṭṭhaṁ koḷāpaṁ, tañca pana ārakā udakā thale nikkhittan”ti. Perché è un tronco secco e appassito che giace sulla terra secca lontano dall’acqua”
“Evameva kho, bhāradvāja, ye hi keci samaṇā vā brāhmaṇā vā kāyena ceva cittena ca kāmehi vūpakaṭṭhā viharanti, yo ca nesaṁ kāmesu kāmacchando kāmasneho kāmamucchā kāmapipāsā kāmapariḷāho so ca ajjhattaṁ suppahīno hoti suppaṭippassaddho, opakkamikā cepi te bhonto samaṇabrāhmaṇā dukkhā tibbā kharā kaṭukā vedanā vedayanti, bhabbāva te ñāṇāya dassanāya anuttarāya sambodhāya. No cepi te bhonto samaṇabrāhmaṇā opakkamikā dukkhā tibbā kharā kaṭukā vedanā vedayanti, bhabbāva te ñāṇāya dassanāya anuttarāya sambodhāya. “Allo stesso modo, Bhāradvāja, ci sono asceti e bramini che vivono ritirati in corpo e mente dai piaceri dei sensi. E dentro di loro hanno abbandonato e placato il desiderio, l’affezione, l’infatuazione, la brama, e la febbre per i piaceri dei sensi. Che provino o no sensazioni dolorose, pungenti, intense, e acute a causa del sovraffaticamento, sono capaci di conoscenza e visione, del risveglio supremo.
Ayaṁ kho maṁ, bhāradvāja, tatiyā upamā paṭibhāsi anacchariyā pubbe assutapubbā. Questo fu il terzo esempio che mi venne in mente.
Imā kho maṁ, bhāradvāja, tisso upamā paṭibhaṁsu anacchariyā pubbe assutapubbā. Questi sono i tre esempi, che non furono né ispirati in maniera sovrannaturale, né imparati in passato, che mi vennero in mente.
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, etadahosi: Poi pensai:
‘yannūnāhaṁ dantebhidantamādhāya, jivhāya tāluṁ āhacca, cetasā cittaṁ abhiniggaṇheyyaṁ abhinippīḷeyyaṁ abhisantāpeyyan’ti. ‘Perchè io, stringendo i denti e premendo la lingua contro il palato, non spremo, schiaccio, e stritolo la mente con la mente?’
So kho ahaṁ, bhāradvāja, dantebhidantamādhāya, jivhāya tāluṁ āhacca, cetasā cittaṁ abhiniggaṇhāmi abhinippīḷemi abhisantāpemi. E così feci,
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, dantebhidantamādhāya, jivhāya tāluṁ āhacca, cetasā cittaṁ abhiniggaṇhato abhinippīḷayato abhisantāpayato kacchehi sedā muccanti. finché il sudore non mi colò dalle ascelle.
Seyyathāpi, bhāradvāja, balavā puriso dubbalataraṁ purisaṁ sīse vā gahetvā khandhe vā gahetvā abhiniggaṇheyya abhinippīḷeyya abhisantāpeyya; Era come un uomo forte che afferra un uomo debole per la testa o per i collo o per la spalla e lo spreme, lo schiaccia, e lo stritola.
evameva kho me, bhāradvāja, dantebhidantamādhāya, jivhāya tāluṁ āhacca, cetasā cittaṁ abhiniggaṇhato abhinippīḷayato abhisantāpayato kacchehi sedā muccanti. Allo stesso modo, stringendo i denti e premendo la lingua contro il palato, io spremetti, schiacciai, e stritolai la mente con la mente finché il sudore non mi colò dalle ascelle.
Āraddhaṁ kho pana me, bhāradvāja, vīriyaṁ hoti asallīnaṁ, upaṭṭhitā sati asammuṭṭhā; sāraddho ca pana me kāyo hoti appaṭippassaddho, teneva dukkhappadhānena padhānābhitunnassa sato. La mia energia era attiva e infaticabile, la mia consapevolezza era stabile e lucida, ma il mio corpo era disturbato, non tranquillo, poiché avevo spinto troppo con quel lavoro doloroso.
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, etadahosi: Poi pensai:
‘yannūnāhaṁ appāṇakaṁyeva jhānaṁ jhāyeyyan’ti. ‘Perché non pratico l’estasi senza respiro?’
So kho ahaṁ, bhāradvāja, mukhato ca nāsato ca assāsapassāse uparundhiṁ. Allora mi tappai bocca e naso.
