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Majjhima Nikāya 66 Discorsi medi 66
Laṭukikopamasutta Il discorso della similitudine della quaglia
Evaṁ me sutaṁ—Così ho sentito.
ekaṁ samayaṁ bhagavā aṅguttarāpesu viharati āpaṇaṁ nāma aṅguttarāpānaṁ nigamo. Una volta il Buddha dimorava nella terra degli Aṅguttarāpan, vicino alla città chiamata Āpaṇa.
Atha kho bhagavā pubbaṇhasamayaṁ nivāsetvā pattacīvaramādāya āpaṇaṁ piṇḍāya pāvisi. Al mattino il Buddha si vestì e, prendendo la propria ciotola e abito, entrò ad Āpaṇa per l’elemosina.
Āpaṇe piṇḍāya caritvā pacchābhattaṁ piṇḍapātapaṭikkanto yenaññataro vanasaṇḍo tenupasaṅkami divāvihārāya. Vagò per l’elemosina ad Āpaṇa. Dopo il pasto, al ritorno dalla questua, andò in un certo bosco per la dimora quotidiana.
Taṁ vanasaṇḍaṁ ajjhogāhetvā aññatarasmiṁ rukkhamūle divāvihāraṁ nisīdi. Dopo essersi addentrato profondamente nel bosco, si sedette alla radice di un certo albero per la dimora quotidiana.
Āyasmāpi kho udāyī pubbaṇhasamayaṁ nivāsetvā pattacīvaramādāya āpaṇaṁ piṇḍāya pāvisi. Anche il Venerabile Udāyī si vestì e, prendendo la propria ciotola e abito, entrò ad Āpaṇa per l’elemosina.
Āpaṇe piṇḍāya caritvā pacchābhattaṁ piṇḍapātapaṭikkanto yena so vanasaṇḍo tenupasaṅkami divāvihārāya. Vagò per l’elemosina ad Āpaṇa. Dopo il pasto, al ritorno dalla questua, andò in un certo bosco per la dimora quotidiana.
Taṁ vanasaṇḍaṁ ajjhogāhetvā aññatarasmiṁ rukkhamūle divāvihāraṁ nisīdi. Dopo essersi addentrato profondamente nel bosco, si sedette alla radice di un certo albero per la dimora quotidiana.
Atha kho āyasmato udāyissa rahogatassa paṭisallīnassa evaṁ cetaso parivitakko udapādi: Poi mentre il Venerabile Udāyī era in ritiro privato gli venne in mente questo pensiero:
“bahūnaṁ vata no bhagavā dukkhadhammānaṁ apahattā, bahūnaṁ vata no bhagavā sukhadhammānaṁ upahattā; “Il Buddha ci ha liberati da così tante cose che portano sofferenza e ci ha donato così tante cose che portano felicità!
bahūnaṁ vata no bhagavā akusalānaṁ dhammānaṁ apahattā, bahūnaṁ vata no bhagavā kusalānaṁ dhammānaṁ upahattā”ti. Ci ha liberati da così tante cose cattive e ci ha donato così tante cose buone!”
Atha kho āyasmā udāyī sāyanhasamayaṁ paṭisallānā vuṭṭhito yena bhagavā tenupasaṅkami; upasaṅkamitvā bhagavantaṁ abhivādetvā ekamantaṁ nisīdi. Ekamantaṁ nisinno kho āyasmā udāyī bhagavantaṁ etadavoca: Poi nel tardo pomeriggio, Udāyī uscì da ritiro e andò dal Buddha. Si inchinò, si sedette a lato, e gli disse:
“idha mayhaṁ, bhante, rahogatassa paṭisallīnassa evaṁ cetaso parivitakko udapādi: “Proprio ora, Signore, mentre ero in ritiro privato, mi venne in mente questo pensiero:
‘bahūnaṁ vata no bhagavā dukkhadhammānaṁ apahattā, bahūnaṁ vata no bhagavā sukhadhammānaṁ upahattā; ‘Il Buddha ci ha liberati da così tante cose che portano sofferenza e ci ha donato così tante cose che portano felicità!
bahūnaṁ vata no bhagavā akusalānaṁ dhammānaṁ apahattā, bahūnaṁ vata no bhagavā kusalānaṁ dhammānaṁ upahattā’ti. Ci ha liberati da così tante cose cattive e ci ha donato così tante cose buone!’
Mayañhi, bhante, pubbe sāyañceva bhuñjāma pāto ca divā ca vikāle. Poiché mangiavamo la sera, la mattina, e all’ora sbagliata del giorno.
Ahu kho so, bhante, samayo yaṁ bhagavā bhikkhū āmantesi: Ma poi arrivò il momento in cui il Buddha si rivolse ai monaci, dicendo:
‘iṅgha tumhe, bhikkhave, etaṁ divāvikālabhojanaṁ pajahathā’ti. ‘Per favore, monaci, rinunciate a quel pasto all’ora sbagliata del giorno’.
Tassa mayhaṁ, bhante, ahudeva aññathattaṁ, ahudeva domanassaṁ: Quando questo accadde, ci intristimmo e turbammo:
‘yampi no saddhā gahapatikā divā vikāle paṇītaṁ khādanīyaṁ bhojanīyaṁ denti tassapi no bhagavā pahānamāha, tassapi no sugato paṭinissaggamāhā’ti. ‘Ma questi laici fedeli ci danno cibi deliziosi freschi e cotti all’ora sbagliata del giorno. E il Beato ci dice di rinunciarci! Il Santo ci dice di lasciarli andare!’
Te mayaṁ, bhante, bhagavati pemañca gāravañca hiriñca ottappañca sampassamānā evaṁ taṁ divāvikālabhojanaṁ pajahimhā. Ma considerando il nostro affetto e rispetto per il Buddha, e il nostro senso di coscienza e prudenza, rinunciammo a quel pasto all’ora sbagliata del giorno.
Te mayaṁ, bhante, sāyañceva bhuñjāma pāto ca. Allora mangiavamo la sera e al mattino.
