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Majjhima Nikāya 86 Discorsi medi 86

Aṅgulimālasutta Il discorso di Aṅgulimāla

Evaṁ me sutaṁ—Così ho sentito.

ekaṁ samayaṁ bhagavā sāvatthiyaṁ viharati jetavane anāthapiṇḍikassa ārāme. Una volta il Buddha dimorava vicino a Sāvatthī, nel bosco di Jeta, il monastero di Anāthapiṇḍika.

Tena kho pana samayena rañño pasenadissa kosalassa vijite coro aṅgulimālo nāma hoti luddo lohitapāṇi hatapahate niviṭṭho adayāpanno pāṇabhūtesu. In quel periodo, nel regno del Re Pasenadi di Kosala, c’era un bandito di nome Aṅgulimāla. Era violento, sanguinario, un assassino incallito, spietato nei confronti degli esseri viventi.

Tena gāmāpi agāmā katā, nigamāpi anigamā katā, janapadāpi ajanapadā katā. Radeva al suolo villaggi, città, e Paesi.

So manusse vadhitvā vadhitvā aṅgulīnaṁ mālaṁ dhāreti. Uccideva costantemente la gente, e ne indossava la dita come collana.

Atha kho bhagavā pubbaṇhasamayaṁ nivāsetvā pattacīvaramādāya sāvatthiṁ piṇḍāya pāvisi. Al mattino il Buddha si vestì e, prendendo la propria ciotola e abito, entrò a Sāvatthī per l’elemosina.

Sāvatthiyaṁ piṇḍāya caritvā pacchābhattaṁ piṇḍapātapaṭikkanto senāsanaṁ saṁsāmetvā pattacīvaramādāya yena coro aṅgulimālo tenaddhānamaggaṁ paṭipajji. Poi, dopo il pasto, al ritorno dalla questua, riordinò il proprio riparo e, prendendo la propria ciotola e abito, si incamminò per la strada che portava da Aṅgulimāla.

Addasāsuṁ kho gopālakā pasupālakā kassakā pathāvino bhagavantaṁ yena coro aṅgulimālo tenaddhānamaggapaṭipannaṁ. I mandriani, i pastori, i fattori, e i passanti lo videro sulla strada,

Disvāna bhagavantaṁ etadavocuṁ: e gli dissero:

“mā, samaṇa, etaṁ maggaṁ paṭipajji. “Non prendere questa strada, asceta.

Etasmiṁ, samaṇa, magge coro aṅgulimālo nāma luddo lohitapāṇi hatapahate niviṭṭho adayāpanno pāṇabhūtesu. Su questa strada c’è un bandito di nome Aṅgulimāla. È violento, sanguinario, un assassino incallito, spietato nei confronti degli esseri viventi.

Tena gāmāpi agāmā katā, nigamāpi anigamā katā, janapadāpi ajanapadā katā. Rade al suolo villaggi, città, e Paesi.

So manusse vadhitvā vadhitvā aṅgulīnaṁ mālaṁ dhāreti. Uccide costantemente la gente, e ne indossa la dita come collana.

Etañhi, samaṇa, maggaṁ dasapi purisā vīsampi purisā tiṁsampi purisā cattārīsampi purisā paññāsampi purisā saṅkaritvā saṅkaritvā paṭipajjanti. La gente viaggia su questa strada solo in gruppi da dieci, venti, trenta, quaranta, o cinquanta.

Tepi corassa aṅgulimālassa hatthatthaṁ gacchantī”ti. E comunque incontrano la propria fine per mano di Aṅgulimāla”.

Evaṁ vutte, bhagavā tuṇhībhūto agamāsi. Ma detto ciò, il Buddha rimase in silenzio.

Dutiyampi kho gopālakā …pe… Per la seconda volta …

tatiyampi kho gopālakā pasupālakā kassakā pathāvino bhagavantaṁ etadavocuṁ: e per la terza volta, lo esortarono a tornare indietro.

“mā, samaṇa, etaṁ maggaṁ paṭipajji, etasmiṁ samaṇa magge coro aṅgulimālo nāma luddo lohitapāṇi hatapahate niviṭṭho adayāpanno pāṇabhūtesu, tena gāmāpi agāmā katā, nigamāpi anigamā katā, janapadāpi ajanapadā katā.

So manusse vadhitvā vadhitvā aṅgulīnaṁ mālaṁ dhāreti.