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, mukhato ca nāsato ca assāsapassāsesu uparuddhesu kaṇṇasotehi vātānaṁ nikkhamantānaṁ adhimatto saddo hoti. Ma poi l’aria mi uscì dalle orecchie facendo un forte suono,
Seyyathāpi nāma kammāragaggariyā dhamamānāya adhimatto saddo hoti; come il soffio del mantice di un fabbro.
evameva kho me, bhāradvāja, mukhato ca nāsato ca assāsapassāsesu uparuddhesu kaṇṇasotehi vātānaṁ nikkhamantānaṁ adhimatto saddo hoti.
Āraddhaṁ kho pana me, bhāradvāja, vīriyaṁ hoti asallīnaṁ, upaṭṭhitā sati asammuṭṭhā; sāraddho ca pana me kāyo hoti appaṭippassaddho, teneva dukkhappadhānena padhānābhitunnassa sato. La mia energia era attiva e infaticabile, la mia consapevolezza era stabile e lucida, ma il mio corpo era disturbato, non tranquillo, poiché avevo spinto troppo con quel lavoro doloroso.
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, etadahosi: Poi pensai:
‘yannūnāhaṁ appāṇakaṁyeva jhānaṁ jhāyeyyan’ti. ‘Perché non continuo a praticare l’estasi senza respiro?’
So kho ahaṁ, bhāradvāja, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāse uparundhiṁ. Allora mi tappai bocca, naso e orecchie.
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāsesu uparuddhesu adhimattā vātā muddhani ūhananti. Ma poi una forte aria mi macinò la testa,
Seyyathāpi, bhāradvāja, balavā puriso, tiṇhena sikharena muddhani abhimattheyya; come se un uomo forte mi trapanasse la testa con una punta affilata.
evameva kho me, bhāradvāja, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāsesu uparuddhesu adhimattā vātā muddhani ūhananti.
Āraddhaṁ kho pana me, bhāradvāja, vīriyaṁ hoti asallīnaṁ, upaṭṭhitā sati asammuṭṭhā; sāraddho ca pana me kāyo hoti appaṭippassaddho, teneva dukkhappadhānena padhānābhitunnassa sato. La mia energia era attiva e infaticabile, la mia consapevolezza era stabile e lucida, ma il mio corpo era disturbato, non tranquillo, poiché avevo spinto troppo con quel lavoro doloroso.
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, etadahosi: Poi pensai:
‘yannūnāhaṁ appāṇakaṁyeva jhānaṁ jhāyeyyan’ti. ‘Perché non continuo a praticare l’estasi senza respiro?’
So kho ahaṁ, bhāradvāja, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāse uparundhiṁ. Allora mi tappai bocca, naso e orecchie.
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāsesu uparuddhesu adhimattā sīse sīsavedanā honti. Ma mi venne un forte mal di testa,
Seyyathāpi, bhāradvāja, balavā puriso daḷhena varattakkhaṇḍena sīse sīsaveṭhaṁ dadeyya; come se un uomo forte mi stesse stringendo una robusta cintura di pelle attorno alla testa.
evameva kho, bhāradvāja, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāsesu uparuddhesu adhimattā sīse sīsavedanā honti.
Āraddhaṁ kho pana me, bhāradvāja, vīriyaṁ hoti asallīnaṁ, upaṭṭhitā sati asammuṭṭhā; sāraddho ca pana me kāyo hoti appaṭippassaddho, teneva dukkhappadhānena padhānābhitunnassa sato. La mia energia era attiva e infaticabile, la mia consapevolezza era stabile e lucida, ma il mio corpo era disturbato, non tranquillo, poiché avevo spinto troppo con quel lavoro doloroso.
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, etadahosi: Poi pensai:
‘yannūnāhaṁ appāṇakaṁyeva jhānaṁ jhāyeyyan’ti. ‘Perché non continuo a praticare l’estasi senza respiro?’
So kho ahaṁ, bhāradvāja, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāse uparundhiṁ. Allora mi tappai bocca, naso e orecchie.
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāsesu uparuddhesu adhimattā vātā kucchiṁ parikantanti. Ma poi una forte aria mi incise la pancia,
Seyyathāpi, bhāradvāja, dakkho goghātako vā goghātakantevāsī vā tiṇhena govikantanena kucchiṁ parikanteyya; come se un abile macellaio o il suo apprendista mi stesse affettando la pancia con una mannaia da carne.
evameva kho me, bhāradvāja, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāsesu uparuddhesu adhimattā vātā kucchiṁ parikantanti.
