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Majjhima Nikāya 39 Discorsi medi 39

Mahāassapurasutta Il discorso più lungo ad Assapura

Evaṁ me sutaṁ—Così ho sentito.

ekaṁ samayaṁ bhagavā aṅgesu viharati assapuraṁ nāma aṅgānaṁ nigamo. Una volta il Buddha dimorava nella terra degli Aṅga, vicino alla città Aṅga chiamata Assapura.

Tatra kho bhagavā bhikkhū āmantesi: Lì il Buddha si rivolse ai monaci:

“bhikkhavo”ti. “Monaci!”

“Bhadante”ti te bhikkhū bhagavato paccassosuṁ. “Venerabile Signore”, risposero i monaci.

Bhagavā etadavoca: Il Buddha disse:

“Samaṇā samaṇāti vo, bhikkhave, jano sañjānāti. “Monaci, la gente vi etichetta come asceti.

Tumhe ca pana ‘ke tumhe’ti puṭṭhā samānā ‘samaṇāmhā’ti paṭijānātha; E quando vi chiedono cosa siete, voi sostenete di essere asceti.

tesaṁ vo, bhikkhave, evaṁsamaññānaṁ sataṁ evaṁpaṭiññānaṁ sataṁ ‘ye dhammā samaṇakaraṇā ca brāhmaṇakaraṇā ca te dhamme samādāya vattissāma, evaṁ no ayaṁ amhākaṁ samaññā ca saccā bhavissati paṭiññā ca bhūtā. Data questa etichetta e questa affermazione, dovete allenarvi così: ‘Dobbiamo intraprendere e seguire le cose che rendono uno un asceta e un bramino. In questo modo la nostra etichetta sarà accurata e la nostra affermazione vera.

Yesañca mayaṁ cīvarapiṇḍapātasenāsanagilānappaccayabhesajjaparikkhāraṁ paribhuñjāma, tesaṁ te kārā amhesu mahapphalā bhavissanti mahānisaṁsā, amhākañcevāyaṁ pabbajjā avañjhā bhavissati saphalā saudrayā’ti. Qualsiasi abito, cibo elemosinato, riparo, e medicina e provvigione per malati che useremo sarà molto fruttuoso e di beneficio al donatore. E il nostro lasciare casa non sarà stato sprecato, ma sarà molto fruttuoso e fertile’.

Evañhi vo, bhikkhave, sikkhitabbaṁ.

Katame ca, bhikkhave, dhammā samaṇakaraṇā ca brāhmaṇakaraṇā ca? E quali sono le cose che rendono uno un asceta e un bramino?

‘Hirottappena samannāgatā bhavissāmā’ti evañhi vo, bhikkhave, sikkhitabbaṁ. Dovete allenarvi così: ‘Dobbiamo essere coscienziosi e prudenti’.

Siyā kho pana, bhikkhave, tumhākaṁ evamassa: Ora, monaci, potreste pensare:

‘hirottappenamha samannāgatā, alamettāvatā katamettāvatā, anuppatto no sāmaññattho, natthi no kiñci uttariṁ karaṇīyan’ti tāvatakeneva tuṭṭhiṁ āpajjeyyātha. ‘Siamo coscienziosi e prudenti. Questo è già abbastanza. Abbiamo raggiunto l’obiettivo della vita da asceta. Non c’è altro da fare’. E potreste sentirvi soddisfatti giusto con quel poco.

Ārocayāmi vo, bhikkhave, paṭivedayāmi vo, bhikkhave: Vi proclamo questo, monaci, vi annuncio questo:

‘mā vo sāmaññatthikānaṁ sataṁ sāmaññattho parihāyi, sati uttariṁ karaṇīye’. ‘Voi che aspirate a essere veri asceti, non perdete di vista l’obiettivo della vita ascetica quando c’è ancora altro da fare’.

Kiñca, bhikkhave, uttariṁ karaṇīyaṁ? Cosa c’è di altro da fare?

‘Parisuddho no kāyasamācāro bhavissati uttāno vivaṭo na ca chiddavā saṁvuto ca. Dovete allenarvi così: ‘Il nostro comportamento di corpo deve essere puro, chiaro, aperto, né inconsistente né equivoco.

Tāya ca pana parisuddhakāyasamācāratāya nevattānukkaṁsessāma na paraṁ vambhessāmā’ti evañhi vo, bhikkhave, sikkhitabbaṁ. E non glorificheremo noi stessi o denigreremo gli altri a causa del nostro comportamento puro di corpo’.

Siyā kho pana, bhikkhave, tumhākaṁ evamassa: Ora, monaci, potreste pensare:

‘hirottappenamha samannāgatā, parisuddho no kāyasamācāro; ‘Siamo coscienziosi e prudenti, e il nostro comportamento di corpo è puro.

alamettāvatā katamettāvatā, anuppatto no sāmaññattho, natthi no kiñci uttariṁ karaṇīyan’ti tāvatakeneva tuṭṭhiṁ āpajjeyyātha. Questo è già abbastanza. Abbiamo raggiunto l’obiettivo della vita da asceta. Non c’è altro da fare’. E potreste sentirvi soddisfatti giusto con quel poco.

Ārocayāmi vo, bhikkhave, paṭivedayāmi vo, bhikkhave: Vi proclamo questo, monaci, vi annuncio questo:

‘mā vo sāmaññatthikānaṁ sataṁ sāmaññattho parihāyi, sati uttariṁ karaṇīye’. ‘Voi che aspirate a essere veri asceti, non perdete di vista l’obiettivo della vita ascetica quando c’è ancora altro da fare’.

Kiñca, bhikkhave, uttariṁ karaṇīyaṁ? Cosa c’è di altro da fare?

‘Parisuddho no vacīsamācāro bhavissati uttāno vivaṭo na ca chiddavā saṁvuto ca. Dovete allenarvi così: ‘Il nostro comportamento di parola deve essere puro, chiaro, aperto, né inconsistente né equivoco.

Tāya ca pana parisuddhavacīsamācāratāya nevattānukkaṁsessāma na paraṁ vambhessāmā’ti evañhi vo, bhikkhave, sikkhitabbaṁ. E non glorificheremo noi stessi o denigreremo gli altri a causa del nostro comportamento puro di parola’.

Siyā kho pana, bhikkhave, tumhākaṁ evamassa: Ora, monaci, potreste pensare:

‘hirottappenamha samannāgatā, parisuddho no kāyasamācāro, parisuddho vacīsamācāro; ‘Siamo coscienziosi e prudenti, il nostro comportamento di corpo è puro, e il nostro comportamento di parola è puro.

alamettāvatā katamettāvatā, anuppatto no sāmaññattho, natthi no kiñci uttariṁ karaṇīyan’ti tāvatakeneva tuṭṭhiṁ āpajjeyyātha. Questo è già abbastanza. Abbiamo raggiunto l’obiettivo della vita da asceta. Non c’è altro da fare’. E potreste sentirvi soddisfatti giusto con quel poco.

