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Majjhima Nikāya 85 Discorsi Medi 85

Bodhirājakumārasutta Il discorso con il principe Bodhi

Evaṁ me sutaṁ—Così ho sentito.

ekaṁ samayaṁ bhagavā bhaggesu viharati susumāragire bhesakaḷāvane migadāye. Una volta il Buddha dimorava nella terra dei Bhagga sulla Collina del Coccodrillo, nel parco dei cervi del bosco di Bhesakaḷā.

Tena kho pana samayena bodhissa rājakumārassa kokanado nāma pāsādo acirakārito hoti anajjhāvuṭṭho samaṇena vā brāhmaṇena vā kenaci vā manussabhūtena. In quell’occasione era stato costruito recentemente un nuovo palazzo chiamato Loto Rosa per il principe Bodhi. Non era ancora stato inaugurato da alcun asceta o bramino, o da persona alcuna.

Atha kho bodhi rājakumāro sañjikāputtaṁ māṇavaṁ āmantesi: Allora il principe Bodhi si rivolse allo studente bramino Sañjikāputta:

“ehi tvaṁ, samma sañjikāputta, yena bhagavā tenupasaṅkama; upasaṅkamitvā mama vacanena bhagavato pāde sirasā vanda, appābādhaṁ appātaṅkaṁ lahuṭṭhānaṁ balaṁ phāsuvihāraṁ puccha: “Per favore, caro Sañjikāputta, vai dal Buddha, e in mio nome inchinati con la testa ai suoi piedi. Chiedigli se è sano e in salute, agile, forte, e a suo agio.

‘bodhi, bhante, rājakumāro bhagavato pāde sirasā vandati, appābādhaṁ appātaṅkaṁ lahuṭṭhānaṁ balaṁ phāsuvihāraṁ pucchatī’ti.

Evañca vadehi: E poi chiedigli se

‘adhivāsetu kira, bhante, bhagavā bodhissa rājakumārassa svātanāya bhattaṁ saddhiṁ bhikkhusaṅghenā’”ti. accetterebbe il pasto di domani insieme alla comunità monastica da parte mia”

“Evaṁ, bho”ti kho sañjikāputto māṇavo bodhissa rājakumārassa paṭissutvā yena bhagavā tenupasaṅkami; upasaṅkamitvā bhagavatā saddhiṁ sammodi. “Sì, Signore”, rispose Sañjikāputta. Fece come il principe Bodhi aveva chiesto, e

Sammodanīyaṁ kathaṁ sāraṇīyaṁ vītisāretvā ekamantaṁ nisīdi. Ekamantaṁ nisinno kho sañjikāputto māṇavo bhagavantaṁ etadavoca:

“bodhi kho rājakumāro bhoto gotamassa pāde sirasā vandati, appābādhaṁ appātaṅkaṁ lahuṭṭhānaṁ balaṁ phāsuvihāraṁ pucchati.

Evañca vadeti:

‘adhivāsetu kira bhavaṁ gotamo bodhissa rājakumārassa svātanāya bhattaṁ saddhiṁ bhikkhusaṅghenā’”ti.

Adhivāsesi bhagavā tuṇhībhāvena. il Buddha acconsentì in silenzio.

Atha kho sañjikāputto māṇavo bhagavato adhivāsanaṁ viditvā uṭṭhāyāsanā yena bodhi rājakumāro tenupasaṅkami; upasaṅkamitvā bodhiṁ rājakumāraṁ etadavoca: Allora, sapendo che il Buddha aveva acconsentito, Sañjikāputta si alzò dal proprio posto, andò dal principe Bodhi, e disse:

“avocumha bhoto vacanena taṁ bhavantaṁ gotamaṁ: “Ho riferito il suo messaggio all’asceta Gotama,

‘bodhi kho rājakumāro bhoto gotamassa pāde sirasā vandati, appābādhaṁ appātaṅkaṁ lahuṭṭhānaṁ balaṁ phāsuvihāraṁ pucchati.

Evañca vadeti—

adhivāsetu kira bhavaṁ gotamo bodhissa rājakumārassa svātanāya bhattaṁ saddhiṁ bhikkhusaṅghenā’ti.

Adhivuṭṭhañca pana samaṇena gotamenā”ti. e lui ha accettato”.

Atha kho bodhi rājakumāro tassā rattiyā accayena sake nivesane paṇītaṁ khādanīyaṁ bhojanīyaṁ paṭiyādāpetvā, kokanadañca pāsādaṁ odātehi dussehi santharāpetvā yāva pacchimasopānakaḷevarā, sañjikāputtaṁ māṇavaṁ āmantesi: E una volta passata la notte, il principe Bodhi fece preparare vari cibi deliziosi a casa sua. Fece anche stendere un tessuto bianco fino all’ultimo gradino della scalinata del palazzo del Loto Rosa. Poi disse a Sañjikāputta:

“ehi tvaṁ, samma sañjikāputta, yena bhagavā tenupasaṅkama; upasaṅkamitvā bhagavato kālaṁ ārocehi: “Per favore, caro Sañjikāputta, vai dal Buddha, e annuncia l’ora, dicendo:

‘kālo, bhante, niṭṭhitaṁ bhattan’”ti. ‘Signore, è ora. Il pranzo è pronto’”

“Evaṁ, bho”ti kho sañjikāputto māṇavo bodhissa rājakumārassa paṭissutvā yena bhagavā tenupasaṅkami; upasaṅkamitvā bhagavato kālaṁ ārocesi: “Sì, Signore”, rispose Sañjikāputta, e fece come gli fu chiesto.

“kālo, bho gotama, niṭṭhitaṁ bhattan”ti.

Atha kho bhagavā pubbaṇhasamayaṁ nivāsetvā pattacīvaramādāya yena bodhissa rājakumārassa nivesanaṁ tenupasaṅkami. Allora al mattino il Buddha si vestì e, prendendo la propria ciotola e tunica, andò a casa del principe Bodhi.

Tena kho pana samayena bodhi rājakumāro bahidvārakoṭṭhake ṭhito hoti bhagavantaṁ āgamayamāno. Il principe Bodhi era fuori dai cancelli ad aspettare il Buddha.

Addasā kho bodhi rājakumāro bhagavantaṁ dūratova āgacchantaṁ. Vedendo il Buddha arrivare da lontano,

Disvāna paccuggantvā bhagavantaṁ abhivādetvā purakkhatvā yena kokanado pāsādo tenupasaṅkami. andò a salutarlo. Dopo essersi inchinato e aver invitato il Buddha ad andare per primo, si avvicinò al palazzo del Loto Rosa.

Atha kho bhagavā pacchimaṁ sopānakaḷevaraṁ nissāya aṭṭhāsi. Ma il Buddha si fermò al primo gradino della scalinata.

Atha kho bodhi rājakumāro bhagavantaṁ etadavoca: Allora il principe Bodhi gli disse:

“abhiruhatu, bhante, bhagavā dussāni, abhiruhatu sugato dussāni; “Signore, che il Beato salga sul tessuto! Che il Santo salga sul tessuto!

yaṁ mama assa dīgharattaṁ hitāya sukhāyā”ti. Questo sarà a mio beneficio e felicità per molto tempo”.

Evaṁ vutte, bhagavā tuṇhī ahosi. Ma detto ciò, il Buddha rimase in silenzio.

Dutiyampi kho …pe… Per la seconda volta …

tatiyampi kho bodhi rājakumāro bhagavantaṁ etadavoca: e per la terza volta, il principe Bodhi gli disse:

“abhiruhatu, bhante, bhagavā dussāni, abhiruhatu sugato dussāni; “Signore, che il Beato salga sul tessuto! Che il Santo salga sul tessuto!

yaṁ mama assa dīgharattaṁ hitāya sukhāyā”ti. Questo sarà a mio beneficio e felicità per molto tempo”.

Atha kho bhagavā āyasmantaṁ ānandaṁ apalokesi. Allora il Buddha guardò Ānanda.

Atha kho āyasmā ānando bodhiṁ rājakumāraṁ etadavoca: Quindi Ānanda disse al principe Bodhi:

“saṁharatu, rājakumāra, dussāni; ‘Ripiega il tessuto, principe.

na bhagavā celapaṭikaṁ akkamissati. Il Buddha non cammina sul tessuto bianco.

Pacchimaṁ janataṁ tathāgato anukampatī”ti. Il Realizzato ha premura per le generazioni future”.

Atha kho bodhi rājakumāro dussāni saṁharāpetvā uparikokanadapāsāde āsanāni paññapesi. Allora il principe Bodhi fece ripiegare il tessuto e fece preparare dei posti a sedere al piano di sopra del palazzo.

Atha kho bhagavā kokanadaṁ pāsādaṁ abhiruhitvā paññatte āsane nisīdi saddhiṁ bhikkhusaṅghena. Poi il Buddha salì le scale e si sedette sul posto preparato insieme alla comunità monastica.

Atha kho bodhi rājakumāro buddhappamukhaṁ bhikkhusaṅghaṁ paṇītena khādanīyena bhojanīyena sahatthā santappesi sampavāresi. Poi il principe Bodhi servì e soddisfece la comunità monastica guidata dal Buddha con vari cibi freschi deliziosi cotti con le proprie mani.

Atha kho bodhi rājakumāro bhagavantaṁ bhuttāviṁ onītapattapāṇiṁ aññataraṁ nīcaṁ āsanaṁ gahetvā ekamantaṁ nisīdi. Una volta che il Buddha ebbe mangiato ed ebbe lavato mani e ciotola, il principe Bodhi prese un posto basso, si sedette a lato,

Ekamantaṁ nisinno kho bodhi rājakumāro bhagavantaṁ etadavoca: e gli disse:

“mayhaṁ kho, bhante, evaṁ hoti: “Signore, io penso questo:

‘na kho sukhena sukhaṁ adhigantabbaṁ, dukkhena kho sukhaṁ adhigantabban’”ti. ‘La felicità non si ottiene attraverso la felicità; la felicità si ottiene attraverso il dolore’”

“Mayhampi kho, rājakumāra, pubbeva sambodhā anabhisambuddhassa bodhisattasseva sato etadahosi: “Principe, prima del mio risveglio, quando non ero ancora risvegliato ma ero alla ricerca del risveglio, anche io pensavo:

‘na kho sukhena sukhaṁ adhigantabbaṁ, dukkhena kho sukhaṁ adhigantabban’ti. ‘La felicità non si ottiene attraverso la felicità; la felicità si ottiene attraverso il dolore.

So kho ahaṁ, rājakumāra, aparena samayena daharova samāno susukāḷakeso bhadrena yobbanena samannāgato paṭhamena vayasā akāmakānaṁ mātāpitūnaṁ assumukhānaṁ rudantānaṁ kesamassuṁ ohāretvā kāsāyāni vatthāni acchādetvā agārasmā anagāriyaṁ pabbajiṁ. Qualche tempo dopo, quando avevo ancora i capelli nero puro, benedetto dalla giovinezza, nel fiore degli anni, sebbene mia madre e mio padre non volessero, piangendo con facce piene di lacrime, mi tagliai capelli e barba, indossai l’abito marrone, e lasciai la vita di casa per quella mendicante.

So evaṁ pabbajito samāno kiṅkusalagavesī anuttaraṁ santivarapadaṁ pariyesamāno yena āḷāro kālāmo tenupasaṅkamiṁ; upasaṅkamitvā āḷāraṁ kālāmaṁ etadavocaṁ: Una volta lasciata casa partii alla scoperta del bene, alla ricerca dello stato supremo di pace sublime. Andai da Āḷāra Kālāma e gli dissi:

‘icchāmahaṁ, āvuso kālāma, imasmiṁ dhammavinaye brahmacariyaṁ caritun’ti. ‘Fratello Kālāma, desidero seguire il percorso spirituale secondo questo insegnamento e addestramento’.

Evaṁ vutte, rājakumāra, āḷāro kālāmo maṁ etadavoca: Āḷāra Kālāma rispose:

‘viharatāyasmā, ‘Rimani, venerabile.

tādiso ayaṁ dhammo yattha viññū puriso nacirasseva sakaṁ ācariyakaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja vihareyyā’ti. Questo insegnamento è tale che le persone giudiziose possano presto realizzare la tradizione con la propria conoscenza diretta e dimorare avendo raggiunto ciò’.

So kho ahaṁ, rājakumāra, nacirasseva khippameva taṁ dhammaṁ pariyāpuṇiṁ. Presto memorizzai quell’insegnamento.

So kho ahaṁ, rājakumāra, tāvatakeneva oṭṭhapahatamattena lapitalāpanamattena ñāṇavādañca vadāmi, theravādañca jānāmi passāmīti ca paṭijānāmi, ahañceva aññe ca. Per quanto riguarda la memorizzazione e recita orale, parlavo della dottrina della sapienza, della dottrina degli anziani. Dicevo di conoscere e vedere, e così facevano gli altri.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘na kho āḷāro kālāmo imaṁ dhammaṁ kevalaṁ saddhāmattakena sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharāmīti pavedeti; ‘Non è solo per fede che Āḷāra Kālāma dichiara: “Ho realizzato questo insegnamento con la mia conoscenza diretta, e dimoro avendo raggiunto ciò”.

addhā āḷāro kālāmo imaṁ dhammaṁ jānaṁ passaṁ viharatī’ti. Sicuramente dimora conoscendo e vedendo questo insegnamento’.

Atha khvāhaṁ, rājakumāra, yena āḷāro kālāmo tenupasaṅkamiṁ; upasaṅkamitvā āḷāraṁ kālāmaṁ etadavocaṁ: Quindi andai da Āḷāra Kālāma e gli dissi:

‘kittāvatā no, āvuso kālāma, imaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharāmīti pavedesī’ti? ‘Fratello Kālāma, fino a che punto dici di aver realizzato questo insegnamento con la tua conoscenza diretta?’