Āraddhaṁ kho pana me, bhāradvāja, vīriyaṁ hoti asallīnaṁ upaṭṭhitā sati asammuṭṭhā; sāraddho ca pana me kāyo hoti appaṭippassaddho, teneva dukkhappadhānena padhānābhitunnassa sato. La mia energia era attiva e infaticabile, la mia consapevolezza era stabile e lucida, ma il mio corpo era disturbato, non tranquillo, poiché avevo spinto troppo con quel lavoro doloroso.
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, etadahosi: Poi pensai:
‘yannūnāhaṁ appāṇakaṁyeva jhānaṁ jhāyeyyan’ti. ‘Perché non continuo a praticare l’estasi senza respiro?’
So kho ahaṁ, bhāradvāja, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāse uparundhiṁ. Allora mi tappai bocca, naso e orecchie.
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāsesu uparuddhesu adhimatto kāyasmiṁ ḍāho hoti. Ma poi ci fu un intenso bruciore nel mio corpo,
Seyyathāpi, bhāradvāja, dve balavanto purisā dubbalataraṁ purisaṁ nānābāhāsu gahetvā aṅgārakāsuyā santāpeyyuṁ samparitāpeyyuṁ; come due forti uomini che prendono un uomo più debole per le braccia e lo scottano su una fossa di braci ardenti.
evameva kho me, bhāradvāja, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāsesu uparuddhesu adhimatto kāyasmiṁ ḍāho hoti.
Āraddhaṁ kho pana me, bhāradvāja, vīriyaṁ hoti asallīnaṁ, upaṭṭhitā sati asammuṭṭhā, sāraddho ca pana me kāyo hoti appaṭippassaddho, teneva dukkhappadhānena padhānābhitunnassa sato. La mia energia era attiva e infaticabile, la mia consapevolezza era stabile e lucida, ma il mio corpo era disturbato, non tranquillo, poiché avevo spinto troppo con quel lavoro doloroso.
Apissu maṁ, bhāradvāja, devatā disvā evamāhaṁsu: Poi alcuni angeli mi videro e dissero:
‘kālaṅkato samaṇo gotamo’ti. ‘L’asceta Gotama è morto’.
Ekaccā devatā evamāhaṁsu: Altri dissero:
‘na kālaṅkato samaṇo gotamo, api ca kālaṁ karotī’ti. ‘Non è morto, ma sta per morire’.
Ekaccā devatā evamāhaṁsu: Altri dissero:
‘na kālaṅkato samaṇo gotamo, nāpi kālaṁ karoti; ‘Non è morto, né sta per morire. L’asceta Gotama è perfetto, poiché è così che i perfetti vivono’.
arahaṁ samaṇo gotamo, vihāro tveva so arahato evarūpo hotī’ti.
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, etadahosi: Poi pensai:
‘yannūnāhaṁ sabbaso āhārupacchedāya paṭipajjeyyan’ti. ‘Perché non pratico il digiuno totale?’
Atha kho maṁ, bhāradvāja, devatā upasaṅkamitvā etadavocuṁ: Ma degli angeli vennero da me e mi dissero:
‘mā kho tvaṁ, mārisa, sabbaso āhārupacchedāya paṭipajji. ‘Buon Signore, non pratichi il digiuno totale.
Sace kho tvaṁ, mārisa, sabbaso āhārupacchedāya paṭipajjissasi, tassa te mayaṁ dibbaṁ ojaṁ lomakūpehi ajjhohāressāma. Se lo fa, infonderemo del nettare divino nei suoi pori e lei vivrà di ciò’.
Tāya tvaṁ yāpessasī’ti.
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, etadahosi: Allora pensai:
‘ahañceva kho pana sabbaso ajajjitaṁ paṭijāneyyaṁ, imā ca me devatā dibbaṁ ojaṁ lomakūpehi ajjhohāreyyuṁ, tāya cāhaṁ yāpeyyaṁ. ‘Se dicessi di essere a digiuno totale mentre questi angeli mi infondono nettare divino nei pori, ciò sarebbe una bugia da parte mia’.
Taṁ mamassa musā’ti.
So kho ahaṁ, bhāradvāja, tā devatā paccācikkhāmi, ‘halan’ti vadāmi. Allora congedai quegli angeli, dicendo: ‘Non c’è bisogno’.
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, etadahosi: Poi pensai:
‘yannūnāhaṁ thokaṁ thokaṁ āhāraṁ āhāreyyaṁ pasataṁ pasataṁ, yadi vā muggayūsaṁ, yadi vā kulatthayūsaṁ, yadi vā kaḷāyayūsaṁ, yadi vā hareṇukayūsan’ti. ‘Perché non mangio solo un pochino di cibo per volta; una tazza di brodo di fagioli, o di madras, o di ceci, o di fagioli verdi?’
