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Majjhima Nikāya 77 Discorsi medi 77
Mahāsakuludāyisutta Il discorso più lungo con Sakuludāyī
Evaṁ me sutaṁ—Così ho sentito.
ekaṁ samayaṁ bhagavā rājagahe viharati veḷuvane kalandakanivāpe. Una volta il Buddha dimorava vicino a Rājagaha, nel bosco di bambù, il terreno dove gli scoiattoli venivano a mangiare.
Tena kho pana samayena sambahulā abhiññātā abhiññātā paribbājakā moranivāpe paribbājakārāme paṭivasanti, seyyathidaṁ—In quell’occasione vari erranti illustri risiedevano nel monastero degli erranti, nel terreno dove i pavoni venivano a mangiare.
annabhāro varadharo sakuludāyī ca paribbājako aññe ca abhiññātā abhiññātā paribbājakā. Tra loro c’erano Annabhāra, Varadhara, Sakuludāyī, e altri erranti illustri.
Atha kho bhagavā pubbaṇhasamayaṁ nivāsetvā pattacīvaramādāya rājagahaṁ piṇḍāya pāvisi. Al mattino il Buddha si vestì e, prendendo la propria ciotola e abito, entrò a Rājagaha per l’elemosina.
Atha kho bhagavato etadahosi: Poi pensò:
“atippago kho tāva rājagahe piṇḍāya carituṁ. “È troppo presto per vagare per l’elemosina a Rājagaha.
Yannūnāhaṁ yena moranivāpo paribbājakārāmo yena sakuludāyī paribbājako tenupasaṅkameyyan”ti. Perché non vado a trovare l’errante Sakuludāyī al monastero degli erranti, nel terreno dove i pavoni vengono a mangiare?”
Atha kho bhagavā yena moranivāpo paribbājakārāmo tenupasaṅkami. Allora il Buddha andò al monastero degli erranti.
Tena kho pana samayena sakuludāyī paribbājako mahatiyā paribbājakaparisāya saddhiṁ nisinno hoti unnādiniyā uccāsaddamahāsaddāya anekavihitaṁ tiracchānakathaṁ kathentiyā, seyyathidaṁ—In quell’occasione Sakuludāyī era seduto assieme a una grande assemblea di erranti facendo un gran trambusto, un terribile baccano. Conversavano su ogni tipo di argomento vile, come:
rājakathaṁ corakathaṁ mahāmattakathaṁ senākathaṁ bhayakathaṁ yuddhakathaṁ annakathaṁ pānakathaṁ vatthakathaṁ sayanakathaṁ mālākathaṁ gandhakathaṁ ñātikathaṁ yānakathaṁ gāmakathaṁ nigamakathaṁ nagarakathaṁ janapadakathaṁ itthikathaṁ sūrakathaṁ visikhākathaṁ kumbhaṭṭhānakathaṁ pubbapetakathaṁ nānattakathaṁ lokakkhāyikaṁ samuddakkhāyikaṁ itibhavābhavakathaṁ iti vā. conversazioni su re, banditi, e ministri; conversazioni su eserciti, minacce, e guerre; conversazioni su cibo, bevande, vestiti, e letti; conversazioni su collane e profumi; conversazioni su famiglia, veicoli, villaggi, cittadine, città, e Paesi; conversazioni su donne ed eroi, conversazioni da strada e pettegolezzi; conversazioni sui defunti, chiacchiere; storie di terra e mare; e conversazioni sull’esistenza in questo o quello stato.
Addasā kho sakuludāyī paribbājako bhagavantaṁ dūratova āgacchantaṁ. Sakuludāyī vide il Buddha arrivare da lontano
Disvāna sakaṁ parisaṁ saṇṭhāpeti: e zittì l’assemblea:
“appasaddā bhonto hontu; “Silenzio, cari signori, non fate rumore.
mā bhonto saddamakattha.
Ayaṁ samaṇo gotamo āgacchati; Arriva l’asceta Gotama.
appasaddakāmo kho pana so āyasmā appasaddassa vaṇṇavādī. Al venerabile piace la quiete e loda la quiete.
Appeva nāma appasaddaṁ parisaṁ viditvā upasaṅkamitabbaṁ maññeyyā”ti. Magari se nota che la nostra assemblea è in silenzio riterrà opportuno avvicinarsi”.
Atha kho te paribbājakā tuṇhī ahesuṁ. Quindi gli erranti taquero.
Atha kho bhagavā yena sakuludāyī paribbājako tenupasaṅkami. Allora il Buddha andò da Sakuludāyī,
Atha kho sakuludāyī paribbājako bhagavantaṁ etadavoca: che gli disse:
“etu kho, bhante, bhagavā. “Venga, Beato Signore!
Svāgataṁ, bhante, bhagavato. Benvenuto, Beato Signore!
Cirassaṁ kho, bhante, bhagavā imaṁ pariyāyamakāsi yadidaṁ idhāgamanāya. È molto tempo che non ha opportunità di venire qui.
Nisīdatu, bhante, bhagavā; Per favore, Signore, si sieda, il posto è pronto”.
idamāsanaṁ paññattan”ti.
Nisīdi bhagavā paññatte āsane. Il Buddha si sedette sul posto preparato,
Sakuludāyīpi kho paribbājako aññataraṁ nīcaṁ āsanaṁ gahetvā ekamantaṁ nisīdi. mentre Sakuludāyī prese un posto più basso e si sedette a lato.
Ekamantaṁ nisinnaṁ kho sakuludāyiṁ paribbājakaṁ bhagavā etadavoca: Il Buddha gli disse:
“Kāya nuttha, udāyi, etarahi kathāya sannisinnā, kā ca pana vo antarākathā vippakatā”ti? “Udāyī, di cosa stavate parlando mentre eravate seduti proprio ora? Che conversazione è stata interrotta?”
“Tiṭṭhatesā, bhante, kathā yāya mayaṁ etarahi kathāya sannisinnā. “Signore, lasci stare ciò di cui stavamo parlando mentre eravamo seduti proprio ora.
Nesā, bhante, kathā bhagavato dullabhā bhavissati pacchāpi savanāya. Non le sarà difficile sentirlo più tardi.
Purimāni, bhante, divasāni purimatarāni nānātitthiyānaṁ samaṇabrāhmaṇānaṁ kutūhalasālāyaṁ sannisinnānaṁ sannipatitānaṁ ayamantarākathā udapādi: Signore, qualche giorno fa parecchi asceti e bramini di varie religioni diverse erano seduti insieme nella sala del dibattito, e partì questa conversazione:
‘lābhā vata, bho, aṅgamagadhānaṁ, suladdhalābhā vata, bho, aṅgamagadhānaṁ. ‘La gente di Aṅga e Magadha è fortunata! La gente di Aṅga e Magadha è molto fortunata!
Tatrime samaṇabrāhmaṇā saṅghino gaṇino gaṇācariyā ñātā yasassino titthakarā sādhusammatā bahujanassa rājagahaṁ vassāvāsaṁ osaṭā. Poiché ci sono asceti e bramini che guidano un ordine e una comunità, e insegnano a una comunità. Sono fondatori religiosi illustri e famosi, ritenuti santi da molti. E risiedono qui a Rājagaha per la stagione delle piogge.
Ayampi kho pūraṇo kassapo saṅghī ceva gaṇī ca gaṇācariyo ca ñāto yasassī titthakaro sādhusammato bahujanassa; Tra loro ci sono Pūraṇa Kassapa,
sopi rājagahaṁ vassāvāsaṁ osaṭo.
Ayampi kho makkhali gosālo …pe… l’asceta dal bastone di bambù Gosāla,
ajito kesakambalo … Ajita dalla coperta di pelo,
pakudho kaccāyano … Pakudha Kaccāyana,
sañjayo belaṭṭhaputto … Sañjaya Belaṭṭhiputta,
nigaṇṭho nāṭaputto saṅghī ceva gaṇī ca gaṇācariyo ca ñāto yasassī titthakaro sādhusammato bahujanassa; e l’asceta Giainista del clan Ñātika.
sopi rājagahaṁ vassāvāsaṁ osaṭo.
Ayampi kho samaṇo gotamo saṅghī ceva gaṇī ca gaṇācariyo ca ñāto yasassī titthakaro sādhusammato bahujanassa; Anche l’asceta Gotama è il leader di un ordine e di una comunità, e insegna a una comunità. È un fondatore religioso illustre e famoso, ritenuto santo da molti.
sopi rājagahaṁ vassāvāsaṁ osaṭo. E anche lui risiede qui a Rājagaha per la stagione delle piogge.
Ko nu kho imesaṁ bhavataṁ samaṇabrāhmaṇānaṁ saṅghīnaṁ gaṇīnaṁ gaṇācariyānaṁ ñātānaṁ yasassinaṁ titthakarānaṁ sādhusammatānaṁ bahujanassa sāvakānaṁ sakkato garukato mānito pūjito, kañca pana sāvakā sakkatvā garuṁ katvā upanissāya viharantī’ti? Quale tra questi asceti e bramini è onorato, rispettato, riverito, e venerato dai propri discepoli? E come i suoi discepoli, onorandolo e rispettandolo, gli rimangono fedeli?’
Tatrekacce evamāhaṁsu: Alcuni di loro dissero:
‘ayaṁ kho pūraṇo kassapo saṅghī ceva gaṇī ca gaṇācariyo ca ñāto yasassī titthakaro sādhusammato bahujanassa; ‘Pūraṇa Kassapa è il leader di un ordine e di una comunità, e insegna ad una comunità. È un fondatore religioso illustre e famoso, ritenuto santo da molti.
so ca kho sāvakānaṁ na sakkato na garukato na mānito na pūjito, na ca pana pūraṇaṁ kassapaṁ sāvakā sakkatvā garuṁ katvā upanissāya viharanti. Ma non è onorato, rispettato, riverito, o venerato dai propri discepoli. E i suoi discepoli, non onorandolo o rispettandolo, non rimangono fedeli a lui.
Bhūtapubbaṁ pūraṇo kassapo anekasatāya parisāya dhammaṁ deseti. Una volta accadde che stava insegnando a un assemblea di molte centinaia.
Tatraññataro pūraṇassa kassapassa sāvako saddamakāsi: Poi un suo discepolo interruppe:
“mā bhonto pūraṇaṁ kassapaṁ etamatthaṁ pucchittha; “Miei cari signori, non chiedete a Pūraṇa Kassapa.
neso etaṁ jānāti; Lui non lo sa.
mayametaṁ jānāma, amhe etamatthaṁ pucchatha; Io lo so. Chiedete a me,
mayametaṁ bhavantānaṁ byākarissāmā”ti. e vi risponderò”.
Bhūtapubbaṁ pūraṇo kassapo bāhā paggayha kandanto na labhati: E Pūraṇa Kassapa non riuscì a risolvere la situazione, nemmeno agitando le braccia:
“appasaddā bhonto hontu, mā bhonto saddamakattha. “Silenzio, buoni signori, non fate rumore.
Nete, bhavante, pucchanti, amhe ete pucchanti; Non stanno chiedendo a te, stanno chiedendo a me!
mayametesaṁ byākarissāmā”ti. io vi risponderò!”.
Bahū kho pana pūraṇassa kassapassa sāvakā vādaṁ āropetvā apakkantā: Infatti, molti dei suoi discepoli l’hanno lasciato dopo aver confutato la sua dottrina:
“na tvaṁ imaṁ dhammavinayaṁ ājānāsi, ahaṁ imaṁ dhammavinayaṁ ājānāmi, kiṁ tvaṁ imaṁ dhammavinayaṁ ājānissasi? Micchāpaṭipanno tvamasi, ahamasmi sammāpaṭipanno, sahitaṁ me, asahitaṁ te, purevacanīyaṁ pacchā avaca, pacchāvacanīyaṁ pure avaca, adhiciṇṇaṁ te viparāvattaṁ, āropito te vādo, niggahitosi, cara vādappamokkhāya, nibbeṭhehi vā sace pahosī”ti. “Tu non capisci questo insegnamento e addestramento. Io capisco questo insegnamento e addestramento. Cosa? Tu capisci questo insegnamento e addestramento? Stai praticando male. Io sto praticando bene. Io rimango in tema, tu no. Hai detto per ultimo ciò che avresti dovuto dire per prima cosa. Hai detto per prima cosa ciò che avresti dovuto dire per ultimo. Ciò su cui hai pensato così tanto è stato smentito. La tua dottrina è confutata. Dai, salva la tua dottrina! Sei in trappola; prova a uscirne, se riesci!”