Etañhi samaṇa maggaṁ dasapi purisā vīsampi purisā tiṁsampi purisā cattārīsampi purisā paññāsampi purisā saṅkaritvā saṅkaritvā paṭipajjanti.

Tepi corassa aṅgulimālassa hatthatthaṁ gacchantī”ti.

Atha kho bhagavā tuṇhībhūto agamāsi. Ma detto ciò, il Buddha rimase in silenzio.

Addasā kho coro aṅgulimālo bhagavantaṁ dūratova āgacchantaṁ. Il bandito Aṅgulimāla vide il Buddha arrivare da lontano,

Disvānassa etadahosi: e pensò:

“acchariyaṁ vata bho, abbhutaṁ vata bho. “Oh, è incredibile, è strabiliante!

Imañhi maggaṁ dasapi purisā vīsampi purisā tiṁsampi purisā cattārīsampi purisā paññāsampi purisā saṅkaritvā saṅkaritvā paṭipajjanti. La gente viaggia su questa strada solo in gruppi da dieci, venti, trenta, quaranta, o cinquanta.

Tepi mama hatthatthaṁ gacchanti. E comunque incontrano la propria fine per mano mia.

Atha ca panāyaṁ samaṇo eko adutiyo pasayha maññe āgacchati. Ma questo asceta arriva solo e non accompagnato, come un conquistatore.

Yannūnāhaṁ imaṁ samaṇaṁ jīvitā voropeyyan”ti. Perché non gli tolgo la vita?”

Atha kho coro aṅgulimālo asicammaṁ gahetvā dhanukalāpaṁ sannayhitvā bhagavantaṁ piṭṭhito piṭṭhito anubandhi. Allora Aṅgulimāla indossò spada e scudo, prese arco e frecce, e seguì il Buddha.

Atha kho bhagavā tathārūpaṁ iddhābhisaṅkhāraṁ abhisaṅkhāsi yathā coro aṅgulimālo bhagavantaṁ pakatiyā gacchantaṁ sabbathāmena gacchanto na sakkoti sampāpuṇituṁ. Ma il Buddha usò i propri poteri psichici per esprimere la volontà che Aṅgulimāla non riuscisse a raggiungerlo, per quanto ci provasse, anche se il Buddha continuava a camminare a velocità normale.

Atha kho corassa aṅgulimālassa etadahosi: Allora Aṅgulimāla pensò:

“acchariyaṁ vata bho, abbhutaṁ vata bho. “Oh, è incredibile, è strabiliante!

Ahañhi pubbe hatthimpi dhāvantaṁ anupatitvā gaṇhāmi, assampi dhāvantaṁ anupatitvā gaṇhāmi, rathampi dhāvantaṁ anupatitvā gaṇhāmi, migampi dhāvantaṁ anupatitvā gaṇhāmi; In passato, persino quando ho inseguito elefanti, cavalli, carrozze, o cervi in corsa, li ho sempre raggiunti.

atha ca panāhaṁ imaṁ samaṇaṁ pakatiyā gacchantaṁ sabbathāmena gacchanto na sakkomi sampāpuṇitun”ti. Ma non riesco a raggiungere questo asceta, per quanto ci provi, anche se continua a camminare a velocità normale”.

Ṭhitova bhagavantaṁ etadavoca: Allora si fermò e disse:

“tiṭṭha, tiṭṭha, samaṇā”ti. “Fermo, fermo, asceta!”

“Ṭhito ahaṁ, aṅgulimāla, tvañca tiṭṭhā”ti. “Mi sono fermato, Aṅgulimāla. Ora fermati tu”.

Atha kho corassa aṅgulimālassa etadahosi: Allora Aṅgulimāla pensò:

“ime kho samaṇā sakyaputtiyā saccavādino saccapaṭiññā. “Questi asceti Sakya dicono la verità.

Atha panāyaṁ samaṇo gacchaṁ yevāha: Eppure mentre cammina l’asceta Gotama dice:

‘ṭhito ahaṁ, aṅgulimāla, tvañca tiṭṭhā’ti. ‘Mi sono fermato, Aṅgulimāla. Ora fermati tu’.

Yannūnāhaṁ imaṁ samaṇaṁ puccheyyan”ti. Perché non gli chiedo a riguardo?”