Ārocayāmi vo, bhikkhave, paṭivedayāmi vo, bhikkhave: Vi proclamo questo, monaci, vi annuncio questo:

‘mā vo sāmaññatthikānaṁ sataṁ sāmaññattho parihāyi, sati uttariṁ karaṇīye’. ‘Voi che aspirate a essere veri asceti, non perdete di vista l’obiettivo della vita ascetica quando c’è ancora altro da fare’.

Kiñca, bhikkhave, uttariṁ karaṇīyaṁ? Cosa c’è di altro da fare?

‘Parisuddho no manosamācāro bhavissati uttāno vivaṭo na ca chiddavā saṁvuto ca. Dovete allenarvi così: ‘Il nostro comportamento di mente deve essere puro, chiaro, aperto, né inconsistente né equivoco.

Tāya ca pana parisuddhamanosamācāratāya nevattānukkaṁsessāma na paraṁ vambhessāmā’ti evañhi vo, bhikkhave, sikkhitabbaṁ. E non glorificheremo noi stessi o denigreremo gli altri a causa del nostro comportamento puro di mente’.

Siyā kho pana, bhikkhave, tumhākaṁ evamassa: Ora, monaci, potreste pensare:

‘hirottappenamha samannāgatā, parisuddho no kāyasamācāro, parisuddho vacīsamācāro, parisuddho manosamācāro; ‘Siamo coscienziosi e prudenti, il nostro comportamento di corpo è puro, il nostro comportamento di parola è puro, e il nostro comportamento di mente è puro.

alamettāvatā katamettāvatā, anuppatto no sāmaññattho, natthi no kiñci uttariṁ karaṇīyan’ti tāvatakeneva tuṭṭhiṁ āpajjeyyātha. Questo è già abbastanza. Abbiamo raggiunto l’obiettivo della vita da asceta. Non c’è altro da fare’. E potreste sentirvi soddisfatti giusto con quel poco.

Ārocayāmi vo, bhikkhave, paṭivedayāmi vo, bhikkhave: Vi proclamo questo, monaci, vi annuncio questo:

‘mā vo sāmaññatthikānaṁ sataṁ sāmaññattho parihāyi, sati uttariṁ karaṇīye’. ‘Voi che aspirate a essere veri asceti, non perdete di vista l’obiettivo della vita ascetica quando c’è ancora altro da fare’.

Kiñca, bhikkhave, uttariṁ karaṇīyaṁ? Cosa c’è di altro da fare?

‘Parisuddho no ājīvo bhavissati uttāno vivaṭo na ca chiddavā saṁvuto ca. Dovete allenarvi così: ‘Il nostro sostentamento deve essere puro, chiaro, aperto, né inconsistente né equivoco.

Tāya ca pana parisuddhājīvatāya nevattānukkaṁsessāma na paraṁ vambhessāmā’ti evañhi vo, bhikkhave, sikkhitabbaṁ. E non glorificheremo noi stessi o denigreremo gli altri a causa del nostro sostentamento puro’.

Siyā kho pana, bhikkhave, tumhākaṁ evamassa: Ora, monaci, potreste pensare:

‘hirottappenamha samannāgatā, parisuddho no kāyasamācāro, parisuddho vacīsamācāro, parisuddho manosamācāro, parisuddho ājīvo; ‘Siamo coscienziosi e prudenti, il nostro comportamento di corpo è puro, il nostro comportamento di parola è puro, il nostro comportamento di mente è puro, e il nostro sostentamento è puro.

alamettāvatā katamettāvatā, anuppatto no sāmaññattho, natthi no kiñci uttariṁ karaṇīyan’ti tāvatakeneva tuṭṭhiṁ āpajjeyyātha. Questo è già abbastanza. Abbiamo raggiunto l’obiettivo della vita da asceta. Non c’è altro da fare’. E potreste sentirvi soddisfatti giusto con quel poco.

Ārocayāmi vo, bhikkhave, paṭivedayāmi vo, bhikkhave: Vi proclamo questo, monaci, vi annuncio questo:

‘mā vo sāmaññatthikānaṁ sataṁ sāmaññattho parihāyi, sati uttariṁ karaṇīye’. ‘Voi che aspirate a essere veri asceti, non perdete di vista l’obiettivo della vita ascetica quando c’è ancora altro da fare’.

Kiñca, bhikkhave, uttariṁ karaṇīyaṁ? Cosa c’è di altro da fare?

‘Indriyesu guttadvārā bhavissāma; Dovete allenarvi così: ‘Dobbiamo contenere le nostre porte sensoriali.

cakkhunā rūpaṁ disvā na nimittaggāhī nānubyañjanaggāhī. Quando vediamo una forma con gli occhi, non ci faremo influenzare dall’aspetto e dai dettagli.

Yatvādhikaraṇamenaṁ cakkhundriyaṁ asaṁvutaṁ viharantaṁ abhijjhādomanassā pāpakā akusalā dhammā anvāssaveyyuṁ, tassa saṁvarāya paṭipajjissāma, rakkhissāma cakkhundriyaṁ, cakkhundriye saṁvaraṁ āpajjissāma. Se la facoltà della vista rimanesse senza contegno, qualità malvagie e cattive di attrazione o fastidio prenderebbero il sopravvento. Per questa ragione, faremo pratica di contegno, proteggeremo la facoltà della vista, e ci applicheremo al suo contegno.

Sotena saddaṁ sutvā …pe… Quando sentiamo un suono con l’orecchio …

ghānena gandhaṁ ghāyitvā …pe… Quando fiutiamo un odore con il naso …

jivhāya rasaṁ sāyitvā …pe… Quando gustiamo un sapore con la lingua …

kāyena phoṭṭhabbaṁ phusitvā …pe… Quando entriamo in contatto con un tocco col corpo …

manasā dhammaṁ viññāya na nimittaggāhī nānubyañjanaggāhī. Quando diventiamo coscienti di un fenomeno mentale con la mente, non ci faremo influenzare dall’aspetto e dai dettagli.

Yatvādhikaraṇamenaṁ manindriyaṁ asaṁvutaṁ viharantaṁ abhijjhādomanassā pāpakā akusalā dhammā anvāssaveyyuṁ, tassa saṁvarāya paṭipajjissāma, rakkhissāma manindriyaṁ, manindriye saṁvaraṁ āpajjissāmā’ti evañhi vo, bhikkhave, sikkhitabbaṁ. Se la facoltà della mente rimanesse senza contegno, qualità malvagie e cattive di attrazione o fastidio prenderebbero il sopravvento. Per questa ragione, faremo pratica di contegno, proteggeremo la facoltà della mente, e ci applicheremo al suo contegno’.