Iti pūraṇo kassapo sāvakānaṁ na sakkato na garukato na mānito na pūjito, na ca pana pūraṇaṁ kassapaṁ sāvakā sakkatvā garuṁ katvā upanissāya viharanti. È così che Pūraṇa Kassapa non è onorato, rispettato, riverito, o venerato dai propri discepoli. E i suoi discepoli, non onorandolo o rispettandolo, non rimangono fedeli a lui.
Akkuṭṭho ca pana pūraṇo kassapo dhammakkosenā’ti. Piuttosto, viene giustamente criticato’.
Ekacce evamāhaṁsu: Altri dissero:
‘ayampi kho makkhali gosālo …pe… ‘L’asceta dal bastone di bambù Gosāla …
ajito kesakambalo … Ajita dalla coperta di pelo …
pakudho kaccāyano … Pakudha Kaccāyana …
sañjayo belaṭṭhaputto … Sañjaya Belaṭṭhiputta …
nigaṇṭho nāṭaputto saṅghī ceva gaṇī ca gaṇācariyo ca ñāto yasassī titthakaro sādhusammato bahujanassa; L’asceta Giainista del clan Ñātika è il leader di un ordine e di una comunità, ed insegna ad una comunità. È un fondatore religioso illustre e famoso, ritenuto santo da molti.
so ca kho sāvakānaṁ na sakkato na garukato na mānito na pūjito, na ca pana nigaṇṭhaṁ nāṭaputtaṁ sāvakā sakkatvā garuṁ katvā upanissāya viharanti. Ma non è onorato, rispettato, riverito, o venerato dai propri discepoli. E i suoi discepoli, non onorandolo o rispettandolo, non rimangono fedeli a lui.
Bhūtapubbaṁ nigaṇṭho nāṭaputto anekasatāya parisāya dhammaṁ deseti. Una volta accadde che stava insegnando a un assemblea di molte centinaia.
Tatraññataro nigaṇṭhassa nāṭaputtassa sāvako saddamakāsi: Poi un suo discepolo interruppe:
“mā bhonto nigaṇṭhaṁ nāṭaputtaṁ etamatthaṁ pucchittha; “Miei cari signori, non chiedete al giainista Ñātika.
neso etaṁ jānāti; Lui non lo sa.
mayametaṁ jānāma, amhe etamatthaṁ pucchatha; Io lo so. Chiedete a me,
mayametaṁ bhavantānaṁ byākarissāmā”ti. e vi risponderò”.
Bhūtapubbaṁ nigaṇṭho nāṭaputto bāhā paggayha kandanto na labhati: E il giainista Ñātika non riuscì a risolvere la situazione, nemmeno agitando le braccia:
“appasaddā bhonto hontu, mā bhonto saddamakattha. “Silenzio, buoni signori, non fate rumore.
Nete bhavante pucchanti, amhe ete pucchanti; Non stanno chiedendo a te, stanno chiedendo a me!
mayametesaṁ byākarissāmā”ti. io vi risponderò!”.
Bahū kho pana nigaṇṭhassa nāṭaputtassa sāvakā vādaṁ āropetvā apakkantā: Infatti, molti dei suoi discepoli l’hanno lasciato dopo aver confutato la sua dottrina:
“na tvaṁ imaṁ dhammavinayaṁ ājānāsi, ahaṁ imaṁ dhammavinayaṁ ājānāmi. Kiṁ tvaṁ imaṁ dhammavinayaṁ ājānissasi? Micchāpaṭipanno tvamasi. Ahamasmi sammāpaṭipanno. Sahitaṁ me asahitaṁ te, purevacanīyaṁ pacchā avaca, pacchāvacanīyaṁ pure avaca, adhiciṇṇaṁ te viparāvattaṁ, āropito te vādo, niggahitosi, cara vādappamokkhāya, nibbeṭhehi vā sace pahosī”ti. “Tu non capisci questo insegnamento e addestramento. Io capisco questo insegnamento e addestramento. Cosa? Tu capisci questo insegnamento e addestramento? Stai praticando male. Io sto praticando bene. Io rimango in tema, tu no. Hai detto per ultimo ciò che avresti dovuto dire per prima cosa. Hai detto per prima cosa ciò che avresti dovuto dire per ultimo. Ciò su cui hai pensato così tanto è stato smentito. La tua dottrina è confutata. Dai, salva la tua dottrina! Sei in trappola; prova a uscirne, se riesci!”
Iti nigaṇṭho nāṭaputto sāvakānaṁ na sakkato na garukato na mānito na pūjito, na ca pana nigaṇṭhaṁ nāṭaputtaṁ sāvakā sakkatvā garuṁ katvā upanissāya viharanti. È così che il giainista Ñātika non è onorato, rispettato, riverito, o venerato dai propri discepoli. E i suoi discepoli, non onorandolo o rispettandolo, non rimangono fedeli a lui.
Akkuṭṭho ca pana nigaṇṭho nāṭaputto dhammakkosenā’ti. Piuttosto, viene giustamente criticato’.
Ekacce evamāhaṁsu: Altri dissero:
‘ayampi kho samaṇo gotamo saṅghī ceva gaṇī ca gaṇācariyo ca ñāto yasassī titthakaro sādhusammato bahujanassa; ‘L’asceta Gotama è il leader di un ordine e di una comunità, e insegna a una comunità. È un fondatore religioso illustre e famoso, ritenuto santo da molti.
so ca kho sāvakānaṁ sakkato garukato mānito pūjito, samaṇañca pana gotamaṁ sāvakā sakkatvā garuṁ katvā upanissāya viharanti. È onorato, rispettato, riverito, e venerato dai propri discepoli. E i suoi discepoli, onorandolo e rispettandolo, rimangono fedeli a lui.
Bhūtapubbaṁ samaṇo gotamo anekasatāya parisāya dhammaṁ desesi. Una volta accadde che stava insegnando a un assemblea di molte centinaia.
Tatraññataro samaṇassa gotamassa sāvako ukkāsi. Uno dei suoi discepoli si schiarì la gola.
Tamenāññataro sabrahmacārī jaṇṇukena ghaṭṭesi: E uno dei suoi compagni spirituali lo toccò col ginocchio a indicare:
“appasaddo āyasmā hotu, māyasmā saddamakāsi, satthā no bhagavā dhammaṁ desesī”ti. “Silenzio, venerabile, non fare rumore! Il nostro Maestro, il Beato, sta insegnando!”
Yasmiṁ samaye samaṇo gotamo anekasatāya parisāya dhammaṁ deseti, neva tasmiṁ samaye samaṇassa gotamassa sāvakānaṁ khipitasaddo vā hoti ukkāsitasaddo vā. Mentre l’asceta Gotama insegna ad assemblee di molte centinaia, non c’è rumore dei suoi discepoli che tossiscono o si schiariscono la gola.
Tamenaṁ mahājanakāyo paccāsīsamānarūpo paccupaṭṭhito hoti: La gente sta col fiato sospeso e pensa:
“yaṁ no bhagavā dhammaṁ bhāsissati taṁ no sossāmā”ti. “Qualunque cosa il Buddha insegni, la ascolteremo”
Seyyathāpi nāma puriso cātummahāpathe khuddamadhuṁ anelakaṁ pīḷeyya. È come quando c’è qualcuno a un incrocio che pressa del miele puro,
Tamenaṁ mahājanakāyo paccāsīsamānarūpo paccupaṭṭhito assa. e la gente sta col fiato sospeso.
Evameva yasmiṁ samaye samaṇo gotamo anekasatāya parisāya dhammaṁ deseti, neva tasmiṁ samaye samaṇassa gotamassa sāvakānaṁ khipitasaddo vā hoti ukkāsitasaddo vā. Allo stesso modo, mentre l’asceta Gotama insegna ad assemblee di molte centinaia, non c’è rumore dei suoi discepoli che tossiscono o si schiariscono la gola.
Tamenaṁ mahājanakāyo paccāsīsamānarūpo paccupaṭṭhito hoti: La gente sta col fiato sospeso e pensa:
“yaṁ no bhagavā dhammaṁ bhāsissati taṁ no sossāmā”ti. “Qualunque cosa il Buddha insegni, la ascolteremo”
Yepi samaṇassa gotamassa sāvakā sabrahmacārīhi sampayojetvā sikkhaṁ paccakkhāya hīnāyāvattanti tepi satthu ceva vaṇṇavādino honti, dhammassa ca vaṇṇavādino honti, saṅghassa ca vaṇṇavādino honti, attagarahinoyeva honti anaññagarahino, “mayamevamhā alakkhikā mayaṁ appapuññā te mayaṁ evaṁ svākkhāte dhammavinaye pabbajitvā nāsakkhimhā yāvajīvaṁ paripuṇṇaṁ parisuddhaṁ brahmacariyaṁ caritun”ti. Persino quando i discepoli dell’asceta Gotama, dopo essersi scontrati con i propri compagni spirituali, si dimettono dall’addestramento e tornano a vita inferiore, parlano solo bene del Maestro, dell’insegnamento, e della comunità monastica. Incolpano solo se stessi, non gli altri: “Siamo stati sfortunati, avevamo poco merito. Poiché persino dopo aver lasciato casa per un insegnamento e un addestramento così ben spiegati non fummo in grado di praticare a vita il percorso spirituale completo e puro”.
Te ārāmikabhūtā vā upāsakabhūtā vā pañcasikkhāpade samādāya vattanti. Diventano aiutanti da monastero, o discepoli laici, e continuano a seguire i cinque precetti.
Iti samaṇo gotamo sāvakānaṁ sakkato garukato mānito pūjito, samaṇañca pana gotamaṁ sāvakā sakkatvā garuṁ katvā upanissāya viharantī’”ti. È così che l’asceta Gotama è onorato, rispettato, riverito, e venerato dai propri discepoli. E i suoi discepoli, onorandolo e rispettandolo, rimangono fedeli a lui”.
“Kati pana tvaṁ, udāyi, mayi dhamme samanupassasi, yehi mamaṁ sāvakā sakkaronti garuṁ karonti mānenti pūjenti, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya viharantī”ti? “Ma, Udāyī, quante qualità vedi in me, grazie alle quali i miei discepoli mi onorano, rispettano, riveriscono, e venerano; e onorandomi e rispettandomi, rimangono fedeli a me?”
“Pañca kho ahaṁ, bhante, bhagavati dhamme samanupassāmi yehi bhagavantaṁ sāvakā sakkaronti garuṁ karonti mānenti pūjenti, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya viharanti. “Signore, vedo cinque di queste qualità nel Buddha.
Katame pañca? Quali cinque?
Bhagavā hi, bhante, appāhāro, appāhāratāya ca vaṇṇavādī. Il Buddha mangia poco e loda il mangiare poco.
Yampi, bhante, bhagavā appāhāro, appāhāratāya ca vaṇṇavādī imaṁ kho ahaṁ, bhante, bhagavati paṭhamaṁ dhammaṁ samanupassāmi yena bhagavantaṁ sāvakā sakkaronti garuṁ karonti mānenti pūjenti, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya viharanti. Questa è la prima qualità così che vedo nel Buddha.
Puna caparaṁ, bhante, bhagavā santuṭṭho itarītarena cīvarena, itarītaracīvarasantuṭṭhiyā ca vaṇṇavādī. Inoltre, il Buddha è soddisfatto di qualsiasi tipo di abito, e loda tale soddisfazione.
Yampi, bhante, bhagavā santuṭṭho itarītarena cīvarena, itarītaracīvarasantuṭṭhiyā ca vaṇṇavādī, imaṁ kho ahaṁ, bhante, bhagavati dutiyaṁ dhammaṁ samanupassāmi yena bhagavantaṁ sāvakā sakkaronti garuṁ karonti mānenti pūjenti, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya viharanti. Questa è la seconda qualità così che vedo nel Buddha.
Puna caparaṁ, bhante, bhagavā santuṭṭho itarītarena piṇḍapātena, itarītarapiṇḍapātasantuṭṭhiyā ca vaṇṇavādī. Inoltre, il Buddha è soddisfatto di qualsiasi tipo di cibo, e loda tale soddisfazione.