Atha kho coro aṅgulimālo bhagavantaṁ gāthāya ajjhabhāsi: Allora si rivolse al Buddha in poesia:

“Gacchaṁ vadesi samaṇa ṭhitomhi, “Mentre cammini, asceta, dici: ‘Mi sono fermato’.

Mamañca brūsi ṭhitamaṭṭhitoti; E io mi sono fermato, ma tu mi dici di no.

Pucchāmi taṁ samaṇa etamatthaṁ, Ti chiedo questo, asceta:

Kathaṁ ṭhito tvaṁ ahamaṭṭhitomhī”ti. com’è che tu ti sei fermato e io no?”

“Ṭhito ahaṁ aṅgulimāla sabbadā, “Aṅgulimāla, io mi sono fermato per sempre.

Sabbesu bhūtesu nidhāya daṇḍaṁ; Ho scartato la violenza nei confronti di ogni creatura.

Tuvañca pāṇesu asaññatosi, Ma tu non riesci a fermare te stesso dal ferire gli esseri viventi.

Tasmā ṭhitohaṁ tuvamaṭṭhitosī”ti. È per questo che io mi sono fermato, e tu no”

“Cirassaṁ vata me mahito mahesī, “Oh, finalmente un grande saggio rinomato,

Mahāvanaṁ pāpuṇi saccavādī; un asceta mi ha seguito in questo bosco profondo.

Sohaṁ carissāmi pahāya pāpaṁ, Ora che ho sentito il tuo versetto sull’insegnamento,

Sutvāna gāthaṁ tava dhammayuttaṁ”. vivrò senza il male”.

Itveva coro asimāvudhañca, Con queste parole il bandito scagliò la sua spada e le sue armi

Sobbhe papāte narake akiri; da un burrone verso un abisso.

Avandi coro sugatassa pāde, Venerò i piedi del Santo,

Tattheva naṁ pabbajjaṁ ayāci. e gli chiese di poter lasciare casa sul posto.

Buddho ca kho kāruṇiko mahesi, Allora il Buddha, il grande saggio pieno di compassione,

Yo satthā lokassa sadevakassa; l’insegnante del mondo con i suoi angeli,

“Tamehi bhikkhū”ti tadā avoca, gli disse: “Vieni, monaco!”

Eseva tassa ahu bhikkhubhāvoti. E così divenne monaco.

Atha kho bhagavā āyasmatā aṅgulimālena pacchāsamaṇena yena sāvatthi tena cārikaṁ pakkāmi. Allora il Buddha si avviò verso Sāvatthī con il Venerabile Aṅgulimāla come suo secondo.

Anupubbena cārikaṁ caramāno yena sāvatthi tadavasari. Passo dopo passo, giunse a Sāvatthī,

Tatra sudaṁ bhagavā sāvatthiyaṁ viharati jetavane anāthapiṇḍikassa ārāme. dove dimorò nel bosco di Jeta, il monastero di Anāthapiṇḍika.

Tena kho pana samayena rañño pasenadissa kosalassa antepuradvāre mahājanakāyo sannipatitvā uccāsaddo mahāsaddo hoti: In quell’occasione una folla si era radunata al cancello del complesso reale del Re Pasenadi facendo un terribile baccano:

“coro te, deva, vijite aṅgulimālo nāma luddo lohitapāṇi hatapahate niviṭṭho adayāpanno pāṇabhūtesu. “Nel tuo regno c’è un bandito di nome Aṅgulimāla. È violento, sanguinario, un assassino incallito, spietato nei confronti degli esseri viventi.

Tena gāmāpi agāmā katā, nigamāpi anigamā katā, janapadāpi ajanapadā katā. Rade al suolo villaggi, città, e Paesi.

So manusse vadhitvā vadhitvā aṅgulīnaṁ mālaṁ dhāreti. Uccide costantemente la gente, e ne indossa la dita come collana.

Taṁ devo paṭisedhetū”ti. Che Sua Maestà lo fermi!”

Atha kho rājā pasenadi kosalo pañcamattehi assasatehi sāvatthiyā nikkhami divā divassa. Allora il Re Pasenadi uscì da Sāvatthī nel mezzo del giorno con circa cinquecento cavalli,

Yena ārāmo tena pāvisi. diretto verso il monastero.