Evaṁ vutte, rājakumāra, āḷāro kālāmo ākiñcaññāyatanaṁ pavedesi. In risposta lui dichiarò la dimensione del nulla.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘na kho āḷārasseva kālāmassa atthi saddhā, mayhampatthi saddhā; ‘Non è solo Āḷāra Kālāma che ha fede,

na kho āḷārasseva kālāmassa atthi vīriyaṁ …pe… energia,

sati … consapevolezza,

samādhi … concentrazione,

paññā, mayhampatthi paññā. e saggezza; anche io ho queste cose.

Yannūnāhaṁ yaṁ dhammaṁ āḷāro kālāmo sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharāmīti pavedeti tassa dhammassa sacchikiriyāya padaheyyan’ti. Perché non mi sforzo a realizzare lo stesso insegnamento che Āḷāra Kālāma dice di aver realizzato con la propria conoscenza diretta?’

So kho ahaṁ, rājakumāra, nacirasseva khippameva taṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja vihāsiṁ. Presto realizzai quell’insegnamento con la mia conoscenza diretta, e dimorai avendo raggiunto ciò.

Atha khvāhaṁ, rājakumāra, yena āḷāro kālāmo tenupasaṅkamiṁ; upasaṅkamitvā āḷāraṁ kālāmaṁ etadavocaṁ: Quindi andai da Āḷāra Kālāma e gli dissi:

‘ettāvatā no, āvuso kālāma, imaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja pavedesī’ti? ‘Fratello Kālāma, tu hai realizzato questo insegnamento con la tua conoscenza diretta fino a questo punto, e dichiari di aver raggiunto ciò?’

‘Ettāvatā kho ahaṁ, āvuso, imaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja pavedemī’ti. ‘Sì, fratello’

‘Ahampi kho, āvuso, ettāvatā imaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharāmī’ti. ‘Anche io, fratello, ho realizzato questo insegnamento fino a questo punto, e dimoro avendo raggiunto ciò’.

‘Lābhā no, āvuso, suladdhaṁ no, āvuso, ‘Siamo fortunati, fratello, molto fortunati

ye mayaṁ āyasmantaṁ tādisaṁ sabrahmacāriṁ passāma. ad avere un venerabile come te come compagno spirituale!

Iti yāhaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja pavedemi, taṁ tvaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharasi. Quindi l’insegnamento che io ho realizzato con la mia conoscenza diretta, e che dichiaro di aver raggiunto, anche tu hai realizzato con la tua conoscenza diretta, e dimori avendo raggiunto ciò.

Yaṁ tvaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharasi, tamahaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja pavedemi. L’insegnamento che tu hai realizzato con la tua conoscenza diretta, e dimori avendo raggiunto, anche io ho realizzato con la mia conoscenza diretta, e dichiaro di aver raggiunto ciò.

Iti yāhaṁ dhammaṁ jānāmi taṁ tvaṁ dhammaṁ jānāsi; yaṁ tvaṁ dhammaṁ jānāsi tamahaṁ dhammaṁ jānāmi. Quindi l’insegnamento che io conosco, lo conosci anche tu, e l’insegnamento che tu conosci, lo conosco anche io.

Iti yādiso ahaṁ, tādiso tuvaṁ; yādiso tuvaṁ tādiso ahaṁ. Io sono come te e tu sei come me.

Ehi dāni, āvuso, ubhova santā imaṁ gaṇaṁ pariharāmā’ti. Vieni, fratello! Guidiamo questa comunità insieme’.

Iti kho, rājakumāra, āḷāro kālāmo ācariyo me samāno attano antevāsiṁ maṁ samānaṁ attanā samasamaṁ ṭhapesi, uḷārāya ca maṁ pūjāya pūjesi. E così il il mio maestro Āḷāra Kālāma mise me, il suo studente, al suo stesso posto, e mi onorava con lodi elevate.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘nāyaṁ dhammo nibbidāya na virāgāya na nirodhāya na upasamāya na abhiññāya na sambodhāya na nibbānāya saṁvattati, yāvadeva ākiñcaññāyatanūpapattiyā’ti. ‘Questo insegnamento non porta alla disillusione, allo svanire dell’avidità, alla cessazione, alla pace, alla conoscenza diretta, al risveglio, e all’estinzione. Porta solamente alla rinascita nella dimensione del nulla’.

So kho ahaṁ, rājakumāra, taṁ dhammaṁ analaṅkaritvā tasmā dhammā nibbijja apakkamiṁ. Realizzando che quell’insegnamento era inadeguato, me ne andai deluso.

So kho ahaṁ, rājakumāra, kiṅkusalagavesī anuttaraṁ santivarapadaṁ pariyesamāno yena udako rāmaputto tenupasaṅkamiṁ; upasaṅkamitvā udakaṁ rāmaputtaṁ etadavocaṁ: Partii alla scoperta del bene, alla ricerca dello stato supremo di pace sublime. Andai da Uddaka, il figlio di Rāma, e gli dissi:

‘icchāmahaṁ, āvuso, imasmiṁ dhammavinaye brahmacariyaṁ caritun’ti. ‘Fratello, desidero seguire il percorso spirituale secondo questo insegnamento e addestramento’.

Evaṁ vutte, rājakumāra, udako rāmaputto maṁ etadavoca: Uddaka rispose:

‘viharatāyasmā, ‘Rimani, venerabile.

tādiso ayaṁ dhammo yattha viññū puriso nacirasseva sakaṁ ācariyakaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja vihareyyā’ti. Questo insegnamento è tale che le persone giudiziose possano presto realizzare la tradizione con la propria conoscenza diretta e dimorare avendo raggiunto ciò’.

So kho ahaṁ, rājakumāra, nacirasseva khippameva taṁ dhammaṁ pariyāpuṇiṁ. Presto memorizzai quell’insegnamento.

So kho ahaṁ, rājakumāra, tāvatakeneva oṭṭhapahatamattena lapitalāpanamattena ñāṇavādañca vadāmi, theravādañca jānāmi passāmīti ca paṭijānāmi, ahañceva aññe ca. Per quanto riguarda la memorizzazione e recita orale, parlavo della dottrina della sapienza, della dottrina degli anziani. Dicevo di conoscere e vedere, e così facevano gli altri.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘na kho rāmo imaṁ dhammaṁ kevalaṁ saddhāmattakena sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharāmīti pavedesi; ‘Non è solo per fede che Rāma dichiarava: “Ho realizzato questo insegnamento con la mia conoscenza diretta, e dimoro avendo raggiunto ciò”.

addhā rāmo imaṁ dhammaṁ jānaṁ passaṁ vihāsī’ti. Sicuramente dimorava conoscendo e vedendo questo insegnamento’.

Atha khvāhaṁ, rājakumāra, yena udako rāmaputto tenupasaṅkamiṁ; upasaṅkamitvā udakaṁ rāmaputtaṁ etadavocaṁ: Quindi andai da Uddaka, figlio di Rāma, e gli dissi:

‘kittāvatā no, āvuso, rāmo imaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharāmīti pavedesī’ti? ‘Fratello, fino a che punto Rāma diceva di aver realizzato questo insegnamento con la propria conoscenza diretta?’

Evaṁ vutte, rājakumāra, udako rāmaputto nevasaññānāsaññāyatanaṁ pavedesi. In risposta lui dichiarò la dimensione della né percezione né non-percezione.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘na kho rāmasseva ahosi saddhā, mayhampatthi saddhā; ‘Non è solo Rāma che aveva fede,

na kho rāmasseva ahosi vīriyaṁ …pe… energia,

sati … consapevolezza,

samādhi … concentrazione,

paññā, mayhampatthi paññā. e saggezza; anche io ho queste cose.

Yannūnāhaṁ yaṁ dhammaṁ rāmo sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharāmīti pavedeti tassa dhammassa sacchikiriyāya padaheyyan’ti. Perché non mi sforzo a realizzare lo stesso insegnamento che Rāma diceva di aver realizzato con la propria conoscenza diretta?’

So kho ahaṁ, rājakumāra, nacirasseva khippameva taṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja vihāsiṁ. Presto realizzai quell’insegnamento con la mia conoscenza diretta, e dimorai avendo raggiunto ciò.

Atha khvāhaṁ, rājakumāra, yena udako rāmaputto tenupasaṅkamiṁ; upasaṅkamitvā udakaṁ rāmaputtaṁ etadavocaṁ: Quindi andai da Uddaka, figlio di Rāma, e gli dissi:

‘ettāvatā no, āvuso, rāmo imaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja pavedesī’ti? ‘Fratello, Rāma aveva realizzato questo insegnamento con la propria conoscenza diretta fino a questo punto, e dichiarò di aver raggiunto ciò?’

‘Ettāvatā kho, āvuso, rāmo imaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja pavedesī’ti. ‘Sì, fratello’

‘Ahampi kho, āvuso, ettāvatā imaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharāmī’ti. ‘Anche io, fratello, ho realizzato questo insegnamento fino a questo punto, e dimoro avendo raggiunto ciò’.

‘Lābhā no, āvuso, suladdhaṁ no, āvuso, ‘Siamo fortunati, fratello, molto fortunati

ye mayaṁ āyasmantaṁ tādisaṁ sabrahmacāriṁ passāma. ad avere un venerabile come te come compagno spirituale!

Iti yaṁ dhammaṁ rāmo sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja pavedesi taṁ tvaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharasi. Quindi l’insegnamento che Rāma aveva realizzato con la propria conoscenza diretta, e che dichiarò di aver raggiunto, anche tu hai realizzato con la tua conoscenza diretta, e dimori avendo raggiunto ciò.

Yaṁ tvaṁ dhammaṁ sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharasi taṁ dhammaṁ rāmo sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja pavedesi. L’insegnamento che tu hai realizzato con la tua conoscenza diretta, e dimori avendo raggiunto ciò, anche Rāma aveva realizzato con la propria conoscenza diretta, e dichiarò di aver raggiunto ciò.

Iti yaṁ dhammaṁ rāmo abhiññāsi taṁ tvaṁ dhammaṁ jānāsi; yaṁ tvaṁ dhammaṁ jānāsi taṁ dhammaṁ rāmo abhiññāsi. Quindi l’insegnamento di cui Rāma aveva conoscenza diretta, lo conosci anche tu, e l’insegnamento che tu conosci, anche Rāma ne aveva conoscenza diretta.

Iti yādiso rāmo ahosi tādiso tuvaṁ, yādiso tuvaṁ tādiso rāmo ahosi. Rāma era come te e tu sei come Rāma.

Ehi dāni, āvuso, tuvaṁ imaṁ gaṇaṁ pariharā’ti. Vieni, fratello! Guida questa comunità’.

Iti kho, rājakumāra, udako rāmaputto sabrahmacārī me samāno ācariyaṭṭhāne maṁ ṭhapesi, uḷārāya ca maṁ pūjāya pūjesi. E così il il mio compagno spirituale Uddaka, figlio di Rāma, mise me nella posizione di maestro, e mi onorava con lodi elevate.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘nāyaṁ dhammo nibbidāya na virāgāya na nirodhāya na upasamāya na abhiññāya na sambodhāya na nibbānāya saṁvattati, yāvadeva nevasaññānāsaññāyatanūpapattiyā’ti. ‘Questo insegnamento non porta alla disillusione, allo svanire dell’avidità, alla cessazione, alla pace, alla conoscenza diretta, al risveglio, e all’estinzione. Porta solamente alla rinascita nella dimensione della né percezione né non-percezione’.

So kho ahaṁ, rājakumāra, taṁ dhammaṁ analaṅkaritvā tasmā dhammā nibbijja apakkamiṁ. Realizzando che quell’insegnamento era inadeguato, me ne andai deluso.

So kho ahaṁ, rājakumāra, kiṅkusalagavesī anuttaraṁ santivarapadaṁ pariyesamāno, magadhesu anupubbena cārikaṁ caramāno, yena uruvelā senānigamo tadavasariṁ. Partii alla scoperta del bene, alla ricerca dello stato supremo di pace sublime. Viaggiando passo dopo passo nelle terre di Maghada, arrivai presso Senānigama, a Uruvelā.

Tatthaddasaṁ ramaṇīyaṁ bhūmibhāgaṁ, pāsādikañca vanasaṇḍaṁ, nadiñca sandantiṁ setakaṁ supatitthaṁ, ramaṇīyaṁ samantā ca gocaragāmaṁ. Lì vidi un bel parco, un boschetto gradevole, con un fiume pulito e invitante che scorreva, con sponde morbide. E vicino c’era un villaggio per l’elemosina.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘ramaṇīyo vata bho bhūmibhāgo, pāsādiko ca vanasaṇḍo, nadī ca sandati setakā supatitthā, ramaṇīyā samantā ca gocaragāmo. ‘Questo parco è davvero bello, un boschetto gradevole, con un fiume pulito e invitante che scorre, con sponde morbide. E vicino c’è un villaggio per l’elemosina.

Alaṁ vatidaṁ kulaputtassa padhānatthikassa padhānāyā’ti. Questo può bastare per un giovane che vuole lavorare su se stesso’.

So kho ahaṁ, rājakumāra, tattheva nisīdiṁ: Quindi mi sedetti lì, pensando:

‘alamidaṁ padhānāyā’ti. ‘Questo può bastare per lavorare’.

Apissu maṁ, rājakumāra, tisso upamā paṭibhaṁsu anacchariyā pubbe assutapubbā. Poi questi tre esempi, che non furono né ispirati in maniera sovrannaturale, né imparati in passato, mi vennero in mente:

Seyyathāpi, rājakumāra, allaṁ kaṭṭhaṁ sasnehaṁ udake nikkhittaṁ. Immagina ci sia un tronco verde, ricco di linfa che giace nell’acqua.