Ahu kho so, bhante, samayo yaṁ bhagavā bhikkhū āmantesi: Ma poi arrivò il momento in cui il Buddha si rivolse ai monaci, dicendo:
‘iṅgha tumhe, bhikkhave, etaṁ rattiṁvikālabhojanaṁ pajahathā’ti. ‘Per favore, monaci, rinunciate a quel pasto all’ora sbagliata della sera’.
Tassa mayhaṁ, bhante, ahudeva aññathattaṁ ahudeva domanassaṁ: Quando questo accadde, ci intristimmo e turbammo:
‘yampi no imesaṁ dvinnaṁ bhattānaṁ paṇītasaṅkhātataraṁ tassapi no bhagavā pahānamāha, tassapi no sugato paṭinissaggamāhā’ti. ‘Ma quello è considerato il più delizioso dei due pasti. E il Beato ci dice di rinunciarci! Il Santo ci dice di lasciarlo andare!’
Bhūtapubbaṁ, bhante, aññataro puriso divā sūpeyyaṁ labhitvā evamāha: Una volta accadde che una certa persona ottenne della zuppa durante il giorno. Disse:
‘handa ca imaṁ nikkhipatha, sāyaṁ sabbeva samaggā bhuñjissāmā’ti. ‘Venite, mettiamola da parte; la mangeremo insieme stasera’.
Yā kāci, bhante, saṅkhatiyo sabbā tā rattiṁ, appā divā. Quasi tutti i pasti sono preparati la sera, solo pochi di giorno.
Te mayaṁ, bhante, bhagavati pemañca gāravañca hiriñca ottappañca sampassamānā evaṁ taṁ rattiṁvikālabhojanaṁ pajahimhā. Ma considerando il nostro affetto e rispetto per il Buddha, e il nostro senso di coscienza e prudenza, rinunciammo a quel pasto all’ora sbagliata della sera.
Bhūtapubbaṁ, bhante, bhikkhū rattandhakāratimisāyaṁ piṇḍāya carantā candanikampi pavisanti, oligallepi papatanti, kaṇṭakāvāṭampi ārohanti, suttampi gāviṁ ārohanti, māṇavehipi samāgacchanti katakammehipi akatakammehipi, mātugāmopi te asaddhammena nimanteti. In passato, i monaci vagavano per l’elemosina nel buio della notte. Camminavano nel pantano, o cadevano nelle fogne, o entravano in cespugli spinosi, o si scontravano contro mucche che dormivano, o incontravano giovani che scappavano da un crimine o che stavano per commetterne uno, o venivano invitati da una femmina a commettere atti osceni.
Bhūtapubbāhaṁ, bhante, rattandhakāratimisāyaṁ piṇḍāya carāmi. Una volta accadde che stavo vagando per l’elemosina nel buio della notte.
Addasā kho maṁ, bhante, aññatarā itthī vijjantarikāya bhājanaṁ dhovantī. Una donna che lavava un vaso mi vide alla luce di un fulmine.
Disvā maṁ bhītā vissaramakāsi: Spaventata, gridò:
‘abhumme pisāco vata man’ti. ‘Povera me! È un dannato folletto!’
Evaṁ vutte, ahaṁ, bhante, taṁ itthiṁ etadavocaṁ: Detto ciò, le dissi:
‘nāhaṁ, bhagini, pisāco; ‘Sorella, non sono un folletto.
bhikkhu piṇḍāya ṭhito’ti. Sono un monaco che aspetta l’elemosina’
‘Bhikkhussa ātumārī, bhikkhussa mātumārī. ‘Muori, padre del monaco! Muori, madre del monaco!
Varaṁ te, bhikkhu, tiṇhena govikantanena kucchi parikanto, na tveva varaṁ yaṁ rattandhakāratimisāyaṁ kucchihetu piṇḍāya carasī’ti. Sarebbe meglio che ti aprissero la pancia con una mannaia da carne piuttosto di vagare per l’elemosina nel buio della notte per la pancia!’
Tassa mayhaṁ, bhante, tadanussarato evaṁ hoti: Ricordando ciò, ho pensato:
‘bahūnaṁ vata no bhagavā dukkhadhammānaṁ apahattā, bahūnaṁ vata no bhagavā sukhadhammānaṁ upahattā; ‘Il Buddha ci ha liberati da così tante cose che portano sofferenza e ci ha donato così tante cose che portano felicità!
bahūnaṁ vata no bhagavā akusalānaṁ dhammānaṁ apahattā, bahūnaṁ vata no bhagavā kusalānaṁ dhammānaṁ upahattā’”ti. Ci ha liberati da così tante cose cattive e ci ha donato così tante cose buone!’”
“Evameva panudāyi, idhekacce moghapurisā ‘idaṁ pajahathā’ti mayā vuccamānā te evamāhaṁsu: “Questo è esattamente quello che accade quando dico a certi sciocchi di rinunciare a qualcosa. Dicono:
‘kiṁ panimassa appamattakassa oramattakassa adhisallikhatevāyaṁ samaṇo’ti. ‘Ma come, una cosa così banale e insignificante come questa? Questo asceta è troppo severo!’
Te tañceva nappajahanti, mayi ca appaccayaṁ upaṭṭhāpenti. Non ci rinunciano, e nutrono acidità nei miei confronti;
Ye ca bhikkhū sikkhākāmā tesaṁ taṁ, udāyi, hoti balavaṁ bandhanaṁ, daḷhaṁ bandhanaṁ, thiraṁ bandhanaṁ, apūtikaṁ bandhanaṁ, thūlo, kaliṅgaro—e per i monaci che vogliono addestrarsi, diventa un legame forte, solido, e robusto, un nodo che non è marcito, e un pesante giogo.
seyyathāpi, udāyi, laṭukikā sakuṇikā pūtilatāya bandhanena baddhā tattheva vadhaṁ vā bandhaṁ vā maraṇaṁ vā āgameti. Immagina che una quaglia sia legata con una liana, e che aspetti di venire ferita, ingabbiata, o uccisa.