Yāvatikā yānassa bhūmi yānena gantvā yānā paccorohitvā pattikova yena bhagavā tenupasaṅkami; upasaṅkamitvā bhagavantaṁ abhivādetvā ekamantaṁ nisīdi. Ekamantaṁ nisinnaṁ kho rājānaṁ pasenadiṁ kosalaṁ bhagavā etadavoca: Andò in carrozza fino a quando il terreno lo permise, poi scese e si avvicinò al Buddha a piedi. Si inchinò e si sedette a lato. Il Buddha gli disse:

“kiṁ nu te, mahārāja, rājā vā māgadho seniyo bimbisāro kupito vesālikā vā licchavī aññe vā paṭirājāno”ti? “Cosa succede, grande re? Il Re Seniya Bimbisāra di Magadha è arrabbiato con te? O i Licchavi di Vesālī? O qualche altro sovrano nemico?”

“Na kho me, bhante, rājā māgadho seniyo bimbisāro kupito, nāpi vesālikā licchavī, nāpi aññe paṭirājāno. “No, Signore.

Coro me, bhante, vijite aṅgulimālo nāma luddo lohitapāṇi hatapahate niviṭṭho adayāpanno pāṇabhūtesu. Nel mio regno c’è un bandito di nome Aṅgulimāla. È violento, sanguinario, un assassino incallito, spietato nei confronti degli esseri viventi. …

Tena gāmāpi agāmā katā, nigamāpi anigamā katā, janapadāpi ajanapadā katā.

So manusse vadhitvā vadhitvā aṅgulīnaṁ mālaṁ dhāreti.

Tāhaṁ, bhante, paṭisedhissāmī”ti. Devo fermarlo”

“Sace pana tvaṁ, mahārāja, aṅgulimālaṁ passeyyāsi kesamassuṁ ohāretvā kāsāyāni vatthāni acchādetvā agārasmā anagāriyaṁ pabbajitaṁ, virataṁ pāṇātipātā, virataṁ adinnādānā, virataṁ musāvādā, ekabhattikaṁ, brahmacāriṁ, sīlavantaṁ, kalyāṇadhammaṁ, kinti naṁ kareyyāsī”ti? “Ma, grande re, immagina di vedere che Aṅgulimāla si è tagliato capelli e barba, ha indossato l’abito marrone, e ha lasciato la vita di casa per quella mendicante. E che si astiene dall’uccidere, rubare, e mentire. Si astiene dal mangiare la sera, mangia in una sola parte del giorno, ed è casto, morale, e di buon carattere. Cosa gli faresti?”

“Abhivādeyyāma vā, bhante, paccuṭṭheyyāma vā āsanena vā nimanteyyāma, abhinimanteyyāma vā naṁ cīvarapiṇḍapātasenāsanagilānappaccayabhesajjaparikkhārehi, dhammikaṁ vā assa rakkhāvaraṇaguttiṁ saṁvidaheyyāma. “Mi inchinerei a lui, mi alzerei in sua presenza, e gli offrirei da sedere. Lo inviterei ad accettare abiti, cibo, ripari, e medicine e provvigioni per malati. E organizzerei la sua protezione e guardia.

Kuto panassa, bhante, dussīlassa pāpadhammassa evarūpo sīlasaṁyamo bhavissatī”ti? Ma, Signore, come può essere che un uomo così immorale e malvagio possa avere tali virtù e tale contegno?”

Tena kho pana samayena āyasmā aṅgulimālo bhagavato avidūre nisinno hoti. In quell’occasione il Venerabile Aṅgulimāla era seduto non lontano dal Buddha.

Atha kho bhagavā dakkhiṇaṁ bāhuṁ paggahetvā rājānaṁ pasenadiṁ kosalaṁ etadavoca: Allora il Buddha indicò con il proprio braccio destro e disse al re:

“eso, mahārāja, aṅgulimālo”ti. “Grande re, questo è Aṅgulimāla”

Atha kho rañño pasenadissa kosalassa ahudeva bhayaṁ, ahu chambhitattaṁ, ahu lomahaṁso. Allora il re si impaurì, si spaventò, e gli si drizzarono i capelli.

Atha kho bhagavā rājānaṁ pasenadiṁ kosalaṁ bhītaṁ saṁviggaṁ lomahaṭṭhajātaṁ viditvā rājānaṁ pasenadiṁ kosalaṁ etadavoca: Vedendo ciò, il Buddha gli disse:

“mā bhāyi, mahārāja, natthi te ito bhayan”ti. “Non temere, grande re. Non hai nulla da temere da parte sua”.