Atha puriso āgaccheyya uttarāraṇiṁ ādāya: Poi arriva una persona con un bastoncino, pensando

‘aggiṁ abhinibbattessāmi, tejo pātukarissāmī’ti. di accendere un fuoco e produrre calore.

Taṁ kiṁ maññasi, rājakumāra, Cosa ne pensi, principe?

api nu so puriso amuṁ allaṁ kaṭṭhaṁ sasnehaṁ udake nikkhittaṁ uttarāraṇiṁ ādāya abhimanthento aggiṁ abhinibbatteyya, tejo pātukareyyā”ti? Strofinando il bastoncino contro quel tronco verde e ricco di linfa che giace nell’acqua potrebbe accendere un fuoco e produrre calore?”

“No hidaṁ, bhante. “No, Signore.

Taṁ kissa hetu? Perché?

Aduñhi, bhante, allaṁ kaṭṭhaṁ sasnehaṁ tañca pana udake nikkhittaṁ, Perché è un tronco verde, ricco di linfa che giace nell’acqua.

yāvadeva ca pana so puriso kilamathassa vighātassa bhāgī assā”ti. Quella persona alla fine si stancherebbe e frustrerebbe”

“Evameva kho, rājakumāra, ye hi keci samaṇā vā brāhmaṇā vā kāyena ceva cittena ca kāmehi avūpakaṭṭhā viharanti, yo ca nesaṁ kāmesu kāmacchando kāmasneho kāmamucchā kāmapipāsā kāmapariḷāho so ca ajjhattaṁ na suppahīno hoti, na suppaṭippassaddho. “Allo stesso modo, ci sono asceti e bramini che non vivono ritirati in corpo e mente dai piaceri dei sensi. Non hanno abbandonato o placato dentro di loro il desiderio, l’affezione, l’infatuazione, la sete, e la febbre per i piaceri dei sensi. Che provino o no sensazioni dolorose, pungenti, intense, e acute a causa del sovraffaticamento, sono incapaci di conoscenza e visione, del risveglio supremo.

Opakkamikā cepi te bhonto samaṇabrāhmaṇā dukkhā tibbā kharā kaṭukā vedanā vedayanti, abhabbāva te ñāṇāya dassanāya anuttarāya sambodhāya.

No cepi te bhonto samaṇabrāhmaṇā opakkamikā dukkhā tibbā kharā kaṭukā vedanā vedayanti, abhabbāva te ñāṇāya dassanāya anuttarāya sambodhāya.

Ayaṁ kho maṁ, rājakumāra, paṭhamā upamā paṭibhāsi anacchariyā pubbe assutapubbā. Questo fu il primo esempio che mi venne in mente.

Aparāpi kho maṁ, rājakumāra, dutiyā upamā paṭibhāsi anacchariyā pubbe assutapubbā. Poi un secondo esempio mi venne in mente:

Seyyathāpi, rājakumāra, allaṁ kaṭṭhaṁ sasnehaṁ ārakā udakā thale nikkhittaṁ. Immagina ci sia un tronco verde, ricco di linfa che giace sulla terra secca lontano dall’acqua.

Atha puriso āgaccheyya uttarāraṇiṁ ādāya: Poi arriva una persona con un bastoncino, pensando

‘aggiṁ abhinibbattessāmi, tejo pātukarissāmī’ti. di accendere un fuoco e produrre calore.

Taṁ kiṁ maññasi, rājakumāra, Cosa ne pensi, principe?

api nu so puriso amuṁ allaṁ kaṭṭhaṁ sasnehaṁ ārakā udakā thale nikkhittaṁ uttarāraṇiṁ ādāya abhimanthento aggiṁ abhinibbatteyya, tejo pātukareyyā”ti? Strofinando il bastoncino contro quel tronco verde e ricco di linfa che giace sulla terra secca lontano dall’acqua potrebbe accendere un fuoco e produrre calore?”

“No hidaṁ, bhante. “No, Signore.

Taṁ kissa hetu? Perché questo?

Aduñhi, bhante, allaṁ kaṭṭhaṁ sasnehaṁ kiñcāpi ārakā udakā thale nikkhittaṁ, Perché è comunque un tronco verde, ricco di linfa, nonostante giaccia sulla terra secca lontano dall’acqua.

yāvadeva ca pana so puriso kilamathassa vighātassa bhāgī assā”ti. Quella persona alla fine si stancherebbe e frustrerebbe”

“Evameva kho, rājakumāra, ye hi keci samaṇā vā brāhmaṇā vā kāyena ceva cittena ca kāmehi vūpakaṭṭhā viharanti, yo ca nesaṁ kāmesu kāmacchando kāmasneho kāmamucchā kāmapipāsā kāmapariḷāho so ca ajjhattaṁ na suppahīno hoti, na suppaṭippassaddho. “Allo stesso modo, ci sono asceti e bramini che vivono ritirati in corpo e mente dai piaceri dei sensi. Ma non hanno abbandonato o placato dentro di loro il desiderio, l’affezione, l’infatuazione, la sete, e la febbre per i piaceri dei sensi. Che provino o no sensazioni dolorose, pungenti, intense, e acute a causa del sovraffaticamento, sono incapaci di conoscenza e visione, del risveglio supremo.

Opakkamikā cepi te bhonto samaṇabrāhmaṇā dukkhā tibbā kharā kaṭukā vedanā vedayanti, abhabbāva te ñāṇāya dassanāya anuttarāya sambodhāya.

No cepi te bhonto samaṇabrāhmaṇā opakkamikā dukkhā tibbā kharā kaṭukā vedanā vedayanti, abhabbāva te ñāṇāya dassanāya anuttarāya sambodhāya.

Ayaṁ kho maṁ, rājakumāra, dutiyā upamā paṭibhāsi anacchariyā pubbe assutapubbā. Questo fu il secondo esempio che mi venne in mente.

Aparāpi kho maṁ, rājakumāra, tatiyā upamā paṭibhāsi anacchariyā pubbe assutapubbā. Poi un terzo esempio mi venne in mente:

Seyyathāpi, rājakumāra, sukkhaṁ kaṭṭhaṁ koḷāpaṁ ārakā udakā thale nikkhittaṁ. Immagina ci sia un tronco secco e appassito che giace sulla terra secca lontano dall’acqua.

Atha puriso āgaccheyya uttarāraṇiṁ ādāya: Poi arriva una persona con un bastoncino, pensando

‘aggiṁ abhinibbattessāmi, tejo pātukarissāmī’ti. di accendere un fuoco e produrre calore.

Taṁ kiṁ maññasi, rājakumāra, Cosa ne pensi, principe?

api nu so puriso amuṁ sukkhaṁ kaṭṭhaṁ koḷāpaṁ ārakā udakā thale nikkhittaṁ uttarāraṇiṁ ādāya abhimanthento aggiṁ abhinibbatteyya, tejo pātukareyyā”ti? Strofinando il bastoncino contro quel tronco secco e appassito che giace sulla terra secca lontano dall’acqua potrebbe accendere un fuoco e produrre calore?”

“Evaṁ, bhante. “Sì, Signore.

Taṁ kissa hetu? Perché?

Aduñhi, bhante, sukkhaṁ kaṭṭhaṁ koḷāpaṁ, tañca pana ārakā udakā thale nikkhittan”ti. Perché è un tronco secco e appassito che giace sulla terra secca lontano dall’acqua”

“Evameva kho, rājakumāra, ye hi keci samaṇā vā brāhmaṇā vā kāyena ceva cittena ca kāmehi vūpakaṭṭhā viharanti, yo ca nesaṁ kāmesu kāmacchando kāmasneho kāmamucchā kāmapipāsā kāmapariḷāho so ca ajjhattaṁ suppahīno hoti suppaṭippassaddho. “Allo stesso modo, ci sono asceti e bramini che vivono ritirati in corpo e mente dai piaceri dei sensi. E dentro di loro hanno abbandonato e placato il desiderio, l’affezione, l’infatuazione, la brama, e la febbre per i piaceri dei sensi. Che provino o no sensazioni dolorose, pungenti, intense, e acute a causa del sovraffaticamento, sono capaci di conoscenza e visione, del risveglio supremo.

Opakkamikā cepi te bhonto samaṇabrāhmaṇā dukkhā tibbā kharā kaṭukā vedanā vedayanti, bhabbāva te ñāṇāya dassanāya anuttarāya sambodhāya.

No cepi te bhonto samaṇabrāhmaṇā opakkamikā dukkhā tibbā kharā kaṭukā vedanā vedayanti, bhabbāva te ñāṇāya dassanāya anuttarāya sambodhāya.

Ayaṁ kho maṁ, rājakumāra, tatiyā upamā paṭibhāsi anacchariyā pubbe assutapubbā. Questo fu il terzo esempio che mi venne in mente.

Imā kho maṁ, rājakumāra, tisso upamā paṭibhaṁsu anacchariyā pubbe assutapubbā. Questi sono i tre esempi, che non furono né ispirati in maniera sovrannaturale, né imparati in passato, che mi vennero in mente.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘yannūnāhaṁ dantebhidantamādhāya, jivhāya tāluṁ āhacca, cetasā cittaṁ abhiniggaṇheyyaṁ abhinippīḷeyyaṁ abhisantāpeyyan’ti. ‘Perchè io, stringendo i denti e premendo la lingua contro il palato, non spremo, schiaccio, e stritolo la mente con la mente?’

So kho ahaṁ, rājakumāra, dantebhidantamādhāya, jivhāya tāluṁ āhacca, cetasā cittaṁ abhiniggaṇhāmi abhinippīḷemi abhisantāpemi. E così feci,

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, dantebhidantamādhāya, jivhāya tāluṁ āhacca, cetasā cittaṁ abhiniggaṇhato abhinippīḷayato abhisantāpayato kacchehi sedā muccanti. finché il sudore non mi colò dalle ascelle.

Seyyathāpi, rājakumāra, balavā puriso dubbalataraṁ purisaṁ sīse vā gahetvā khandhe vā gahetvā abhiniggaṇheyya abhinippīḷeyya abhisantāpeyya; Era come un uomo forte che afferra un uomo debole per la testa o per i collo o per la spalla e lo spreme, lo schiaccia, e lo stritola.

evameva kho me, rājakumāra, dantebhidantamādhāya, jivhāya tāluṁ āhacca, cetasā cittaṁ abhiniggaṇhato abhinippīḷayato abhisantāpayato kacchehi sedā muccanti. Allo stesso modo, stringendo i denti e premendo la lingua contro il palato, io spremetti, schiacciai, e stritolai la mente con la mente finché il sudore non mi colò dalle ascelle.

Āraddhaṁ kho pana me, rājakumāra, vīriyaṁ hoti asallīnaṁ, upaṭṭhitā sati asammuṭṭhā, sāraddho ca pana me kāyo hoti appaṭippassaddho, teneva dukkhappadhānena padhānābhitunnassa sato. La mia energia era attiva e infaticabile, la mia consapevolezza era stabile e lucida, ma il mio corpo era disturbato, non tranquillo, poiché avevo spinto troppo con quel lavoro doloroso.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘yannūnāhaṁ appāṇakaṁyeva jhānaṁ jhāyeyyan’ti. ‘Perché non pratico l’estasi senza respiro?’

So kho ahaṁ, rājakumāra, mukhato ca nāsato ca assāsapassāse uparundhiṁ. Allora mi tappai bocca e naso.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, mukhato ca nāsato ca assāsapassāsesu uparuddhesu kaṇṇasotehi vātānaṁ nikkhamantānaṁ adhimatto saddo hoti. Ma poi l’aria mi uscì dalle orecchie facendo un forte suono,

Seyyathāpi nāma kammāragaggariyā dhamamānāya adhimatto saddo hoti; come il soffio del mantice di un fabbro.

evameva kho me, rājakumāra, mukhato ca nāsato ca assāsapassāsesu uparuddhesu kaṇṇasotehi vātānaṁ nikkhamantānaṁ adhimatto saddo hoti.

Āraddhaṁ kho pana me, rājakumāra, vīriyaṁ hoti asallīnaṁ, upaṭṭhitā sati asammuṭṭhā, sāraddho ca pana me kāyo hoti appaṭippassaddho, teneva dukkhappadhānena padhānābhitunnassa sato. La mia energia era attiva e infaticabile, la mia consapevolezza era stabile e lucida, ma il mio corpo era disturbato, non tranquillo, poiché avevo spinto troppo con quel lavoro doloroso.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘yannūnāhaṁ appāṇakaṁyeva jhānaṁ jhāyeyyan’ti. ‘Perché non continuo a praticare l’estasi senza respiro?’

So kho ahaṁ, rājakumāra, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāse uparundhiṁ. Allora mi tappai bocca, naso e orecchie.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāsesu uparuddhesu adhimattā vātā muddhani ūhananti. Ma poi una forte aria mi macinò la testa,

Seyyathāpi, rājakumāra, balavā puriso tiṇhena sikharena muddhani abhimattheyya; come se un uomo forte mi trapanasse la testa con una punta affilata.

evameva kho me, rājakumāra, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāsesu uparuddhesu adhimattā vātā muddhani ūhananti.

Āraddhaṁ kho pana me, rājakumāra, vīriyaṁ hoti asallīnaṁ, upaṭṭhitā sati asammuṭṭhā, sāraddho ca pana me kāyo hoti appaṭippassaddho, teneva dukkhappadhānena padhānābhitunnassa sato. La mia energia era attiva e infaticabile, la mia consapevolezza era stabile e lucida, ma il mio corpo era disturbato, non tranquillo, poiché avevo spinto troppo con quel lavoro doloroso.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘yannūnāhaṁ appāṇakaṁyeva jhānaṁ jhāyeyyan’ti. ‘Perché non continuo a praticare l’estasi senza respiro?’