So kho ahaṁ, bhāradvāja, thokaṁ thokaṁ āhāraṁ āhāresiṁ pasataṁ pasataṁ, yadi vā muggayūsaṁ, yadi vā kulatthayūsaṁ, yadi vā kaḷāyayūsaṁ, yadi vā hareṇukayūsaṁ. E così feci,
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, thokaṁ thokaṁ āhāraṁ āhārayato pasataṁ pasataṁ, yadi vā muggayūsaṁ, yadi vā kulatthayūsaṁ, yadi vā kaḷāyayūsaṁ, yadi vā hareṇukayūsaṁ, adhimattakasimānaṁ patto kāyo hoti. finché il mio corpo divenne estremamente emaciato.
Seyyathāpi nāma āsītikapabbāni vā kāḷapabbāni vā; evamevassu me aṅgapaccaṅgāni bhavanti tāyevappāhāratāya. A causa del mangiare così poco, i miei arti divennero come le articolazioni di un ottantenne o di un cadavere,
Seyyathāpi nāma oṭṭhapadaṁ; evamevassu me ānisadaṁ hoti tāyevappāhāratāya; il mio sedere diventò come lo zoccolo di un cammello,
seyyathāpi nāma vaṭṭanāvaḷī; evamevassu me piṭṭhikaṇṭako uṇṇatāvanato hoti tāyevappāhāratāya. le mie vertebre sporgevano come perline su un filo,
Seyyathāpi nāma jarasālāya gopānasiyo oluggaviluggā bhavanti; evamevassu me phāsuḷiyo oluggaviluggā bhavanti tāyevappāhāratāya. e le mie costole erano scarne come le travi rotte di un vecchio fienile.
Seyyathāpi nāma gambhīre udapāne udakatārakā gambhīragatā okkhāyikā dissanti; evamevassu me akkhikūpesu akkhitārakā gambhīragatā okkhāyikā dissanti tāyevappāhāratāya. A cause del mangiare così poco, il luccichio dei miei occhi affondò nelle cavità, come il luccichio dell’acqua in un pozzo profondo.
Seyyathāpi nāma tittakālābu āmakacchinno vātātapena samphuṭito hoti sammilāto; evamevassu me sīsacchavi samphuṭitā hoti sammilātā tāyevappāhāratāya. A causa del mangiare così poco, il mio scalpo si avvizzì e appassì come una zucca amara verde al vento e al sole.
So kho ahaṁ, bhāradvāja, ‘udaracchaviṁ parimasissāmī’ti piṭṭhikaṇṭakaṁyeva pariggaṇhāmi, ‘piṭṭhikaṇṭakaṁ parimasissāmī’ti udaracchaviṁyeva pariggaṇhāmi; yāvassu me, bhāradvāja, udaracchavi piṭṭhikaṇṭakaṁ allīnā hoti tāyevappāhāratāya. A causa del mangiare così poco, la pelle della mia pancia si attaccò alla mia colonna vertebrale, in modo che quando provavo a strofinare la pelle della pancia afferravo la colonna vertebrale, e quando provavo a strofinare la colonna vertebrale strofinavo la pelle della pancia.
So kho ahaṁ, bhāradvāja, ‘vaccaṁ vā muttaṁ vā karissāmī’ti tattheva avakujjo papatāmi tāyevappāhāratāya. A causa del mangiare così poco, quando provavo a urinare o a defecare cadevo a faccia in giù sul posto.
So kho ahaṁ, bhāradvāja, imameva kāyaṁ assāsento pāṇinā gattāni anumajjāmi. Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, pāṇinā gattāni anumajjato pūtimūlāni lomāni kāyasmā papatanti tāyevappāhāratāya. A causa del mangiare così poco, quando provavo ad alleviare il mio corpo strofinando gli arti con le mani, i peli, marciti alla radice, cadevano.
Apissu maṁ, bhāradvāja, manussā disvā evamāhaṁsu: ‘kāḷo samaṇo gotamo’ti. Poi alcuni mi videro e dissero: ‘L’asceta Gotama è nero’.
Ekacce manussā evamāhaṁsu: ‘na kāḷo samaṇo gotamo, sāmo samaṇo gotamo’ti. Altri dissero: ‘Non è nero, è marrone’.