Yo nu kho, udāyi, evaṁ vadeyya: Sarebbe giusto dire che
‘yena sā laṭukikā sakuṇikā pūtilatāya bandhanena baddhā tattheva vadhaṁ vā bandhaṁ vā maraṇaṁ vā āgameti, tañhi tassā abalaṁ bandhanaṁ, dubbalaṁ bandhanaṁ, pūtikaṁ bandhanaṁ, asārakaṁ bandhanan’ti; per quella quaglia la liana è debole, flebile, marcia, e insostanziale?”
sammā nu kho so, udāyi, vadamāno vadeyyā”ti?
“No hetaṁ, bhante. “No, Signore.
Yena sā, bhante, laṭukikā sakuṇikā pūtilatāya bandhanena baddhā tattheva vadhaṁ vā bandhaṁ vā maraṇaṁ vā āgameti, tañhi tassā balavaṁ bandhanaṁ, daḷhaṁ bandhanaṁ, thiraṁ bandhanaṁ apūtikaṁ bandhanaṁ, thūlo, kaliṅgaro”ti. Per quella quaglia la liana è un legame forte, solido, e robusto, un nodo che non è marcito, e un pesante giogo”
“Evameva kho, udāyi, idhekacce moghapurisā ‘idaṁ pajahathā’ti mayā vuccamānā te evamāhaṁsu: “Allo stesso modo, quando dico a certi sciocchi di rinunciare a qualcosa, dicono:
‘kiṁ panimassa appamattakassa oramattakassa adhisallikhatevāyaṁ samaṇo’ti? ‘Ma come, una cosa così banale e insignificante come questa? Questo asceta è troppo severo!’
Te tañceva nappajahanti, mayi ca appaccayaṁ upaṭṭhāpenti. Non ci rinunciano, e nutrono acidità nei miei confronti;
Ye ca bhikkhū sikkhākāmā tesaṁ taṁ, udāyi, hoti balavaṁ bandhanaṁ, daḷhaṁ bandhanaṁ, thiraṁ bandhanaṁ, apūtikaṁ bandhanaṁ, thūlo, kaliṅgaro. e per i monaci che vogliono addestrarsi, diventa un legame forte, solido, e robusto, un nodo che non è marcito, e un pesante giogo.
Idha panudāyi, ekacce kulaputtā ‘idaṁ pajahathā’ti mayā vuccamānā te evamāhaṁsu: Ma quando dico a certi giovani di rinunciare a qualcosa, dicono:
‘kiṁ panimassa appamattakassa oramattakassa pahātabbassa yassa no bhagavā pahānamāha, yassa no sugato paṭinissaggamāhā’ti? ‘Ma come, dobbiamo solo rinunciare a una cosa così banale e insignificante come questa, quando il Beato ci dice di rinunciarci, il Santo ci dice di lasciarla andare?’
Te tañceva pajahanti, mayi ca na appaccayaṁ upaṭṭhāpenti. Ci rinunciano, e non nutrono acidità nei miei confronti;
Ye ca bhikkhū sikkhākāmā te taṁ pahāya appossukkā pannalomā paradattavuttā migabhūtena cetasā viharanti. e quando i monaci che vogliono addestrarsi ci rinunciano, vivono rilassati, indisturbati, vivendo di carità, con cuori liberi come cerbiatti selvaggi.
Tesaṁ taṁ, udāyi, hoti abalaṁ bandhanaṁ, dubbalaṁ bandhanaṁ, pūtikaṁ bandhanaṁ, asārakaṁ bandhanaṁ—Per loro quel legame è debole, flebile, marcito, e insostanziale.
seyyathāpi, udāyi, rañño nāgo īsādanto urūḷhavā abhijāto saṅgāmāvacaro daḷhehi varattehi bandhanehi baddho īsakaṁyeva kāyaṁ sannāmetvā tāni bandhanāni saṁchinditvā sampadāletvā yena kāmaṁ pakkamati. Immagina un elefante reale con zanne come pali da carrozza, capace di sollevare carichi pesanti, di razza pura e pronto alla battaglia. E che sia legato con dei forti finimenti. Ma semplicemente torcendo un poco il corpo rompe le corde e va dove vuole.
Yo nu kho, udāyi, evaṁ vadeyya: Sarebbe giusto dire che
‘yehi so rañño nāgo īsādanto urūḷhavā abhijāto saṅgāmāvacaro daḷhehi varattehi bandhanehi baddho īsakaṁyeva kāyaṁ sannāmetvā tāni bandhanāni saṁchinditvā sampadāletvā yena kāmaṁ pakkamati, tañhi tassa balavaṁ bandhanaṁ, daḷhaṁ bandhanaṁ, thiraṁ bandhanaṁ, apūtikaṁ bandhanaṁ, thūlo, kaliṅgaro’ti; per quell’elefante quei finimenti siano forti, solidi, e robusti, un nodo che non è marcito, e un pesante giogo?”
sammā nu kho so, udāyi, vadamāno vadeyyā”ti?
“No hetaṁ, bhante. “No, Signore.
Yehi so, bhante, rañño nāgo īsādanto urūḷhavā abhijāto saṅgāmāvacaro daḷhehi varattehi bandhanehi baddho īsakaṁyeva kāyaṁ sannāmetvā tāni bandhanāni saṁchinditvā sampadāletvā yena kāmaṁ pakkamati, tañhi tassa abalaṁ bandhanaṁ …pe… asārakaṁ bandhanan”ti. per quell’elefante quei finimenti sono deboli, flebili, marciti, e insostanziali”
“Evameva kho, udāyi, idhekacce kulaputtā ‘idaṁ pajahathā’ti mayā vuccamānā te evamāhaṁsu: Allo stesso modo, quando dico a certi giovani di rinunciare a qualcosa, dicono:
‘kiṁ panimassa appamattakassa oramattakassa pahātabbassa yassa no bhagavā pahānamāha, yassa no sugato paṭinissaggamāhā’ti? ‘Ma come, dobbiamo solo rinunciare a una cosa così banale e insignificante come questa, quando il Beato ci dice di rinunciarci, il Santo ci dice di lasciarla andare?’