Siyā kho pana, bhikkhave, tumhākaṁ evamassa: Ora, monaci, potreste pensare:

‘hirottappenamha samannāgatā, parisuddho no kāyasamācāro, parisuddho vacīsamācāro, parisuddho manosamācāro, parisuddho ājīvo, indriyesumha guttadvārā; ‘Siamo coscienziosi e prudenti, il nostro comportamento di corpo è puro, il nostro comportamento di parola è puro, il nostro comportamento di mente è puro, il nostro sostentamento è puro, e le nostre porte sensoriali sono contenute.

alamettāvatā katamettāvatā, anuppatto no sāmaññattho, natthi no kiñci uttariṁ karaṇīyan’ti tāvatakeneva tuṭṭhiṁ āpajjeyyātha. Questo è già abbastanza. Abbiamo raggiunto l’obiettivo della vita da asceta. Non c’è altro da fare’. E potreste sentirvi soddisfatti giusto con quel poco.

Ārocayāmi vo, bhikkhave, paṭivedayāmi vo, bhikkhave: Vi proclamo questo, monaci, vi annuncio questo:

‘mā vo sāmaññatthikānaṁ sataṁ sāmaññattho parihāyi, sati uttariṁ karaṇīye’. ‘Voi che aspirate a essere veri asceti, non perdete di vista l’obiettivo della vita ascetica quando c’è ancora altro da fare’.

Kiñca, bhikkhave, uttariṁ karaṇīyaṁ? Cosa c’è di altro da fare?

‘Bhojane mattaññuno bhavissāma, paṭisaṅkhā yoniso āhāraṁ āharissāma, Dovete allenarvi così: ‘Non dobbiamo mangiare troppo. Dobbiamo mangiare solo dopo aver riflettuto in maniera lungimirante sul nostro cibo.

neva davāya na madāya na maṇḍanāya na vibhūsanāya yāvadeva imassa kāyassa ṭhitiyā yāpanāya, vihiṁsūparatiyā, brahmacariyānuggahāya, iti purāṇañca vedanaṁ paṭihaṅkhāma navañca vedanaṁ na uppādessāma, yātrā ca no bhavissati, anavajjatā ca, phāsu vihāro cā’ti evañhi vo, bhikkhave, sikkhitabbaṁ. Non mangeremo per piacere, indulgenza, estetica, o abbellimento, ma solo per sostenere questo corpo, per evitare danno, e sostenere il percorso spirituale. In questo modo, metteremo fine a vecchio disagio e non daremo origine a nuovo disagio, e vivremo senza colpe e a nostro agio’.

Siyā kho pana, bhikkhave, tumhākaṁ evamassa: Ora, monaci, potreste pensare:

‘hirottappenamha samannāgatā, parisuddho no kāyasamācāro, parisuddho vacīsamācāro, parisuddho manosamācāro, parisuddho ājīvo, indriyesumha guttadvārā, bhojane mattaññuno; ‘Siamo coscienziosi e prudenti, il nostro comportamento di corpo è puro, il nostro comportamento di parola è puro, il nostro comportamento di mente è puro, il nostro sostentamento è puro, e le nostre porte sensoriali sono contenute, e non mangiamo troppo.

alamettāvatā katamettāvatā, anuppatto no sāmaññattho, natthi no kiñci uttariṁ karaṇīyan’ti tāvatakeneva tuṭṭhiṁ āpajjeyyātha. Questo è già abbastanza. Abbiamo raggiunto l’obiettivo della vita da asceta. Non c’è altro da fare’. E potreste sentirvi soddisfatti giusto con quel poco.

Ārocayāmi vo, bhikkhave, paṭivedayāmi vo, bhikkhave: Vi proclamo questo, monaci, vi annuncio questo:

‘mā vo, sāmaññatthikānaṁ sataṁ sāmaññattho parihāyi sati uttariṁ karaṇīye’. ‘Voi che aspirate a essere veri asceti, non perdete di vista l’obiettivo della vita ascetica quando c’è ancora altro da fare’.

Kiñca, bhikkhave, uttariṁ karaṇīyaṁ? Cosa c’è di altro da fare?

‘Jāgariyaṁ anuyuttā bhavissāma, divasaṁ caṅkamena nisajjāya āvaraṇīyehi dhammehi cittaṁ parisodhessāma. Dovete allenarvi così: ‘Dobbiamo essere dediti alla veglia. Dobbiamo camminare e sederci durante il giorno, purificando la mente dagli ostacoli.

Rattiyā paṭhamaṁ yāmaṁ caṅkamena nisajjāya āvaraṇīyehi dhammehi cittaṁ parisodhessāma. La sera, continueremo a camminare e sedere.

Rattiyā majjhimaṁ yāmaṁ dakkhiṇena passena sīhaseyyaṁ kappessāma pāde pādaṁ accādhāya, sato sampajāno uṭṭhānasaññaṁ manasi karitvā. Nel mezzo della notte, ci sdraieremo nella posizione del leone, sul lato destro, posizionando un piede sopra l’altro, consapevoli e presenti, concentrandoci sull’idea di alzarsi.

Rattiyā pacchimaṁ yāmaṁ paccuṭṭhāya caṅkamena nisajjāya āvaraṇīyehi dhammehi cittaṁ parisodhessāmā’ti, evañhi vo, bhikkhave, sikkhitabbaṁ. Nell’ultima parte della notte, ci alzeremo e continueremo a camminare e sedere, purificando la mente dagli ostacoli’.

Siyā kho pana, bhikkhave, tumhākaṁ evamassa: Ora, monaci, potreste pensare:

‘hirottappenamha samannāgatā, parisuddho no kāyasamācāro, parisuddho vacīsamācāro, parisuddho manosamācāro, parisuddho ājīvo, indriyesumha guttadvārā, bhojane mattaññuno, jāgariyaṁ anuyuttā; ‘Siamo coscienziosi e prudenti, il nostro comportamento di corpo è puro, il nostro comportamento di parola è puro, il nostro comportamento di mente è puro, il nostro sostentamento è puro, e le nostre porte sensoriali sono contenute, non mangiamo troppo, e siamo dediti alla veglia.

alamettāvatā katamettāvatā, anuppatto no sāmaññattho, natthi no kiñci uttariṁ karaṇīyan’ti, tāvatakeneva tuṭṭhiṁ āpajjeyyātha. Questo è già abbastanza. Abbiamo raggiunto l’obiettivo della vita da asceta. Non c’è altro da fare’. E potreste sentirvi soddisfatti giusto con quel poco.