Ekacce manussā evamāhaṁsu: ‘na kāḷo samaṇo gotamo napi sāmo, maṅguracchavi samaṇo gotamo’ti; Altri dissero: ‘Non è né nero né marrone. L’asceta Gotama è abbronzato’.
yāvassu me, bhāradvāja, tāva parisuddho chavivaṇṇo pariyodāto upahato hoti tāyevappāhāratāya. Questo era il punto a cui la carnagione pura e chiara della mia pelle era stata rovinata dal mangiare così poco.
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, etadahosi: Poi pensai:
‘ye kho keci atītamaddhānaṁ samaṇā vā brāhmaṇā vā opakkamikā dukkhā tibbā kharā kaṭukā vedanā vedayiṁsu, etāvaparamaṁ, nayito bhiyyo; ‘Qualunque asceta o bramino in passato che ha provato sensazioni dolorose, pungenti, intense, e acute a causa del sovraffaticamento, non è andato oltre a questo. Nessuno ha fatto più di così.
yepi hi keci anāgatamaddhānaṁ samaṇā vā brāhmaṇā vā opakkamikā dukkhā tibbā kharā kaṭukā vedanā vedayissanti, etāvaparamaṁ, nayito bhiyyo; Qualunque asceta o bramino che in futuro proverà sensazioni dolorose, pungenti, severe, e acute a causa del sovraffaticamento, non andrà oltre a questo. Nessuno farà più di così.
yepi hi keci etarahi samaṇā vā brāhmaṇā vā opakkamikā dukkhā tibbā kharā kaṭukā vedanā vedayanti, etāvaparamaṁ, nayito bhiyyo. Qualunque asceta o bramino che nel presente prova sensazioni dolorose, pungenti, severe, e acute a causa del sovraffaticamento, non va oltre a questo. Nessuno fa più di così.
Na kho panāhaṁ imāya kaṭukāya dukkarakārikāya adhigacchāmi uttari manussadhammā alamariyañāṇadassanavisesaṁ. Ma non ho raggiunto alcuna distinzione sovrumana in conoscenza e visione degna dei nobili attraverso questo lavoro duro ed estenuante.
Siyā nu kho añño maggo bodhāyā’ti? È possibile che ci sia un altro cammino per il risveglio?’
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, etadahosi: Poi pensai:
‘abhijānāmi kho panāhaṁ pitu sakkassa kammante sītāya jambucchāyāya nisinno vivicceva kāmehi vivicca akusalehi dhammehi savitakkaṁ savicāraṁ vivekajaṁ pītisukhaṁ paṭhamaṁ jhānaṁ upasampajja viharitā. ‘Mi ricordo di quando ero seduto all’ombra fresca dell’albero di mele rosa mentre mio padre il Sakya era via per lavoro. Sufficientemente isolato dai piaceri dei sensi, isolato da cattive qualità, entrai e rimasi nella prima estasi, con euforia e felicità nate dall’isolamento, con pensiero e valutazione.
Siyā nu kho eso maggo bodhāyā’ti? È possibile che quello sia il cammino per il risveglio?’
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, satānusāri viññāṇaṁ ahosi: Da quel ricordo giunse la realizzazione:
‘eseva maggo bodhāyā’ti. ‘Quello è il cammino per il risveglio!’
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, etadahosi: Poi pensai:
‘kiṁ nu kho ahaṁ tassa sukhassa bhāyāmi yaṁ taṁ sukhaṁ aññatreva kāmehi aññatra akusalehi dhammehī’ti? ‘Perché ho paura di quella felicità, che non ha niente a che fare con i piaceri dei sensi o con cattive qualità?’
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, etadahosi: Poi pensai:
‘na kho ahaṁ tassa sukhassa bhāyāmi yaṁ taṁ sukhaṁ aññatreva kāmehi aññatra akusalehi dhammehī’ti. ‘Non avrò paura di quella felicità, poiché non ha niente a che fare con i piaceri dei sensi o con cattive qualità’.
Tassa mayhaṁ, bhāradvāja, etadahosi: Poi pensai:
‘na kho taṁ sukaraṁ sukhaṁ adhigantuṁ evaṁ adhimattakasimānaṁ pattakāyena. ‘Non è facile raggiungere quella felicità con un corpo così eccessivamente emaciato. Perché non mangio un po’ di cibo solido, del riso e porridge?’
Yannūnāhaṁ oḷārikaṁ āhāraṁ āhāreyyaṁ odanakummāsan’ti.
So kho ahaṁ, bhāradvāja, oḷārikaṁ āhāraṁ āhāresiṁ odanakummāsaṁ. Allora mangiai del cibo solido.