So kho ahaṁ, rājakumāra, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāse uparundhiṁ. Allora mi tappai bocca, naso e orecchie.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāsesu uparuddhesu adhimattā sīse sīsavedanā honti. Ma mi venne un forte mal di testa,

Seyyathāpi, rājakumāra, balavā puriso daḷhena varattakkhaṇḍena sīse sīsaveṭhaṁ dadeyya; come se un uomo forte mi stesse stringendo una robusta cintura di pelle attorno alla testa.

evameva kho me, rājakumāra, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāsesu uparuddhesu adhimattā sīse sīsavedanā honti.

Āraddhaṁ kho pana me, rājakumāra, vīriyaṁ hoti asallīnaṁ, upaṭṭhitā sati asammuṭṭhā, sāraddho ca pana me kāyo hoti appaṭippassaddho, teneva dukkhappadhānena padhānābhitunnassa sato. La mia energia era attiva e infaticabile, la mia consapevolezza era stabile e lucida, ma il mio corpo era disturbato, non tranquillo, poiché avevo spinto troppo con quel lavoro doloroso.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘yannūnāhaṁ appāṇakaṁyeva jhānaṁ jhāyeyyan’ti. ‘Perché non continuo a praticare l’estasi senza respiro?’

So kho ahaṁ, rājakumāra, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāse uparundhiṁ. Allora mi tappai bocca, naso e orecchie.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāsesu uparuddhesu adhimattā vātā kucchiṁ parikantanti. Ma poi una forte aria mi incise la pancia,

Seyyathāpi, rājakumāra, dakkho goghātako vā goghātakantevāsī vā tiṇhena govikantanena kucchiṁ parikanteyya; come se un abile macellaio o il suo apprendista mi stesse affettando la pancia con una mannaia da carne.

evameva kho me, rājakumāra, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāsesu uparuddhesu adhimattā, vātā kucchiṁ parikantanti.

Āraddhaṁ kho pana me, rājakumāra, vīriyaṁ hoti asallīnaṁ, upaṭṭhitā sati asammuṭṭhā, sāraddho ca pana me kāyo hoti appaṭippassaddho, teneva dukkhappadhānena padhānābhitunnassa sato. La mia energia era attiva e infaticabile, la mia consapevolezza era stabile e lucida, ma il mio corpo era disturbato, non tranquillo, poiché avevo spinto troppo con quel lavoro doloroso.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘yannūnāhaṁ appāṇakaṁyeva jhānaṁ jhāyeyyan’ti. ‘Perché non continuo a praticare l’estasi senza respiro?’

So kho ahaṁ, rājakumāra, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāse uparundhiṁ. Allora mi tappai bocca, naso e orecchie.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāsesu uparuddhesu adhimatto kāyasmiṁ ḍāho hoti. Ma poi ci fu un intenso bruciore nel mio corpo,

Seyyathāpi, rājakumāra, dve balavanto purisā dubbalataraṁ purisaṁ nānābāhāsu gahetvā aṅgārakāsuyā santāpeyyuṁ samparitāpeyyuṁ; come due forti uomini che prendono un uomo più debole per le braccia e lo scottano su una fossa di braci ardenti.

evameva kho me, rājakumāra, mukhato ca nāsato ca kaṇṇato ca assāsapassāsesu uparuddhesu adhimatto kāyasmiṁ ḍāho hoti.

Āraddhaṁ kho pana me, rājakumāra, vīriyaṁ hoti asallīnaṁ, upaṭṭhitā sati asammuṭṭhā, sāraddho ca pana me kāyo hoti appaṭippassaddho, teneva dukkhappadhānena padhānābhitunnassa sato. La mia energia era attiva e infaticabile, la mia consapevolezza era stabile e lucida, ma il mio corpo era disturbato, non tranquillo, poiché avevo spinto troppo con quel lavoro doloroso.

Apissu maṁ, rājakumāra, devatā disvā evamāhaṁsu: Poi alcuni angeli mi videro e dissero:

‘kālaṅkato samaṇo gotamo’ti. ‘L’asceta Gotama è morto’.

Ekaccā devatā evamāhaṁsu: Altri dissero:

‘na kālaṅkato samaṇo gotamo, api ca kālaṁ karotī’ti. ‘Non è morto, ma sta per morire’.

Ekaccā devatā evamāhaṁsu: Altri dissero:

‘na kālaṅkato samaṇo gotamo, nāpi kālaṁ karoti. Arahaṁ samaṇo gotamo. Vihāro tveva so arahato evarūpo hotī’ti. ‘Non è morto, né sta per morire. L’asceta Gotama è perfetto, poiché è così che i perfetti vivono’.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘yannūnāhaṁ sabbaso āhārupacchedāya paṭipajjeyyan’ti. ‘Perché non pratico il digiuno totale?’

Atha kho maṁ, rājakumāra, devatā upasaṅkamitvā etadavocuṁ: Ma degli angeli vennero da me e mi dissero:

‘mā kho tvaṁ, mārisa, sabbaso āhārupacchedāya paṭipajji. ‘Buon Signore, non pratichi il digiuno totale.

Sace kho tvaṁ, mārisa, sabbaso āhārupacchedāya paṭipajjissasi, tassa te mayaṁ dibbaṁ ojaṁ lomakūpehi ajjhohāressāma, tāya tvaṁ yāpessasī’ti. Se lo fa, infonderemo del nettare divino nei suoi pori e lei vivrà di ciò’.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Allora pensai:

‘ahañceva kho pana sabbaso ajajjitaṁ paṭijāneyyaṁ. Imā ca me devatā dibbaṁ ojaṁ lomakūpehi ajjhohāreyyuṁ, tāya cāhaṁ yāpeyyaṁ, taṁ mamassa musā’ti. ‘Se dicessi di essere a digiuno totale mentre questi angeli mi infondono nettare divino nei pori, ciò sarebbe una bugia da parte mia’.

So kho ahaṁ, rājakumāra, tā devatā paccācikkhāmi. ‘Halan’ti vadāmi. Allora congedai quegli angeli, dicendo: ‘Non c’è bisogno’.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘yannūnāhaṁ thokaṁ thokaṁ āhāraṁ āhāreyyaṁ pasataṁ pasataṁ, yadi vā muggayūsaṁ yadi vā kulatthayūsaṁ yadi vā kaḷāyayūsaṁ yadi vā hareṇukayūsan’ti. ‘Perché non mangio solo un pochino di cibo per volta; una tazza di brodo di fagioli, o di madras, o di ceci, o di fagioli verdi?’

So kho ahaṁ, rājakumāra, thokaṁ thokaṁ āhāraṁ āhāresiṁ pasataṁ pasataṁ, yadi vā muggayūsaṁ yadi vā kulatthayūsaṁ yadi vā kaḷāyayūsaṁ yadi vā hareṇukayūsaṁ. E così feci,

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, thokaṁ thokaṁ āhāraṁ āhārayato pasataṁ pasataṁ, yadi vā muggayūsaṁ yadi vā kulatthayūsaṁ yadi vā kaḷāyayūsaṁ yadi vā hareṇukayūsaṁ, adhimattakasimānaṁ patto kāyo hoti. finché il mio corpo divenne estremamente emaciato.

Seyyathāpi nāma āsītikapabbāni vā kāḷapabbāni vā; evamevassu me aṅgapaccaṅgāni bhavanti tāyevappāhāratāya. A causa del mangiare così poco, i miei arti divennero come le articolazioni di un ottantenne o di un cadavere,

Seyyathāpi nāma oṭṭhapadaṁ; evamevassu me ānisadaṁ hoti tāyevappāhāratāya. il mio sedere diventò come lo zoccolo di un cammello,

Seyyathāpi nāma vaṭṭanāvaḷī; evamevassu me piṭṭhikaṇṭako uṇṇatāvanato hoti tāyevappāhāratāya. le mie vertebre sporgevano come perline su un filo,

Seyyathāpi nāma jarasālāya gopānasiyo oluggaviluggā bhavanti; evamevassu me phāsuḷiyo oluggaviluggā bhavanti tāyevappāhāratāya. e le mie costole erano scarne come le travi rotte di un vecchio fienile.

Seyyathāpi nāma gambhīre udapāne udakatārakā gambhīragatā okkhāyikā dissanti; evamevassu me akkhikūpesu akkhitārakā gambhīragatā okkhāyikā dissanti tāyevappāhāratāya. A cause del mangiare così poco, il luccichio dei miei occhi affondò nelle cavità, come il luccichio dell’acqua in un pozzo profondo.

Seyyathāpi nāma tittakālābu āmakacchinno vātātapena samphuṭito hoti sammilāto; evamevassu me sīsacchavi samphuṭitā hoti sammilātā tāyevappāhāratāya. A causa del mangiare così poco, il mio scalpo si avvizzì e appassì come una zucca amara verde al vento e al sole.

So kho ahaṁ, rājakumāra, ‘udaracchaviṁ parimasissāmī’ti piṭṭhikaṇṭakaṁyeva pariggaṇhāmi, ‘piṭṭhikaṇṭakaṁ parimasissāmī’ti udaracchaviṁyeva pariggaṇhāmi. Yāvassu me, rājakumāra, udaracchavi piṭṭhikaṇṭakaṁ allīnā hoti tāyevappāhāratāya. A causa del mangiare così poco, la pelle della mia pancia si attaccò alla mia colonna vertebrale, in modo che quando provavo a strofinare la pelle della pancia afferravo la colonna vertebrale, e quando provavo a strofinare la colonna vertebrale strofinavo la pelle della pancia.

So kho ahaṁ, rājakumāra, ‘vaccaṁ vā muttaṁ vā karissāmī’ti tattheva avakujjo papatāmi tāyevappāhāratāya. A causa del mangiare così poco, quando provavo a urinare o a defecare cadevo a faccia in giù sul posto.

So kho ahaṁ, rājakumāra, imameva kāyaṁ assāsento pāṇinā gattāni anumajjāmi. Tassa mayhaṁ, rājakumāra, pāṇinā gattāni anumajjato pūtimūlāni lomāni kāyasmā papatanti tāyevappāhāratāya. A causa del mangiare così poco, quando provavo ad alleviare il mio corpo strofinando gli arti con le mani, i peli, marciti alla radice, cadevano.

Apissu maṁ, rājakumāra, manussā disvā evamāhaṁsu: ‘kāḷo samaṇo gotamo’ti, Poi alcuni mi videro e dissero: ‘L’asceta Gotama è nero’.

ekacce manussā evamāhaṁsu: ‘na kāḷo samaṇo gotamo, sāmo samaṇo gotamo’ti. Altri dissero: ‘Non è nero, è marrone’.

Ekacce manussā evamāhaṁsu: ‘na kāḷo samaṇo gotamo, napi sāmo, maṅguracchavi samaṇo gotamo’ti. Altri dissero: ‘Non è né nero né marrone. L’asceta Gotama è abbronzato’.

Yāvassu me, rājakumāra, tāva parisuddho chavivaṇṇo pariyodāto upahato hoti tāyevappāhāratāya. Questo era il punto a cui la carnagione pura e chiara della mia pelle era stata rovinata dal mangiare così poco.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘ye kho keci atītamaddhānaṁ samaṇā vā brāhmaṇā vā opakkamikā dukkhā tibbā kharā kaṭukā vedanā vedayiṁsu, etāvaparamaṁ nayito bhiyyo. ‘Qualunque asceta o bramino che ha provato sensazioni dolorose, pungenti, intense, e acute a causa del sovraffaticamento, che sia in passato, futuro, o presente, non è andato oltre questo. Nessuno ha fatto più di così.

Yepi hi keci anāgatamaddhānaṁ samaṇā vā brāhmaṇā vā opakkamikā dukkhā tibbā kharā kaṭukā vedanā vedayissanti, etāvaparamaṁ nayito bhiyyo.

Yepi hi keci etarahi samaṇā vā brāhmaṇā vā opakkamikā dukkhā tibbā kharā kaṭukā vedanā vedayanti, etāvaparamaṁ nayito bhiyyo.

Na kho panāhaṁ imāya kaṭukāya dukkarakārikāya adhigacchāmi uttari manussadhammā alamariyañāṇadassanavisesaṁ; Ma non ho raggiunto alcuna distinzione sovrumana in conoscenza e visione degna dei nobili attraverso questo lavoro duro ed estenuante.

siyā nu kho añño maggo bodhāyā’ti. È possibile che ci sia un altro cammino per il risveglio?’

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘abhijānāmi kho panāhaṁ pitu sakkassa kammante sītāya jambucchāyāya nisinno vivicceva kāmehi vivicca akusalehi dhammehi savitakkaṁ savicāraṁ vivekajaṁ pītisukhaṁ paṭhamaṁ jhānaṁ upasampajja viharitā; ‘Mi ricordo di quando ero seduto all’ombra fresca dell’albero di mele rosa mentre mio padre il Sakya era via per lavoro. Sufficientemente isolato dai piaceri dei sensi, isolato da cattive qualità, con pensiero e valutazione, ed euforia e felicità nate dall’isolamento, raggiunsi e dimorai nella prima estasi.

siyā nu kho eso maggo bodhāyā’ti. È possibile che quello sia il cammino per il risveglio?’

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, satānusāri viññāṇaṁ ahosi: Da quel ricordo giunse la realizzazione:

‘eseva maggo bodhāyā’ti. ‘Quello è il cammino per il risveglio!’

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Allora pensai:

‘kiṁ nu kho ahaṁ tassa sukhassa bhāyāmi yaṁ taṁ sukhaṁ aññatreva kāmehi aññatra akusalehi dhammehī’ti? ‘Perché ho paura di quella felicità, che non ha niente a che fare con i piaceri dei sensi o con cattive qualità?’