Ārocayāmi vo, bhikkhave, paṭivedayāmi vo, bhikkhave: Vi proclamo questo, monaci, vi annuncio questo:

‘mā vo, sāmaññatthikānaṁ sataṁ sāmaññattho parihāyi sati uttariṁ karaṇīye’. ‘Voi che aspirate a essere veri asceti, non perdete di vista l’obiettivo della vita ascetica quando c’è ancora altro da fare’.

Kiñca, bhikkhave, uttariṁ karaṇīyaṁ? Cosa c’è di altro da fare?

‘Satisampajaññena samannāgatā bhavissāma, abhikkante paṭikkante sampajānakārī, ālokite vilokite sampajānakārī, samiñjite pasārite sampajānakārī, saṅghāṭipattacīvaradhāraṇe sampajānakārī, asite pīte khāyite sāyite sampajānakārī, uccārapassāvakamme sampajānakārī, gate ṭhite nisinne sutte jāgarite bhāsite tuṇhībhāve sampajānakārī’ti, evañhi vo, bhikkhave, sikkhitabbaṁ. Dovete allenarvi così: ‘Dobbiamo coltivare consapevolezza e presenza mentale. Dobbiamo agire con presenza mentale nell’andare e nel tornare; nel guardare avanti e di lato; nel piegare ed estendere gli arti; nel gestire il mantello, la ciotola, e gli abiti; nel mangiare, bere, masticare, e assaporare; nell’urinare e defecare; nel camminare, rimanere in piedi, sedere, dormire, stare svegli, parlare, e rimanere in silenzio’.

Siyā kho pana, bhikkhave, tumhākaṁ evamassa: Ora, monaci, potreste pensare:

‘hirottappenamha samannāgatā, parisuddho no kāyasamācāro, parisuddho vacīsamācāro, parisuddho manosamācāro, parisuddho ājīvo, indriyesumha guttadvārā, bhojane mattaññuno, jāgariyaṁ anuyuttā, satisampajaññena samannāgatā; ‘Siamo coscienziosi e prudenti, il nostro comportamento di corpo è puro, il nostro comportamento di parola è puro, il nostro comportamento di mente è puro, il nostro sostentamento è puro, e le nostre porte sensoriali sono contenute, non mangiamo troppo, siamo dediti alla veglia, e abbiamo consapevolezza e presenza mentale.

alamettāvatā katamettāvatā, anuppatto no sāmaññattho, natthi no kiñci uttariṁ karaṇīyan’ti tāvatakeneva tuṭṭhiṁ āpajjeyyātha. Questo è già abbastanza. Abbiamo raggiunto l’obiettivo della vita da asceta. Non c’è altro da fare’. E potreste sentirvi soddisfatti giusto con quel poco.

Ārocayāmi vo, bhikkhave, paṭivedayāmi vo, bhikkhave: Vi proclamo questo, monaci, vi annuncio questo:

‘mā vo, sāmaññatthikānaṁ sataṁ sāmaññattho parihāyi sati uttariṁ karaṇīye’. ‘Voi che aspirate a essere veri asceti, non perdete di vista l’obiettivo della vita ascetica quando c’è ancora altro da fare’.

Kiñca, bhikkhave, uttariṁ karaṇīyaṁ? Cosa c’è di altro da fare?

Idha, bhikkhave, bhikkhu vivittaṁ senāsanaṁ bhajati—araññaṁ rukkhamūlaṁ pabbataṁ kandaraṁ giriguhaṁ susānaṁ vanappatthaṁ abbhokāsaṁ palālapuñjaṁ. A questo punto un monaco frequenta un riparo isolato, la natura, la radice di un albero, una collina, una gola, una grotta di montagna, un cimitero, una foresta, l’aria aperta, un mucchio di paglia.

So pacchābhattaṁ piṇḍapātapaṭikkanto nisīdati pallaṅkaṁ ābhujitvā, ujuṁ kāyaṁ paṇidhāya parimukhaṁ satiṁ upaṭṭhapetvā. Dopo il pasto, tornato dalla questua, si siede con le gambe incrociate e la schiena dritta, e stabilisce consapevolezza di fronte a sé.

So abhijjhaṁ loke pahāya vigatābhijjhena cetasā viharati, abhijjhāya cittaṁ parisodheti; Abbandonando desiderio per il mondo, dimora con una mente libera dal desiderio, purificando la mente dal desiderio.

byāpādapadosaṁ pahāya abyāpannacitto viharati, sabbapāṇabhūtahitānukampī, byāpādapadosā cittaṁ parisodheti; Abbandonando malevolenza e odio, dimora con una mente libera dalla malevolenza, piena di premura per ogni essere vivente, purificando la mente dalla malevolenza.

thinamiddhaṁ pahāya vigatathinamiddho viharati, ālokasaññī sato sampajāno, thinamiddhā cittaṁ parisodheti; Abbandonando torpore e sonnolenza, dimora con una mente libera da torpore e sonnolenza, percependo luce, consapevole e presente, purificando la mente da torpore e sonnolenza.

uddhaccakukkuccaṁ pahāya anuddhato viharati, ajjhattaṁ vūpasantacitto, uddhaccakukkuccā cittaṁ parisodheti; Abbandonando irrequietezza e rimorso, dimora senza irrequietezza, con mente in pace interiore, purificando la mente dall’irrequietezza e dal rimorso.

vicikicchaṁ pahāya tiṇṇavicikiccho viharati, akathaṅkathī kusalesu dhammesu, vicikicchāya cittaṁ parisodheti. Abbandonando il dubbio, dimora avendo superato il dubbio, non indeciso riguardo alle buone qualità, purificando la mente dal dubbio.

Seyyathāpi, bhikkhave, puriso iṇaṁ ādāya kammante payojeyya. Immaginate un uomo caduto in debito che si applica a lavorare

Tassa te kammantā samijjheyyuṁ. e i suoi sforzi si rivelano avere successo.

So yāni ca porāṇāni iṇamūlāni tāni ca byantī kareyya, siyā cassa uttariṁ avasiṭṭhaṁ dārabharaṇāya. Ripaga il prestito originale e gli rimane abbastanza per mantenere sua moglie.

Tassa evamassa: Pensando a questo

‘ahaṁ kho pubbe iṇaṁ ādāya kammante payojesiṁ, tassa me te kammantā samijjhiṁsu.

Sohaṁ yāni ca porāṇāni iṇamūlāni tāni ca byantī akāsiṁ, atthi ca me uttariṁ avasiṭṭhaṁ dārabharaṇāyā’ti.

So tatonidānaṁ labhetha pāmojjaṁ, adhigaccheyya somanassaṁ. si riempirebbe di gioia e di allegria.

Seyyathāpi, bhikkhave, puriso ābādhiko assa dukkhito bāḷhagilāno, bhattañcassa nacchādeyya, na cassa kāye balamattā. Immaginate una persona malata, sofferente, gravemente malata. Perde l’appetito e si indebolisce fisicamente.