Yampi, bhante, bhagavā santuṭṭho itarītarena piṇḍapātena, itarītarapiṇḍapātasantuṭṭhiyā ca vaṇṇavādī, imaṁ kho ahaṁ, bhante, bhagavati tatiyaṁ dhammaṁ samanupassāmi yena bhagavantaṁ sāvakā sakkaronti garuṁ karonti mānenti pūjenti, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya viharanti. Questa è la terza qualità così che vedo nel Buddha.
Puna caparaṁ, bhante, bhagavā santuṭṭho itarītarena senāsanena, itarītarasenāsanasantuṭṭhiyā ca vaṇṇavādī. Inoltre, il Buddha è soddisfatto di qualsiasi tipo di riparo, e loda tale soddisfazione.
Yampi, bhante, bhagavā santuṭṭho itarītarena senāsanena, itarītarasenāsanasantuṭṭhiyā ca vaṇṇavādī, imaṁ kho ahaṁ, bhante, bhagavati catutthaṁ dhammaṁ samanupassāmi yena bhagavantaṁ sāvakā sakkaronti garuṁ karonti mānenti pūjenti, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya viharanti. Questa è la quarta qualità così che vedo nel Buddha.
Puna caparaṁ, bhante, bhagavā pavivitto, pavivekassa ca vaṇṇavādī. Inoltre, il Buddha è isolato, e loda l’isolamento.
Yampi, bhante, bhagavā pavivitto, pavivekassa ca vaṇṇavādī, imaṁ kho ahaṁ, bhante, bhagavati pañcamaṁ dhammaṁ samanupassāmi yena bhagavantaṁ sāvakā sakkaronti garuṁ karonti mānenti pūjenti, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya viharanti. Questa è la quinta qualità così che vedo nel Buddha.
Ime kho ahaṁ, bhante, bhagavati pañca dhamme samanupassāmi yehi bhagavantaṁ sāvakā sakkaronti garuṁ karonti mānenti pūjenti, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya viharantī”ti. Queste sono le cinque qualità che vedo nel Buddha, grazie alle quali i suoi discepoli lo onorano, rispettano, riveriscono, e venerano; e onorandolo e rispettandolo, rimangono fedeli a lui”
“‘Appāhāro samaṇo gotamo, appāhāratāya ca vaṇṇavādī’ti, iti ce maṁ, udāyi, sāvakā sakkareyyuṁ garuṁ kareyyuṁ māneyyuṁ pūjeyyuṁ, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya vihareyyuṁ, santi kho pana me, udāyi, sāvakā kosakāhārāpi aḍḍhakosakāhārāpi beluvāhārāpi aḍḍhabeluvāhārāpi. “Immagina, Udāyī, che i miei discepoli mi siano fedeli perché mangio poco. Beh, ci sono miei discepoli che mangiano solo una tazza di cibo, o mezza tazza; mangiano solo una mela, o mezza mela.
Ahaṁ kho pana, udāyi, appekadā iminā pattena samatittikampi bhuñjāmi bhiyyopi bhuñjāmi. Ma a volte io mangio persino questa ciotola piena fino all’orlo, o anche di più.
‘Appāhāro samaṇo gotamo, appāhāratāya ca vaṇṇavādī’ti, iti ce maṁ, udāyi, sāvakā sakkareyyuṁ garuṁ kareyyuṁ māneyyuṁ pūjeyyuṁ, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya vihareyyuṁ, ye te, udāyi, mama sāvakā kosakāhārāpi aḍḍhakosakāhārāpi beluvāhārāpi aḍḍhabeluvāhārāpi na maṁ te iminā dhammena sakkareyyuṁ garuṁ kareyyuṁ māneyyuṁ pūjeyyuṁ, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya vihareyyuṁ. Quindi se fosse vero che i miei discepoli mi sono fedeli perché mangio poco, allora quei discepoli che mangiano meno non mi sarebbero fedeli.
‘Santuṭṭho samaṇo gotamo itarītarena cīvarena, itarītaracīvarasantuṭṭhiyā ca vaṇṇavādī’ti, iti ce maṁ, udāyi, sāvakā sakkareyyuṁ garuṁ kareyyuṁ māneyyuṁ pūjeyyuṁ, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya vihareyyuṁ, santi kho pana me, udāyi, sāvakā paṁsukūlikā lūkhacīvaradharā te susānā vā saṅkārakūṭā vā pāpaṇikā vā nantakāni uccinitvā saṅghāṭiṁ karitvā dhārenti. Immagina, Udāyī, che i miei discepoli mi siano fedeli perché sono soddisfatto di qualsiasi tipo di abito. Beh, ci sono miei discepoli che hanno abiti di stracci, che indossano abiti trasandati. Raccolgono pezzi di stoffa dai cimiteri, dai cassonetti, e dai negozi, e li cuciono insieme per fare un abito e lo indossano.
Ahaṁ kho panudāyi, appekadā gahapaticīvarāni dhāremi daḷhāni satthalūkhāni alābulomasāni. Ma a volte io indosso abiti forti offerti dai laici, vicino a cui l’interno soffice di una zucca da fiasco è grossolano.
‘Santuṭṭho samaṇo gotamo itarītarena cīvarena, itarītaracīvarasantuṭṭhiyā ca vaṇṇavādī’ti, iti ce maṁ, udāyi, sāvakā sakkareyyuṁ garuṁ kareyyuṁ māneyyuṁ pūjeyyuṁ, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya vihareyyuṁ, ye te, udāyi, mama sāvakā paṁsukūlikā lūkhacīvaradharā te susānā vā saṅkārakūṭā vā pāpaṇikā vā nantakāni uccinitvā saṅghāṭiṁ karitvā dhārenti, na maṁ te iminā dhammena sakkareyyuṁ garuṁ kareyyuṁ māneyyuṁ pūjeyyuṁ, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya vihareyyuṁ. Quindi se fosse vero che i miei discepoli mi sono fedeli perché sono soddisfatto di qualsiasi tipo di abito, allora quei discepoli che indossano abiti di stracci non mi sarebbero fedeli.
‘Santuṭṭho samaṇo gotamo itarītarena piṇḍapātena, itarītarapiṇḍapātasantuṭṭhiyā ca vaṇṇavādī’ti, iti ce maṁ, udāyi, sāvakā sakkareyyuṁ garuṁ kareyyuṁ māneyyuṁ pūjeyyuṁ, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya vihareyyuṁ, santi kho pana me, udāyi, sāvakā piṇḍapātikā sapadānacārino uñchāsake vate ratā, te antaragharaṁ paviṭṭhā samānā āsanenapi nimantiyamānā na sādiyanti. Immagina, Udāyī, che i miei discepoli mi siano fedeli perché sono soddisfatto di qualsiasi tipo di cibo. Beh, ci sono miei discepoli che accettano solo elemosina, che vagano indiscriminatamente per l’elemosina, contenti di mangiarsi qualsiasi cosa racimolino. Una volta entrati in un’area abitata, non consentono se invitati a sedersi.
Ahaṁ kho panudāyi, appekadā nimantanepi bhuñjāmi sālīnaṁ odanaṁ vicitakāḷakaṁ anekasūpaṁ anekabyañjanaṁ. Ma a volte io vengo invitato a mangiare riso bollito raffinato con i grani scuri scartati e servito con varie zuppe e salse.
‘Santuṭṭho samaṇo gotamo itarītarena piṇḍapātena, itarītarapiṇḍapātasantuṭṭhiyā ca vaṇṇavādī’ti, iti ce maṁ, udāyi, sāvakā sakkareyyuṁ garuṁ kareyyuṁ māneyyuṁ pūjeyyuṁ, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya vihareyyuṁ, ye te, udāyi, mama sāvakā piṇḍapātikā sapadānacārino uñchāsake vate ratā te antaragharaṁ paviṭṭhā samānā āsanenapi nimantiyamānā na sādiyanti, na maṁ te iminā dhammena sakkareyyuṁ garuṁ kareyyuṁ māneyyuṁ pūjeyyuṁ, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya vihareyyuṁ. Quindi se fosse vero che i miei discepoli mi sono fedeli perché sono soddisfatto di qualsiasi tipo di cibo, allora quei discepoli che mangiano solo cibo elemosinato non mi sarebbero fedeli.
‘Santuṭṭho samaṇo gotamo itarītarena senāsanena, itarītarasenāsanasantuṭṭhiyā ca vaṇṇavādī’ti, iti ce maṁ, udāyi, sāvakā sakkareyyuṁ garuṁ kareyyuṁ māneyyuṁ pūjeyyuṁ, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya vihareyyuṁ, santi kho pana me, udāyi, sāvakā rukkhamūlikā abbhokāsikā, te aṭṭhamāse channaṁ na upenti. Immagina, Udāyī, che i miei discepoli mi siano fedeli perché sono soddisfatto di qualsiasi tipo di riparo. Beh, ci sono miei discepoli che dimorano alla radice degli alberi, o all’aria aperta. Per otto mesi non hanno un tetto sopra la testa.
Ahaṁ kho panudāyi, appekadā kūṭāgāresupi viharāmi ullittāvalittesu nivātesu phusitaggaḷesu pihitavātapānesu. Ma a volte io sto in bungalow rivestiti dentro e fuori, senza spifferi, con catenacci agganciati e finestre chiuse.
‘Santuṭṭho samaṇo gotamo itarītarena senāsanena, itarītarasenāsanasantuṭṭhiyā ca vaṇṇavādī’ti, iti ce maṁ, udāyi, sāvakā sakkareyyuṁ garuṁ kareyyuṁ māneyyuṁ pūjeyyuṁ, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya vihareyyuṁ, ye te, udāyi, mama sāvakā rukkhamūlikā abbhokāsikā te aṭṭhamāse channaṁ na upenti, na maṁ te iminā dhammena sakkareyyuṁ garuṁ kareyyuṁ māneyyuṁ pūjeyyuṁ, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya vihareyyuṁ. Quindi se fosse vero che i miei discepoli mi sono fedeli perché sono soddisfatto di qualsiasi tipo di riparo, allora quei discepoli che vivono alla radice degli alberi non mi sarebbero fedeli.
‘Pavivitto samaṇo gotamo, pavivekassa ca vaṇṇavādī’ti, iti ce maṁ, udāyi, sāvakā sakkareyyuṁ garuṁ kareyyuṁ māneyyuṁ pūjeyyuṁ, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya vihareyyuṁ, santi kho pana me, udāyi, sāvakā āraññikā pantasenāsanā araññavanapatthāni pantāni senāsanāni ajjhogāhetvā viharanti, te anvaddhamāsaṁ saṅghamajjhe osaranti pātimokkhuddesāya. Immagina, Udāyī, che i miei discepoli mi siano fedeli perché sono isolato e lodo l’isolamento. Beh, ci sono miei discepoli che dimorano nella natura, in ripari remoti. Dopo essersi avventurati profondamente in ripari remoti nella natura e nella foresta, dimorano lì, tornando tra la comunità monastica ogni due settimane per la recita della regola monastica.
Ahaṁ kho panudāyi, appekadā ākiṇṇo viharāmi bhikkhūhi bhikkhunīhi upāsakehi upāsikāhi raññā rājamahāmattehi titthiyehi titthiyasāvakehi. Ma a volte io vivo circondato da monaci, monache, laici, e laiche; da sovrani e i loro ministri, e da praticanti di altri religioni e i loro discepoli.
‘Pavivitto samaṇo gotamo, pavivekassa ca vaṇṇavādī’ti, iti ce maṁ, udāyi, sāvakā sakkareyyuṁ garuṁ kareyyuṁ māneyyuṁ pūjeyyuṁ, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya vihareyyuṁ. Ye te, udāyi, mama sāvakā āraññakā pantasenāsanā araññavanapatthāni pantāni senāsanāni ajjhogāhetvā viharanti te anvaddhamāsaṁ saṅghamajjhe osaranti pātimokkhuddesāya, na maṁ te iminā dhammena sakkareyyuṁ garuṁ kareyyuṁ māneyyuṁ pūjeyyuṁ, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya vihareyyuṁ. Quindi se fosse vero che i miei discepoli mi sono fedeli perché sono isolato e lodo l’isolamento, allora quei discepoli che vivono nella natura non mi sarebbero fedeli.