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Allora pensai:

‘na kho ahaṁ tassa sukhassa bhāyāmi yaṁ taṁ sukhaṁ aññatreva kāmehi aññatra akusalehi dhammehī’ti. ‘Non avrò paura di quella felicità, poiché non ha niente a che fare con i piaceri dei sensi o con cattive qualità’.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘na kho taṁ sukaraṁ sukhaṁ adhigantuṁ evaṁ adhimattakasimānaṁ pattakāyena. Yannūnāhaṁ oḷārikaṁ āhāraṁ āhāreyyaṁ odanakummāsan’ti. ‘Non è facile raggiungere quella felicità con un corpo così eccessivamente emaciato. Perché non mangio un po’ di cibo solido, del riso e porridge?’

So kho ahaṁ, rājakumāra, oḷārikaṁ āhāraṁ āhāresiṁ odanakummāsaṁ. Allora mangiai del cibo solido.

Tena kho pana maṁ, rājakumāra, samayena pañcavaggiyā bhikkhū paccupaṭṭhitā honti: In quel periodo cinque monaci erano i miei assistenti, e pensavano:

‘yaṁ kho samaṇo gotamo dhammaṁ adhigamissati taṁ no ārocessatī’ti. ‘L’asceta Gotama ci informerà riguardo qualsiasi verità che realizzerà’.

Yato kho ahaṁ, rājakumāra, oḷārikaṁ āhāraṁ āhāresiṁ odanakummāsaṁ, atha me te pañcavaggiyā bhikkhū nibbijja pakkamiṁsu: Ma quando mangiai del cibo solido, se ne andarono delusi, dicendo:

‘bāhulliko samaṇo gotamo padhānavibbhanto, āvatto bāhullāyā’ti. ‘L’asceta Gotama è diventato indulgente. Si è allontanato dallo sforzo ed è tornato all’indulgenza’.

So kho ahaṁ, rājakumāra, oḷārikaṁ āhāraṁ āhāretvā balaṁ gahetvā vivicceva kāmehi …pe… paṭhamaṁ jhānaṁ upasampajja vihāsiṁ. Dopo aver mangiato del cibo solido e aver recuperato le forze, sufficientemente isolato dai piaceri dei sensi, … raggiunsi e dimorai nella prima estasi …

Vitakkavicārānaṁ vūpasamā … dutiyaṁ jhānaṁ … Con il placarsi di pensiero e valutazione, … raggiunsi e dimorai nella seconda estasi. …

tatiyaṁ jhānaṁ … nella terza estasi …

catutthaṁ jhānaṁ upasampajja vihāsiṁ. e nella quarta estasi.

So evaṁ samāhite citte parisuddhe pariyodāte anaṅgaṇe vigatūpakkilese mudubhūte kammaniye ṭhite āneñjappatte pubbenivāsānussatiñāṇāya cittaṁ abhininnāmesiṁ. Una volta che la mia mente divenne così concentrata, purificata, luminosa, impeccabile, libera da corruzioni, flessibile, lavorabile, stabile, e imperturbabile, la estesi al ricordo delle vite passate.

So anekavihitaṁ pubbenivāsaṁ anussarāmi, seyyathidaṁ—ekampi jātiṁ dvepi jātiyo …pe… iti sākāraṁ sauddesaṁ anekavihitaṁ pubbenivāsaṁ anussarāmi. Ricordai molte vite passate. Cioè: una nascita, due nascite, tre nascite, quattro nascite, cinque nascite, dieci nascite, venti nascite, trenta nascite, quaranta nascite, cinquanta nascite, cento nascite, mille nascite, centomila nascite; molte ere di formazione, molte ere di dissoluzione, molte ere di formazione e dissoluzione. Ricordai: ‘Lì, mi chiamavo così, quella era la mia famiglia, ero fatto così, e quello era il mio cibo. Sentivo piacere e dolore così, e la mia vita finì così. Una volta deceduto da quel posto rinacqui da un’altra parte. Anche lì, mi chiamavo così, quella era la mia famiglia, ero fatto così, e quello era il mio cibo. Sentivo piacere e dolore così, e la mia vita finì così. Una volta deceduto da quel posto rinacqui qui’. E così ricordai i miei vari tipi di vite passate, nei particolari e nello specifico.

Ayaṁ kho me, rājakumāra, rattiyā paṭhame yāme paṭhamā Questa fu la prima conoscenza che ottenni durante la prima parte della notte.

vijjā adhigatā, avijjā vihatā, vijjā uppannā; tamo vihato, āloko uppanno—yathā taṁ appamattassa ātāpino pahitattassa viharato. L’ignoranza fu distrutta e la conoscenza sorse; l’oscurità fu distrutta e la luce sorse, come succede a chi dimora diligente, fervido, e risoluto.

So evaṁ samāhite citte parisuddhe pariyodāte anaṅgaṇe vigatūpakkilese mudubhūte kammaniye ṭhite āneñjappatte sattānaṁ cutūpapātañāṇāya cittaṁ abhininnāmesiṁ. Una volta che la mia mente divenne così concentrata, purificata, luminosa, impeccabile, libera da corruzioni, flessibile, lavorabile, stabile, e imperturbabile, la estesi alla conoscenza della morte e rinascita degli esseri viventi.

So dibbena cakkhunā visuddhena atikkantamānusakena satte passāmi cavamāne upapajjamāne hīne paṇīte suvaṇṇe dubbaṇṇe sugate duggate yathākammūpage satte pajānāmi …pe… Con chiaroveggenza purificata e sovrumana, vidi gli esseri viventi morire e rinascere; inferiori e superiori, belli e brutti, in un bel posto o un brutto posto. Compresi come gli esseri viventi rinascono secondo le proprie azioni.

ayaṁ kho me, rājakumāra, rattiyā majjhime yāme dutiyā vijjā adhigatā, avijjā vihatā, vijjā uppannā; tamo vihato, āloko uppanno—yathā taṁ appamattassa ātāpino pahitattassa viharato. L’ignoranza fu distrutta e la conoscenza sorse; l’oscurità fu distrutta e la luce sorse, come succede a chi vive diligente, fervido, e risoluto.

So evaṁ samāhite citte parisuddhe pariyodāte anaṅgaṇe vigatūpakkilese mudubhūte kammaniye ṭhite āneñjappatte āsavānaṁ khayañāṇāya cittaṁ abhininnāmesiṁ. Una volta che la mia mente divenne così concentrata, purificata, luminosa, impeccabile, libera da corruzioni, flessibile, lavorabile, stabile, e imperturbabile, la estesi alla conoscenza dell’eliminazione dei contaminanti.

So ‘idaṁ dukkhan’ti yathābhūtaṁ abbhaññāsiṁ …pe… ‘ayaṁ dukkhanirodhagāminī paṭipadā’ti yathābhūtaṁ abbhaññāsiṁ; Compresi secondo realtà: ‘Questa è la sofferenza’, compresi secondo realtà: ‘Questa è l’origine della sofferenza’, compresi secondo realtà: ‘Questa è la cessazione della sofferenza’, compresi secondo realtà: ‘Questa è la pratica che porta alla cessazione della sofferenza’.

‘ime āsavā’ti yathābhūtaṁ abbhaññāsiṁ …pe… ‘ayaṁ āsavanirodhagāminī paṭipadā’ti yathābhūtaṁ abbhaññāsiṁ. Compresi secondo realtà: ‘Questi sono i contaminanti’, compresi secondo realtà: ‘Questa è l’origine dei contaminanti’, compresi secondo realtà: ‘Questa è la cessazione dei contaminanti’, compresi secondo realtà: ‘Questa è la pratica che porta alla cessazione dei contaminanti’.

Tassa me evaṁ jānato evaṁ passato kāmāsavāpi cittaṁ vimuccittha, bhavāsavāpi cittaṁ vimuccittha, avijjāsavāpi cittaṁ vimuccittha. Conoscendo così e vedendo così, la mia mente fu liberata dal contaminante dei piaceri dei sensi, la mia mente fu liberata dal contaminante dell’esistenza, e la mia mente fu liberata dal contaminante dell’ignoranza.

Vimuttasmiṁ vimuttamiti ñāṇaṁ ahosi. Una volta libera, capii che era libera.

‘Khīṇā jāti, vusitaṁ brahmacariyaṁ, kataṁ karaṇīyaṁ, nāparaṁ itthattāyā’ti abbhaññāsiṁ. Compresi: ‘La nascita è terminata, il percorso spirituale è stato completato, ciò che c’era da fare è stato fatto, non ci sarà più nulla di questo’.

Ayaṁ kho me, rājakumāra, rattiyā pacchime yāme tatiyā Questa fu la terza conoscenza che ottenni durante la parte finale della notte.

vijjā adhigatā, avijjā vihatā, vijjā uppannā; tamo vihato, āloko uppanno—yathā taṁ appamattassa ātāpino pahitattassa viharato. L’ignoranza fu distrutta e la conoscenza sorse; l’oscurità fu distrutta e la luce sorse, come succede a chi dimora diligente, fervido, e risoluto.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘adhigato kho myāyaṁ dhammo gambhīro duddaso duranubodho santo paṇīto atakkāvacaro nipuṇo paṇḍitavedanīyo. ‘Questo principio che ho scoperto è profondo, difficile da vedere, difficile da comprendere, pacifico, sublime, fuori dalla portata del ragionamento, raffinato, comprensibile agli astuti.

Ālayarāmā kho panāyaṁ pajā ālayaratā ālayasammuditā. Ma alla gente piacciono gli attaccamenti, li ama e li apprezza.

Ālayarāmāya kho pana pajāya ālayaratāya ālayasammuditāya duddasaṁ idaṁ ṭhānaṁ yadidaṁ—idappaccayatāpaṭiccasamuppādo. È difficile per loro vedere questo: la condizionalità specifica, l’originazione dipendente.

Idampi kho ṭhānaṁ duddasaṁ—yadidaṁ sabbasaṅkhārasamatho sabbūpadhipaṭinissaggo taṇhākkhayo virāgo nirodho nibbānaṁ. È anche difficile per loro vedere questo: il placarsi di ogni attività, il lasciar andare ogni attaccamento, l’eliminazione della brama, lo svanire dell’avidità, la cessazione, l’estinzione.

Ahañceva kho pana dhammaṁ deseyyaṁ, pare ca me na ājāneyyuṁ, so mamassa kilamatho, sā mamassa vihesā’ti. E se io spiegassi questo insegnamento, gli altri potrebbero non capirmi, il che sarebbe frustrante e fastidioso per me’.

Apissu maṁ, rājakumāra, imā anacchariyā gāthāyo paṭibhaṁsu pubbe assutapubbā: Poi questi versi, i quali non furono né ispirati in maniera sovrannaturale, né imparati in passato, mi vennero in mente:

‘Kicchena me adhigataṁ, ‘Ho faticato molto per realizzare questo,

halaṁ dāni pakāsituṁ; basta provare a spiegarlo.

Rāgadosaparetehi, Questo insegnamento non è facilmente capito

nāyaṁ dhammo susambudho. da chi è radicato nell’avidità e nell’odio.

Paṭisotagāmiṁ nipuṇaṁ, Va contro corrente, è raffinato,

gambhīraṁ duddasaṁ aṇuṁ; profondo, nascosto, e molto fine,

Rāgarattā na dakkhanti, Coloro che sono afflitti dall’avidità non riescono a vedere,

tamokhandhena āvuṭā’ti. poiché sono avvolti da una massa di oscurità’.

Itiha me, rājakumāra, paṭisañcikkhato appossukkatāya cittaṁ namati no dhammadesanāya. Quindi, riflettendo così, la mia mente era incline a rimanere passiva, a non spiegare l’insegnamento.

Atha kho, rājakumāra, brahmuno sahampatissa mama cetasā cetoparivitakkamaññāya etadahosi: Poi il dio Sahampati, sapendo ciò che stavo pensando, pensò:

‘nassati vata bho loko; vinassati vata bho loko. Yatra hi nāma tathāgatassa arahato sammāsambuddhassa appossukkatāya cittaṁ namati no dhammadesanāyā’ti. ‘Oh! Il mondo sarà perduto, il mondo perirà! Poichè la mente del Realizzato, il perfetto, il Buddha completamente risvegliato è incline a rimanere passiva, a non spiegare l’insegnamento’.

Atha kho, rājakumāra, brahmā sahampati—seyyathāpi nāma balavā puriso samiñjitaṁ vā bāhaṁ pasāreyya pasāritaṁ vā bāhaṁ samiñjeyya; evameva—brahmaloke antarahito mama purato pāturahosi. Allora il dio Sahampati, tanto facilmente quanto una persona forte che estende o contrae il proprio braccio, scomparve dal regno di Dio e riapparve di fronte a me.

Atha kho, rājakumāra, brahmā sahampati ekaṁsaṁ uttarāsaṅgaṁ karitvā yenāhaṁ tenañjaliṁ paṇāmetvā maṁ etadavoca: Si aggiustò l’abito su una spalla, alzò le mani giunte verso di me, e disse:

‘desetu, bhante, bhagavā dhammaṁ, desetu sugato dhammaṁ. ‘Signore, che il Beato spieghi l’insegnamento! Che il Santo spieghi l’insegnamento!

Santi sattā apparajakkhajātikā assavanatāya dhammassa parihāyanti; Ci sono esseri con poca polvere negli occhi. Sono in declino poiché non hanno sentito l'insegnamento.

bhavissanti dhammassa aññātāro’ti. Ci saranno quelli che capiscono l'insegnamento!’

Idamavoca, rājakumāra, brahmā sahampati; Questo è ciò che il dio Sahampati disse.

idaṁ vatvā athāparaṁ etadavoca: Poi continuò:

‘Pāturahosi magadhesu pubbe, ‘Tra i Maghada apparve in passato

Dhammo asuddho samalehi cintito; un insegnamento impuro, pensato da coloro che erano ancora macchiati.