Atha kho rañño pasenadissa kosalassa yaṁ ahosi bhayaṁ vā chambhitattaṁ vā lomahaṁso vā so paṭippassambhi. Allora la paura del re svanì.

Atha kho rājā pasenadi kosalo yenāyasmā aṅgulimālo tenupasaṅkami; upasaṅkamitvā āyasmantaṁ aṅgulimālaṁ etadavoca: Poi il re andò da Aṅgulimāla e disse:

“ayyo no, bhante, aṅgulimālo”ti? “Signore, il venerabile è davvero Aṅgulimāla?”

“Evaṁ, mahārājā”ti. “Sì, grande re”

“Kathaṅgotto ayyassa pitā, kathaṅgottā mātā”ti? “Da che famiglia venivano suo padre e sua madre?”

“Gaggo kho, mahārāja, pitā, mantāṇī mātā”ti. “Mio padre era un Gagga, e mia madre una Mantāṇī”

“Abhiramatu, bhante, ayyo gaggo mantāṇiputto. “Che il venerabile Gagga, figlio di Mantāṇī, sia felice.

Ahamayyassa gaggassa mantāṇiputtassa ussukkaṁ karissāmi cīvarapiṇḍapātasenāsanagilānappaccayabhesajjaparikkhārānan”ti. Mi assicurerò che lei sia fornito di abiti, cibo, ripari, e medicine e provvigioni per malati”.

Tena kho pana samayena āyasmā aṅgulimālo āraññiko hoti piṇḍapātiko paṁsukūliko tecīvariko. Ma in quel periodo il Venerabile Aṅgulimāla viveva nella natura, mangiava solo cibo elemosinato, e possedeva solo tre abiti.

Atha kho āyasmā aṅgulimālo rājānaṁ pasenadiṁ kosalaṁ etadavoca: Quindi disse al re:

“alaṁ, mahārāja, paripuṇṇaṁ me cīvaran”ti. “Basta, grande re. I miei abiti sono abbastanza”.

Atha kho rājā pasenadi kosalo yena bhagavā tenupasaṅkami; upasaṅkamitvā bhagavantaṁ abhivādetvā ekamantaṁ nisīdi. Ekamantaṁ nisinno kho rājā pasenadi kosalo bhagavantaṁ etadavoca: Allora il re tornò dal Buddha, si inchinò, si sedette a lato, e gli disse:

“acchariyaṁ, bhante, abbhutaṁ, bhante. “È incredibile, Signore, è strabiliante

Yāvañcidaṁ, bhante, bhagavā adantānaṁ dametā, asantānaṁ sametā, aparinibbutānaṁ parinibbāpetā. come il Buddha sia in grado di domare coloro che sono selvaggi, di pacificare coloro che sono violenti, e di estinguere coloro che non sono estinti!

Yañhi mayaṁ, bhante, nāsakkhimhā daṇḍenapi satthenapi dametuṁ so bhagavatā adaṇḍena asattheneva danto. Dato che io sono stato in grado di domarlo attraverso bastone e spada, ma il Buddha lo ha domato senza bastone o spada.

Handa ca dāni mayaṁ, bhante, gacchāma; Beh, ora, Signore, devo andare.

bahukiccā mayaṁ bahukaraṇīyā”ti. Ho molti compiti, e molto da fare”

“Yassadāni, mahārāja, kālaṁ maññasī”ti. “Prego, grande re, vai pure quando vuoi”.

Atha kho rājā pasenadi kosalo uṭṭhāyāsanā bhagavantaṁ abhivādetvā padakkhiṇaṁ katvā pakkāmi. Allora il re si alzò dal proprio posto, si inchinò, e circumambulò il Buddha, mantenendolo alla propria destra, prima di andare.

Atha kho āyasmā aṅgulimālo pubbaṇhasamayaṁ nivāsetvā pattacīvaramādāya sāvatthiyaṁ piṇḍāya pāvisi. Al mattino il Venerabile Aṅgulimāla si vestì e, prendendo la propria ciotola e abito, entrò a Sāvatthī per l’elemosina.

Addasā kho āyasmā aṅgulimālo sāvatthiyaṁ sapadānaṁ piṇḍāya caramāno aññataraṁ itthiṁ mūḷhagabbhaṁ vighātagabbhaṁ. Mentre vagava indiscriminatamente per l’elemosina, vide una donna angosciata in difficile travaglio.