Tena kho pana maṁ, bhāradvāja, samayena pañcavaggiyā bhikkhū paccupaṭṭhitā honti: In quel periodo cinque monaci erano i miei assistenti, e pensavano:
‘yaṁ kho samaṇo gotamo dhammaṁ adhigamissati taṁ no ārocessatī’ti. ‘L’asceta Gotama ci informerà riguardo qualsiasi verità che realizzerà’.
Yato kho ahaṁ, bhāradvāja, oḷārikaṁ āhāraṁ āhāresiṁ odanakummāsaṁ, atha me te pañcavaggiyā bhikkhū nibbijja pakkamiṁsu: Ma quando mangiai del cibo solido, se ne andarono delusi, dicendo:
‘bāhulliko samaṇo gotamo padhānavibbhanto āvatto bāhullāyā’ti. ‘L’asceta Gotama è diventato indulgente. Si è allontanato dallo sforzo ed è tornato all’indulgenza’.
So kho ahaṁ, bhāradvāja, oḷārikaṁ āhāraṁ āhāretvā balaṁ gahetvā vivicceva kāmehi …pe… paṭhamaṁ jhānaṁ upasampajja vihāsiṁ. Dopo aver mangiato del cibo solido e aver recuperato le forze, sufficientemente isolato dai piaceri dei sensi, … raggiunsi e dimorai nella prima estasi.
Vitakkavicārānaṁ vūpasamā ajjhattaṁ sampasādanaṁ cetaso ekodibhāvaṁ avitakkaṁ avicāraṁ samādhijaṁ pītisukhaṁ dutiyaṁ jhānaṁ … Con il placarsi di pensiero e valutazione, con chiarezza interna e mente raccolta, senza pensiero e valutazione, con euforia e felicità nate dalla concentrazione, raggiunsi e dimorai nella seconda estasi.
tatiyaṁ jhānaṁ … nella terza estasi …
catutthaṁ jhānaṁ upasampajja vihāsiṁ. e nella quarta estasi.
So evaṁ samāhite citte parisuddhe pariyodāte anaṅgaṇe vigatūpakkilese mudubhūte kammaniye ṭhite āneñjappatte pubbenivāsānussatiñāṇāya cittaṁ abhininnāmesiṁ. Una volta che la mia mente divenne così concentrata, purificata, luminosa, impeccabile, libera da corruzioni, flessibile, lavorabile, stabile, e imperturbabile, la estesi al ricordo delle vite passate.
So anekavihitaṁ pubbenivāsaṁ anussarāmi, seyyathidaṁ—ekampi jātiṁ dvepi jātiyo …pe… iti sākāraṁ sauddesaṁ anekavihitaṁ pubbenivāsaṁ anussarāmi. Ricordai molte vite passate. Cioè: una nascita, due nascite, tre nascite, quattro nascite, cinque nascite, dieci nascite, venti nascite, trenta nascite, quaranta nascite, cinquanta nascite, cento nascite, mille nascite, centomila nascite; molte ere di formazione, molte ere di dissoluzione, molte ere di formazione e dissoluzione. Ricordai: ‘Lì, mi chiamavo così, quella era la mia famiglia, ero fatto così, e quello era il mio cibo. Sentivo piacere e dolore così, e la mia vita finì così. Una volta deceduto da quel posto rinacqui da un’altra parte. Anche lì, mi chiamavo così, quella era la mia famiglia, ero fatto così, e quello era il mio cibo. Sentivo piacere e dolore così, e la mia vita finì così. Una volta deceduto da quel posto rinacqui qui’. E così ricordai i miei vari tipi di vite passate, nei particolari e nello specifico.
Ayaṁ kho me, bhāradvāja, rattiyā paṭhame yāme paṭhamā vijjā adhigatā, Questa fu la prima conoscenza che ottenni durante la prima parte della notte.
avijjā vihatā, vijjā uppannā; tamo vihato, āloko uppanno; yathā taṁ appamattassa ātāpino pahitattassa viharato. L’ignoranza fu distrutta e la conoscenza sorse; l’oscurità fu distrutta e la luce sorse, come succede a chi dimora diligente, fervido, e risoluto.
So evaṁ samāhite citte parisuddhe pariyodāte anaṅgaṇe vigatūpakkilese mudubhūte kammaniye ṭhite āneñjappatte sattānaṁ cutūpapātañāṇāya cittaṁ abhininnāmesiṁ. Una volta che la mia mente divenne così concentrata, purificata, luminosa, impeccabile, libera da corruzioni, flessibile, lavorabile, stabile, e imperturbabile, la estesi alla conoscenza della morte e rinascita degli esseri viventi.