So aparena samayena tamhā ābādhā mucceyya, bhattañcassa chādeyya, siyā cassa kāye balamattā. Ma dopo del tempo si riprende da quella malattia, recupera l’appetito e le forze.

Tassa evamassa: Pensando a questo

‘ahaṁ kho pubbe ābādhiko ahosiṁ dukkhito bāḷhagilāno, bhattañca me nacchādesi, na ca me āsi kāye balamattā, somhi etarahi tamhā ābādhā mutto, bhattañca me chādeti, atthi ca me kāye balamattā’ti.

So tatonidānaṁ labhetha pāmojjaṁ, adhigaccheyya somanassaṁ. si riempirebbe di gioia e di allegria.

Seyyathāpi, bhikkhave, puriso bandhanāgāre baddho assa. Immaginate una persona che viene imprigionata.

So aparena samayena tamhā bandhanā mucceyya sotthinā abbhayena, na cassa kiñci bhogānaṁ vayo. Ma dopo del tempo viene rilasciata, sana e salva, senza perdita di ricchezza.

Tassa evamassa: Pensando a questo

‘ahaṁ kho pubbe bandhanāgāre baddho ahosiṁ, somhi etarahi tamhā bandhanā mutto, sotthinā abbhayena, natthi ca me kiñci bhogānaṁ vayo’ti.

So tatonidānaṁ labhetha pāmojjaṁ, adhigaccheyya somanassaṁ. si riempirebbe di gioia e di allegria.

Seyyathāpi, bhikkhave, puriso dāso assa anattādhīno parādhīno na yenakāmaṅgamo. Immaginate che una persona sia un servo. Non è padrone di se stesso, ma è vincolato ad altri, senza la possibilità di andare dove vuole.

So aparena samayena tamhā dāsabyā mucceyya attādhīno aparādhīno bhujisso yenakāmaṅgamo. Ma dopo del tempo viene congedato. Sarebbe padrone di se stesso, non vincolato a nessuno, un individuo libero con la possibilità di andare dove vuole.

Tassa evamassa: Pensando a questo

‘ahaṁ kho pubbe dāso ahosiṁ anattādhīno parādhīno na yenakāmaṅgamo, somhi etarahi tamhā dāsabyā mutto attādhīno aparādhīno bhujisso yenakāmaṅgamo’ti.

So tatonidānaṁ labhetha pāmojjaṁ, adhigaccheyya somanassaṁ. si riempirebbe di gioia e di allegria.

Seyyathāpi, bhikkhave, puriso sadhano sabhogo kantāraddhānamaggaṁ paṭipajjeyya. Immaginate una persona con ricchezze e proprietà che viaggia su una strada deserta pericolosa, senza nulla da mangiare.

So aparena samayena tamhā kantārā nitthareyya sotthinā abbhayena, na cassa kiñci bhogānaṁ vayo. Ma dopo del tempo riesce ad attraversare il deserto, sana e salva, senza perdita di ricchezza.

Tassa evamassa: Pensando a questo

‘ahaṁ kho pubbe sadhano sabhogo kantāraddhānamaggaṁ paṭipajjiṁ.

Somhi etarahi tamhā kantārā nitthiṇṇo sotthinā abbhayena, natthi ca me kiñci bhogānaṁ vayo’ti.

So tatonidānaṁ labhetha pāmojjaṁ, adhigaccheyya somanassaṁ. si riempirebbe di gioia e di allegria.

Evameva kho, bhikkhave, bhikkhu yathā iṇaṁ yathā rogaṁ yathā bandhanāgāraṁ yathā dāsabyaṁ yathā kantāraddhānamaggaṁ, ime pañca nīvaraṇe appahīne attani samanupassati. Allo stesso modo, finché questi cinque impedimenti non vengono abbandonati dentro di sé, un monaco li reputa come un debito, una malattia, una prigione, la schiavitù, e una traversata del deserto.

Seyyathāpi, bhikkhave, āṇaṇyaṁ yathā ārogyaṁ yathā bandhanāmokkhaṁ yathā bhujissaṁ yathā khemantabhūmiṁ; evameva bhikkhu ime pañca nīvaraṇe pahīne attani samanupassati. Ma una volta abbandonati questi cinque impedimenti dentro di sé, un monaco lo reputa come libertà dal debito, salute, libertà dalla prigione, dalla schiavitù, e un posto sicuro, finalmente.

So ime pañca nīvaraṇe pahāya cetaso upakkilese paññāya dubbalīkaraṇe, Abbandona questi cinque impedimenti, corruzioni della mente che indeboliscono la saggezza.

vivicceva kāmehi vivicca akusalehi dhammehi, savitakkaṁ savicāraṁ vivekajaṁ pītisukhaṁ paṭhamaṁ jhānaṁ upasampajja viharati. Poi, sufficientemente isolato dai piaceri dei sensi, isolato da cattive qualità, con pensiero e valutazione, ed euforia e felicità nate dall’isolamento, raggiunge e dimora nella prima estasi.

So imameva kāyaṁ vivekajena pītisukhena abhisandeti parisandeti paripūreti parippharati, nāssa kiñci sabbāvato kāyassa vivekajena pītisukhena apphuṭaṁ hoti. Imbeve, inzuppa, riempie, e infonde il proprio corpo di euforia e felicità nate dall’isolamento. Non c’è parte del corpo che non sia infusa di euforia e felicità nate dall’isolamento.

Seyyathāpi, bhikkhave, dakkho nhāpako vā nhāpakantevāsī vā kaṁsathāle nhānīyacuṇṇāni ākiritvā udakena paripphosakaṁ paripphosakaṁ sanneyya. Sāyaṁ nhānīyapiṇḍi snehānugatā snehaparetā santarabāhirā, phuṭā snehena na ca pagghariṇī. È come quando un abile infermiere o il suo apprendista versa della polvere per il bagno in un piatto di bronzo, cospargendola poco a poco con dell’acqua. La impasta finché la palla di polvere per il bagno è imbevuta e satura di umidità, infusa perbene dentro e fuori; eppure l’umidità non trasuda.

Evameva kho, bhikkhave, bhikkhu imameva kāyaṁ vivekajena pītisukhena abhisandeti parisandeti paripūreti parippharati, nāssa kiñci sabbāvato kāyassa vivekajena pītisukhena apphuṭaṁ hoti. Allo stesso modo un monaco imbeve, inzuppa, riempie, e infonde il proprio corpo di euforia e felicità nate dall’isolamento. Non c’è parte del corpo che non sia infusa di euforia e felicità nate dall’isolamento.