Iti kho, udāyi, na mamaṁ sāvakā imehi pañcahi dhammehi sakkaronti garuṁ karonti mānenti pūjenti, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya viharanti. Quindi, Udāyī, non è per queste cinque qualità che i miei discepoli mi onorano, rispettano, riveriscono, e venerano; e onorandomi e rispettandomi, rimangono fedeli a me.
Atthi kho, udāyi, aññe ca pañca dhammā yehi pañcahi dhammehi mamaṁ sāvakā sakkaronti garuṁ karonti mānenti pūjenti, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya viharanti. Ci sono altre cinque qualità grazie alle quali i miei discepoli mi onorano, rispettano, riveriscono, e venerano; e onorandomi e rispettandomi, rimangono fedeli a me.
Katame pañca? Quali cinque?
Idhudāyi, mamaṁ sāvakā adhisīle sambhāventi: Primo, i miei discepoli mi stimano per il mio alto livello di etica:
‘sīlavā samaṇo gotamo paramena sīlakkhandhena samannāgato’ti. ‘L’asceta Gotama è morale. Possiede l’intera gamma di condotta morale al massimo livello’.
Yampudāyi, mamaṁ sāvakā adhisīle sambhāventi: Dato che è così,
‘sīlavā samaṇo gotamo paramena sīlakkhandhena samannāgato’ti, ayaṁ kho, udāyi, paṭhamo dhammo yena mamaṁ sāvakā sakkaronti garuṁ karonti mānenti pūjenti, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya viharanti. Questa è la prima qualità grazie alla quale i miei discepoli mi sono fedeli.
Puna caparaṁ, udāyi, mamaṁ sāvakā abhikkante ñāṇadassane sambhāventi: Inoltre, i miei discepoli mi stimano per la mia eccellente conoscenza e visione:
‘jānaṁyevāha samaṇo gotamo—jānāmīti, ‘L’asceta Gotama dice di conoscere solo quando davvero conosce.
passaṁyevāha samaṇo gotamo—passāmīti; Dice di vedere solo quando vede davvero.
abhiññāya samaṇo gotamo dhammaṁ deseti no anabhiññāya; Insegna attraverso conoscenza diretta, non senza conoscenza diretta.
sanidānaṁ samaṇo gotamo dhammaṁ deseti no anidānaṁ; Insegna basandosi sulla ragione, non senza ragione.
sappāṭihāriyaṁ samaṇo gotamo dhammaṁ deseti no appāṭihāriyan’ti. Insegna con una base dimostrabile, non senza base dimostrabile’.
Yampudāyi, mamaṁ sāvakā abhikkante ñāṇadassane sambhāventi: Dato che è così,
‘jānaṁyevāha samaṇo gotamo—jānāmīti,
passaṁyevāha samaṇo gotamo—passāmīti;
abhiññāya samaṇo gotamo dhammaṁ deseti no anabhiññāya;
sanidānaṁ samaṇo gotamo dhammaṁ deseti no anidānaṁ;
sappāṭihāriyaṁ samaṇo gotamo dhammaṁ deseti no appāṭihāriyan’ti, ayaṁ kho, udāyi, dutiyo dhammo yena mamaṁ sāvakā sakkaronti garuṁ karonti mānenti pūjenti, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya viharanti. Questa è la seconda qualità grazie alla quale i miei discepoli mi sono fedeli.
Puna caparaṁ, udāyi, mamaṁ sāvakā adhipaññāya sambhāventi: Inoltre, i miei discepoli mi stimano per il mio alto livello di saggezza:
‘paññavā samaṇo gotamo paramena paññākkhandhena samannāgato; ‘L’asceta Gotama è saggio. Possiede l’intera gamma di saggezza al massimo livello.
taṁ vata anāgataṁ vādapathaṁ na dakkhati, uppannaṁ vā parappavādaṁ na sahadhammena suniggahitaṁ niggaṇhissatīti—netaṁ ṭhānaṁ vijjati’. Non è possibile che non riesca a prevedere basi per critiche future, o che non sia in grado di confutare legittimamente e completamente le dottrine altrui’.
Taṁ kiṁ maññasi, udāyi, Cosa ne pensi, Udāyī?
api nu me sāvakā evaṁ jānantā evaṁ passantā antarantarā kathaṁ opāteyyun”ti? Pensi che i miei discepoli, conoscendo e vedendo questo, rompano il silenzio o mi interrompano?”
“No hetaṁ, bhante”. “No, Signore”
“Na kho panāhaṁ, udāyi, sāvakesu anusāsaniṁ paccāsīsāmi; “È perché non mi aspetto di venire istruito dai miei discepoli.
aññadatthu mamayeva sāvakā anusāsaniṁ paccāsīsanti. Al contrario, i miei discepoli si aspettano di venire istruiti da me.
Yampudāyi, mamaṁ sāvakā adhipaññāya sambhāventi: Dato che è così,
‘paññavā samaṇo gotamo paramena paññākkhandhena samannāgato;
taṁ vata anāgataṁ vādapathaṁ na dakkhati, uppannaṁ vā parappavādaṁ na sahadhammena niggahitaṁ niggaṇhissatīti—
netaṁ ṭhānaṁ vijjati’.
Ayaṁ kho, udāyi, tatiyo dhammo yena mamaṁ sāvakā sakkaronti garuṁ karonti mānenti pūjenti, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya viharanti. Questa è la terza qualità grazie alla quale i miei discepoli mi sono fedeli.
Puna caparaṁ, udāyi, mama sāvakā yena dukkhena dukkhotiṇṇā dukkhaparetā te maṁ upasaṅkamitvā dukkhaṁ ariyasaccaṁ pucchanti, tesāhaṁ dukkhaṁ ariyasaccaṁ puṭṭho byākaromi, tesāhaṁ cittaṁ ārādhemi pañhassa veyyākaraṇena; Inoltre, i miei discepoli vengono da me e mi chiedono come la nobile verità della sofferenza si applica alla sofferenza in cui sono sommersi e incastrati. E io do loro una risposta soddisfacente.
te maṁ dukkhasamudayaṁ … Mi chiedono come la nobile verità dell’origine della sofferenza,
dukkhanirodhaṁ … della cessazione della sofferenza,
dukkhanirodhagāminiṁ paṭipadaṁ ariyasaccaṁ pucchanti, tesāhaṁ dukkhanirodhagāminiṁ paṭipadaṁ ariyasaccaṁ puṭṭho byākaromi, tesāhaṁ cittaṁ ārādhemi pañhassa veyyākaraṇena. del percorso che porta alla cessazione della sofferenza si applica alla sofferenza in cui sono sommersi e incastrati. E io do loro una risposta soddisfacente.
Yampudāyi, mama sāvakā yena dukkhena dukkhotiṇṇā dukkhaparetā te maṁ upasaṅkamitvā dukkhaṁ ariyasaccaṁ pucchanti, tesāhaṁ dukkhaṁ ariyasaccaṁ puṭṭho byākaromi, tesāhaṁ cittaṁ ārādhemi pañhassa veyyākaraṇena. Dato che è così,
Te maṁ dukkhasamudayaṁ …
dukkhanirodhaṁ …
dukkhanirodhagāminiṁ paṭipadaṁ ariyasaccaṁ pucchanti.
Tesāhaṁ dukkhanirodhagāminiṁ paṭipadaṁ ariyasaccaṁ puṭṭho byākaromi.
Tesāhaṁ cittaṁ ārādhemi pañhassa veyyākaraṇena.
Ayaṁ kho, udāyi, catuttho dhammo yena mamaṁ sāvakā sakkaronti garuṁ karonti mānenti pūjenti, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya viharanti. Questa è la quarta qualità grazie alla quale i miei discepoli mi sono fedeli.
Puna caparaṁ, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā cattāro satipaṭṭhāne bhāventi. Inoltre, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere per sviluppare le quattro basi della consapevolezza.
Idhudāyi, bhikkhu kāye kāyānupassī viharati ātāpī sampajāno satimā vineyya loke abhijjhādomanassaṁ; È quando un monaco dimora contemplando un aspetto del corpo, fervido, presente, e consapevole, senza attrazione o fastidio nei confronti del mondo.
vedanāsu vedanānupassī viharati … Dimora contemplando un aspetto delle sensazioni …
citte cittānupassī viharati … della mente …
dhammesu dhammānupassī viharati ātāpī sampajāno satimā vineyya loke abhijjhādomanassaṁ. dei principi, fervido, presente, e consapevole, senza attrazione o fastidio nei confronti del mondo.
Tatra ca pana me sāvakā bahū abhiññāvosānapāramippattā viharanti. E molti dei miei discepoli dimorano così, avendo raggiunto la perfezione e l’adempimento della conoscenza diretta.
Puna caparaṁ, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā cattāro sammappadhāne bhāventi. Inoltre, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere per sviluppare i quattro sforzi corretti.
Idhudāyi, bhikkhu anuppannānaṁ pāpakānaṁ akusalānaṁ dhammānaṁ anuppādāya chandaṁ janeti, vāyamati, vīriyaṁ ārabhati, cittaṁ paggaṇhāti, padahati; È quando un monaco genera entusiasmo, ci prova, fa uno sforzo, esercita la mente, e lavora in modo che le qualità malvagie e cattive non si manifestino.
uppannānaṁ pāpakānaṁ akusalānaṁ dhammānaṁ pahānāya chandaṁ janeti, vāyamati, vīriyaṁ ārabhati, cittaṁ paggaṇhāti, padahati; Genera entusiasmo, ci prova, fa uno sforzo, esercita la mente, e lavora in modo che le qualità malvagie e cattive manifestate vengano abbandonate.
anuppannānaṁ kusalānaṁ dhammānaṁ uppādāya chandaṁ janeti, vāyamati, vīriyaṁ ārabhati, cittaṁ paggaṇhāti, padahati; Genera entusiasmo, ci prova, fa uno sforzo, esercita la mente, e lavora in modo che le qualità buone si manifestino.
uppannānaṁ kusalānaṁ dhammānaṁ ṭhitiyā asammosāya bhiyyobhāvāya vepullāya bhāvanāya pāripūriyā chandaṁ janeti, vāyamati, vīriyaṁ ārabhati, cittaṁ paggaṇhāti, padahati. Genera entusiasmo, ci prova, fa uno sforzo, esercita la mente, e lavora in modo che le buone qualità manifestate rimangano, non vengano perse, ma aumentino, maturino, e vengano adempite attraverso lo sviluppo.
Tatra ca pana me sāvakā bahū abhiññāvosānapāramippattā viharanti. E molti dei miei discepoli dimorano così, avendo raggiunto la perfezione e l’adempimento della conoscenza diretta.
Puna caparaṁ, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā cattāro iddhipāde bhāventi. Inoltre, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere per sviluppare le quattro basi dei poteri psichici.
Idhudāyi, bhikkhu chandasamādhipadhānasaṅkhārasamannāgataṁ iddhipādaṁ bhāveti, Sviluppa la base dei poteri psichici che ha concentrazione causata dall’entusiasmo, e sforzo attivo;
vīriyasamādhipadhānasaṅkhārasamannāgataṁ iddhipādaṁ bhāveti, sviluppa la base dei poteri psichici che ha concentrazione causata dall’energia, e sforzo attivo;
cittasamādhipadhānasaṅkhārasamannāgataṁ iddhipādaṁ bhāveti, sviluppa la base dei poteri psichici che ha concentrazione causata dallo sviluppo, e sforzo attivo;
vīmaṁsāsamādhipadhānasaṅkhārasamannāgataṁ iddhipādaṁ bhāveti. sviluppa la base dei poteri psichici che ha concentrazione causata dall’indagine, e sforzo attivo. E il quinto è il vigore puro.
Tatra ca pana me sāvakā bahū abhiññāvosānapāramippattā viharanti. E molti dei miei discepoli dimorano così, avendo raggiunto la perfezione e l’adempimento della conoscenza diretta.
Puna caparaṁ, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā pañcindriyāni bhāventi. Inoltre, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere per sviluppare le cinque facoltà.