So dibbena cakkhunā visuddhena atikkantamānusakena satte passāmi cavamāne upapajjamāne hīne paṇīte suvaṇṇe dubbaṇṇe sugate duggate yathākammūpage satte pajānāmi …pe… Con chiaroveggenza purificata e sovrumana, vidi gli esseri viventi morire e rinascere; inferiori e superiori, belli e brutti, in un bel posto o un brutto posto. Compresi come gli esseri viventi rinascono secondo le proprie azioni …
ayaṁ kho me, bhāradvāja, rattiyā majjhime yāme dutiyā Questa fu la seconda conoscenza che ottenni durante la parte intermedia della notte.
vijjā adhigatā, avijjā vihatā, vijjā uppannā; tamo vihato, āloko uppanno; yathā taṁ appamattassa ātāpino pahitattassa viharato. L’ignoranza fu distrutta e la conoscenza sorse; l’oscurità fu distrutta e la luce sorse, come succede a chi dimora diligente, fervido, e risoluto.
So evaṁ samāhite citte parisuddhe pariyodāte anaṅgaṇe vigatūpakkilese mudubhūte kammaniye ṭhite āneñjappatte āsavānaṁ khayañāṇāya cittaṁ abhininnāmesiṁ. Una volta che la mia mente divenne così concentrata, purificata, luminosa, impeccabile, libera da corruzioni, flessibile, lavorabile, stabile, e imperturbabile, la estesi alla conoscenza dell’eliminazione dei contaminanti.
So ‘idaṁ dukkhan’ti yathābhūtaṁ abbhaññāsiṁ, ‘ayaṁ dukkhasamudayo’ti yathābhūtaṁ abbhaññāsiṁ, ‘ayaṁ dukkhanirodho’ti yathābhūtaṁ abbhaññāsiṁ, ‘ayaṁ dukkhanirodhagāminī paṭipadā’ti yathābhūtaṁ abbhaññāsiṁ; Compresi secondo realtà: ‘Questa è la sofferenza’, compresi secondo realtà: ‘Questa è l’origine della sofferenza’, compresi secondo realtà: ‘Questa è la cessazione della sofferenza’, compresi secondo realtà: ‘Questa è la pratica che porta alla cessazione della sofferenza’.
‘ime āsavā’ti yathābhūtaṁ abbhaññāsiṁ, ‘ayaṁ āsavasamudayo’ti yathābhūtaṁ abbhaññāsiṁ, ‘ayaṁ āsavanirodho’ti yathābhūtaṁ abbhaññāsiṁ, ‘ayaṁ āsavanirodhagāminī paṭipadā’ti yathābhūtaṁ abbhaññāsiṁ. Compresi secondo realtà: ‘Questi sono i contaminanti’, compresi secondo realtà: ‘Questa è l’origine dei contaminanti’, compresi secondo realtà: ‘Questa è la cessazione dei contaminanti’, compresi secondo realtà: ‘Questa è la pratica che porta alla cessazione dei contaminanti’.
Tassa me evaṁ jānato evaṁ passato kāmāsavāpi cittaṁ vimuccittha, bhavāsavāpi cittaṁ vimuccittha, avijjāsavāpi cittaṁ vimuccittha. Conoscendo così e vedendo così, la mia mente fu liberata dal contaminante dei piaceri dei sensi, la mia mente fu liberata dal contaminante dell’esistenza, e la mia mente fu liberata dal contaminante dell’ignoranza.
Vimuttasmiṁ vimuttamiti ñāṇaṁ ahosi. Una volta libera, sapevo che era libera.
‘Khīṇā jāti, vusitaṁ brahmacariyaṁ, kataṁ karaṇīyaṁ, nāparaṁ itthattāyā’ti abbhaññāsiṁ. Compresi: ‘La nascita è terminata, il percorso spirituale è stato completato, ciò che c’era da fare è stato fatto, non ci sarà più nulla di questo’.
Ayaṁ kho me, bhāradvāja, rattiyā pacchime yāme tatiyā Questa fu la terza conoscenza che ottenni durante la parte finale della notte.
vijjā adhigatā, avijjā vihatā, vijjā uppannā; tamo vihato, āloko uppanno; yathā taṁ appamattassa ātāpino pahitattassa viharato”ti. L’ignoranza fu distrutta e la conoscenza sorse; l’oscurità fu distrutta e la luce sorse, come succede a chi dimora diligente, fervido, e risoluto.