Disvānassa etadahosi: Vedendo ciò, pensò:

“kilissanti vata, bho, sattā; “Oh, gli esseri viventi patiscono tanto strazio!

kilissanti vata, bho, sattā”ti. Oh, gli esseri viventi patiscono tanto strazio!”

Atha kho āyasmā aṅgulimālo sāvatthiyaṁ piṇḍāya caritvā pacchābhattaṁ piṇḍapātapaṭikkanto yena bhagavā tenupasaṅkami; upasaṅkamitvā bhagavantaṁ abhivādetvā ekamantaṁ nisīdi. Ekamantaṁ nisinno kho āyasmā aṅgulimālo bhagavantaṁ etadavoca: Poi vagò per l’elemosina a Sāvatthī. Dopo il pasto, al ritorno dalla questua, andò dal Buddha, si inchinò, si sedette a lato, e gli riferì ciò che era accaduto. Il Buddha gli disse:

“idhāhaṁ, bhante, pubbaṇhasamayaṁ nivāsetvā pattacīvaramādāya sāvatthiṁ piṇḍāya pāvisiṁ.

Addasaṁ kho ahaṁ, bhante, sāvatthiyaṁ sapadānaṁ piṇḍāya caramāno aññataraṁ itthiṁ mūḷhagabbhaṁ vighātagabbhaṁ.

Disvāna mayhaṁ etadahosi:

‘kilissanti vata bho sattā, kilissanti vata bho sattā’”ti.

“Tena hi tvaṁ, aṅgulimāla, yena sā itthī tenupasaṅkama; upasaṅkamitvā taṁ itthiṁ evaṁ vadehi: “Beh, allora, Aṅgulimāla, vai da quella donna e dille questo:

‘yatohaṁ, bhagini, jāto nābhijānāmi sañcicca pāṇaṁ jīvitā voropetā, tena saccena sotthi te hotu, sotthi gabbhassā’”ti. ‘Da quando sono nato, sorella, non ricordo di aver tolto la vita intenzionalmente ad alcun essere vivente. Dal potere di questa verità, che entrambi tu e il tuo bambino siate al sicuro’”

“So hi nūna me, bhante, sampajānamusāvādo bhavissati. “Ma, Signore, questo non sarebbe raccontare deliberatamente una bugia?

Mayā hi, bhante, bahū sañcicca pāṇā jīvitā voropitā”ti. Dato che io ho ucciso intenzionalmente molti esseri viventi”

“Tena hi tvaṁ, aṅgulimāla, yena sā itthī tenupasaṅkama; upasaṅkamitvā taṁ itthiṁ evaṁ vadehi: “In questo caso, Aṅgulimāla, vai da quella donna e dì questo:

‘yatohaṁ, bhagini, ariyāya jātiyā jāto, nābhijānāmi sañcicca pāṇaṁ jīvitā voropetā, tena saccena sotthi te hotu, sotthi gabbhassā’”ti. ‘Da quando sono nato nella nascita nobile, sorella, non ricordo di aver tolto la vita intenzionalmente ad alcun essere vivente. Dal potere di questa verità, che entrambi tu e il tuo bambino siate al sicuro’”

“Evaṁ, bhante”ti kho āyasmā aṅgulimālo bhagavato paṭissutvā yena sā itthī tenupasaṅkami; upasaṅkamitvā taṁ itthiṁ etadavoca: “Sì, Signore”, rispose Aṅgulimāla. Andò da quella donna e disse:

“yatohaṁ, bhagini, ariyāya jātiyā jāto, nābhijānāmi sañcicca pāṇaṁ jīvitā voropetā, tena saccena sotthi te hotu, sotthi gabbhassā”ti. “Da quando sono nato nella nascita nobile, sorella, non ricordo di aver tolto la vita intenzionalmente ad alcun essere vivente. Dal potere di questa verità, che entrambi tu e il tuo bambino siate al sicuro”.

Atha khvāssā itthiyā sotthi ahosi, sotthi gabbhassa. Quindi la donna fu al sicuro, e così anche il suo bambino.