Idhudāyi, bhikkhu saddhindriyaṁ bhāveti upasamagāmiṁ sambodhagāmiṁ; È quando un monaco sviluppa la facoltà della fede,
vīriyindriyaṁ bhāveti …pe… dell’energia,
satindriyaṁ bhāveti … della consapevolezza,
samādhindriyaṁ bhāveti … della concentrazione,
paññindriyaṁ bhāveti upasamagāmiṁ sambodhagāmiṁ. e della saggezza, che portano alla pace e al risveglio.
Tatra ca pana me sāvakā bahū abhiññāvosānapāramippattā viharanti. E molti dei miei discepoli dimorano così, avendo raggiunto la perfezione e l’adempimento della conoscenza diretta.
Puna caparaṁ, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā pañca balāni bhāventi. Inoltre, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere per sviluppare i cinque poteri.
Idhudāyi, bhikkhu saddhābalaṁ bhāveti upasamagāmiṁ sambodhagāmiṁ; È quando un monaco sviluppa il potere della fede,
vīriyabalaṁ bhāveti …pe… dell’energia,
satibalaṁ bhāveti … della consapevolezza,
samādhibalaṁ bhāveti … della concentrazione,
paññābalaṁ bhāveti upasamagāmiṁ sambodhagāmiṁ. e della saggezza, che portano alla pace e al risveglio.
Tatra ca pana me sāvakā bahū abhiññāvosānapāramippattā viharanti. E molti dei miei discepoli dimorano così, avendo raggiunto la perfezione e l’adempimento della conoscenza diretta.
Puna caparaṁ, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā sattabojjhaṅge bhāventi. Inoltre, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere per sviluppare i sette fattori di risveglio.
Idhudāyi, bhikkhu satisambojjhaṅgaṁ bhāveti vivekanissitaṁ virāganissitaṁ nirodhanissitaṁ vossaggapariṇāmiṁ; È quando un monaco sviluppa il fattore di risveglio della consapevolezza,
dhammavicayasambojjhaṅgaṁ bhāveti …pe… dell’investigazione dei fenomeni,
vīriyasambojjhaṅgaṁ bhāveti … dell’energia,
pītisambojjhaṅgaṁ bhāveti … dell’euforia,
passaddhisambojjhaṅgaṁ bhāveti … della tranquillità,
samādhisambojjhaṅgaṁ bhāveti … della concentrazione,
upekkhāsambojjhaṅgaṁ bhāveti vivekanissitaṁ virāganissitaṁ nirodhanissitaṁ vossaggapariṇāmiṁ. e dell’equanimità, che sono supportati dall’isolamento, dallo svanire dell’avidità, dalla cessazione, e maturano nel distacco.
Tatra ca pana me sāvakā bahū abhiññāvosānapāramippattā viharanti. E molti dei miei discepoli dimorano così, avendo raggiunto la perfezione e l’adempimento della conoscenza diretta.
Puna caparaṁ, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā ariyaṁ aṭṭhaṅgikaṁ maggaṁ bhāventi. Inoltre, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere per sviluppare il nobile ottuplice sentiero.
Idhudāyi, bhikkhu sammādiṭṭhiṁ bhāveti, sammāsaṅkappaṁ bhāveti, sammāvācaṁ bhāveti, sammākammantaṁ bhāveti, sammāājīvaṁ bhāveti, sammāvāyāmaṁ bhāveti, sammāsatiṁ bhāveti, sammāsamādhiṁ bhāveti. È quando un monaco sviluppa opinione corretta, pensiero corretto, linguaggio corretto, azione corretta, sostentamento corretto, sforzo corretto, consapevolezza corretta, e concentrazione corretta.
Tatra ca pana me sāvakā bahū abhiññāvosānapāramippattā viharanti. E molti dei miei discepoli dimorano così, avendo raggiunto la perfezione e l’adempimento della conoscenza diretta.
Puna caparaṁ, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā aṭṭha vimokkhe bhāventi. Inoltre, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere per sviluppare le otto liberazioni.
Rūpī rūpāni passati, Avendo forma, vede forme.
ayaṁ paṭhamo vimokkho; Questa è la prima liberazione.
ajjhattaṁ arūpasaññī bahiddhā rūpāni passati, Non percependo forme internamente, vede forme esternamente.
ayaṁ dutiyo vimokkho; Questa è la seconda liberazione.
subhanteva adhimutto hoti, Vede tutto bello.
ayaṁ tatiyo vimokkho; Questa è la terza liberazione.
sabbaso rūpasaññānaṁ samatikkamā paṭighasaññānaṁ atthaṅgamā nānattasaññānaṁ amanasikārā ‘ananto ākāso’ti ākāsānañcāyatanaṁ upasampajja viharati, Andando totalmente oltre ogni percezione della materia, mettendo fine alle percezioni di impatto sensoriale, non concentrandosi su percezioni di diversità, percependo che ‘lo spazio è infinito’, raggiunge e dimora nella dimensione dello spazio infinito.
ayaṁ catuttho vimokkho; Questa è la quarta liberazione.
sabbaso ākāsānañcāyatanaṁ samatikkamma ‘anantaṁ viññāṇan’ti viññāṇañcāyatanaṁ upasampajja viharati, Andando totalmente oltre la dimensione dello spazio infinito, percependo che ‘la coscienza è infinita’, raggiunge e dimora nella dimensione della coscienza infinita.
ayaṁ pañcamo vimokkho; Questa è la quinta liberazione.
sabbaso viññāṇañcāyatanaṁ samatikkamma ‘natthi kiñcī’ti ākiñcaññāyatanaṁ upasampajja viharati, Andando totalmente oltre la dimensione della coscienza infinita, percependo che ‘non c’è nulla in assoluto’, raggiunge e dimora nella dimensione del nulla.
ayaṁ chaṭṭho vimokkho; Questa è la sesta liberazione.
sabbaso ākiñcaññāyatanaṁ samatikkamma nevasaññānāsaññāyatanaṁ upasampajja viharati, Andando totalmente oltre la dimensione del nulla, raggiunge e dimora nella dimensione della né percezione né non-percezione.
ayaṁ sattamo vimokkho; Questa è la settima liberazione.
sabbaso nevasaññānāsaññāyatanaṁ samatikkamma saññāvedayitanirodhaṁ upasampajja viharati, Andando totalmente oltre la dimensione della né percezione né non-percezione, raggiunge e dimora nella cessazione di percezione e sensazione.
ayaṁ aṭṭhamo vimokkho. Questa è l’ottava liberazione.
Tatra ca pana me sāvakā bahū abhiññāvosānapāramippattā viharanti. E molti dei miei discepoli dimorano così, avendo raggiunto la perfezione e l’adempimento della conoscenza diretta.
Puna caparaṁ, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā aṭṭha abhibhāyatanāni bhāventi. Inoltre, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere per sviluppare le otto dimensioni di padronanza.
Ajjhattaṁ rūpasaññī eko bahiddhā rūpāni passati parittāni suvaṇṇadubbaṇṇāni. Percependo forme internamente, vede forme esternamente, limitate, sia belle che brutte.
‘Tāni abhibhuyya jānāmi, passāmī’ti evaṁ saññī hoti. Padroneggiandole, percepisce: ‘Conosco e vedo’.
Idaṁ paṭhamaṁ abhibhāyatanaṁ. Questa è la prima dimensione di padronanza.
Ajjhattaṁ rūpasaññī eko bahiddhā rūpāni passati appamāṇāni suvaṇṇadubbaṇṇāni. Percependo forme internamente, vede forme esternamente, illimitate, sia belle che brutte.
‘Tāni abhibhuyya jānāmi, passāmī’ti evaṁ saññī hoti. Padroneggiandole, percepisce: ‘Conosco e vedo’.
Idaṁ dutiyaṁ abhibhāyatanaṁ. Questa è la seconda dimensione di padronanza.
Ajjhattaṁ arūpasaññī eko bahiddhā rūpāni passati parittāni suvaṇṇadubbaṇṇāni. Non percependo forme internamente, vede forme esternamente, limitate, sia belle che brutte.
‘Tāni abhibhuyya jānāmi, passāmī’ti evaṁ saññī hoti. Padroneggiandole, percepisce: ‘Conosco e vedo’.
Idaṁ tatiyaṁ abhibhāyatanaṁ. Questa è la terza dimensione di padronanza.
Ajjhattaṁ arūpasaññī eko bahiddhā rūpāni passati appamāṇāni suvaṇṇadubbaṇṇāni. Non percependo forme internamente, vede forme esternamente, illimitate, sia belle che brutte.
‘Tāni abhibhuyya jānāmi, passāmī’ti evaṁ saññī hoti. Padroneggiandole, percepisce: ‘Conosco e vedo’.
Idaṁ catutthaṁ abhibhāyatanaṁ. Questa è la quarta dimensione di padronanza.
Ajjhattaṁ arūpasaññī eko bahiddhā rūpāni passati nīlāni nīlavaṇṇāni nīlanidassanāni nīlanibhāsāni. Non percependo forme internamente, vede forme esternamente, blu, di colore blu, di tinta blu.
Seyyathāpi nāma umāpupphaṁ nīlaṁ nīlavaṇṇaṁ nīlanidassanaṁ nīlanibhāsaṁ, seyyathā vā pana taṁ vatthaṁ bārāṇaseyyakaṁ ubhatobhāgavimaṭṭhaṁ nīlaṁ nīlavaṇṇaṁ nīlanidassanaṁ nīlanibhāsaṁ; Sono come un fiore di lino blu, di colore blu, di tinta blu. O come una stoffa di Varanasi stirata da entrambi i lati, blu, di colore blue, di tinta blu.
evameva ajjhattaṁ arūpasaññī eko bahiddhā rūpāni passati nīlāni nīlavaṇṇāni nīlanidassanāni nīlanibhāsāni. Allo stesso modo, non percependo forme internamente, vede forme esternamente, blu, di colore blu, di tinta blu.
‘Tāni abhibhuyya jānāmi, passāmī’ti evaṁ saññī hoti. Padroneggiandole, percepisce: ‘Conosco e vedo’.
Idaṁ pañcamaṁ abhibhāyatanaṁ. Questa è la quinta dimensione di padronanza.
Ajjhattaṁ arūpasaññī eko bahiddhā rūpāni passati pītāni pītavaṇṇāni pītanidassanāni pītanibhāsāni. Non percependo forme internamente, vede forme esternamente, gialle, di colore giallo, di tinta gialla.
Seyyathāpi nāma kaṇikārapupphaṁ pītaṁ pītavaṇṇaṁ pītanidassanaṁ pītanibhāsaṁ, seyyathā vā pana taṁ vatthaṁ bārāṇaseyyakaṁ ubhatobhāgavimaṭṭhaṁ pītaṁ pītavaṇṇaṁ pītanidassanaṁ pītanibhāsaṁ; Sono come un fiore di champaca giallo, di colore giallo, di tinta gialla. O come una stoffa di Varanasi stirata da entrambi i lati, gialla, di colore giallo, di tinta gialla.
evameva ajjhattaṁ arūpasaññī eko bahiddhā rūpāni passati pītāni pītavaṇṇāni pītanidassanāni pītanibhāsāni. Allo stesso modo, non percependo forme internamente, vede forme esternamente, gialle, di colore giallo, di tinta gialla.
‘Tāni abhibhuyya jānāmi, passāmī’ti evaṁ saññī hoti. Padroneggiandole, percepisce: ‘Conosco e vedo’.
Idaṁ chaṭṭhaṁ abhibhāyatanaṁ. Questa è la sesta dimensione di padronanza.
Ajjhattaṁ arūpasaññī eko bahiddhā rūpāni passati lohitakāni lohitakavaṇṇāni lohitakanidassanāni lohitakanibhāsāni. Non percependo forme internamente, vede forme esternamente, rosse, di colore rosso, di tinta rossa.
Seyyathāpi nāma bandhujīvakapupphaṁ lohitakaṁ lohitakavaṇṇaṁ lohitakanidassanaṁ lohitakanibhāsaṁ, seyyathā vā pana taṁ vatthaṁ bārāṇaseyyakaṁ ubhatobhāgavimaṭṭhaṁ lohitakaṁ lohitakavaṇṇaṁ lohitakanidassanaṁ lohitakanibhāsaṁ; Sono come un fiore di malva rosso, di colore rosso, di tinta rossa. O come una stoffa di Varanasi stirata da entrambi i lati, rossa, di colore rosso, di tinta rossa.
evameva ajjhattaṁ arūpasaññī eko bahiddhā rūpāni passati lohitakāni lohitakavaṇṇāni lohitakanidassanāni lohitakanibhāsāni. Allo stesso modo, non percependo forme internamente, vede forme esternamente, rosse, di colore rosso, di tinta rossa.