Te tañceva pajahanti, mayi ca na appaccayaṁ upaṭṭhāpenti. Ci rinunciano, e non nutrono acidità nei miei confronti;
Ye ca bhikkhū sikkhākāmā te taṁ pahāya appossukkā pannalomā paradattavuttā migabhūtena cetasā viharanti. e quando i monaci che vogliono addestrarsi ci rinunciano, dimorano rilassati, indisturbati, vivendo di carità, con cuori liberi come cerbiatti selvaggi.
Tesaṁ taṁ, udāyi, hoti abalaṁ bandhanaṁ, dubbalaṁ bandhanaṁ, pūtikaṁ bandhanaṁ, asārakaṁ bandhanaṁ. Per loro quel legame è debole, flebile, marcito, e insostanziale.
Seyyathāpi, udāyi, puriso daliddo assako anāḷhiyo; Immagina un uomo povero, con pochi averi e pochi soldi.
tassassa ekaṁ agārakaṁ oluggaviluggaṁ kākātidāyiṁ naparamarūpaṁ, ekā khaṭopikā oluggaviluggā naparamarūpā, ekissā kumbhiyā dhaññasamavāpakaṁ naparamarūpaṁ, ekā jāyikā naparamarūpā. Possiede un solo tugurio rotto aperto ai corvi, non dei migliori; un solo divano rotto, non dei migliori; un solo vaso per il grano, non dei migliori; e una sola moglie, non delle migliori.
So ārāmagataṁ bhikkhuṁ passeyya sudhotahatthapādaṁ manuññaṁ bhojanaṁ bhuttāviṁ sītāya chāyāya nisinnaṁ adhicitte yuttaṁ. Vede un monaco che siede dedito allo sviluppo della mente elevata all’ombra fresca, con mani e piedi ben lavati dopo aver mangiato un pasto delizioso.
Tassa evamassa: Pensa:
‘sukhaṁ vata bho sāmaññaṁ, ārogyaṁ vata bho sāmaññaṁ. ‘La vita ascetica è così piacevole! La vita ascetica è così bella!
So vatassaṁ yohaṁ kesamassuṁ ohāretvā kāsāyāni vatthāni acchādetvā agārasmā anagāriyaṁ pabbajeyyan’ti. Se solo potessi tagliarmi capelli e barba, indossare l’abito marrone, e lasciare la vita di casa per quella mendicante’.
So na sakkuṇeyya ekaṁ agārakaṁ oluggaviluggaṁ kākātidāyiṁ naparamarūpaṁ pahāya, ekaṁ khaṭopikaṁ oluggaviluggaṁ naparamarūpaṁ pahāya, ekissā kumbhiyā dhaññasamavāpakaṁ naparamarūpaṁ pahāya, ekaṁ jāyikaṁ naparamarūpaṁ pahāya kesamassuṁ ohāretvā kāsāyāni vatthāni acchādetvā agārasmā anagāriyaṁ pabbajituṁ. Ma non è in grado di rinunciare al suo tugurio rotto, al suo divano rotto, al suo vaso per il grano, o a sua moglie, nessuno dei quali è dei migliori, per lasciare casa.
Yo nu kho, udāyi, evaṁ vadeyya: Sarebbe giusto dire che
‘yehi so puriso bandhanehi baddho na sakkoti ekaṁ agārakaṁ oluggaviluggaṁ kākātidāyiṁ naparamarūpaṁ pahāya, ekaṁ khaṭopikaṁ oluggaviluggaṁ naparamarūpaṁ pahāya, ekissā kumbhiyā dhaññasamavāpakaṁ naparamarūpaṁ pahāya, ekaṁ jāyikaṁ naparamarūpaṁ pahāya kesamassuṁ ohāretvā kāsāyāni vatthāni acchādetvā agārasmā anagāriyaṁ pabbajituṁ; per quell’uomo
tañhi tassa abalaṁ bandhanaṁ, dubbalaṁ bandhanaṁ, pūtikaṁ bandhanaṁ, asārakaṁ bandhanan’ti; questi legami sono deboli, flebili, marciti, e insostanziali?”
sammā nu kho so, udāyi, vadamāno vadeyyā”ti?
“No hetaṁ, bhante. “No, Signore.
Yehi so, bhante, puriso bandhanehi baddho, na sakkoti ekaṁ agārakaṁ oluggaviluggaṁ kākātidāyiṁ naparamarūpaṁ pahāya, ekaṁ khaṭopikaṁ oluggaviluggaṁ naparamarūpaṁ pahāya, ekissā kumbhiyā dhaññasamavāpakaṁ naparamarūpaṁ pahāya, ekaṁ jāyikaṁ naparamarūpaṁ pahāya kesamassuṁ ohāretvā kāsāyāni vatthāni acchādetvā agārasmā anagāriyaṁ pabbajituṁ; Per quell’uomo
tañhi tassa balavaṁ bandhanaṁ, daḷhaṁ bandhanaṁ, thiraṁ bandhanaṁ, apūtikaṁ bandhanaṁ, thūlo, kaliṅgaro”ti. sono legami forti, solidi, e robusti, un nodo che non è marcito, e un pesante giogo”
“Evameva kho, udāyi, idhekacce moghapurisā ‘idaṁ pajahathā’ti mayā vuccamānā te evamāhaṁsu: “Allo stesso modo, quando dico a certi sciocchi di rinunciare a qualcosa, dicono:
‘kiṁ panimassa appamattakassa oramattakassa adhisallikhatevāyaṁ samaṇo’ti? ‘Ma come, una cosa così banale e insignificante come questa? Questo asceta è troppo severo!’
Te tañceva nappajahanti, mayi ca appaccayaṁ upaṭṭhāpenti. Non ci rinunciano, e nutrono acidità nei miei confronti;
Ye ca bhikkhū sikkhākāmā tesaṁ taṁ, udāyi, hoti balavaṁ bandhanaṁ, daḷhaṁ bandhanaṁ, thiraṁ bandhanaṁ, apūtikaṁ bandhanaṁ, thūlo, kaliṅgaro. e per i monaci che vogliono addestrarsi, diventa un legame forte, solido, e robusto, un nodo che non è marcito, e un pesante giogo.