Puna caparaṁ, bhikkhave, bhikkhu vitakkavicārānaṁ vūpasamā ajjhattaṁ sampasādanaṁ cetaso ekodibhāvaṁ avitakkaṁ avicāraṁ samādhijaṁ pītisukhaṁ dutiyaṁ jhānaṁ upasampajja viharati. Inoltre, con il placarsi di pensiero e valutazione, con chiarezza interna e mente raccolta, senza pensiero e valutazione, con euforia e felicità nate dalla concentrazione, un monaco raggiunge e dimora nella seconda estasi.

So imameva kāyaṁ samādhijena pītisukhena abhisandeti parisandeti paripūreti parippharati, nāssa kiñci sabbāvato kāyassa samādhijena pītisukhena apphuṭaṁ hoti. Imbeve, inzuppa, riempie, e infonde il proprio corpo di euforia e felicità nate dalla concentrazione. Non c’è parte del corpo che non sia infusa di euforia e felicità nate dalla concentrazione.

Seyyathāpi, bhikkhave, udakarahado ubbhidodako. Tassa nevassa puratthimāya disāya udakassa āyamukhaṁ, na pacchimāya disāya udakassa āyamukhaṁ, na uttarāya disāya udakassa āyamukhaṁ, na dakkhiṇāya disāya udakassa āyamukhaṁ, devo ca na kālena kālaṁ sammādhāraṁ anuppaveccheyya. Atha kho tamhāva udakarahadā sītā vāridhārā ubbhijjitvā tameva udakarahadaṁ sītena vārinā abhisandeyya parisandeyya paripūreyya paripphareyya, nāssa kiñci sabbāvato udakarahadassa sītena vārinā apphuṭaṁ assa. È come un lago profondo alimentato dalle acque di una sorgente. Non c’è apertura a est, ovest, nord, o sud, e niente pioggia per riempirlo di volta in volta. Ma la corrente di acqua fresca che sgorga nel lago imbeve, inzuppa, riempie, e infonde tutto il lago. Non c’è parte del lago che non sia infusa perbene di acqua fresca.

Evameva kho, bhikkhave, bhikkhu imameva kāyaṁ samādhijena pītisukhena abhisandeti parisandeti paripūreti parippharati, nāssa kiñci sabbāvato kāyassa samādhijena pītisukhena apphuṭaṁ hoti. Allo stesso modo, un monaco imbeve, inzuppa, riempie, e infonde il proprio corpo di euforia e felicità nate dalla concentrazione. Non c’è parte del corpo che non sia infusa di euforia e felicità nate dalla concentrazione.

Puna caparaṁ, bhikkhave, bhikkhu pītiyā ca virāgā upekkhako ca viharati, sato ca sampajāno, sukhañca kāyena paṭisaṁvedeti, yaṁ taṁ ariyā ācikkhanti: ‘upekkhako satimā sukhavihārī’ti tatiyaṁ jhānaṁ upasampajja viharati. Inoltre, con lo svanire dell’euforia, dimorando con equanimità, consapevole e presente, toccando con mano la felicità di cui i nobili dichiarano: ‘Equanime e consapevole, egli dimora nella felicità’, un monaco raggiunge e dimora nella terza estasi.

So imameva kāyaṁ nippītikena sukhena abhisandeti parisandeti paripūreti parippharati, nāssa kiñci sabbāvato kāyassa nippītikena sukhena apphuṭaṁ hoti. Imbeve, inzuppa, riempie, e infonde il proprio corpo di felicità libera dall’euforia. Non c’è parte del corpo che non sia infusa di felicità libera dall’euforia.

Seyyathāpi, bhikkhave, uppaliniyaṁ vā paduminiyaṁ vā puṇḍarīkiniyaṁ vā appekaccāni uppalāni vā padumāni vā puṇḍarīkāni vā udake jātāni udake saṁvaḍḍhāni udakānuggatāni antonimuggaposīni, tāni yāva caggā yāva ca mūlā sītena vārinā abhisannāni parisannāni paripūrāni paripphuṭāni, nāssa kiñci sabbāvataṁ uppalānaṁ vā padumānaṁ vā puṇḍarīkānaṁ vā sītena vārinā apphuṭaṁ assa. È come una vasca con ninfee blu, o fiori di loto rosa o bianchi. Alcuni di essi germogliano e crescono nell’acqua senza emergere in superficie, prosperando sott’acqua. Dalla punta alla radice sono imbevuti, inzuppati, riempiti, e infusi di acqua fresca. Non c’è parte di essi che non sia imbevuta di acqua fresca.

Evameva kho, bhikkhave, bhikkhu imameva kāyaṁ nippītikena sukhena abhisandeti parisandeti paripūreti parippharati, nāssa kiñci sabbāvato kāyassa nippītikena sukhena apphuṭaṁ hoti. Allo stesso modo un monaco imbeve, inzuppa, riempie, e infonde il proprio corpo di felicità libera dall’euforia. Non c’è parte del corpo che non sia infusa di felicità libera dall’euforia.

Puna caparaṁ, bhikkhave, bhikkhu sukhassa ca pahānā dukkhassa ca pahānā, pubbeva somanassadomanassānaṁ atthaṅgamā, adukkhamasukhaṁ upekkhāsatipārisuddhiṁ catutthaṁ jhānaṁ upasampajja viharati. Inoltre, abbandonando piacere e dolore, e mettendo fine ad allegria e tristezza precedenti, senza piacere o dolore, con pura equanimità e consapevolezza, un monaco raggiunge e dimora nella quarta estasi.

So imameva kāyaṁ parisuddhena cetasā pariyodātena pharitvā nisinno hoti, nāssa kiñci sabbāvato kāyassa parisuddhena cetasā pariyodātena apphuṭaṁ hoti. Siede infondendo il proprio corpo perbene di pura mente luminosa. Non c’è parte del corpo che non sia infusa di pura mente luminosa.

Seyyathāpi, bhikkhave, puriso odātena vatthena sasīsaṁ pārupetvā nisinno assa, nāssa kiñci sabbāvato kāyassa odātena vatthena apphuṭaṁ assa. È come un uomo seduto avvolto da testa a piedi in un tessuto bianco. Non c’è parte parte del corpo che non sia coperta dal tessuto bianco.

Evameva kho, bhikkhave, bhikkhu imameva kāyaṁ parisuddhena cetasā pariyodātena pharitvā nisinno hoti, nāssa kiñci sabbāvato kāyassa parisuddhena cetasā pariyodātena apphuṭaṁ hoti. Allo stesso modo un monaco siede infondendo il proprio corpo perbene di pura mente luminosa. Non c’è parte del corpo che non sia infusa di pura mente luminosa.

So evaṁ samāhite citte parisuddhe pariyodāte anaṅgaṇe vigatūpakkilese mudubhūte kammaniye ṭhite āneñjappatte pubbenivāsānussatiñāṇāya cittaṁ abhininnāmeti. Una volta che la sua mente diventa così concentrata, purificata, luminosa, impeccabile, libera da corruzioni, flessibile, lavorabile, stabile, e imperturbabile, la estende al ricordo delle vite passate.