Apāpuretaṁ amatassa dvāraṁ, Spalanchi la porta per la libertà dalla morte!

Suṇantu dhammaṁ vimalenānubuddhaṁ. Che sentano l’insegnamento che l’immacolato ha scoperto.

Sele yathā pabbatamuddhaniṭṭhito, In piedi su una montagna rocciosa,

Yathāpi passe janataṁ samantato; si vede la gente tutt’intorno.

Tathūpamaṁ dhammamayaṁ sumedha, Allo stesso modo, l’Onniveggente, il Saggio,

Pāsādamāruyha samantacakkhu. asceso al Tempio della Verità,

Sokāvatiṇṇaṁ janatamapetasoko, libero dalla tristezza, guarda la gente

Avekkhassu jātijarābhibhūtaṁ; sommersa dalla tristezza, oppressa da nascita e morte.

Uṭṭhehi vīra vijitasaṅgāma, Alzati, eroe! Vincitore in battaglia, conduttore della carovana,

Satthavāha aṇaṇa vicara loke; vaga il mondo senza obblighi.

Desassu bhagavā dhammaṁ, Che il Beato spieghi l’insegnamento!

Aññātāro bhavissantī’ti. Ci saranno quelli che capiscono!’

Atha khvāhaṁ, rājakumāra, brahmuno ca ajjhesanaṁ viditvā sattesu ca kāruññataṁ paṭicca buddhacakkhunā lokaṁ volokesiṁ. Quindi, vedendo l’invito del dio, investigai il mondo con l’occhio di un Buddha, grazie alla mia compassione per gli esseri viventi.

Addasaṁ kho ahaṁ, rājakumāra, buddhacakkhunā lokaṁ volokento satte apparajakkhe mahārajakkhe tikkhindriye mudindriye svākāre dvākāre suviññāpaye duviññāpaye appekacce paralokavajjabhayadassāvine viharante, appekacce na paralokavajjabhayadassāvine viharante. E vidi esseri viventi con poca polvere negli occhi, e alcuni con molta polvere negli occhi; con facoltà forti e con facoltà deboli, con qualità buone e con qualità cattive, facili da istruire e difficili da istruire. E alcuni di loro dimoravano vedendo il pericolo nell’errore che riguarda la prossima vita, mentre altri no.

Seyyathāpi nāma uppaliniyaṁ vā paduminiyaṁ vā puṇḍarīkiniyaṁ vā appekaccāni uppalāni vā padumāni vā puṇḍarīkāni vā udake jātāni udake saṁvaḍḍhāni udakānuggatāni antonimuggaposīni, appekaccāni uppalāni vā padumāni vā puṇḍarīkāni vā udake jātāni udake saṁvaḍḍhāni udakānuggatāni samodakaṁ ṭhitāni, appekaccāni uppalāni vā padumāni vā puṇḍarīkāni vā udake jātāni udake saṁvaḍḍhāni udakā accuggamma ṭhitāni anupalittāni udakena; È come una vasca con ninfee blu, o fiori di loto rosa o bianchi. Alcuni di essi germogliano e crescono nell’acqua senza emergere in superficie, prosperando sott’acqua. Alcuni di essi germogliano e crescono nell’acqua ma emergono in superficie e rimangono asciutti.

evameva kho ahaṁ, rājakumāra; buddhacakkhunā lokaṁ volokento addasaṁ satte apparajakkhe mahārajakkhe tikkhindriye mudindriye svākāre dvākāre suviññāpaye duviññāpaye, appekacce paralokavajjabhayadassāvine viharante, appekacce na paralokavajjabhayadassāvine viharante.

Atha khvāhaṁ, rājakumāra, brahmānaṁ sahampatiṁ gāthāya paccabhāsiṁ: Quindi risposi in poesia al dio Sahampati:

‘Apārutā tesaṁ amatassa dvārā, ‘Le porte verso la libertà dalla morte sono spalancate!

Ye sotavanto pamuñcantu saddhaṁ; Che coloro che hanno orecchie per ascoltare dimostrino la propria fede.

Vihiṁsasaññī paguṇaṁ na bhāsiṁ, Pensando che sarebbe stato fastidioso, dio, non ho spiegato

Dhammaṁ paṇītaṁ manujesu brahme’ti. l’insegnamento sofisticato e sublime tra gli umani’.

Atha kho, rājakumāra, brahmā sahampati ‘katāvakāso khomhi bhagavatā dhammadesanāyā’ti maṁ abhivādetvā padakkhiṇaṁ katvā tatthevantaradhāyi. Quindi il dio Sahampati, sapendo che la propria richiesta che io spieghi l'insegnamento fu accettata, si inchinò e mi circumambulò, mantenendomi sulla destra, prima di scomparire da lì.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘kassa nu kho ahaṁ paṭhamaṁ dhammaṁ deseyyaṁ? ‘A chi posso insegnare per primo?

Ko imaṁ dhammaṁ khippameva ājānissatī’ti? Chi comprenderà l’insegnamento velocemente?’

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘ayaṁ kho āḷāro kālāmo paṇḍito viyatto medhāvī dīgharattaṁ apparajakkhajātiko. ‘Quell’Āḷāra Kālāma è astuto, competente, intelligente, ed è molto tempo che ha poca polvere negli occhi.

Yannūnāhaṁ āḷārassa kālāmassa paṭhamaṁ dhammaṁ deseyyaṁ; Perché non insegno a lui per primo?

so imaṁ dhammaṁ khippameva ājānissatī’ti. Comprenderà velocemente l’insegnamento’.

Atha kho maṁ, rājakumāra, devatā upasaṅkamitvā etadavoca: Ma un angelo venne da me e mi disse:

‘sattāhakālaṅkato, bhante, āḷāro kālāmo’ti. ‘Signore, Āḷāra Kālāma è deceduto sette giorni fa’.

Ñāṇañca pana me dassanaṁ udapādi: E conoscenza e visione sorsero in me:

‘sattāhakālaṅkato āḷāro kālāmo’ti. ‘Āḷāra Kālāma è deceduto sette giorni fa’.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Allora pensai:

‘mahājāniyo kho āḷāro kālāmo. ‘È una grossa perdita per Āḷāra Kālāma.

Sace hi so imaṁ dhammaṁ suṇeyya, khippameva ājāneyyā’ti. Se avesse sentito l’insegnamento, l’avrebbe compreso velocemente’.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘kassa nu kho ahaṁ paṭhamaṁ dhammaṁ deseyyaṁ? ‘A chi posso insegnare per primo?

Ko imaṁ dhammaṁ khippameva ājānissatī’ti? Chi comprenderà l’insegnamento velocemente?’

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘ayaṁ kho udako rāmaputto paṇḍito viyatto medhāvī dīgharattaṁ apparajakkhajātiko. ‘Quell’Uddaka, figlio di Rāma, è astuto, competente, intelligente, ed è molto tempo che ha poca polvere negli occhi.

Yannūnāhaṁ udakassa rāmaputtassa paṭhamaṁ dhammaṁ deseyyaṁ; Perché non insegno a lui per primo?

so imaṁ dhammaṁ khippameva ājānissatī’ti. Comprenderà velocemente l’insegnamento’.

Atha kho maṁ, rājakumāra, devatā upasaṅkamitvā etadavoca: Ma un angelo venne da me e mi disse:

‘abhidosakālaṅkato, bhante, udako rāmaputto’ti. ‘Signore, Uddaka, figlio of Rāma, è deceduto proprio la notte scorsa’.

Ñāṇañca pana me dassanaṁ udapādi: E conoscenza e visione sorsero in me:

‘abhidosakālaṅkato udako rāmaputto’ti. ‘Uddaka, figlio of Rāma, è deceduto proprio la notte scorsa’.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Allora pensai:

‘mahājāniyo kho udako rāmaputto. ‘È una grossa perdita per Uddaka.

Sace hi so imaṁ dhammaṁ suṇeyya, khippameva ājāneyyā’ti. Se avesse sentito l’insegnamento, l’avrebbe compreso velocemente’.

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘kassa nu kho ahaṁ paṭhamaṁ dhammaṁ deseyyaṁ? ‘A chi posso insegnare per primo?

Ko imaṁ dhammaṁ khippameva ājānissatī’ti? Chi comprenderà l’insegnamento velocemente?’

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Poi pensai:

‘bahukārā kho me pañcavaggiyā bhikkhū ye maṁ padhānapahitattaṁ upaṭṭhahiṁsu. ‘Il gruppo dei cinque monaci mi è stato molto di aiuto. Mi hanno assistito durante il mio duro lavoro.

Yannūnāhaṁ pañcavaggiyānaṁ bhikkhūnaṁ paṭhamaṁ dhammaṁ deseyyan’ti. Perché non insegno a loro per primi?’

Tassa mayhaṁ, rājakumāra, etadahosi: Allora pensai:

‘kahaṁ nu kho etarahi pañcavaggiyā bhikkhū viharantī’ti. ‘Dove si trova il gruppo dei cinque monaci in questi giorni?’

Addasaṁ khvāhaṁ, rājakumāra, dibbena cakkhunā visuddhena atikkantamānusakena pañcavaggiye bhikkhū bārāṇasiyaṁ viharante isipatane migadāye. Con chiaroveggenza purificata e sovrumana vidi che il gruppo dei cinque monaci dimorava vicino a Varanasi, nel parco dei cervi di Isipatana.

Atha khvāhaṁ, rājakumāra, uruvelāyaṁ yathābhirantaṁ viharitvā yena bārāṇasī tena cārikaṁ pakkamiṁ. Quindi, dopo essere rimasto a Uruvelā quanto volevo, sono partito per Varanasi.

Addasā kho maṁ, rājakumāra, upako ājīvako antarā ca gayaṁ antarā ca bodhiṁ addhānamaggappaṭipannaṁ. Mentre viaggiavo sulla strada tra Gayā e Bodhgaya, l’asceta Ājīvaka Upaka mi vide

Disvāna maṁ etadavoca: e disse:

‘vippasannāni kho te, āvuso, indriyāni, parisuddho chavivaṇṇo pariyodāto. ‘Fratello, le tue facoltà sono così chiare, e la tua carnagione è così pura e luminosa.

Kaṁsi tvaṁ, āvuso, uddissa pabbajito? Ko vā te satthā? Kassa vā tvaṁ dhammaṁ rocesī’ti? Nel nome di chi hai lasciato casa, fratello? Chi è il tuo maestro? In che insegnamento credi?

Evaṁ vutte, ahaṁ, rājakumāra, upakaṁ ājīvakaṁ gāthāhi ajjhabhāsiṁ: Risposi a Upaka in poesia:

‘Sabbābhibhū sabbavidūhamasmi, ‘Io sono il campione, il conoscitore di tutto,

Sabbesu dhammesu anūpalitto; incontaminato nel mezzo di ogni cosa.

Sabbañjaho taṇhākkhaye vimutto, Ho abbandonato tutto, libero attraverso l’eliminazione della brama.

Sayaṁ abhiññāya kamuddiseyyaṁ. Avendo conoscenza diretta io stesso, di chi dovrei essere discepolo?

Na me ācariyo atthi, Non ho maestro.

sadiso me na vijjati; Non c’è nessuno come me.

Sadevakasmiṁ lokasmiṁ, Nel mondo con i suoi angeli,

natthi me paṭipuggalo. non ho controparte.

Ahañhi arahā loke, Poiché in questo mondo io sono il perfetto;

ahaṁ satthā anuttaro; sono il Maestro supremo.

Ekomhi sammāsambuddho, Solo io sono completamente risvegliato,

sītibhūtosmi nibbuto. raffrescato, estinto.

Dhammacakkaṁ pavattetuṁ, Sto andando alla città di Kāsi

Gacchāmi kāsinaṁ puraṁ; a mettere in moto la Ruota dell’Insegnamento.

Andhībhūtasmiṁ lokasmiṁ, In questo mondo che è così cieco,

Āhañchaṁ amatadundubhin’ti. suonerò il tamburo della libertà dalla morte!’

‘Yathā kho tvaṁ, āvuso, paṭijānāsi arahasi anantajino’ti. ‘Secondo ciò che sostieni, fratello, dovresti essere il Vincitore Infinito’.

‘Mādisā ve jinā honti, ‘I vincitori sono coloro che, come me,

ye pattā āsavakkhayaṁ; hanno raggiunto l’eliminazione dei contaminanti.

Jitā me pāpakā dhammā, Ho conquistato le qualità malvagie, Upaka,

tasmāhamupaka jino’ti. ecco perché sono un vincitore’.

Evaṁ vutte, rājakumāra, upako ājīvako ‘hupeyyapāvuso’ti vatvā sīsaṁ okampetvā ummaggaṁ gahetvā pakkāmi. Detto ciò, Upaka disse: ‘Se lo dici tu, fratello’. Scuotendo la testa, prese la strada sbagliata e se ne andò.

Atha khvāhaṁ, rājakumāra, anupubbena cārikaṁ caramāno yena bārāṇasī isipatanaṁ migadāyo yena pañcavaggiyā bhikkhū tenupasaṅkamiṁ. Viaggiando passo dopo passo, arrivai a Varanasi, e andai a trovare il gruppo dei cinque monaci nel parco dei cervi di Isipatana.

Addasaṁsu kho maṁ, rājakumāra, pañcavaggiyā bhikkhū dūratova āgacchantaṁ. I cinque monaci mi videro arrivare da lontano

Disvāna aññamaññaṁ saṇṭhapesuṁ: e si fermarono, dicendo:

‘ayaṁ kho, āvuso, samaṇo gotamo āgacchati bāhulliko padhānavibbhanto āvatto bāhullāya. ‘Ecco che arriva l’asceta Gotama. È così indulgente; si è allontanato dal lavoro ed è ritornato all’indulgenza.