Seyyathāpi, udāyi, gahapati vā gahapatiputto vā aḍḍho mahaddhano mahābhogo, nekānaṁ nikkhagaṇānaṁ cayo, nekānaṁ dhaññagaṇānaṁ cayo, nekānaṁ khettagaṇānaṁ cayo, nekānaṁ vatthugaṇānaṁ cayo, nekānaṁ bhariyagaṇānaṁ cayo, nekānaṁ dāsagaṇānaṁ cayo, nekānaṁ dāsigaṇānaṁ cayo; Immagina un uomo ricco, benestante, e abbiente. Possiede una grande quantità di monete d’oro, grano, campi, terre, mogli, e servi maschi e femmine.
so ārāmagataṁ bhikkhuṁ passeyya sudhotahatthapādaṁ manuññaṁ bhojanaṁ bhuttāviṁ sītāya chāyāya nisinnaṁ adhicitte yuttaṁ. Vede un monaco che siede dedito allo sviluppo della mente elevata all’ombra fresca, con mani e piedi ben lavati dopo aver mangiato un pasto delizioso.
Tassa evamassa: Pensa:
‘sukhaṁ vata bho sāmaññaṁ, ārogyaṁ vata bho sāmaññaṁ. ‘La vita ascetica è così piacevole! La vita ascetica è così bella!
So vatassaṁ yohaṁ kesamassuṁ ohāretvā kāsāyāni vatthāni acchādetvā agārasmā anagāriyaṁ pabbajeyyan’ti. Se solo potessi tagliarmi capelli e barba, indossare l’abito marrone, e lasciare la vita di casa per quella mendicante’.
So sakkuṇeyya nekāni nikkhagaṇāni pahāya, nekāni dhaññagaṇāni pahāya, nekāni khettagaṇāni pahāya, nekāni vatthugaṇāni pahāya, nekāni bhariyagaṇāni pahāya, nekāni dāsagaṇāni pahāya, nekāni dāsigaṇāni pahāya kesamassuṁ ohāretvā kāsāyāni vatthāni acchādetvā agārasmā anagāriyaṁ pabbajituṁ. Ed è in grado di rinunciare alla sua grande quantità di monete d’oro, grano, campi, terre, mogli, e servi maschi e femmine per lasciare casa.
Yo nu kho, udāyi, evaṁ vadeyya: Sarebbe giusto dire che
‘yehi so gahapati vā gahapatiputto vā bandhanehi baddho, sakkoti nekāni nikkhagaṇāni pahāya, nekāni dhaññagaṇāni pahāya, nekāni khettagaṇāni pahāya, nekāni vatthugaṇāni pahāya, nekāni bhariyagaṇāni pahāya, nekāni dāsagaṇāni pahāya, nekāni dāsigaṇāni pahāya kesamassuṁ ohāretvā kāsāyāni vatthāni acchādetvā agārasmā anagāriyaṁ pabbajituṁ, tañhi tassa balavaṁ bandhanaṁ, daḷhaṁ bandhanaṁ, thiraṁ bandhanaṁ, apūtikaṁ bandhanaṁ, thūlo, kaliṅgaro’ti; Per quell’uomo quei legami sono forti, solidi, e robusti, un nodo che non è marcito, e un pesante giogo?”
sammā nu kho so, udāyi, vadamāno vadeyyā”ti?
“No hetaṁ, bhante. “No, Signore.
Yehi so, bhante, gahapati vā gahapatiputto vā bandhanehi baddho, sakkoti nekāni nikkhagaṇāni pahāya, nekāni dhaññagaṇāni pahāya, nekāni khettagaṇāni pahāya, nekāni vatthugaṇāni pahāya, nekāni bhariyagaṇāni pahāya, nekāni dāsagaṇāni pahāya, nekāni dāsigaṇāni pahāya kesamassuṁ ohāretvā kāsāyāni vatthāni acchādetvā agārasmā anagāriyaṁ pabbajituṁ; Per quell’uomo
tañhi tassa abalaṁ bandhanaṁ, dubbalaṁ bandhanaṁ, pūtikaṁ bandhanaṁ, asārakaṁ bandhanan”ti. questi legami sono deboli, flebili, marciti, e insostanziali”
“Evameva kho, udāyi, idhekacce kulaputtā ‘idaṁ pajahathā’ti mayā vuccamānā te evamāhaṁsu: “Allo stesso modo, quando dico a certi giovani di rinunciare a qualcosa, dicono:
‘kiṁ panimassa appamattakassa oramattakassa pahātabbassa yassa no bhagavā pahānamāha, yassa no sugato paṭinissaggamāhā’ti? ‘Ma come, dobbiamo solo rinunciare a una cosa così banale e insignificante come questa, quando il Beato ci dice di rinunciarci, il Santo ci dice di lasciarla andare?’
Te tañceva pajahanti, mayi ca na appaccayaṁ upaṭṭhāpenti. Ci rinunciano, e non nutrono acidità nei miei confronti;
Ye ca bhikkhū sikkhākāmā te taṁ pahāya appossukkā pannalomā paradattavuttā migabhūtena cetasā viharanti. e quando i monaci che vogliono addestrarsi ci rinunciano, dimorano rilassati, indisturbati, vivendo di carità, con cuori liberi come cerbiatti selvaggi.
Tesaṁ taṁ, udāyi, hoti abalaṁ bandhanaṁ, dubbalaṁ bandhanaṁ, pūtikaṁ bandhanaṁ, asārakaṁ bandhanaṁ. Per loro quel legame è debole, flebile, marcito, e insostanziale.
Cattārome, udāyi, puggalā santo saṁvijjamānā lokasmiṁ. Udāyī, nel mondo si trovano queste quattro persone.
Katame cattāro? Quali quattro?