‘Tāni abhibhuyya jānāmi, passāmī’ti evaṁ saññī hoti. Padroneggiandole, percepisce: ‘Conosco e vedo’.
Idaṁ sattamaṁ abhibhāyatanaṁ. Questa è la settima dimensione di padronanza.
Ajjhattaṁ arūpasaññī eko bahiddhā rūpāni passati odātāni odātavaṇṇāni odātanidassanāni odātanibhāsāni. Non percependo forme internamente, vede forme esternamente, bianche, di colore bianco, di tinta bianca.
Seyyathāpi nāma osadhitārakā odātā odātavaṇṇā odātanidassanā odātanibhāsā, seyyathā vā pana taṁ vatthaṁ bārāṇaseyyakaṁ ubhatobhāgavimaṭṭhaṁ odātaṁ odātavaṇṇaṁ odātanidassanaṁ odātanibhāsaṁ; Sono come la stella del mattino che è bianca, di colore bianco, di tinta bianca. O come una stoffa di Varanasi stirata da entrambi i lati, bianca, di colore bianco, di tinta bianca.
evameva ajjhattaṁ arūpasaññī eko bahiddhā rūpāni passati odātāni odātavaṇṇāni odātanidassanāni odātanibhāsāni. Allo stesso modo, non percependo forme internamente, vede forme esternamente, bianche, di colore bianco, di tinta bianca.
‘Tāni abhibhuyya jānāmi, passāmī’ti evaṁsaññī hoti. Padroneggiandole, percepisce: ‘Conosco e vedo’.
Idaṁ aṭṭhamaṁ abhibhāyatanaṁ. Questa è l’ottava dimensione di padronanza.
Tatra ca pana me sāvakā bahū abhiññāvosānapāramippattā viharanti. E molti dei miei discepoli dimorano così, avendo raggiunto la perfezione e l’adempimento della conoscenza diretta.
Puna caparaṁ, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā dasa kasiṇāyatanāni bhāventi. Inoltre, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere per sviluppare le dieci dimensioni universali.
Pathavīkasiṇameko sañjānāti uddhamadho tiriyaṁ advayaṁ appamāṇaṁ; Percepisce la dimensione universale della terra sopra, sotto, attraverso, ininterrotta, e illimitata.
āpokasiṇameko sañjānāti …pe… Percepisce la dimensione universale dell’acqua …
tejokasiṇameko sañjānāti … la dimensione universale del fuoco …
vāyokasiṇameko sañjānāti … la dimensione universale dell’aria …
nīlakasiṇameko sañjānāti … la dimensione universale blu …
pītakasiṇameko sañjānāti … la dimensione universale gialla …
lohitakasiṇameko sañjānāti … la dimensione universale rossa …
odātakasiṇameko sañjānāti … la dimensione universale bianca …
ākāsakasiṇameko sañjānāti … la dimensione universale dello spazio …
viññāṇakasiṇameko sañjānāti uddhamadho tiriyaṁ advayaṁ appamāṇaṁ. la dimensione universale della coscienza sopra, sotto, attraverso, ininterrotta, e illimitata.
Tatra ca pana me sāvakā bahū abhiññāvosānapāramippattā viharanti. E molti dei miei discepoli dimorano così, avendo raggiunto la perfezione e l’adempimento della conoscenza diretta.
Puna caparaṁ, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā cattāri jhānāni bhāventi. Inoltre, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere per sviluppare le quattro estasi.
Idhudāyi, bhikkhu vivicceva kāmehi vivicca akusalehi dhammehi savitakkaṁ savicāraṁ vivekajaṁ pītisukhaṁ paṭhamaṁ jhānaṁ upasampajja viharati. È quando un monaco, sufficientemente isolato dai piaceri dei sensi, isolato da cattive qualità, con pensiero e valutazione, ed euforia e felicità nate dall’isolamento, raggiunge e dimora nella prima estasi.
So imameva kāyaṁ vivekajena pītisukhena abhisandeti parisandeti paripūreti parippharati, nāssa kiñci sabbāvato kāyassa vivekajena pītisukhena apphuṭaṁ hoti. Imbeve, inzuppa, riempie, e infonde il proprio corpo di euforia e felicità nata dall’isolamento. Non c’è parte del corpo che non sia infusa di euforia e felicità nate dall’isolamento.
Seyyathāpi, udāyi, dakkho nhāpako vā nhāpakantevāsī vā kaṁsathāle nhānīyacuṇṇāni ākiritvā udakena paripphosakaṁ paripphosakaṁ sanneyya, sāyaṁ nhānīyapiṇḍi snehānugatā snehaparetā santarabāhirā phuṭā snehena na ca pagghariṇī; È come quando un abile infermiere o il suo apprendista versa della polvere per il bagno in un piatto di bronzo, cospargendola poco a poco con dell’acqua. La impasta finché la palla di polvere per il bagno è imbevuta e satura di umidità, infusa perbene dentro e fuori; eppure l’umidità non trasuda.
evameva kho, udāyi, bhikkhu imameva kāyaṁ vivekajena pītisukhena abhisandeti parisandeti paripūreti parippharati, nāssa kiñci sabbāvato kāyassa vivekajena pītisukhena apphuṭaṁ hoti. Allo stesso modo un monaco imbeve, inzuppa, riempie, e infonde il proprio corpo di euforia e felicità nate dall’isolamento. Non c’è parte del corpo che non sia infusa di euforia e felicità nate dall’isolamento.
Puna caparaṁ, udāyi, bhikkhu vitakkavicārānaṁ vūpasamā ajjhattaṁ sampasādanaṁ …pe… dutiyaṁ jhānaṁ upasampajja viharati. Inoltre, con il placarsi di pensiero e valutazione, con chiarezza interna … un monaco raggiunge e dimora nella seconda estasi.
So imameva kāyaṁ samādhijena pītisukhena abhisandeti parisandeti paripūreti parippharati, nāssa kiñci sabbāvato kāyassa samādhijena pītisukhena apphuṭaṁ hoti. Imbeve, inzuppa, riempie, e infonde il proprio corpo di euforia e felicità nata dalla concentrazione. Non c’è parte del corpo che non sia infusa di euforia e felicità nate dalla concentrazione.
Seyyathāpi, udāyi, udakarahado gambhīro ubbhidodako. Tassa nevassa puratthimāya disāya udakassa āyamukhaṁ, na pacchimāya disāya udakassa āyamukhaṁ, na uttarāya disāya udakassa āyamukhaṁ, na dakkhiṇāya disāya udakassa āyamukhaṁ, devo ca na kālena kālaṁ sammā dhāraṁ anuppaveccheyya; È come un lago profondo alimentato dalle acque di una sorgente. Non c’è apertura a est, ovest, nord, o sud, e niente pioggia per riempirlo di tanto in tanto.
atha kho tamhāva udakarahadā sītā vāridhārā ubbhijjitvā tameva udakarahadaṁ sītena vārinā abhisandeyya parisandeyya paripūreyya paripphareyya, nāssa kiñci sabbāvato udakarahadassa sītena vārinā apphuṭaṁ assa. Ma la corrente di acqua fresca che sgorga nel lago imbeve, inzuppa, riempie, e infonde tutto il lago. Non c’è parte del lago che non sia infusa perbene di acqua fresca.
Evameva kho, udāyi, bhikkhu imameva kāyaṁ samādhijena pītisukhena abhisandeti parisandeti paripūreti parippharati, nāssa kiñci sabbāvato kāyassa samādhijena pītisukhena apphuṭaṁ hoti. Allo stesso modo, un monaco imbeve, inzuppa, riempie, e infonde il proprio corpo di euforia e felicità nate dalla concentrazione. Non c’è parte del corpo che non sia infusa di euforia e felicità nate dalla concentrazione.
Puna caparaṁ, udāyi, bhikkhu pītiyā ca virāgā …pe… tatiyaṁ jhānaṁ upasampajja viharati. Inoltre, con lo svanire dell’euforia, … un monaco raggiunge e dimora nella terza estasi.
So imameva kāyaṁ nippītikena sukhena abhisandeti parisandeti paripūreti parippharati, nāssa kiñci sabbāvato kāyassa nippītikena sukhena apphuṭaṁ hoti. Imbeve, inzuppa, riempie, e infonde il proprio corpo di felicità libera dall’euforia. Non c’è parte del corpo che non sia infusa di felicità libera dall’euforia.
Seyyathāpi, udāyi, uppaliniyaṁ vā paduminiyaṁ vā puṇḍarīkiniyaṁ vā appekaccāni uppalāni vā padumāni vā puṇḍarīkāni vā udake jātāni udake saṁvaḍḍhāni udakānuggatāni anto nimuggaposīni, tāni yāva caggā yāva ca mūlā sītena vārinā abhisannāni parisannāni paripūrāni paripphuṭāni, nāssa kiñci sabbāvataṁ, uppalānaṁ vā padumānaṁ vā puṇḍarīkānaṁ vā sītena vārinā apphuṭaṁ assa; È come una vasca con ninfee blu, o fiori di loto rosa o bianchi. Alcuni di essi germogliano e crescono nell’acqua senza emergere in superficie, prosperando sott’acqua. Dalla punta alla radice sono imbevuti, inzuppati, riempiti, e infusi di acqua fresca. Non c’è parte di essi che non sia imbevuta di acqua fresca.
evameva kho, udāyi, bhikkhu imameva kāyaṁ nippītikena sukhena abhisandeti parisandeti paripūreti parippharati, nāssa kiñci sabbāvato kāyassa nippītikena sukhena apphuṭaṁ hoti. Allo stesso modo un monaco imbeve, inzuppa, riempie, e infonde il proprio corpo di felicità libera dall’euforia. Non c’è parte del corpo che non sia infusa di felicità libera dall’euforia.
Puna caparaṁ, udāyi, bhikkhu sukhassa ca pahānā dukkhassa ca pahānā pubbeva somanassadomanassānaṁ atthaṅgamā adukkhamasukhaṁ upekkhāsatipārisuddhiṁ catutthaṁ jhānaṁ upasampajja viharati. Inoltre, abbandonando piacere e dolore, e mettendo fine ad allegria e tristezza precedenti, senza piacere o dolore, con pura equanimità e consapevolezza, un monaco raggiunge e dimora nella quarta estasi.
So imameva kāyaṁ parisuddhena cetasā pariyodātena pharitvā nisinno hoti, nāssa kiñci sabbāvato kāyassa parisuddhena cetasā pariyodātena apphuṭaṁ hoti. Siede infondendo il proprio corpo perbene di pura mente luminosa. Non c’è parte del corpo che non sia infusa di pura mente luminosa.
Seyyathāpi, udāyi, puriso odātena vatthena sasīsaṁ pārupitvā nisinno assa, nāssa kiñci sabbāvato kāyassa odātena vatthena apphuṭaṁ assa; È come un uomo seduto avvolto da testa a piedi in un tessuto bianco. Non c’è parte parte del corpo che non sia coperta dal tessuto bianco.
evameva kho, udāyi, bhikkhu imameva kāyaṁ parisuddhena cetasā pariyodātena pharitvā nisinno hoti, nāssa kiñci sabbāvato kāyassa parisuddhena cetasā pariyodātena apphuṭaṁ hoti. Allo stesso modo un monaco siede infondendo il proprio corpo perbene di pura mente luminosa. Non c’è parte del corpo che non sia infusa di pura mente luminosa.
Tatra ca pana me sāvakā bahū abhiññāvosānapāramippattā viharanti. E molti dei miei discepoli dimorano così, avendo raggiunto la perfezione e l’adempimento della conoscenza diretta.
Puna caparaṁ, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā evaṁ pajānanti: Inoltre, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere per comprendere questo:
‘ayaṁ kho me kāyo rūpī cātumahābhūtiko mātāpettikasambhavo odanakummāsūpacayo aniccucchādanaparimaddanabhedanaviddhaṁsanadhammo; ‘Questo mio corpo è fisico. È fatto dei quattro stati della materia, prodotto da madre e padre, cresciuto attraverso riso e porridge, soggetto all’impermanenza, al consumo ed erosione, alla dissoluzione e distruzione.
idañca pana me viññāṇaṁ ettha sitaṁ ettha paṭibaddhaṁ’. E questa mia coscienza è attaccata a esso, è legata a esso’.