Atha kho āyasmā aṅgulimālo eko vūpakaṭṭho appamatto ātāpī pahitatto viharanto nacirasseva—yassatthāya kulaputtā sammadeva agārasmā anagāriyaṁ pabbajanti, tadanuttaraṁ—brahmacariyapariyosānaṁ diṭṭheva dhamme sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja vihāsi. Poi il Venerabile Aṅgulimāla, dimorando solo, ritirato, diligente, fervido, e risoluto, presto realizzò la suprema culminazione del percorso spirituale in questa stessa vita. Dimorò avendo raggiunto con la propria conoscenza diretta l’obiettivo per cui i giovani giustamente lasciano la vita di casa per quella mendicante.

“Khīṇā jāti, vusitaṁ brahmacariyaṁ, kataṁ karaṇīyaṁ, nāparaṁ itthattāyā”ti abbhaññāsi. Comprese: “La nascita è terminata, il percorso spirituale è stato completato, ciò che c’era da fare è stato fatto, non ci sarà più nulla di questo”.

Aññataro kho panāyasmā aṅgulimālo arahataṁ ahosi. E il Venerabile Aṅgulimāla divenne uno dei perfetti.

Atha kho āyasmā aṅgulimālo pubbaṇhasamayaṁ nivāsetvā pattacīvaramādāya sāvatthiṁ piṇḍāya pāvisi. Al mattino il Venerabile Aṅgulimāla si vestì e, prendendo la propria ciotola e abito, entrò a Sāvatthī per l’elemosina.

Tena kho pana samayena aññenapi leḍḍu khitto āyasmato aṅgulimālassa kāye nipatati, aññenapi daṇḍo khitto āyasmato aṅgulimālassa kāye nipatati, aññenapi sakkharā khittā āyasmato aṅgulimālassa kāye nipatati. In quell’occasione qualcuno scagliò una pietra che colpì Aṅgulimāla, qualcun altro lanciò un ramo, e qualcun altro gettò della ghiaia.

Atha kho āyasmā aṅgulimālo bhinnena sīsena, lohitena gaḷantena, bhinnena pattena, vipphālitāya saṅghāṭiyā yena bhagavā tenupasaṅkami. Allora Aṅgulimāla, con la testa crepata, sanguinante, con ciotola rotta, e mantello strappato, andò dal Buddha.

Addasā kho bhagavā āyasmantaṁ aṅgulimālaṁ dūratova āgacchantaṁ. Il Buddha lo vide arrivare da lontano,

Disvāna āyasmantaṁ aṅgulimālaṁ etadavoca: e gli disse:

“adhivāsehi tvaṁ, brāhmaṇa, adhivāsehi tvaṁ, brāhmaṇa. “Sopporta, bramino! Sopporta!

Yassa kho tvaṁ, brāhmaṇa, kammassa vipākena bahūni vassāni bahūni vassasatāni bahūni vassasahassāni niraye pacceyyāsi tassa tvaṁ, brāhmaṇa, kammassa vipākaṁ diṭṭheva dhamme paṭisaṁvedesī”ti. Stai facendo esperienza in questa vita del risultato delle azioni che ti avrebbero fatto venire tormentato all’inferno per molti anni, molte centinaia di anni, molte migliaia di anni”.

Atha kho āyasmā aṅgulimālo rahogato paṭisallīno vimuttisukhaṁ paṭisaṁvedi; Più tardi, il Venerabile Aṅgulimāla stava provando la felicità della liberazione mentre si trovava in ritiro privato.

tāyaṁ velāyaṁ imaṁ udānaṁ udānesi: In quell’occasione espresse questo aforisma:

“Yo pubbeva pamajjitvā, “Chi prima era sventato,

pacchā so nappamajjati; ma poi si è convertito all’accortezza,

Somaṁ lokaṁ pabhāseti, illumina il mondo,

abbhā muttova candimā. come la luna libera dalle nuvole.

Yassa pāpaṁ kataṁ kammaṁ, Colui una cui azione cattiva

kusalena pidhīyati; viene soppiantata da una buona,

Somaṁ lokaṁ pabhāseti, illumina il mondo

abbhā muttova candimā. come la luna libera dalle nuvole.

Yo have daharo bhikkhu, Un giovane monaco

yuñjati buddhasāsane; devoto all’insegnamento del Buddha,

Somaṁ lokaṁ pabhāseti, illumina il mondo

abbhā muttova candimā. come la luna libera dalle nuvole.

Disā hi me dhammakathaṁ suṇantu, Che anche i miei nemici sentano un sermone!