Idhudāyi, ekacco puggalo upadhipahānāya paṭipanno hoti upadhipaṭinissaggāya. Prendi una certa persona che pratica per abbandonare e lasciar andare ogni attaccamento.
Tamenaṁ upadhipahānāya paṭipannaṁ upadhipaṭinissaggāya upadhipaṭisaṁyuttā sarasaṅkappā samudācaranti. Mentre fa questo, ricordi e pensieri legati ad attaccamenti lo affliggono.
So te adhivāseti, nappajahati, na vinodeti, na byantīkaroti, na anabhāvaṁ gameti. Lui li tollera, non li abbandona, non se ne sbarazza, non li elimina, e non li oblitera.
Imaṁ kho ahaṁ, udāyi, puggalaṁ ‘saṁyutto’ti vadāmi no ‘visaṁyutto’. Io chiamo questa persona ‘incatenata’, non ‘distaccata’.
Taṁ kissa hetu? Perché questo?
Indriyavemattatā hi me, udāyi, imasmiṁ puggale viditā. Perché comprendo la diversità delle facoltà per quanto riguarda questa persona.
Idha panudāyi, ekacco puggalo upadhipahānāya paṭipanno hoti upadhipaṭinissaggāya. Prendi un’altra persona che pratica per abbandonare e lasciar andare ogni attaccamento.
Tamenaṁ upadhipahānāya paṭipannaṁ upadhipaṭinissaggāya upadhipaṭisaṁyuttā sarasaṅkappā samudācaranti. Mentre fa questo, ricordi e pensieri legati ad attaccamenti lo affliggono.
So te nādhivāseti, pajahati, vinodeti, byantīkaroti, anabhāvaṁ gameti. Lui non li tollera, ma li abbandona, se ne sbarazza, li elimina, e li oblitera.
Imampi kho ahaṁ, udāyi, puggalaṁ ‘saṁyutto’ti vadāmi no ‘visaṁyutto’. Io chiamo questa persona ‘incatenata’, non ‘distaccata’.
Taṁ kissa hetu? Perché questo?
Indriyavemattatā hi me, udāyi, imasmiṁ puggale viditā. Perché comprendo la diversità delle facoltà per quanto riguarda questa persona.
Idha panudāyi, ekacco puggalo upadhipahānāya paṭipanno hoti upadhipaṭinissaggāya. Prendi un’altra persona che pratica per abbandonare e lasciar andare ogni attaccamento.
Tamenaṁ upadhipahānāya paṭipannaṁ upadhipaṭinissaggāya kadāci karahaci satisammosā upadhipaṭisaṁyuttā sarasaṅkappā samudācaranti; Mentre fa questo, ricordi e pensieri legati ad attaccamenti lo affliggono.
dandho, udāyi, satuppādo. La sua consapevolezza è lenta a sorgere,
Atha kho naṁ khippameva pajahati, vinodeti, byantīkaroti, anabhāvaṁ gameti. ma abbandona velocemente quei pensieri, se ne sbarazza, li elimina, e li oblitera.
Seyyathāpi, udāyi, puriso divasaṁsantatte ayokaṭāhe dve vā tīṇi vā udakaphusitāni nipāteyya; Immagina un calderone di ferro che è stato scaldato tutto il giorno, e una persona ci lascia cadere dentro due o tre gocce d’acqua.
dandho, udāyi, udakaphusitānaṁ nipāto. Atha kho naṁ khippameva parikkhayaṁ pariyādānaṁ gaccheyya. Le gocce sarebbero lente a cadere, ma si prosciugherebbero ed evaporerebbero subito.
Evameva kho, udāyi, idhekacco puggalo upadhipahānāya paṭipanno hoti upadhipaṭinissaggāya. Allo stesso modo, prendi una persona che pratica per abbandonare e lasciar andare ogni attaccamento.
Tamenaṁ upadhipahānāya paṭipannaṁ upadhipaṭinissaggāya kadāci karahaci satisammosā upadhipaṭisaṁyuttā sarasaṅkappā samudācaranti; Mentre fa questo, ricordi e pensieri legati ad attaccamenti lo affliggono.
dandho, udāyi, satuppādo. La sua consapevolezza è lenta a sorgere,
Atha kho naṁ khippameva pajahati, vinodeti, byantīkaroti, anabhāvaṁ gameti. ma abbandona velocemente quei pensieri, se ne sbarazza, li elimina, e li oblitera.
Imampi kho ahaṁ, udāyi, puggalaṁ ‘saṁyutto’ti vadāmi no ‘visaṁyutto’. Io chiamo questa persona ‘incatenata’, non ‘distaccata’.
Taṁ kissa hetu? Perché questo?
Indriyavemattatā hi me, udāyi, imasmiṁ puggale viditā. Perché comprendo la diversità delle facoltà per quanto riguarda questa persona.
Idha panudāyi, ekacco puggalo ‘upadhi dukkhassa mūlan’ti—Prendi un’altra persona che, comprendendo che l’attaccamento è la radice della sofferenza,
iti viditvā nirupadhi hoti, upadhisaṅkhaye vimutto. è libero attraverso l’eliminazione dei contaminanti.
Imaṁ kho ahaṁ, udāyi, puggalaṁ ‘visaṁyutto’ti vadāmi no ‘saṁyutto’ti. Io chiamo questa persona ‘distaccata’, non ‘incatenata’.
Taṁ kissa hetu? Perché questo?
Indriyavemattatā hi me, udāyi, imasmiṁ puggale viditā. Perché comprendo la diversità delle facoltà per quanto riguarda questa persona.
Ime kho, udāyi, cattāro puggalā santo saṁvijjamānā lokasmiṁ. Nel mondo si trovano queste quattro persone.
Pañca kho ime, udāyi, kāmaguṇā. Udāyī, questi sono i cinque tipi di stimolazione dei sensi.
Katame pañca? Quali cinque?