Evaṁ vutte, saṅgāravo māṇavo bhagavantaṁ etadavoca: Detto ciò, Saṅgārava disse al Buddha:
“aṭṭhitavataṁ bhoto gotamassa padhānaṁ ahosi, sappurisavataṁ bhoto gotamassa padhānaṁ ahosi; “Il lavoro del Signor Gotama fu davvero assiduo e da persona retta,
yathā taṁ arahato sammāsambuddhassa. dato che è un perfetto, un Buddha completamente risvegliato.
Kiṁ nu kho, bho gotama, atthi devā”ti? Ma, Signor Gotama, gli esseri celesti esistono?”
“Ṭhānaso metaṁ, bhāradvāja, viditaṁ yadidaṁ—“Bhāradvāja, ho compreso gli esseri celesti in termini di cause”
adhidevā”ti.
“Kiṁ nu kho, bho gotama, ‘atthi devā’ti puṭṭho samāno ‘ṭhānaso metaṁ, bhāradvāja, viditaṁ yadidaṁ adhidevā’ti vadesi. “Ma, Signor Gotama, quando le ho chiesto: ‘Gli esseri celesti esistono?’ perché ha risposto che li ha compresi in termini di cause?
Nanu, bho gotama, evaṁ sante tucchā musā hotī”ti? Non sono parole vuote e false?”
“‘Atthi devā’ti, bhāradvāja, puṭṭho samāno ‘atthi devā’ti yo vadeyya, ‘ṭhānaso me viditā’ti yo vadeyya; “Bhāradvāja, quando viene chiesto: ‘Gli esseri celesti esistono?’, che si risponda: ‘Gli esseri celesti esistono’ o: ‘Ho compreso gli esseri celesti in termini di cause’
atha khvettha viññunā purisena ekaṁsena niṭṭhaṁ gantabbaṁ yadidaṁ: una persona giudiziosa giungerebbe alla conclusione categorica sull’argomento che
‘atthi devā’”ti. gli esseri celesti esistono”
“Kissa pana me bhavaṁ gotamo ādikeneva na byākāsī”ti? “Ma perché non l’ha detto subito?”
“Uccena sammataṁ kho etaṁ, bhāradvāja, lokasmiṁ yadidaṁ: “È risaputo tra gli eminenti che gli esseri celesti esistono”.
‘atthi devā’”ti.
Evaṁ vutte, saṅgāravo māṇavo bhagavantaṁ etadavoca: Detto ciò, Saṅgārava disse al Buddha:
“abhikkantaṁ, bho gotama, abhikkantaṁ, bho gotama. “Eccellente, Signor Gotama! Eccellente!
Seyyathāpi, bho gotama, nikkujjitaṁ vā ukkujjeyya, paṭicchannaṁ vā vivareyya, mūḷhassa vā maggaṁ ācikkheyya, andhakāre vā telapajjotaṁ dhāreyya: ‘cakkhumanto rūpāni dakkhantī’ti; evamevaṁ bhotā gotamena anekapariyāyena dhammo pakāsito. Immagini che qualcuno raddrizzi ciò che è capovolto, o riveli ciò che è nascosto, o indichi il cammino a chi si è perso, o regga una lampada al buio pensando: ‘Che chi ha occhi buoni possa vedere forme’. Allo stesso modo il Signor Gotama ha reso l’insegnamento chiaro in vari modi.
Esāhaṁ bhavantaṁ gotamaṁ saraṇaṁ gacchāmi dhammañca bhikkhusaṅghañca. Prendo rifugio nel Signor Gotama, nell’insegnamento, e nella comunità monastica.
Upāsakaṁ maṁ bhavaṁ gotamo dhāretu ajjatagge pāṇupetaṁ saraṇaṁ gatan”ti. Da oggi in poi, che il Signor Gotama si ricordi di me come un discepolo laico che ha preso rifugio a vita”.
Saṅgāravasuttaṁ niṭṭhitaṁ dasamaṁ.
Brāhmaṇavaggo niṭṭhito pañcamo.
Tassuddānaṁ
Brahmāyu selassalāyano,
ghoṭamukho ca brāhmaṇo;
Caṅkī esu dhanañjāni,
vāseṭṭho subhagāravoti.
Idaṁ vaggānamuddānaṁ
Vaggo gahapati bhikkhu,
paribbājakanāmako;
Rājavaggo brāhmaṇoti,
pañca majjhimaāgame.
Majjhimapaṇṇāsakaṁ samattaṁ.