So anekavihitaṁ pubbenivāsaṁ anussarati, seyyathidaṁ—ekampi jātiṁ, dvepi jātiyo …pe… iti sākāraṁ sauddesaṁ anekavihitaṁ pubbenivāsaṁ anussarati. Ricorda vari tipi di vite passate, nei particolari e nello specifico.

Seyyathāpi, bhikkhave, puriso sakamhā gāmā aññaṁ gāmaṁ gaccheyya, tamhāpi gāmā aññaṁ gāmaṁ gaccheyya, so tamhā gāmā sakaṁyeva gāmaṁ paccāgaccheyya. Tassa evamassa: ‘ahaṁ kho sakamhā gāmā amuṁ gāmaṁ agacchiṁ, tatrapi evaṁ aṭṭhāsiṁ evaṁ nisīdiṁ evaṁ abhāsiṁ evaṁ tuṇhī ahosiṁ; tamhāpi gāmā amuṁ gāmaṁ agacchiṁ, tatrapi evaṁ aṭṭhāsiṁ evaṁ nisīdiṁ evaṁ abhāsiṁ evaṁ tuṇhī ahosiṁ; somhi tamhā gāmā sakaṁyeva gāmaṁ paccāgato’ti. Immaginate una persona che lascia il proprio villaggio e va in un altro villaggio. Da quel villaggio va in un altro villaggio ancora. E da quel villaggio torna al proprio villaggio. Penserebbe: ‘Sono andato dal mio villaggio a un altro villaggio. Lì sono stato in piedi così, mi sono seduto cosà, ho parlato così, o sono stato in silenzio cosà. Da quel villaggio sono andato a un altro villaggio ancora. Anche lì sono stato in piedi così, mi sono seduto cosà, ho parlato così, o sono stato in silenzio cosà. E da quel villaggio sono tornato al mio villaggio’.

Evameva kho, bhikkhave, bhikkhu anekavihitaṁ pubbenivāsaṁ anussarati, seyyathidaṁ—ekampi jātiṁ dvepi jātiyo …pe… iti sākāraṁ sauddesaṁ anekavihitaṁ pubbenivāsaṁ anussarati. Allo stesso modo, un monaco ricorda vari tipi di vite passate, nei particolari e nello specifico.

So evaṁ samāhite citte parisuddhe pariyodāte anaṅgaṇe vigatūpakkilese mudubhūte kammaniye ṭhite āneñjappatte sattānaṁ cutūpapātañāṇāya cittaṁ abhininnāmeti. Una volta che la sua mente diventa così concentrata, purificata, luminosa, impeccabile, libera da corruzioni, flessibile, lavorabile, stabile, e imperturbabile, la estende alla conoscenza della morte e rinascita degli esseri viventi.

So dibbena cakkhunā visuddhena atikkantamānusakena satte passati cavamāne upapajjamāne hīne paṇīte suvaṇṇe dubbaṇṇe, sugate duggate, yathākammūpage satte pajānāti …pe… Con chiaroveggenza purificata e sovrumana, vede gli esseri viventi morire e rinascere; inferiori e superiori, belli e brutti, in un bel posto o un brutto posto. Comprende come gli esseri viventi rinascono secondo le proprie azioni.

seyyathāpi, bhikkhave, dve agārā sadvārā. Tattha cakkhumā puriso majjhe ṭhito passeyya manusse gehaṁ pavisantepi nikkhamantepi, anucaṅkamantepi anuvicarantepi. Immaginate ci siano due case con delle porte. Una persona con buona vista che sta nel mezzo vedrebbe la gente entrare e uscire dalle case, vagando avanti e indietro.

Evameva kho, bhikkhave, bhikkhu dibbena cakkhunā visuddhena atikkantamānusakena satte passati cavamāne upapajjamāne hīne paṇīte suvaṇṇe dubbaṇṇe, sugate duggate yathākammūpage satte pajānāti …pe…. Allo stesso modo, con chiaroveggenza purificata e sovrumana, vede gli esseri viventi morire e rinascere; inferiori e superiori, belli e brutti, in un bel posto o un brutto posto. Comprende come gli esseri viventi rinascono secondo le proprie azioni.

So evaṁ samāhite citte parisuddhe pariyodāte anaṅgaṇe vigatūpakkilese mudubhūte kammaniye ṭhite āneñjappatte āsavānaṁ khayañāṇāya cittaṁ abhininnāmeti. Una volta che la sua mente diventa così concentrata, purificata, luminosa, impeccabile, libera da corruzioni, flessibile, lavorabile, stabile, e imperturbabile, la estende alla conoscenza dell’eliminazione dei contaminanti.

So ‘idaṁ dukkhan’ti yathābhūtaṁ pajānāti, ‘ayaṁ dukkhasamudayo’ti yathābhūtaṁ pajānāti, ‘ayaṁ dukkhanirodho’ti yathābhūtaṁ pajānāti, ‘ayaṁ dukkhanirodhagāminī paṭipadā’ti yathābhūtaṁ pajānāti. Comprende secondo realtà: ‘Questa è la sofferenza’, comprende secondo realtà: ‘Questa è l’origine della sofferenza’, comprende secondo realtà: ‘Questa è la cessazione della sofferenza’, comprende secondo realtà: ‘Questa è la pratica che porta alla cessazione della sofferenza’.

‘Ime āsavā’ti yathābhūtaṁ pajānāti, ‘ayaṁ āsavasamudayo’ti yathābhūtaṁ pajānāti, ‘ayaṁ āsavanirodho’ti yathābhūtaṁ pajānāti, ‘ayaṁ āsavanirodhagāminī paṭipadā’ti yathābhūtaṁ pajānāti. Comprende secondo realtà: ‘Questi sono i contaminanti’, comprende secondo realtà: ‘Questa è l’origine dei contaminanti’, comprende secondo realtà: ‘Questa è la cessazione dei contaminanti’, comprende secondo realtà: ‘Questa è la pratica che porta alla cessazione dei contaminanti’.

Tassa evaṁ jānato evaṁ passato kāmāsavāpi cittaṁ vimuccati, bhavāsavāpi cittaṁ vimuccati, avijjāsavāpi cittaṁ vimuccati. Conoscendo così e vedendo così, la sua mente viene liberata dal contaminante dei piaceri dei sensi, la sua mente viene liberata dal contaminante dell’esistenza, e la sua mente viene liberata dal contaminante dell’ignoranza.

Vimuttasmiṁ vimuttamiti ñāṇaṁ hoti: Una volta libero, capisce di essere libero.