Cakkhuviññeyyā rūpā iṭṭhā kantā manāpā piyarūpā kāmūpasaṁhitā rajanīyā, Forme percepite dall’occhio che sono piacevoli, desiderabili, amabili, gradevoli, sensuali, ed eccitanti.
sotaviññeyyā saddā …pe… Suoni percepiti dall’orecchio …
ghānaviññeyyā gandhā … Odori percepiti dal naso …
jivhāviññeyyā rasā … Sapori percepiti dalla lingua …
kāyaviññeyyā phoṭṭhabbā iṭṭhā kantā manāpā piyarūpā kāmūpasaṁhitā rajanīyā. Tocchi percepiti dal corpo che sono piacevoli, desiderabili, amabili, gradevoli, sensuali, ed eccitanti.
Ime kho, udāyi, pañca kāmaguṇā. Questi sono i cinque tipi di stimolazione dei sensi.
Yaṁ kho, udāyi, ime pañca kāmaguṇe paṭicca uppajjati sukhaṁ somanassaṁ idaṁ vuccati kāmasukhaṁ miḷhasukhaṁ puthujjanasukhaṁ anariyasukhaṁ, na sevitabbaṁ, na bhāvetabbaṁ, na bahulīkātabbaṁ; ‘bhāyitabbaṁ etassa sukhassā’ti vadāmi. La felicità e l’allegria che si manifestano da questi cinque tipi di stimolazione dei sensi si chiama piacere dei sensi, un piacere lercio, ordinario, e ignobile. Tale piacere non deve essere coltivato o sviluppato, ma deve essere temuto, dico io.
Idhudāyi, bhikkhu vivicceva kāmehi …pe… paṭhamaṁ jhānaṁ upasampajja viharati Prendi un monaco che, sufficientemente isolato dai piaceri dei sensi, … raggiunge e dimora nella prima estasi.
vitakkavicārānaṁ vūpasamā …pe… dutiyaṁ jhānaṁ upasampajja viharati, Con il placarsi di pensiero e valutazione, … raggiunge e dimora nella seconda estasi.
pītiyā ca virāgā …pe… tatiyaṁ jhānaṁ upasampajja viharati, Con lo svanire dell’euforia, … raggiunge e dimora nella terza estasi.
sukhassa ca pahānā …pe… catutthaṁ jhānaṁ upasampajja viharati. Abbandonando gioia e dolore, … raggiunge e dimora nella quarta estasi.
Idaṁ vuccati nekkhammasukhaṁ pavivekasukhaṁ upasamasukhaṁ sambodhasukhaṁ, āsevitabbaṁ, bhāvetabbaṁ, bahulīkātabbaṁ; ‘na bhāyitabbaṁ etassa sukhassā’ti vadāmi. Questa si chiama la felicità della rinuncia, la felicità dell’isolamento, la felicità della pace, la felicità del risveglio. Questa felicità deve essere coltivata e sviluppata, e non deve essere temuta, dico io.
Idhudāyi, bhikkhu vivicceva kāmehi …pe… paṭhamaṁ jhānaṁ upasampajja viharati; Prendi un monaco che, sufficientemente isolato dai piaceri dei sensi, … raggiunge e dimora nella prima estasi.
idaṁ kho ahaṁ, udāyi, iñjitasmiṁ vadāmi. Questo appartiene ciò che è turbabile, dico io.
Kiñca tattha iñjitasmiṁ? E cos’è che appartiene a ciò che è turbabile lì?
Yadeva tattha vitakkavicārā aniruddhā honti idaṁ tattha iñjitasmiṁ. Qualsiasi pensiero e valutazione che non sono cessati appartengono a ciò che è turbabile.
Idhudāyi, bhikkhu vitakkavicārānaṁ vūpasamā …pe… dutiyaṁ jhānaṁ upasampajja viharati; Prendi un monaco che, con il placarsi di pensiero e valutazione, … raggiunge e dimora nella seconda estasi.
idampi kho ahaṁ, udāyi, iñjitasmiṁ vadāmi. Questo appartiene ciò che è turbabile, dico io.
Kiñca tattha iñjitasmiṁ? E cos’è che appartiene a ciò che è turbabile lì?
Yadeva tattha pītisukhaṁ aniruddhaṁ hoti idaṁ tattha iñjitasmiṁ. Qualsiasi euforia e felicità che non sono cessate appartengono a ciò che è turbabile.
Idhudāyi, bhikkhu pītiyā ca virāgā …pe… tatiyaṁ jhānaṁ upasampajja viharati; Prendi un monaco che, con lo svanire dell’euforia, … raggiunge e dimora nella terza estasi.
idampi kho ahaṁ, udāyi, iñjitasmiṁ vadāmi. Questo appartiene ciò che è turbabile, dico io.
Kiñca tattha iñjitasmiṁ? E cos’è che appartiene a ciò che è turbabile lì?
Yadeva tattha upekkhāsukhaṁ aniruddhaṁ hoti idaṁ tattha iñjitasmiṁ. Qualsiasi felicità equanime che non è cessata appartiene a ciò che è turbabile.
Idhudāyi, bhikkhu sukhassa ca pahānā …pe… catutthaṁ jhānaṁ upasampajja viharati; Prendi un monaco che, abbandonando gioia e dolore, … raggiunge e dimora nella prima estasi.
idaṁ kho ahaṁ, udāyi, aniñjitasmiṁ vadāmi. Questo appartiene ciò che è imperturbabile, dico io.
Idhudāyi, bhikkhu vivicceva kāmehi …pe… paṭhamaṁ jhānaṁ upasampajja viharati; Prendi un monaco che, sufficientemente isolato dai piaceri dei sensi, … raggiunge e dimora nella prima estasi.
idaṁ kho ahaṁ, udāyi, ‘analan’ti vadāmi, ‘pajahathā’ti vadāmi, ‘samatikkamathā’ti vadāmi. Non è abbastanza, dico io: abbandonalo, vai oltre.
Ko ca tassa samatikkamo? E cosa c’è oltre?