So neva abhivādetabbo, na paccuṭṭhātabbo, nāssa pattacīvaraṁ paṭiggahetabbaṁ; Non dobbiamo inchinarci, alzarci per lui, o ricevere la sua ciotola e abito.

api ca kho āsanaṁ ṭhapetabbaṁ—sace so ākaṅkhissati nisīdissatī’ti. Ma possiamo preparare un posto; può sedersi se vuole’.

Yathā yathā kho ahaṁ, rājakumāra, pañcavaggiye bhikkhū upasaṅkamiṁ tathā tathā pañcavaggiyā bhikkhū nāsakkhiṁsu sakāya katikāya saṇṭhātuṁ. Eppure, nell’avvicinarmi, i cinque monaci non furono in grado di trattenersi come avevano concordato.

Appekacce maṁ paccuggantvā pattacīvaraṁ paṭiggahesuṁ. Appekacce āsanaṁ paññapesuṁ. Appekacce pādodakaṁ upaṭṭhapesuṁ. Alcuni vennero a salutarmi e a ricevere la mia ciotola e abito, alcuni prepararono un posto, mentre altri prepararono dell’acqua per lavarmi i piedi.

Api ca kho maṁ nāmena ca āvusovādena ca samudācaranti. Ma si rivolgevano ancora a me come ‘fratello’.

Evaṁ vutte, ahaṁ, rājakumāra, pañcavaggiye bhikkhū etadavocaṁ: Quindi dissi loro:

‘mā, bhikkhave, tathāgataṁ nāmena ca āvusovādena ca samudācaratha; ‘Monaci, non rivolgetevi a me come ‘fratello’.

arahaṁ, bhikkhave, tathāgato sammāsambuddho. Il Realizzato è perfetto, un Buddha completamente risvegliato.

Odahatha, bhikkhave, sotaṁ. Amatamadhigataṁ ahamanusāsāmi, ahaṁ dhammaṁ desemi. Ascoltate, monaci: ho ottenuto la libertà dalla morte. Vi istruirò, vi spiegherò l’insegnamento.

Yathānusiṭṭhaṁ tathā paṭipajjamānā nacirasseva—yassatthāya kulaputtā sammadeva agārasmā anagāriyaṁ pabbajanti, tadanuttaraṁ—brahmacariyapariyosānaṁ diṭṭheva dhamme sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharissathā’ti. Praticando come vi istruirò, presto realizzerete la suprema culminazione del percorso spirituale in questa stessa vita. Dimorerete avendo raggiunto con la vostra conoscenza diretta l’obiettivo per cui i giovani giustamente lasciano la vita di casa per quella mendicante’.

Evaṁ vutte, rājakumāra, pañcavaggiyā bhikkhū maṁ etadavocuṁ: Ma loro mi dissero:

‘tāyapi kho tvaṁ, āvuso gotama, iriyāya tāya paṭipadāya tāya dukkarakārikāya nājjhagamā uttari manussadhammā alamariyañāṇadassanavisesaṁ; kiṁ pana tvaṁ etarahi bāhulliko padhānavibbhanto āvatto bāhullāya adhigamissasi uttari manussadhammā alamariyañāṇadassanavisesan’ti? ‘Fratello Gotama, nemmeno attraverso quella condotta, quella pratica, quel lavoro estenuante hai raggiunto alcuna distinzione sovrumana in conoscenza e visione degna dei nobili. Come puoi aver raggiunto tale stato ora che sei diventato indulgente, che ti sei allontanato dal lavoro e sei ritornato all'indulgenza?’

Evaṁ vutte, ahaṁ, rājakumāra, pañcavaggiye bhikkhū etadavocaṁ: Quindi dissi loro:

‘na, bhikkhave, tathāgato bāhulliko na padhānavibbhanto na āvatto bāhullāya. ‘Il Realizzato non è diventato indulgente, non si è allontanato dal lavoro, e non è ritornato all’indulgenza.

Arahaṁ, bhikkhave, tathāgato sammāsambuddho. Il Realizzato è perfetto, un Buddha completamente risvegliato.

Odahatha, bhikkhave, sotaṁ. Amatamadhigataṁ ahamanusāsāmi, ahaṁ dhammaṁ desemi. Ascoltate, monaci: ho ottenuto la libertà dalla morte. Vi istruirò, vi spiegherò l’insegnamento.

Yathānusiṭṭhaṁ tathā paṭipajjamānā nacirasseva—yassatthāya kulaputtā sammadeva agārasmā anagāriyaṁ pabbajanti, tadanuttaraṁ—brahmacariyapariyosānaṁ diṭṭheva dhamme sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharissathā’ti. Praticando come vi istruirò, presto realizzerete la suprema culminazione del percorso spirituale in questa stessa vita. Dimorerete avendo raggiunto con la vostra conoscenza diretta l’obiettivo per cui i giovani giustamente lasciano la vita di casa per quella mendicante’.

Dutiyampi kho, rājakumāra, pañcavaggiyā bhikkhū maṁ etadavocuṁ: Ma per la seconda volta mi dissero:

‘tāyapi kho tvaṁ, āvuso gotama, iriyāya tāya paṭipadāya tāya dukkarakārikāya nājjhagamā uttari manussadhammā alamariyañāṇadassanavisesaṁ; kiṁ pana tvaṁ etarahi bāhulliko padhānavibbhanto āvatto bāhullāya adhigamissasi uttari manussadhammā alamariyañāṇadassanavisesan’ti? ‘Fratello Gotama … sei ritornato all’indulgenza’.

Dutiyampi kho ahaṁ, rājakumāra, pañcavaggiye bhikkhū etadavocaṁ: Allora per la seconda volta dissi loro:

‘na, bhikkhave, tathāgato bāhulliko na padhānavibbhanto na āvatto bāhullāya. ‘Il Realizzato non è diventato indulgente, non si è allontanato dal lavoro, e non è ritornato all’indulgenza.

Arahaṁ, bhikkhave, tathāgato sammāsambuddho. Il Realizzato è perfetto, un Buddha completamente risvegliato.

Odahatha, bhikkhave, sotaṁ. Amatamadhigataṁ ahamanusāsāmi, ahaṁ dhammaṁ desemi.

Yathānusiṭṭhaṁ tathā paṭipajjamānā nacirasseva—yassatthāya kulaputtā sammadeva agārasmā anagāriyaṁ pabbajanti, tadanuttaraṁ—brahmacariyapariyosānaṁ diṭṭheva dhamme sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharissathā’ti.

Tatiyampi kho, rājakumāra, pañcavaggiyā bhikkhū maṁ etadavocuṁ: Ma per la terza volta mi dissero:

‘tāyapi kho tvaṁ, āvuso gotama, iriyāya tāya paṭipadāya tāya dukkarakārikāya nājjhagamā uttari manussadhammā alamariyañāṇadassanavisesaṁ; kiṁ pana tvaṁ etarahi bāhulliko padhānavibbhanto āvatto bāhullāya adhigamissasi uttari manussadhammā alamariyañāṇadassanavisesan’ti? ‘Fratello Gotama … sei ritornato all’indulgenza’.

Evaṁ vutte, ahaṁ, rājakumāra, pañcavaggiye bhikkhū etadavocaṁ: Quindi dissi loro:

‘abhijānātha me no tumhe, bhikkhave, ito pubbe evarūpaṁ pabhāvitametan’ti? ‘Monaci, mi avete mai sentito parlare così prima d’ora?’

‘No hetaṁ, bhante’. ‘No, Signore’

‘Arahaṁ, bhikkhave, tathāgato sammāsambuddho. ‘Il Realizzato è perfetto, un Buddha completamente risvegliato.

Odahatha, bhikkhave, sotaṁ. Amatamadhigataṁ ahamanusāsāmi, ahaṁ dhammaṁ desemi. Ascoltate, monaci: ho ottenuto la libertà dalla morte. Vi istruirò, vi spiegherò l’insegnamento.

Yathānusiṭṭhaṁ tathā paṭipajjamānā nacirasseva—yassatthāya kulaputtā sammadeva agārasmā anagāriyaṁ pabbajanti, tadanuttaraṁ—brahmacariyapariyosānaṁ diṭṭheva dhamme sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharissathā’ti. Praticando come vi istruirò, presto realizzerete la suprema culminazione del percorso spirituale in questa stessa vita. Dimorerete avendo raggiunto con la vostra conoscenza diretta l’obiettivo per cui i giovani giustamente lasciano la vita di casa per quella mendicante’.

Asakkhiṁ kho ahaṁ, rājakumāra, pañcavaggiye bhikkhū saññāpetuṁ. Riuscii a convincere il gruppo dei cinque monaci.

Dvepi sudaṁ, rājakumāra, bhikkhū ovadāmi. Tayo bhikkhū piṇḍāya caranti. Quindi a volte istruivo due monaci, mentre gli altri tre andavano per l’elemosina.

Yaṁ tayo bhikkhū piṇḍāya caritvā āharanti, tena chabbaggiyā yāpema. Poi quei tre davano da mangiare a tutti noi sei con ciò che portavano.

Tayopi sudaṁ, rājakumāra, bhikkhū ovadāmi, dve bhikkhū piṇḍāya caranti. A volte istruivo tre monaci, mentre gli altri due andavano per l’elemosina.

Yaṁ dve bhikkhū piṇḍāya caritvā āharanti tena chabbaggiyā yāpema. Poi qui due davano da mangiare a tutti noi sei con ciò che portavano.

Atha kho, rājakumāra, pañcavaggiyā bhikkhū mayā evaṁ ovadiyamānā evaṁ anusāsiyamānā nacirasseva—yassatthāya kulaputtā sammadeva agārasmā anagāriyaṁ pabbajanti, tadanuttaraṁ—brahmacariyapariyosānaṁ diṭṭheva dhamme sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja vihariṁsū”ti. Venendo educati e istruiti così da me, i cinque monaci presto realizzarono la suprema culminazione del percorso spirituale in questa stessa vita. Dimorarono avendo raggiunto con la loro conoscenza diretta l’obiettivo per cui i giovani giustamente lasciano la vita di casa per quella mendicante”.

Evaṁ vutte, bodhi rājakumāro bhagavantaṁ etadavoca: Detto ciò, il principe Bodhi disse al Buddha:

“kīva cirena nu kho, bhante, bhikkhu tathāgataṁ vināyakaṁ labhamāno—yassatthāya kulaputtā sammadeva agārasmā anagāriyaṁ pabbajanti, tadanuttaraṁ—brahmacariyapariyosānaṁ diṭṭheva dhamme sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja vihareyyā”ti? “Signore, quando un monaco ha il Realizzato come istruttore, quanto ci impiega a realizzare la suprema culminazione del percorso spirituale in questa stessa vita?”

“Tena hi, rājakumāra, taṁyevettha paṭipucchissāmi. Yathā te khameyya, tathā naṁ byākareyyāsi. “Beh, principe, ti chiedo questo, e potrai rispondere come vuoi.

Taṁ kiṁ maññasi, rājakumāra, Cosa ne pensi, principe?

kusalo tvaṁ hatthārūḷhe aṅkusagayhe sippe”ti? Sei esperto nell’arte del brandire il pungolo uncinato mentre cavalchi un elefante?”

“Evaṁ, bhante, kusalo ahaṁ hatthārūḷhe aṅkusagayhe sippe”ti. “Lo sono, Signore”

“Taṁ kiṁ maññasi, rājakumāra, “Cosa ne pensi, principe?

idha puriso āgaccheyya: Immagina che arrivi un uomo pensando:

‘bodhi rājakumāro hatthārūḷhaṁ aṅkusagayhaṁ sippaṁ jānāti; ‘Il principe Bodhi conosce l’arte del brandire il pungolo uncinato mentre cavalca un elefante.

tassāhaṁ santike hatthārūḷhaṁ aṅkusagayhaṁ sippaṁ sikkhissāmī’ti. Mi allenerò a quell’arte sotto di lui’.

So cassa assaddho; Se non ha fede,

yāvatakaṁ saddhena pattabbaṁ taṁ na sampāpuṇeyya. non raggiungerebbe ciò che potrebbe raggiungere attraverso la fede.

So cassa bahvābādho; Se non è in salute,

yāvatakaṁ appābādhena pattabbaṁ taṁ na sampāpuṇeyya. non raggiungerebbe ciò che potrebbe raggiungere attraverso la buona salute.

So cassa saṭho māyāvī; Se è disonesto e ingannevole,

yāvatakaṁ asaṭhena amāyāvinā pattabbaṁ taṁ na sampāpuṇeyya. non raggiungerebbe ciò che potrebbe raggiungere attraverso la l’onestà e l’integrità.

So cassa kusīto; Se è pigro,

yāvatakaṁ āraddhavīriyena pattabbaṁ taṁ na sampāpuṇeyya. non raggiungerebbe ciò che potrebbe raggiungere attraverso l’energia.

So cassa duppañño; Se è stupido,

yāvatakaṁ paññavatā pattabbaṁ taṁ na sampāpuṇeyya. non raggiungerebbe ciò che potrebbe raggiungere attraverso la saggezza.

Taṁ kiṁ maññasi, rājakumāra, Cosa ne pensi, principe?

api nu so puriso tava santike hatthārūḷhaṁ aṅkusagayhaṁ sippaṁ sikkheyyā”ti? Quell’uomo potrebbe comunque allenarsi all’arte del brandire il pungolo uncinato mentre cavalca un elefante sotto di te?”