Seyyathāpi, udāyi, maṇi veḷuriyo subho jātimā aṭṭhaṁso suparikammakato accho vippasanno sabbākārasampanno; Immagina un berillo di bellezza naturale, con otto facce, ben lavorato, trasparente, chiaro, e limpido, dotato di ogni buona qualità,
tatridaṁ suttaṁ āvutaṁ nīlaṁ vā pītaṁ vā lohitaṁ vā odātaṁ vā paṇḍusuttaṁ vā. unito a un filo blu, giallo, rosso, bianco, o dorato.
Tamenaṁ cakkhumā puriso hatthe karitvā paccavekkheyya: E qualcuno con buona vista lo prende in mano e lo controlla:
‘ayaṁ kho maṇi veḷuriyo subho jātimā aṭṭhaṁso suparikammakato accho vippasanno sabbākārasampanno; ‘Questo berillo è di bellezza naturale, con otto facce, ben lavorato, trasparente, chiaro, e limpido, dotato di ogni buona qualità.
tatridaṁ suttaṁ āvutaṁ nīlaṁ vā pītaṁ vā lohitaṁ vā odātaṁ vā paṇḍusuttaṁ vā’ti. Ed è unito a un filo blu, giallo, rosso, bianco, o dorato’.
Evameva kho, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā evaṁ pajānanti: Allo stesso modo, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere per comprendere questo:
‘ayaṁ kho me kāyo rūpī cātumahābhūtiko mātāpettikasambhavo odanakummāsūpacayo aniccucchādanaparimaddanabhedanaviddhaṁsanadhammo; ‘Questo mio corpo è fisico. È fatto dei quattro stati della materia, prodotto da madre e padre, cresciuto attraverso riso e porridge, soggetto all’impermanenza, al consumo ed erosione, alla dissoluzione e distruzione.
idañca pana me viññāṇaṁ ettha sitaṁ ettha paṭibaddhan’ti. E questa mia coscienza è attaccata a esso, è legata a esso’.
Tatra ca pana me sāvakā bahū abhiññāvosānapāramippattā viharanti. E molti dei miei discepoli dimorano così, avendo raggiunto la perfezione e l’adempimento della conoscenza diretta.
Puna caparaṁ, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā imamhā kāyā aññaṁ kāyaṁ abhinimminanti rūpiṁ manomayaṁ sabbaṅgapaccaṅgiṁ ahīnindriyaṁ. Inoltre, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere per creare da questo corpo un altro corpo, che ha forma, fatto di materia mentale, completo di arti importanti e minori, a cui non manca alcuna facoltà.
Seyyathāpi, udāyi, puriso muñjamhā īsikaṁ pabbāheyya; Immagina che una persona estragga un’ancia dalla guaina.
tassa evamassa: Penserebbe:
‘ayaṁ muñjo, ayaṁ īsikā; añño muñjo, aññā īsikā; muñjamhā tveva īsikā pabbāḷhā’ti. ‘Questa è l’ancia, questa è la guaina. L’ancia e la guaina sono due cose diverse. L’ancia è stata estratta dalla guaina’.
Seyyathā vā panudāyi, puriso asiṁ kosiyā pabbāheyya; O immagina che una persona estragga una spada dal fodero.
tassa evamassa: Penserebbe:
‘ayaṁ asi, ayaṁ kosi; añño asi aññā kosi; kosiyā tveva asi pabbāḷho’ti. ‘Questa è la spada, questo è il fodero. La spada e il fodero sono due cose diverse. La spada è stata estratta dal fodero’.
Seyyathā vā, panudāyi, puriso ahiṁ karaṇḍā uddhareyya; O immagina che una persona estragga un serpente dalla sua muta.
tassa evamassa: Penserebbe:
‘ayaṁ ahi, ayaṁ karaṇḍo; añño ahi, añño karaṇḍo; karaṇḍā tveva ahi ubbhato’ti. ‘Questo è il serpente, questa è la muta. Il serpente e la muta sono due cose diverse. Il serpente è stato estratto dalla muta’.
Evameva kho, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā imamhā kāyā aññaṁ kāyaṁ abhinimminanti rūpiṁ manomayaṁ sabbaṅgapaccaṅgiṁ ahīnindriyaṁ. Allo stesso modo, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere per creare da questo corpo un altro corpo, che ha forma, fatto di materia mentale, completo di arti importanti e minori, a cui non manca alcuna facoltà.
Tatra ca pana me sāvakā bahū abhiññāvosānapāramippattā viharanti. E molti dei miei discepoli dimorano così, avendo raggiunto la perfezione e l’adempimento della conoscenza diretta.
Puna caparaṁ, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā anekavihitaṁ iddhividhaṁ paccanubhonti—ekopi hutvā bahudhā honti, bahudhāpi hutvā eko hoti; āvibhāvaṁ, tirobhāvaṁ; tirokuṭṭaṁ tiropākāraṁ tiropabbataṁ asajjamānā gacchanti, seyyathāpi ākāse; pathaviyāpi ummujjanimujjaṁ karonti, seyyathāpi udake; udakepi abhijjamāne gacchanti, seyyathāpi pathaviyaṁ; ākāsepi pallaṅkena kamanti, seyyathāpi pakkhī sakuṇo; imepi candimasūriye evaṁmahiddhike evaṁmahānubhāve pāṇinā parimasanti parimajjanti, yāva brahmalokāpi kāyena vasaṁ vattenti. Inoltre, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere per esercitare i vari tipi di poteri psichici: moltiplicarsi e ritornare uno; apparire e scomparire; passare senza ostacolo attraverso un muro, un bastione, o una montagna come se fosse spazio; tuffarsi dentro e fuori dalla terra come se fosse acqua; camminare sull’acqua come se fosse terra; volare con le gambe incrociate nel cielo come un uccello; toccare e accarezzare con la mano il sole e la luna, così potente e forte; controllare il corpo fino al regno di Dio’.
Seyyathāpi, udāyi, dakkho kumbhakāro vā kumbhakārantevāsī vā suparikammakatāya mattikāya yaṁ yadeva bhājanavikatiṁ ākaṅkheyya taṁ tadeva kareyya abhinipphādeyya; Immagina che un abile vasaio o il suo apprendista prepari dell’argilla. Possono produrre qualsiasi tipo di vaso vogliano.
seyyathā vā panudāyi, dakkho dantakāro vā dantakārantevāsī vā suparikammakatasmiṁ dantasmiṁ yaṁ yadeva dantavikatiṁ ākaṅkheyya taṁ tadeva kareyya abhinipphādeyya; O immagina che un abile intagliatore di avorio o il suo apprendista prepari dell’avorio. Possono produrre qualsiasi tipo di oggetto di avorio vogliano.
seyyathā vā panudāyi, dakkho suvaṇṇakāro vā suvaṇṇakārantevāsī vā suparikammakatasmiṁ suvaṇṇasmiṁ yaṁ yadeva suvaṇṇavikatiṁ ākaṅkheyya taṁ tadeva kareyya abhinipphādeyya. O immagina che un abile orafo o il suo apprendista abbia dell’oro ben lavorato. Possono produrre qualsiasi tipo di oggetto d’oro vogliano.
Evameva kho, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā anekavihitaṁ iddhividhaṁ paccanubhonti—ekopi hutvā bahudhā honti, bahudhāpi hutvā eko hoti; āvibhāvaṁ, tirobhāvaṁ; tirokuṭṭaṁ tiropākāraṁ tiropabbataṁ asajjamānā gacchanti, seyyathāpi ākāse; pathaviyāpi ummujjanimujjaṁ karonti, seyyathāpi udake; udakepi abhijjamāne gacchanti, seyyathāpi pathaviyaṁ; ākāsepi pallaṅkena kamanti, seyyathāpi pakkhī sakuṇo; imepi candimasūriye evaṁmahiddhike evaṁmahānubhāve pāṇinā parimasanti parimajjanti, yāva brahmalokāpi kāyena vasaṁ vattenti. Inoltre, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere per esercitare i vari tipi di poteri psichici …
Tatra ca pana me sāvakā bahū abhiññāvosānapāramippattā viharanti. E molti dei miei discepoli dimorano così, avendo raggiunto la perfezione e l’adempimento della conoscenza diretta.
Puna caparaṁ, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā dibbāya sotadhātuyā visuddhāya atikkantamānusikāya ubho sadde suṇanti—dibbe ca mānuse ca, ye dūre santike ca. Inoltre, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere in modo che, con chiarudienza purificata e sovrumana, sentano entrambi i tipi di suoni, umani e divini, sia vicini che lontani.
Seyyathāpi, udāyi, balavā saṅkhadhamo appakasireneva cātuddisā viññāpeyya; Immagina ci sia un potente suonatore di corno. Si farebbe sentire facilmente in ogni direzione.
evameva kho, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā dibbāya sotadhātuyā visuddhāya atikkantamānusikāya ubho sadde suṇanti—dibbe ca mānuse ca, ye dūre santike ca. Allo stesso modo, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere in modo che, con chiarudienza purificata e sovrumana, sentano entrambi i tipi di suoni, umani e divini, sia vicini che lontani.
Tatra ca pana me sāvakā bahū abhiññāvosānapāramippattā viharanti. E molti dei miei discepoli dimorano così, avendo raggiunto la perfezione e l’adempimento della conoscenza diretta.
Puna caparaṁ, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā parasattānaṁ parapuggalānaṁ cetasā ceto paricca pajānanti—Inoltre, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere per leggere le menti degli altri esseri e individui, avendole lette con la propria mente.
sarāgaṁ vā cittaṁ ‘sarāgaṁ cittan’ti pajānanti, Leggono una mente con avidità come ‘mente con avidità,’
vītarāgaṁ vā cittaṁ ‘vītarāgaṁ cittan’ti pajānanti; e una mente senza avidità come “mente senza avidità”;
sadosaṁ vā cittaṁ ‘sadosaṁ cittan’ti pajānanti, una mente con odio come “mente con odio”,
vītadosaṁ vā cittaṁ ‘vītadosaṁ cittan’ti pajānanti; e una mente senza odio come “mente senza odio”;
samohaṁ vā cittaṁ ‘samohaṁ cittan’ti pajānanti, una mente con illusione come “mente con illusione”,
vītamohaṁ vā cittaṁ ‘vītamohaṁ cittan’ti pajānanti; e una mente senza illusione come “mente senza illusione”;
saṅkhittaṁ vā cittaṁ ‘saṅkhittaṁ cittan’ti pajānanti, una mente ristretta come ‘mente ristretta’,
vikkhittaṁ vā cittaṁ ‘vikkhittaṁ cittan’ti pajānanti; e una mente sparpagliata come “mente sparpagliata”;
mahaggataṁ vā cittaṁ ‘mahaggataṁ cittan’ti pajānanti, una mente espansiva come “mente espansiva”,
amahaggataṁ vā cittaṁ ‘amahaggataṁ cittan’ti pajānanti; e una mente non espansiva come “mente non espansiva”;
sauttaraṁ vā cittaṁ ‘sauttaraṁ cittan’ti pajānanti, una mente non suprema come “mente non suprema”,
anuttaraṁ vā cittaṁ ‘anuttaraṁ cittan’ti pajānanti; e una mente suprema come ‘mente suprema’;
samāhitaṁ vā cittaṁ ‘samāhitaṁ cittan’ti pajānanti, una mente concentrata come “mente concentrata”,
asamāhitaṁ vā cittaṁ ‘asamāhitaṁ cittan’ti pajānanti; e una mente non concentrata come “mente non concentrata”;
vimuttaṁ vā cittaṁ ‘vimuttaṁ cittan’ti pajānanti, una mente libera come ‘mente libera’,
avimuttaṁ vā cittaṁ ‘avimuttaṁ cittan’ti pajānanti. e una mente non libera come ‘mente non libera’.