‘khīṇā jāti, vusitaṁ brahmacariyaṁ, kataṁ karaṇīyaṁ, nāparaṁ itthattāyā’ti pajānāti. Comprende: ‘La nascita è terminata, il percorso spirituale è stato completato, ciò che c’era da fare è stato fatto, non ci sarà più nulla di questo’.

Seyyathāpi, bhikkhave, pabbatasaṅkhepe udakarahado accho vippasanno anāvilo. Immaginate che in una valle di montagna ci sia un lago trasparente, chiaro, e limpido.

Tattha cakkhumā puriso tīre ṭhito passeyya sippisambukampi sakkharakathalampi macchagumbampi, carantampi tiṭṭhantampi. Una persona con buona vista in piedi sulla sponda vedrebbe i molluschi e le cozze, i sassolini e la ghiaia, e banchi di pesci che nuotano o rimangono fermi.

Tassa evamassa: Penserebbe:

‘ayaṁ kho udakarahado accho vippasanno anāvilo. Tatrime sippisambukāpi sakkharakathalāpi macchagumbāpi carantipi tiṭṭhantipī’ti’. ‘Questo lago è trasparente, chiaro, e limpido. E qui ci sono i molluschi e le cozze, i sassolini e la ghiaia, e banchi di pesci che nuotano o rimangono fermi’.

Evameva kho, bhikkhave, bhikkhu ‘idaṁ dukkhan’ti yathābhūtaṁ pajānāti …pe… Allo stesso modo, un monaco comprende secondo realtà: ‘Questa è la sofferenza’, comprende secondo realtà: ‘Questa è l’origine della sofferenza’, comprende secondo realtà: ‘Questa è la cessazione della sofferenza’, comprende secondo realtà: ‘Questa è la pratica che porta alla cessazione della sofferenza’.

nāparaṁ itthattāyāti pajānāti. Comprende: ‘…non ci sarà più nulla di questo’.

Ayaṁ vuccati, bhikkhave, bhikkhu ‘samaṇo’ itipi ‘brāhmaṇo’itipi ‘nhātako’itipi ‘vedagū’itipi ‘sottiyo’itipi ‘ariyo’itipi ‘arahaṁ’itipi. Un monaco così si chiama ‘asceta’, ‘bramino’, ‘battezzato’, ‘maestro della scienza sacra’, ‘dotto’, ‘nobile’, e anche ‘perfetto’.

Kathañca, bhikkhave, bhikkhu samaṇo hoti? E com’è che un monaco è un asceta?

Samitāssa honti pāpakā akusalā dhammā, saṅkilesikā, ponobbhavikā, sadarā, dukkhavipākā, āyatiṁ, jātijarāmaraṇiyā. Ha assopito le qualità malvagie e cattive che corrompono, che portano a vita futura, che sono dannose, e che risultano in sofferenza e nascita, vecchiaia, e morte future.

Evaṁ kho, bhikkhave, bhikkhu samaṇo hoti. È così che un monaco è un asceta.

Kathañca, bhikkhave, bhikkhu brāhmaṇo hoti? E com’è che un monaco è un bramino?

Bāhitāssa honti pāpakā akusalā dhammā, saṅkilesikā, ponobbhavikā, sadarā, dukkhavipākā, āyatiṁ, jātijarāmaraṇiyā. Ha bandito le qualità malvagie e cattive che corrompono, che portano a vita futura, che sono dannose, e che risultano in sofferenza e nascita, vecchiaia, e morte future.

Evaṁ kho, bhikkhave, bhikkhu brāhmaṇo hoti. È così che un monaco è un bramino.

Kathañca, bhikkhave, bhikkhu nhātako hoti? E com’è che un monaco è battezzato?

Nhātāssa honti pāpakā akusalā dhammā, saṅkilesikā, ponobbhavikā, sadarā, dukkhavipākā, āyatiṁ, jātijarāmaraṇiyā. Ha lavato via le qualità malvagie e cattive che corrompono, che portano a vita futura, che sono dannose, e che risultano in sofferenza e nascita, vecchiaia, e morte future.

Evaṁ kho, bhikkhave, bhikkhu nhātako hoti. È così che un monaco è battezzato.

Kathañca, bhikkhave, bhikkhu vedagū hoti? E com’è che un monaco è maestro della scienza sacra?

Viditāssa honti pāpakā akusalā dhammā, saṅkilesikā, ponobbhavikā, sadarā, dukkhavipākā, āyatiṁ, jātijarāmaraṇiyā. Ha studiato le qualità malvagie e cattive che corrompono, che portano a vita futura, che sono dannose, e che risultano in sofferenza e nascita, vecchiaia, e morte future.

Evaṁ kho, bhikkhave, bhikkhu vedagū hoti. È così che un monaco è maestro della scienza sacra.

Kathañca, bhikkhave, bhikkhu sottiyo hoti? E com’è che un monaco è dotto?

Nissutāssa honti pāpakā akusalā dhammā, saṅkilesikā, ponobbhavikā, sadarā, dukkhavipākā, āyatiṁ, jātijarāmaraṇiyā. Ha deterso le qualità malvagie e cattive che corrompono, che portano a vita futura, che sono dannose, e che risultano in sofferenza e nascita, vecchiaia, e morte future.

Evaṁ kho, bhikkhave, bhikkhu sottiyo hoti. È così che un monaco è dotto.

Kathañca, bhikkhave, bhikkhu ariyo hoti? E com’è che un monaco è nobile?

Ārakāssa honti pāpakā akusalā dhammā, saṅkilesikā, ponobbhavikā, sadarā, dukkhavipākā, āyatiṁ, jātijarāmaraṇiyā. Ha snobbato le qualità malvagie e cattive che corrompono, che portano a vita futura, che sono dannose, e che risultano in sofferenza e nascita, vecchiaia, e morte future.

Evaṁ kho, bhikkhave, bhikkhu ariyo hoti. È così che un monaco è nobile.

Kathañca, bhikkhave, bhikkhu arahaṁ hoti? E com’è che un monaco è perfetto?

Ārakāssa honti pāpakā akusalā dhammā, saṅkilesikā, ponobbhavikā, sadarā, dukkhavipākā, āyatiṁ, jātijarāmaraṇiyā. È impeccabilmente distaccato dalle qualità malvagie e cattive che corrompono, che portano a vita futura, che sono dannose, e che risultano in sofferenza e nascita, vecchiaia, e morte future.

Evaṁ kho, bhikkhave, bhikkhu arahaṁ hotī”ti. È così che un monaco è perfetto”.

Idamavoca bhagavā. Questo è ciò che il Buddha disse.

Attamanā te bhikkhū bhagavato bhāsitaṁ abhinandunti. Contenti, i monaci trassero piacere da ciò che il Buddha disse.

Mahāassapurasuttaṁ niṭṭhitaṁ navamaṁ.
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