“Ekamekenāpi, bhante, aṅgena samannāgato so puriso na mama santike hatthārūḷhaṁ aṅkusagayhaṁ sippaṁ sikkheyya, ko pana vādo pañcahaṅgehī”ti. “Signore, se avesse anche solo uno di questi fattori non potrebbe allenarsi sotto di me, figuriamoci tutti e cinque”

“Taṁ kiṁ maññasi, rājakumāra, “Cosa ne pensi, principe?

idha puriso āgaccheyya: Immagina che arrivi un uomo pensando:

‘bodhi rājakumāro hatthārūḷhaṁ aṅkusagayhaṁ sippaṁ jānāti; ‘Il principe Bodhi conosce l’arte del brandire il pungolo uncinato mentre cavalca un elefante.

tassāhaṁ santike hatthārūḷhaṁ aṅkusagayhaṁ sippaṁ sikkhissāmī’ti. Mi allenerò a quell’arte sotto di lui’.

So cassa saddho; Se ha fede,

yāvatakaṁ saddhena pattabbaṁ taṁ sampāpuṇeyya. raggiungerebbe ciò che può raggiungere attraverso la fede.

So cassa appābādho; Se è in salute,

yāvatakaṁ appābādhena pattabbaṁ taṁ sampāpuṇeyya. raggiungerebbe ciò che può raggiungere attraverso la buona salute.

So cassa asaṭho amāyāvī; Se è onesto e di integrità,

yāvatakaṁ asaṭhena amāyāvinā pattabbaṁ taṁ sampāpuṇeyya. raggiungerebbe ciò che può raggiungere attraverso la l’onestà e l’integrità.

So cassa āraddhavīriyo; Se è energico,

yāvatakaṁ āraddhavīriyena pattabbaṁ taṁ sampāpuṇeyya. raggiungerebbe ciò che può raggiungere attraverso l’energia.

So cassa paññavā; Se è saggio,

yāvatakaṁ paññavatā pattabbaṁ taṁ sampāpuṇeyya. raggiungerebbe ciò che può raggiungere attraverso la saggezza.

Taṁ kiṁ maññasi, rājakumāra, Cosa ne pensi, principe?

api nu so puriso tava santike hatthārūḷhaṁ aṅkusagayhaṁ sippaṁ sikkheyyā”ti? Quell’uomo potrebbe comunque allenarsi all’arte del brandire il pungolo uncinato mentre cavalca un elefante sotto di te?”

“Ekamekenāpi, bhante, aṅgena samannāgato so puriso mama santike hatthārūḷhaṁ aṅkusagayhaṁ sippaṁ sikkheyya, ko pana vādo pañcahaṅgehī”ti. “Signore, se avesse anche solo uno di questi fattori potrebbe allenarsi sotto di me, figuriamoci tutti e cinque”

“Evameva kho, rājakumāra, pañcimāni padhāniyaṅgāni. “Allo stesso modo, principe, ci sono cinque fattori che supportano l’impegno spirituale.

Katamāni pañca? Quali cinque?

Idha, rājakumāra, bhikkhu saddho hoti; saddahati tathāgatassa bodhiṁ: È quando un discepolo nobile ha fede nel risveglio del Realizzato:

‘itipi so bhagavā arahaṁ sammāsambuddho vijjācaraṇasampanno sugato lokavidū anuttaro purisadammasārathi satthā devamanussānaṁ buddho bhagavā’ti; ‘Il Beato è perfetto, un Buddha completamente risvegliato, esperto di conoscenza e condotta, santo, conoscitore del mondo, guida suprema per coloro che desiderano addestrarsi, insegnante di esseri celesti e umani, risvegliato, beato’.

appābādho hoti appātaṅko samavepākiniyā gahaṇiyā samannāgato nātisītāya nāccuṇhāya majjhimāya padhānakkhamāya; È raramente ammalato, o indisposto. Il suo stomaco digerisce bene, non essendo né troppo caldo né troppo freddo, ma giusto, e adatto al lavoro.

asaṭho hoti amāyāvī yathābhūtaṁ attānaṁ āvikattā satthari vā viññūsu vā sabrahmacārīsu; Non è disonesto o ingannevole. Si rivela onestamente al Maestro o ai compagni spirituali giudiziosi.

āraddhavīriyo viharati akusalānaṁ dhammānaṁ pahānāya kusalānaṁ dhammānaṁ upasampadāya, thāmavā daḷhaparakkamo anikkhittadhuro kusalesu dhammesu; Dimora con energia attiva al fine di abbandonare le cattive qualità e di sposare buone qualità. È forte, strenuamente vigoroso, non batte la fiacca quando si tratta di sviluppare buone qualità.

paññavā hoti udayatthagāminiyā paññāya samannāgato ariyāya nibbedhikāya sammādukkhakkhayagāminiyā. È saggio. Possiede la saggezza del sorgere e svanire che è nobile, penetrante, e porta alla completa eliminazione della sofferenza.

Imāni kho, rājakumāra, pañca padhāniyaṅgāni. Questi sono i cinque fattori che supportano l’impegno spirituale.

Imehi, rājakumāra, pañcahi padhāniyaṅgehi samannāgato bhikkhu tathāgataṁ vināyakaṁ labhamāno—Quando un monaco con questi cinque fattori che supportano l’impegno spirituale ha il Realizzato come istruttore, può

yassatthāya kulaputtā sammadeva agārasmā anagāriyaṁ pabbajanti, tadanuttaraṁ—brahmacariyapariyosānaṁ diṭṭheva dhamme sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja vihareyya satta vassāni. realizzare la suprema culminazione del percorso spirituale in sette anni.

Tiṭṭhantu, rājakumāra, satta vassāni. Figuriamoci sette anni,

Imehi pañcahi padhāniyaṅgehi samannāgato bhikkhu tathāgataṁ vināyakaṁ labhamāno—può

yassatthāya kulaputtā sammadeva agārasmā anagāriyaṁ pabbajanti, tadanuttaraṁ—brahmacariyapariyosānaṁ diṭṭheva dhamme sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja vihareyya chabbassāni … realizzare la suprema culminazione del percorso spirituale in sei anni,

pañca vassāni … cinque anni,

cattāri vassāni … quattro anni,

tīṇi vassāni … tre anni,

dve vassāni … due anni,

ekaṁ vassaṁ. o anche solo un anno.

Tiṭṭhatu, rājakumāra, ekaṁ vassaṁ. Figuriamoci un anno,

Imehi pañcahi padhāniyaṅgehi samannāgato bhikkhu tathāgataṁ vināyakaṁ labhamāno—Quando un monaco con questi cinque fattori che supportano l’impegno spirituale ha il Realizzato come istruttore, può

yassatthāya kulaputtā sammadeva agārasmā anagāriyaṁ pabbajanti, tadanuttaraṁ—brahmacariyapariyosānaṁ diṭṭheva dhamme sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja vihareyya satta māsāni. realizzare la suprema culminazione del percorso spirituale in sette mesi,

Tiṭṭhantu, rājakumāra, satta māsāni.

Imehi pañcahi padhāniyaṅgehi samannāgato bhikkhu tathāgataṁ vināyakaṁ labhamāno—

yassatthāya kulaputtā sammadeva agārasmā anagāriyaṁ pabbajanti, tadanuttaraṁ—

brahmacariyapariyosānaṁ diṭṭheva dhamme sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja vihareyya cha māsāni … sei mesi,

pañca māsāni … cinque mesi,

cattāri māsāni … quattro mesi,

tīṇi māsāni … tre mesi,

dve māsāni … due mesi,

ekaṁ māsaṁ … o anche solo un mese.

aḍḍhamāsaṁ. Due settimane,

Tiṭṭhatu, rājakumāra, aḍḍhamāso.

Imehi pañcahi padhāniyaṅgehi samannāgato bhikkhu tathāgataṁ vināyakaṁ labhamāno—

yassatthāya kulaputtā sammadeva agārasmā anagāriyaṁ pabbajanti, tadanuttaraṁ—

brahmacariyapariyosānaṁ diṭṭheva dhamme sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja vihareyya satta rattindivāni. sette giorni,

Tiṭṭhantu, rājakumāra, satta rattindivāni.

Imehi pañcahi padhāniyaṅgehi samannāgato bhikkhu tathāgataṁ vināyakaṁ labhamāno—

yassatthāya kulaputtā sammadeva agārasmā anagāriyaṁ pabbajanti, tadanuttaraṁ—

brahmacariyapariyosānaṁ diṭṭheva dhamme sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja vihareyya cha rattindivāni … sei giorni,

pañca rattindivāni … cinque giorni,

cattāri rattindivāni … quattro giorni,

tīṇi rattindivāni … tre giorni,

dve rattindivāni … due giorni,

ekaṁ rattindivaṁ. o anche solo un giorno.

Tiṭṭhatu, rājakumāra, eko rattindivo. Figuriamoci un giorno,

Imehi pañcahi padhāniyaṅgehi samannāgato bhikkhu tathāgataṁ vināyakaṁ labhamāno sāyamanusiṭṭho pāto visesaṁ adhigamissati, pātamanusiṭṭho sāyaṁ visesaṁ adhigamissatī”ti. Quando un monaco con questi cinque fattori che supportano l’impegno spirituale ha il Realizzato come istruttore, può essere istruito la sera e raggiungere distinzione la mattina, o essere istruito la mattina e raggiungere distinzione la sera”.

Evaṁ vutte, bodhi rājakumāro bhagavantaṁ etadavoca: Detto ciò, il principe Bodhi disse al Buddha:

“aho buddho, aho dhammo, aho dhammassa svākkhātatā. “Oh, il Buddha! Oh l’insegnamento! Oh, quanto è ben spiegato l’insegnamento!

Yatra hi nāma sāyamanusiṭṭho pāto visesaṁ adhigamissati, pātamanusiṭṭho sāyaṁ visesaṁ adhigamissatī”ti. Dato che si può venire istruiti la sera e raggiugnere distinzione la mattina, o venire istruiti la mattina e raggiungere distinzione la sera”.

Evaṁ vutte, sañjikāputto māṇavo bodhiṁ rājakumāraṁ etadavoca: Detto ciò, Sañjikāputta disse al principe Bodhi:

“evameva panāyaṁ bhavaṁ bodhi: “Anche se il Signor Bodhi dice così,

‘aho buddho, aho dhammo, aho dhammassa svākkhātatā’ti ca vadeti;

atha ca pana na taṁ bhavantaṁ gotamaṁ saraṇaṁ gacchati dhammañca bhikkhusaṅghañcā”ti. non prende rifugio nel Signor Gotama, nell’insegnamento, e nella comunità monastica”

“Mā hevaṁ, samma sañjikāputta, avaca; mā hevaṁ, samma sañjikāputta, avaca. “Non dire così, caro Sañjikāputta, non dire così!

Sammukhā metaṁ, samma sañjikāputta, ayyāya sutaṁ, sammukhā paṭiggahitaṁ”. Ho sentito e imparato questo in presenza di mia madre:

“Ekamidaṁ, samma sañjikāputta, samayaṁ bhagavā kosambiyaṁ viharati ghositārāme. una volta il Buddha dimorava vicino a Kosambī, nel monastero di Ghosita.

Atha kho me ayyā kucchimatī yena bhagavā tenupasaṅkami; upasaṅkamitvā bhagavantaṁ abhivādetvā ekamantaṁ nisīdi. Ekamantaṁ nisinnā kho me ayyā bhagavantaṁ etadavoca: Allora mia madre incinta andò dal Buddha, si inchinò, si sedette a lato, e gli disse:

‘yo me ayaṁ, bhante, kucchigato kumārako vā kumārikā vā so bhagavantaṁ saraṇaṁ gacchati dhammañca bhikkhusaṅghañca. ‘Signore, il principe o principessa nel mio grembo prende rifugio nel Buddha, nell’insegnamento, e nella comunità monastica.

Upāsakaṁ taṁ bhagavā dhāretu ajjatagge pāṇupetaṁ saraṇaṁ gatan’ti. Da oggi in poi, che il Buddha si ricordi del principe o principessa come discepoli laici che hanno preso rifugio a vita’.

Ekamidaṁ, samma sañjikāputta, samayaṁ bhagavā idheva bhaggesu viharati susumāragire bhesakaḷāvane migadāye. Un’altra volta il Buddha dimorava nella terra dei Bhagga sulla Collina del Coccodrillo, nel parco dei cervi del bosco di Bhesakaḷā.

Atha kho maṁ dhāti aṅkena haritvā yena bhagavā tenupasaṅkami; upasaṅkamitvā bhagavantaṁ abhivādetvā ekamantaṁ aṭṭhāsi. Ekamantaṁ ṭhitā kho maṁ dhāti bhagavantaṁ etadavoca: Allora la mia tata, portandomi in braccio, andò dal Buddha, si inchinò, si mise a lato, e gli disse:

‘ayaṁ, bhante, bodhi rājakumāro bhagavantaṁ saraṇaṁ gacchati dhammañca bhikkhusaṅghañca. ‘Signore, il principe Bodhi prende rifugio nel Buddha, nell’insegnamento, e nella comunità monastica.

Upāsakaṁ taṁ bhagavā dhāretu ajjatagge pāṇupetaṁ saraṇaṁ gatan’ti. Da oggi in poi, che il Buddha si ricordi di lui come un discepolo laico che ha preso rifugio a vita’.

Esāhaṁ, samma sañjikāputta, tatiyakampi bhagavantaṁ saraṇaṁ gacchāmi dhammañca bhikkhusaṅghañca. Ora, per la terza volta, prendo rifugio nel Buddha, nell’insegnamento, e nella comunità monastica.

Upāsakaṁ maṁ bhagavā dhāretu ajjatagge pāṇupetaṁ saraṇaṁ gatan”ti. Da oggi in poi, che il Buddha si ricordi di me come un discepolo laico che ha preso rifugio a vita”.

Bodhirājakumārasuttaṁ niṭṭhitaṁ pañcamaṁ.
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