Seyyathāpi, udāyi, itthī vā puriso vā daharo yuvā maṇḍanakajātiko ādāse vā parisuddhe pariyodāte acche vā udakapatte sakaṁ mukhanimittaṁ paccavekkhamāno sakaṇikaṁ vā ‘sakaṇikan’ti jāneyya, akaṇikaṁ vā ‘akaṇikan’ti jāneyya; Immagina una donna o un uomo giovane, giovanile, e appassionato di ornamenti che controlla il proprio riflesso in uno specchio pulito e luminoso, o in una ciotola d’acqua pulita. Se vede una macchia sa: ‘Ho una macchia’, e se non ha macchie sa: ‘Non ho macchie’.
evameva kho, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā parasattānaṁ parapuggalānaṁ cetasā ceto paricca pajānanti—Allo stesso modo, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere per leggere le menti degli altri esseri e individui, avendole lette con la propria mente …
sarāgaṁ vā cittaṁ ‘sarāgaṁ cittan’ti pajānanti,
vītarāgaṁ vā cittaṁ …pe…
sadosaṁ vā cittaṁ …
vītadosaṁ vā cittaṁ …
samohaṁ vā cittaṁ …
vītamohaṁ vā cittaṁ …
saṅkhittaṁ vā cittaṁ …
vikkhittaṁ vā cittaṁ …
mahaggataṁ vā cittaṁ …
amahaggataṁ vā cittaṁ …
sauttaraṁ vā cittaṁ …
anuttaraṁ vā cittaṁ …
samāhitaṁ vā cittaṁ …
asamāhitaṁ vā cittaṁ …
vimuttaṁ vā cittaṁ …
avimuttaṁ vā cittaṁ ‘avimuttaṁ cittan’ti pajānanti.
Tatra ca pana me sāvakā bahū abhiññāvosānapāramippattā viharanti. E molti dei miei discepoli dimorano così, avendo raggiunto la perfezione e l’adempimento della conoscenza diretta.
Puna caparaṁ, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā anekavihitaṁ pubbenivāsaṁ anussaranti, seyyathidaṁ—ekampi jātiṁ dvepi jātiyo tissopi jātiyo catassopi jātiyo pañcapi jātiyo dasapi jātiyo vīsampi jātiyo tiṁsampi jātiyo cattālīsampi jātiyo paññāsampi jātiyo jātisatampi jātisahassampi jātisatasahassampi, anekepi saṁvaṭṭakappe anekepi vivaṭṭakappe anekepi saṁvaṭṭavivaṭṭakappe: ‘amutrāsiṁ evaṁnāmo evaṅgotto evaṁvaṇṇo evamāhāro evaṁsukhadukkhappaṭisaṁvedī evamāyupariyanto, so tato cuto amutra udapādiṁ; tatrāpāsiṁ evaṁnāmo evaṅgotto evaṁvaṇṇo evamāhāro evaṁsukhadukkhappaṭisaṁvedī evamāyupariyanto, so tato cuto idhūpapanno’ti. Iti sākāraṁ sauddesaṁ anekavihitaṁ pubbenivāsaṁ anussarati. Inoltre, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere per ricordare vari tipi di vite passate. Cioè: una nascita, due nascite, tre nascite, quattro nascite, cinque nascite, dieci nascite, venti nascite, trenta nascite, quaranta nascite, cinquanta nascite, cento nascite, mille nascite, centomila nascite; molte ere di formazione, molte ere di dissoluzione, molte ere di formazione e dissoluzione. Si ricordano: ‘Lì, mi chiamavo così, quella era la mia famiglia, ero fatto così, e quello era il mio cibo. Sentivo piacere e dolore così, e la mia vita finì così. Una volta deceduto da quel posto rinacqui da un’altra parte. Anche lì, mi chiamavo così, quella era la mia famiglia, ero fatto così, e quello era il mio cibo. Sentivo piacere e dolore così, e la mia vita finì così. Una volta deceduto da quel posto rinacqui qui’. E così ricordano i loro vari tipi di vite passate, nei particolari e nello specifico.
Seyyathāpi, udāyi, puriso sakamhā gāmā aññaṁ gāmaṁ gaccheyya, tamhāpi gāmā aññaṁ gāmaṁ gaccheyya; so tamhā gāmā sakaṁyeva gāmaṁ paccāgaccheyya; tassa evamassa: ‘ahaṁ kho sakamhā gāmā aññaṁ gāmaṁ agacchiṁ, tatra evaṁ aṭṭhāsiṁ evaṁ nisīdiṁ evaṁ abhāsiṁ evaṁ tuṇhī ahosiṁ; tamhāpi gāmā amuṁ gāmaṁ agacchiṁ, tatrāpi evaṁ aṭṭhāsiṁ evaṁ nisīdiṁ evaṁ abhāsiṁ evaṁ tuṇhī ahosiṁ, somhi tamhā gāmā sakaṁyeva gāmaṁ paccāgato’ti. Immagina una persona che lascia il proprio villaggio e va in un altro villaggio. Da quel villaggio va in un altro villaggio ancora. E da quel villaggio torna al proprio villaggio. Penserebbe: ‘Sono andato dal mio villaggio a un altro villaggio. Lì sono stato in piedi così, mi sono seduto cosà, ho parlato così, e sono stato in silenzio cosà. Da quel villaggio sono andato a un altro villaggio ancora. Anche lì sono stato in piedi così, mi sono seduto cosà, ho parlato così, e sono stato in silenzio cosà. E da quel villaggio sono tornato al mio villaggio’.
Evameva kho, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā anekavihitaṁ pubbenivāsaṁ anussaranti, seyyathidaṁ—ekampi jātiṁ …pe… iti sākāraṁ sauddesaṁ anekavihitaṁ pubbenivāsaṁ anussaranti. Allo stesso modo, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere per ricordare vari tipi di vite passate.
Tatra ca pana me sāvakā bahū abhiññāvosānapāramippattā viharanti. E molti dei miei discepoli dimorano così, avendo raggiunto la perfezione e l’adempimento della conoscenza diretta.
Puna caparaṁ, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā dibbena cakkhunā visuddhena atikkantamānusakena satte passanti cavamāne upapajjamāne hīne paṇīte suvaṇṇe dubbaṇṇe sugate duggate yathākammūpage satte pajānanti: ‘ime vata bhonto sattā kāyaduccaritena samannāgatā vacīduccaritena samannāgatā manoduccaritena samannāgatā ariyānaṁ upavādakā micchādiṭṭhikā micchādiṭṭhikammasamādānā, te kāyassa bhedā paraṁ maraṇā apāyaṁ duggatiṁ vinipātaṁ nirayaṁ upapannā; ime vā pana bhonto sattā kāyasucaritena samannāgatā vacīsucaritena samannāgatā manosucaritena samannāgatā ariyānaṁ anupavādakā sammādiṭṭhikā sammādiṭṭhikammasamādānā, te kāyassa bhedā paraṁ maraṇā sugatiṁ saggaṁ lokaṁ upapannā’ti. Iti dibbena cakkhunā visuddhena atikkantamānusakena satte passanti cavamāne upapajjamāne hīne paṇīte suvaṇṇe dubbaṇṇe sugate duggate yathākammūpage satte pajānanti. Inoltre, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere in modo che, con chiaroveggenza purificata e sovrumana, vedano gli esseri viventi morire e rinascere; inferiori e superiori, belli e brutti, in un bel posto o un brutto posto. Comprendono come gli esseri viventi rinascono secondo le proprie azioni: ‘Questi cari esseri hanno fatto cose cattive di corpo, parola, e mente. Hanno parlato male dei nobili; avevano opinione sbagliata e hanno deciso di agire secondo quell’opinione sbagliata. Alla dissoluzione del corpo, dopo la morte, rinascono in un posto di perdizione, un brutto posto, in un regno inferiore, all’inferno. Questi cari esseri, invece, hanno fatto cose buone di corpo, parola, e mente. Non hanno mai parlato male dei nobili; avevano opinione corretta e hanno deciso di agire secondo quell’opinione corretta. Alla dissoluzione del corpo, dopo la morte, rinascono in un bel posto, in paradiso.’ E così, con chiaroveggenza purificata e sovrumana, vedono gli esseri viventi morire e rinascere; inferiori e superiori, belli e brutti, in un bel posto o un brutto posto. Comprendono come gli esseri viventi rinascono secondo le proprie azioni.
Seyyathāpi, udāyi, dve agārā sadvārā. Tatra cakkhumā puriso majjhe ṭhito passeyya manusse gehaṁ pavisantepi nikkhamantepi anucaṅkamantepi anuvicarantepi; Immagina ci siano due case con delle porte. Una persona con buona vista che sta nel mezzo vedrebbe la gente entrare e uscire dalle case, vagando avanti e indietro.
evameva kho, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā dibbena cakkhunā visuddhena atikkantamānusakena satte passanti cavamāne upapajjamāne hīne paṇīte suvaṇṇe dubbaṇṇe sugate duggate yathākammūpage satte pajānanti …pe… Allo stesso modo, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere in modo che, con chiaroveggenza purificata e sovrumana, vedano gli esseri viventi morire e rinascere …
tatra ca pana me sāvakā bahū abhiññāvosānapāramippattā viharanti. E molti dei miei discepoli dimorano così, avendo raggiunto la perfezione e l’adempimento della conoscenza diretta.
Puna caparaṁ, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā āsavānaṁ khayā anāsavaṁ cetovimuttiṁ paññāvimuttiṁ diṭṭheva dhamme sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharanti. Inoltre, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere per realizzare la libertà incorrotta della mente e la libertà attraverso saggezza in questa stessa vita, e dimorare avendo raggiunto ciò con la propria conoscenza diretta grazie all’eliminazione dei contaminanti.
Seyyathāpi, udāyi, pabbatasaṅkhepe udakarahado accho vippasanno anāvilo, tattha cakkhumā puriso tīre ṭhito passeyya sippisambukampi sakkharakaṭhalampi macchagumbampi carantampi tiṭṭhantampi. Tassa evamassa: ‘ayaṁ kho udakarahado accho vippasanno anāvilo, tatrime sippisambukāpi sakkharakaṭhalāpi macchagumbāpi carantipi tiṭṭhantipī’ti. Immagina che in una valle di montagna ci sia un lago trasparente, chiaro, e limpido. Una persona con buona vista in piedi sulla sponda vedrebbe i molluschi e le cozze, i sassolini e la ghiaia, e banchi di pesci che nuotano o rimangono fermi. Penserebbe: ‘Questo lago è trasparente, chiaro, e limpido. E qui ci sono i molluschi e le cozze, i sassolini e la ghiaia, e banchi di pesci che nuotano o rimangono fermi’.
Evameva kho, udāyi, akkhātā mayā sāvakānaṁ paṭipadā, yathāpaṭipannā me sāvakā āsavānaṁ khayā anāsavaṁ cetovimuttiṁ paññāvimuttiṁ diṭṭheva dhamme sayaṁ abhiññā sacchikatvā upasampajja viharanti. Allo stesso modo, ho spiegato ai miei discepoli la pratica da intraprendere per realizzare la libertà incorrotta della mente e la libertà attraverso saggezza in questa stessa vita, e dimorare avendo raggiunto ciò con la propria conoscenza diretta grazie all’eliminazione dei contaminanti.
Tatra ca pana me sāvakā bahū abhiññāvosānapāramippattā viharanti. E molti dei miei discepoli dimorano così, avendo raggiunto la perfezione e l’adempimento della conoscenza diretta.
Ayaṁ kho, udāyi, pañcamo dhammo yena mama sāvakā sakkaronti garuṁ karonti mānenti pūjenti, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya viharanti. Questa è la quinta qualità grazie alla quale i miei discepoli mi sono fedeli.
Ime kho, udāyi, pañca dhammā yehi mamaṁ sāvakā sakkaronti garuṁ karonti mānenti pūjenti, sakkatvā garuṁ katvā upanissāya viharantī”ti. Queste sono le cinque qualità grazie alle quali i miei discepoli mi onorano, rispettano, riveriscono, e venerano; e onorandomi e rispettandomi, rimangono fedeli a me”.
Idamavoca bhagavā. Questo è ciò che il Buddha disse.
Attamano sakuludāyī paribbājako bhagavato bhāsitaṁ abhinandīti. Contento, l’errante Sakuludāyī trasse piacere da ciò che il Buddha disse.
Mahāsakuludāyisuttaṁ niṭṭhitaṁ sattamaṁ.