Idhudāyi, bhikkhu vitakkavicārānaṁ vūpasamā …pe… dutiyaṁ jhānaṁ upasampajja viharati, ayaṁ tassa samatikkamo; Prendi un monaco che, con il placarsi di pensiero e valutazione, … raggiunge e dimora nella seconda estasi. C’è questo oltre.
idampi kho ahaṁ, udāyi, ‘analan’ti vadāmi, ‘pajahathā’ti vadāmi, ‘samatikkamathā’ti vadāmi. Ma anche questo non è abbastanza, dico io: abbandonalo, vai oltre.
Ko ca tassa samatikkamo? E cosa c’è oltre?
Idhudāyi, bhikkhu pītiyā ca virāgā …pe… tatiyaṁ jhānaṁ upasampajja viharati, ayaṁ tassa samatikkamo; Prendi un monaco che, con lo svanire dell’euforia, … raggiunge e dimora nella terza estasi. C’è questo oltre.
idampi kho ahaṁ, udāyi, ‘analan’ti vadāmi, ‘pajahathā’ti vadāmi, ‘samatikkamathā’ti vadāmi. Ma anche questo non è abbastanza, dico io: abbandonalo, vai oltre.
Ko ca tassa samatikkamo? E cosa c’è oltre?
Idhudāyi, bhikkhu sukhassa ca pahānā …pe… catutthaṁ jhānaṁ upasampajja viharati, ayaṁ tassa samatikkamo; Prendi un monaco che, abbandonando gioia e dolore, … raggiunge e dimora nella prima estasi. C’è questo oltre.
idampi kho ahaṁ, udāyi, ‘analan’ti vadāmi, ‘pajahathā’ti vadāmi, ‘samatikkamathā’ti vadāmi. Ma anche questo non è abbastanza, dico io: abbandonalo, vai oltre.
Ko ca tassa samatikkamo? E cosa c’è oltre?
Idhudāyi, bhikkhu sabbaso rūpasaññānaṁ samatikkamā paṭighasaññānaṁ atthaṅgamā nānattasaññānaṁ amanasikārā ‘ananto ākāso’ti ākāsānañcāyatanaṁ upasampajja viharati, ayaṁ tassa samatikkamo; Prendi un monaco che, andando totalmente oltre percezioni della materia, mettendo fine alle percezioni di impatto sensoriale, non concentrandosi su percezioni di diversità, percependo che ‘lo spazio è infinito’, raggiunge e dimora nella dimensione dello spazio infinito. C’è questo oltre.
idampi kho ahaṁ, udāyi, ‘analan’ti vadāmi, ‘pajahathā’ti vadāmi, ‘samatikkamathā’ti vadāmi. Ma anche questo non è abbastanza, dico io: abbandonalo, vai oltre.
Ko ca tassa samatikkamo? E cosa c’è oltre?
Idhudāyi, bhikkhu sabbaso ākāsānañcāyatanaṁ samatikkamma ‘anantaṁ viññāṇan’ti viññāṇañcāyatanaṁ upasampajja viharati, ayaṁ tassa samatikkamo; Prendi un monaco che, andando totalmente oltre la dimensione dello spazio infinito, percependo che ‘la coscienza è infinita’, raggiunge e dimora nella dimensione della coscienza infinita.
idampi kho ahaṁ, udāyi, ‘analan’ti vadāmi, ‘pajahathā’ti vadāmi, ‘samatikkamathā’ti vadāmi. Ma anche questo non è abbastanza, dico io: abbandonalo, vai oltre.
Ko ca tassa samatikkamo? E cosa c’è oltre?
Idhudāyi, bhikkhu sabbaso viññāṇañcāyatanaṁ samatikkamma ‘natthi kiñcī’ti ākiñcaññāyatanaṁ upasampajja viharati, ayaṁ tassa samatikkamo; Prendi un monaco che, andando totalmente oltre la dimensione della coscienza infinita, percependo che ‘non c'è nulla in assoluto’, raggiunge e dimora nella dimensione del nulla. C’è questo oltre.
idampi kho ahaṁ, udāyi, ‘analan’ti vadāmi, ‘pajahathā’ti vadāmi, ‘samatikkamathā’ti vadāmi. Ma anche questo non è abbastanza, dico io: abbandonalo, vai oltre.
Ko ca tassa samatikkamo? E cosa c’è oltre?
Idhudāyi, bhikkhu sabbaso ākiñcaññāyatanaṁ samatikkamma nevasaññānāsaññāyatanaṁ upasampajja viharati, ayaṁ tassa samatikkamo; Prendi un monaco che, andando totalmente oltre la dimensione del nulla, raggiunge e dimora nella dimensione della né percezione né non-percezione. C’è questo oltre.
idampi kho ahaṁ, udāyi, ‘analan’ti vadāmi, ‘pajahathā’ti vadāmi, ‘samatikkamathā’ti vadāmi. Ma anche questo non è abbastanza, dico io: abbandonalo, vai oltre.
Ko ca tassa samatikkamo? E cosa c’è oltre?
Idhudāyi, bhikkhu sabbaso nevasaññānāsaññāyatanaṁ samatikkamma saññāvedayitanirodhaṁ upasampajja viharati, ayaṁ tassa samatikkamo; Prendi un monaco che, andando totalmente oltre la dimensione della né percezione né non-percezione, raggiunge e dimora nella cessazione di percezione e sensazione. C’è questo oltre.
iti kho ahaṁ, udāyi, nevasaññānāsaññāyatanassapi pahānaṁ vadāmi. Quindi, Udāyī, io raccomando di abbandonare persino la dimensione della né percezione né non-percezione.
Passasi no tvaṁ, udāyi, taṁ saṁyojanaṁ aṇuṁ vā thūlaṁ vā yassāhaṁ no pahānaṁ vadāmī”ti? Vedi qualche catena, grande o piccola, che non raccomando di abbandonare?”
“No hetaṁ, bhante”ti. “No, Signore”.
Idamavoca bhagavā. Questo è ciò che il Buddha disse.
Attamano āyasmā udāyī bhagavato bhāsitaṁ abhinandīti. Contento, il Venerabile Udāyī trasse piacere da ciò che il Buddha disse.
Laṭukikopamasuttaṁ niṭṭhitaṁ chaṭṭhaṁ.