Disā hi me yuñjantu buddhasāsane; Che anche i miei nemici si dedichino all’insegnamento del Buddha!

Disā hi me te manujā bhajantu, Che anche i miei nemici frequentino quelle brave persone

Ye dhammamevādapayanti santo. che radicano gli altri nell’insegnamento!

Disā hi me khantivādānaṁ, Che anche i miei nemici sentano l’insegnamento al momento giusto,

avirodhappasaṁsīnaṁ; da coloro che insegnano l’accettazione,

Suṇantu dhammaṁ kālena, che lodano la tolleranza;

tañca anuvidhīyantu. e che seguano quel percorso!

Na hi jātu so mamaṁ hiṁse, Poiché poi non desidererebbero più

aññaṁ vā pana kiñci naṁ; il mio male o quello degli altri.

Pappuyya paramaṁ santiṁ, Essendo giunti alla pace suprema,

rakkheyya tasathāvare. si prenderebbero cura di creature piccole e grandi.

Udakañhi nayanti nettikā, Poiché gli irrigatori incanalano l’acqua,

Usukārā namayanti tejanaṁ; e gli arcai fanno frecce;

Dāruṁ namayanti tacchakā, i falegnami intagliano il legno,

Attānaṁ damayanti paṇḍitā. ma gli astuti domano se stessi.

Daṇḍeneke damayanti, Alcuni domano attraverso bastone,

aṅkusehi kasāhi ca; alcuni con il pungolo, e altri con la frusta.

Adaṇḍena asatthena, Ma l’Equilibrato mi ha domato

ahaṁ dantomhi tādinā. senza bastone o spada.

Ahiṁsakoti me nāmaṁ, Il mio nome è ‘Innocuo’,

hiṁsakassa pure sato; anche se non lo ero.

Ajjāhaṁ saccanāmomhi, Il nome che porto oggi è vero,

na naṁ hiṁsāmi kiñci naṁ. poiché non faccio del male a nessuno.

Coro ahaṁ pure āsiṁ, Una volta ero un bandito,

aṅgulimāloti vissuto; il famigerato Aṅgulimāla.

Vuyhamāno mahoghena, Travolto da un grande diluvio,

buddhaṁ saraṇamāgamaṁ. sono andato dal Buddha a cercare rifugio.

Lohitapāṇi pure āsiṁ, Avevo sangue sulle mani,

aṅgulimāloti vissuto; il famigerato Aṅgulimāla.

Saraṇagamanaṁ passa, Guardate il rifugio che ho trovato:

bhavanetti samūhatā. il collegamento alla rinascita è stato eradicato.

Tādisaṁ kammaṁ katvāna, Ho compiuto molte delle azioni

bahuṁ duggatigāminaṁ; che portano a una brutta destinazione.

Phuṭṭho kammavipākena, Il risultato delle mie azioni mi ha già colpito,

aṇaṇo bhuñjāmi bhojanaṁ. quindi mangio senza debiti.

Pamādamanuyuñjanti, Gli stolti e gli sprovveduti

bālā dummedhino janā; si dedicano alla negligenza.

Appamādañca medhāvī, Ma i saggi proteggono la diligenza

dhanaṁ seṭṭhaṁva rakkhati. come il proprio migliore tesoro.

Mā pamādamanuyuñjetha, Non dedicarti alla negligenza,

mā kāmarati santhavaṁ; o godere d’intimità sessuale.

Appamatto hi jhāyanto, Poiché se sarai diligente e praticherai l’estasi,

pappoti vipulaṁ sukhaṁ. otterrai felicità abbondante.

Svāgataṁ nāpagataṁ, È stato gradito, non sgradito,

nayidaṁ dummantitaṁ mama; il consiglio che ho ricevuto fu buono.

Saṁvibhattesu dhammesu, Tra gli insegnamenti ben esposti,

yaṁ seṭṭhaṁ tadupāgamaṁ. sono giunto al migliore.

Svāgataṁ nāpagataṁ, È stato gradito, non sgradito,

nayidaṁ dummantitaṁ mama; il consiglio che ho ricevuto fu buono.

Tisso vijjā anuppattā, Ho raggiunto le tre conoscenze

kataṁ buddhassa sāsanan”ti. e completato le istruzioni del Buddha”.

Aṅgulimālasuttaṁ niṭṭhitaṁ chaṭṭhaṁ.
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